TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2020-11-03, n. 202011301
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N. 11301/2020 REG.PROV.COLL.
N. 02958/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2958 del 2020, proposto da
Sts Multiservizi Frascati - Azienda Speciale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M D R, F O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
L'Inps - Istituto Nazionale Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
• del Provvedimento n. 8025/2020 del 20.02.2020 col quale l’INPS ha respinto l’istanza di accesso all’assegno di solidarietà presentata dalla STS Multiservizi in data 19.09.2018 ex art. 6 D.I. 94343/2016;
• di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o conseguente, anche se non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2020 la dott.ssa F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 30 luglio 2018, il Consiglio di Amministrazione della STS Multiservizi Frascati ha deliberato il ripiano del disavanzo gestionale relativo al rendiconto di gestione dell’anno 2017 e conseguente piano di risanamento aziendale.
In data 8 agosto 2018, la STS Multiservizi, previa ricognizione del personale in servizio, ha comunicato alle Organizzazioni Sindacali l’apertura della procedura di licenziamento collettivo ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 24 della Legge 223/1991.
Il successivo 11 settembre, la Società - premettendo di non rientrare nell’ambito di applicazione del Titolo I del Decreto Legislativo 148/2015 e non potendo per l’effetto far ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) ed alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) - ha sottoscritto con la FP CGIL Roma Sud Pomezia Castelli, la CISL FP Roma Capitale Rieti, la CSA RAL Lazio e le RSU Aziendali un accordo per l’erogazione dell’assegno di solidarietà ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 148/201), concludendo la procedura di cui agli artt. 4 e 24 della L. 223/91 ed all’art. 24 del D.Lgs. 148/2015.
Detto accordo ha previsto: con decorrenza dal primo ottobre 2018 al successivo 31 ottobre, per n. 107 lavoratori una riduzione dell’orario di lavoro pari al 25% dell’orario medio settimanale;con decorrenza dal primo gennaio 2019 al successivo 30 settembre, per n. 107 lavoratori una riduzione dell’orario di lavoro pari al 10% dell’orario medio settimanale.
La STS ha presentato al Comitato del FIS, tramite l’INPS Roma Tuscolano, in data 18 settembre 2019, domanda di assegno di solidarietà ex 31 D. Lgs. 148/2015: per l’unità produttiva di via Tuscolana Vecchia n. 68, matricola azienda n. 7064633320 per n. 11 lavoratori;per l’unità produttiva di Piazza Guglielmo Marconi n. 3, matricola azienda n. 7064062656 per n. 96 lavoratori.
L’Istituto ha adottato i provvedimenti di diniego n. 8023 e 8025 del 20 febbraio 2020, di identico tenore, nei quali si legge testualmente che: “ il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzione locale, che trova applicazione presso l'azienda istante, non risulta ricadere nel perimetro previsto dall'art. 3, c. 1, del D.M. n. 940363/2016, ove viene statuito che, ai fini dell'accesso al trattamento di integrazione salariale, il ricorso all'istituto del contratto di solidarietà deve essere subordinato alla previa adozione di un contratto collettivo ai sensi dell’art. 51 del D.lgs. n. 81/2015, con il quale le parti stipulanti abbiano convenuto di voler impiegare misure di riduzione oraria al fine di fronteggiare futuri eventi di esubero di personale ”.
Avverso il diniego di cui al prot. 8025/2020 è insorta l’esponente con il ricorso in esame notificato in data 21 aprile 2020, chiedendone l’annullamento, previa sospensione degli effetti.
A sostegno della propria domanda ha articolato i seguenti motivi di diritto:
- “ Violazione di Legge, Violazione dell’art. 31 del D.Lgs. 145/2015, Violazione dell’art. 51 del D.Lgs. 81/2015, Violazione dell’art. 6 del D.I. 94343/2016 e degli artt. 3 e 4 del D.M. 940363/2016;Eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti ”;
- “ Violazione di legge, Violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90 ”.
Si è costituito l’Inps eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso de quo per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati e contestando nel merito tutto quanto ex adverso dedotto perché infondato in fatto ed in diritto. Ha concluso per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 3883 del 21 maggio 2020 è stata respinta l’istanza cautelare e all’udienza pubblica del 13 ottobre la causa è stata introitata per la decisione.
2. Il ricorso è fondato per le ragioni e nei limiti che si vengono ad illustrare.
3. Preliminarmente, deve essere scrutinata l’eccezione sollevata dall’Inps di inammissibilità del ricorso in quanto non notificato ad almeno uno dei lavoratori interessati dalla domanda di intervento di Assegno di solidarietà.
Sostiene l’Inps che i dipendenti della odierna esponente sarebbero controinteressati in quanto “ titolari di un interesse al mancato accoglimento della domanda, dal momento che, in conseguenza di esso, avrebbero diritto alle piene retribuzioni ed ai pieni conseguenti accrediti contributivi ”.
La censura non può essere condivisa.
Osserva il Collegio che il controinteressato è chi, oltre a essere nominativamente indicato nel provvedimento impugnato o comunque ivi agevolmente individuabile (il c.d. elemento formale), si presenti come portatore di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell'atto (c.d. elemento sostanziale), in quanto questo, di norma, gli attribuisce in via diretta una situazione giuridica di vantaggio. Tale interesse deve essere di natura eguale e contraria a quella del ricorrente;anche il controinteressato, pertanto, deve essere necessariamente portatore di un interesse concreto e attuale ( ex multis : C. di St. n. 7836/2019).
Nella fattispecie in esame, i lavoratori non sono controinteressati né formalmente -perché non sono individuati nel provvedimento impugnato come previsto dall’art. 41 comma 2 c.p.a. - né sostanzialmente - perché gli effetti del diniego si ripercuotono sull’istante.
Né è vero che trarrebbero beneficio dal rigetto dell’istanza. Al contrario, se il datore di lavoro non venisse ammesso a godere del beneficio dell’assegno di solidarietà di cui al Fondo d’Integrazione Salariale, si troverebbero esposti al rischio concreto di un licenziamento collettivo o di licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo, senza nemmeno poter beneficiare della CIG.
4. Passando allo scrutinio del merito, ai fini di un corretto inquadramento della questione sottoposta all’esame del Collegio, è necessario evidenziare sinteticamente il quadro normativo di riferimento.
Il Fondo d’Integrazione Salariale (FIS), disciplinato dal decreto interministeriale 3 febbraio 2016, n. 94343 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 marzo 2016, n. 74, nasce dall’adeguamento, a decorrere dal 1° gennaio 2016, del fondo di solidarietà residuale alle disposizioni del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148;non ha personalità giuridica;costituisce una gestione dell’INPS e gode di gestione finanziaria e patrimoniale autonoma. Mette a disposizione interventi a sostegno del reddito nei confronti dei lavoratori la cui attività lavorativa è sospesa o ridotta in relazione alle causali previste in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria (a eccezione delle intemperie stagionali) o straordinaria (a eccezione del contratto di solidarietà) ovvero ridotta al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale (circolare 9 settembre 2016, n. 176).
In particolare l’art. 31 del D.Lgs. 148/2015 prevede che il FIS debba garantire un assegno di solidarietà, in favore dei dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative gli accordi collettivi aziendali di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, stabilendo una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, o al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo.
Poiché il predetto art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 seleziona quali agenti negoziali le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero la rappresentanza sindacale unitaria - senza che sia necessaria la presenza di tutte le componenti sindacali essendo sufficiente anche la firma di una sola associazione - l’INPS ha precisato che, ai fini del riconoscimento della prestazione, non sono validi i contratti collettivi aziendali stipulati da associazioni sindacali non rappresentative.
Gli accordi collettivi aziendali devono quindi: essere sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative;specificare la finalità per la quale vengono sottoscritti;individuare i lavoratori interessati dalla riduzione oraria;specificare le modalità attraverso le quali, qualora sia necessario soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, il datore di lavoro può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto.
Una volta sottoscritto, l’accordo collettivo aziendale dispiega i propri effetti nei confronti di tutti i lavoratori, ancorché non aderenti alle organizzazioni sindacali stipulanti.
Condizione necessaria per la concessione della prestazione è l’asserita finalità dell’accordo a evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale.
Per l’ammissione all’assegno di solidarietà, il datore di lavoro deve presentare in via telematica all’INPS domanda di concessione, corredata dall’accordo sindacale, entro sette giorni dalla data di conclusione di questo.
I datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti, devono un contributo ordinario dello 0,65% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori dipendenti al Fondo.
Le prestazioni sono autorizzate con pagamento a conguaglio da parte del datore di lavoro, a partire dal mese successivo a quello in cui è intervenuta l’autorizzazione.
5. Ciò chiarito, nel caso che occupa, con il provvedimento oggetto di impugnativa, l’Inps ha motivato il diniego all’istanza di accesso al Fondo di STS rilevando che: “ il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzione locale, che trova applicazione presso l'azienda istante, non risulta ricadere nel perimetro previsto dall'art. 3, c. 1, del D.M. n. 940363/2016, ove viene statuito che, ai fini dell'accesso al trattamento di integrazione salariale, il ricorso all'istituto del contratto di solidarietà deve essere subordinato alla previa adozione di un contratto collettivo ai sensi dell’art. 51 del D.lgs. n. 81/2015, con il quale le parti stipulanti abbiano convenuto di voler impiegare misure di riduzione oraria al fine di fronteggiare futuri eventi di esubero di personale ”.
6. Con il primo motivo, la STS Multiservizi deduce che le caratteristiche dimensionali della società, la procedura dalla stessa seguita e le finalità perseguite sarebbero tutte conformi al dettato normativo ai fini dell’accesso e della fruizione del nuovo strumento di sostegno al reddito dei lavoratori.
Rileva, in particolare, che l’accordo sottoscritto sarebbe qualificabile come contratto di solidarietà e rientrerebbe nel cono precettivo di cui all’art. 51 del Decreto legislativo 81/2015 laddove per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Evidenzia, altresì, che nello stesso sarebbe indicata la finalità di evitare la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale, nonché i lavoratori coinvolti e le modalità attraverso le quali si realizzerà la riduzione di orario.
Con il secondo motivo, censura l’illegittimità del diniego in esame, atteso che non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di preavviso di rigetto prescritta dall’art. 10 bis della legge 241/1990.
L’omissione della predetta comunicazione non avrebbe consentito una proficua interlocuzione con l’Istituto, il quale – ricevuti gli apporti endoprocedimentali della istante – avrebbe probabilmente adottato un provvedimento di diverso tenore rispetto a quello oggi impugnato.
7. La difesa dell’Inps sostiene - per la prima volta in questa sede - che non sarebbe in discussione la natura di contratto collettivo ma la legittimazione dei soggetti alla stipula. Rileva in particolare che non avrebbe partecipato all’accordo de quo la UIL che invece aveva partecipato al contratto di primo livello.
In ordine all’omessa comunicazione del preavviso di rigetto, deduce che l’art. 5 del D.I. n. 94343/2016 prevede la possibilità di proporre ricorso avverso i provvedimenti adottati dal Direttore di sede o suo delegato innanzi al Comitato amministratore di cui all’art. 4 del medesimo D.I.
Secondo la prospettazione dell’Inps, la partecipazione del privato alla formazione procedimentale sarebbe assicurata proprio dalla previsione di opporre ricorso in sede amministrativa al provvedimento di diniego. La società ricorrente non avrebbe inteso avvalersi di tale facoltà, proponendo direttamente ricorso all’Autorità amministrativa, sicché non potrebbe dolersi del presunto omesso coinvolgimento nella formazione dell’atto.
8. Per ragioni logico sistematiche si procede con l’esame del secondo motivo di ricorso, che è fondato per le ragioni e nei limiti che si vengono ad evidenziare.
Osserva il Collegio che la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di cui all’art. 10-bis l. n. 241/90, che rientra tra le garanzia procedimentali, per non essere ridotta a mero simulacro del principio del contradditorio, deve essere intesa quale strumento idoneo a consentire un approfondimento valutativo delle questioni ed una maggiore trasparenza nell'azione amministrativa.
Ne consegue che la mancata comunicazione del preavviso di rigetto da parte dell’Inps, lungi dall'atteggiarsi a vizio meramente formale, è tale da pregiudicare potenzialmente dal punto di vista sostanziale gli interessi della ricorrente, poiché qualora le fossero state comunicate le motivazioni su cui il diniego si basava, quest’ultima avrebbe potuto orientare l'Amministrazione ad adottare un provvedimento, quanto meno in linea teorica, diverso.
Invero, il profilo della legittimazione dei soggetti alla stipula – emerso peraltro solo in questa sede e di cui non vi è traccia nella motivazione del diniego – avrebbe potuto ( rectius : dovuto) essere oggetto di contraddittorio tra le parti e probabilmente sarebbe stato superato.
La previsione della facoltà di opporre ricorso innanzi al Comitato amministratore prevista dall’art. 5 del D.I. 94343/2016 non può certo essere ritenuta una garanzia procedimentale - addirittura alternativa a quella di cui all’art. 10 bis legge 241/1990 - come sostenuto dalla difesa dell’Inps, atteso che essa si atteggia, invece, a strumento di tutela extra giudiziale, da utilizzarsi quando il provvedimento è già stato adottato.
Peraltro, nel diniego impugnato l’istante veniva reso edotto di poter presentare avverso lo stesso o ricorso amministrativo nel termine di 30 giorni, o ricorso giurisdizionale innanzi al TAR nel termine di 60 giorni, senza che la scelta dell’una o dell’altra via lo potesse pregiudicare in alcun modo.
9. Il ricorso si manifesta, pertanto, fondato sotto l’indicato dirimente profilo così che deve essere accolto, con annullamento dell’impugnato diniego e rimessione del procedimento all’autorità competente.
10. Attesa la complessità interpretativa propria della problematica trattata, il Collegio ritiene che le spese del presente grado di giudizio vadano compensate tra le parti.