TAR Genova, sez. I, sentenza 2020-09-28, n. 202000646
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Pubblicato il 28/09/2020
N. 00646/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00732/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 732 del 2018, proposto da:
D T, rappresentato e difeso dagli avv. L A e G A, presso i quali è elettivamente domiciliato nel loro studio in Genova, via Corsica, 21/20;
contro
Comune di Loano, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. M R, presso il quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, galleria Mazzini, 7/7;
nei confronti
T D, in proprio e in qualità di socio amministratore della Villa Lina di Delbalzo Tommaso e C. s.n.c., rappresentato e difeso dagli avv. Mauro Vallerga ed Emiliano Bottazzi, presso i quali è elettivamente domiciliato nel loro studio in Genova, via Martin Piaggio, 17/1;
Luciano Arimondo, in proprio e in qualità di legale rappresentante della Arimondo S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Mauro Vallerga, presso il quale è elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via Martin Piaggio, 17/1;
per l’annullamento
del provvedimento adottato dal Comune di Loano in data 7 agosto 2018, n. 28130, avente ad oggetto rigetto dell’istanza-diffida ai sensi dell’art. 19, comma 6- ter , l. n. 241/1990 e s.m.i., intesa ad ottenere l’inibitoria degli effetti della D.I.A. del 4.11.2006 prot. 38089 e delle successive S.C.I.A. in variante (segnatamente quelle n. 75 del 28.8.2017 e n. 49 del 19.4.2018) rilasciate alle Società controinteressate relative ad opere edili sull’immobile sito a Loano, in Via Garibaldi n.ri 80 e 84;
nonché per l’accertamento della mancanza dei presupposti delle D.I.A. e S.C.I.A. suddette.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Loano, di T D e di Luciano Arimondo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 21 luglio 2020 il dott. Richard Goso;
Trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del d.l. n. 18/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Previa DIA del 4 novembre 2016 e SCIA in variante del 28 agosto 2017 e 19 aprile 2018, la Villa Lina di Del Balzo Tommaso e C. s.n.c. ha avviato un intervento di ristrutturazione dello stabile di proprietà già adibito a sala cinematografica sito in Loano, via Garibaldi nn. 80 e 84, da frazionare in quattro unità immobiliari destinate all’insediamento di una media struttura di vendita ed altri esercizi commerciali.
Dopo aver esperito l’accesso agli atti del procedimento, il signor D T, comproprietario del limitrofo immobile a destinazione alberghiera sito in corso Europa n. 17, segnalava l’esistenza di irregolarità da verificare in funzione dell’esercizio dei poteri inibitori dell’amministrazione.
Con l’impugnata nota del 7 agosto 2018, il competente Dirigente comunale ha riscontrato negativamente la segnalazione del terzo in quanto l’istruttoria non avrebbe fatto emergere “ illegittimità di sorta ”.
Il signor T ha impugnato la nota suddetta con ricorso notificato il 26 ottobre 2018 e depositato il successivo 14 novembre, instando anche per l’accertamento della mancanza dei presupposti della DIA e delle SCIA edilizie.
Il ricorrente deduce i seguenti motivi di gravame:
I) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 75, d.P.R. n. 445/2000, e dell’art. 21, l. n. 241/1990 e s.m.i. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento.
Sarebbero state rese dichiarazioni non veritiere relativamente all’invarianza dei parametri urbanistici e alla non applicabilità della disciplina in tema di impatto acustico.
II) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28- bis e 32 del d.P.R. n. 380/2001 e s.m.i., in combinato con gli artt. 19, commi 3 e 6- ter , e 21- nonies della l. n. 241/1990;violazione degli artt. 13, 14 e 56 delle NTA del vigente P.R.G.;eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento.
Il progettato intervento comporterebbe varie violazioni della disciplina di settore, con particolare riguardo alla realizzazione di incrementi superficiari non consentiti e alla violazione delle distanze tra costruzioni.
Costituitosi in resistenza, il Comune di Loano eccepisce che il ricorso sarebbe tardivo nonché infondato nel merito.
Si sono costituiti in giudizio anche i signori T D e Luciano Arimondo, nelle rispettive qualità di socio amministratore della Villa Lina s.n.c. e di legale rappresentante della Arimondo S.r.l., promissaria locatrice della realizzanda media struttura di vendita.
Con memorie di identico contenuto, i controinteressati eccepiscono la tardività del ricorso e l’infondatezza delle dedotte censure.
L’istanza cautelare accedente al ricorso è stata respinta con l’ordinanza n. 286 del 6 dicembre 2018.
Nel prosieguo del giudizio, le parti in causa hanno depositato memorie a suffragio delle proprie tesi e confutazione delle difese avversarie.
I controinteressati hanno introdotto una nuova eccezione di inammissibilità del ricorso che evidenzia la mancata allegazione di pregiudizi riconducibili alla realizzazione dell’avversato intervento edilizio.
All’udienza del 21 luglio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione sulla base degli atti depositati.
DIRITTO
1) La domanda di annullamento introdotta dal signor D T ha per oggetto il provvedimento con cui il Comune di Loano, riscontrando negativamente la sua diffida, ha escluso che l’intervento edilizio intrapreso in prossimità dell’albergo del ricorrente fosse affetto da irregolarità implicanti l’esercizio dei poteri inibitori dell’amministrazione.
L’avversato intervento comporta la ristrutturazione di uno stabile nel quale sarà insediata una media struttura di vendita.
2) In via preliminare, le controparti eccepiscono, sulla base di argomenti parzialmente coincidenti, che il ricorso sarebbe inammissibile in relazione alla tardiva presentazione dell’istanza volta a sollecitare l’esercizio delle verifiche della pubblica amministrazione sulle SCIA edilizie.
La difesa comunale sostiene che l’istanza avrebbe dovuto essere presentata entro lo stesso termine assegnato all’amministrazione per attivarsi d’ufficio, vale a dire non oltre trenta giorni dalla presentazione delle SCIA.
I controinteressati ritengono, invece, che l’iniziativa del terzo avrebbe dovuto essere esperita entro il termine decadenziale di sessanta giorni decorrente dalla conoscenza dei titoli edilizi acquisita grazie all’accesso documentale.
In ogni caso, risulterebbe tardiva l’istanza presentata dal signor D T il 9 luglio 2018, laddove la conoscenza della prima SCIA era maturata già in data 11 gennaio 2018.
Alla luce delle precisazioni formulate dalla Corte costituzionale nelle more del presente giudizio, l’eccezione non può ritenersi fondata.
Con la sentenza n. 45 del 13 marzo 2019, infatti, la Consulta ha affrontato la tematica della tutela del terzo in rapporto alle attività soggette al regime giuridico della SCIA, con particolare riguardo all’individuazione di un termine certo per la sollecitazione delle verifiche di competenza dell’amministrazione.
Investita dal T.A.R. Toscana della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6- ter , della legge 7 agosto 1990, n. 241 (come risultante a seguito della riforma operata per effetto della legge 14 settembre 2011, n. 48, di conversione del d.l. 13 agosto 2011, n. 138), nella parte in cui non prevede un termine finale per la sollecitazione da parte del terzo dei poteri di verifica sulla SCIA, la Corte costituzionale, pur non escludendo l’opportunità di un futuro intervento legislativo, ha precisato che il termine de quo è individuabile per rinvio ai commi 3 e 4 dello stesso articolo 19.
In particolare, il comma 3 dell’art. 19 della legge n. 241/1990 attribuisce alla pubblica amministrazione un triplice ordine di poteri (inibitori, repressivi e conformativi), esercitabili entro il termine ordinario di sessanta giorni dalla presentazione della SCIA (30 giorni nel caso della SCIA edilizia).
Il successivo comma 4 prevede che, decorso il termine suddetto, i poteri dell’amministrazione sono ancora esercitabili secondo la disciplina dell’annullamento in autotutela degli atti illegittimi che, per i provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati, deve essere esercitato entro il termine massimo di diciotto mesi.
Se ne può desumere che, per evitare il definitivo consolidamento della posizione del segnalante, il terzo è onerato ad attivare i poteri di verifica dell’amministrazione entro trenta giorni dalla SCIA edilizia ovvero, ricorrendo i presupposti per l’annullamento d’ufficio, entro i successivi diciotto mesi.
Nel caso in esame, la segnalazione del terzo è stata effettuata entro diciotto mesi dalla presentazione delle SCIA.
Ne consegue che, almeno per quanto concerne le soluzioni progettuali non delineate dalla DIA del 4 novembre 2016, l’iniziativa dell’odierno ricorrente non può essere considerata tardiva, anche perché la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 condiziona l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, ma non può costituire una precondizione di efficacia della segnalazione del terzo.
Per tali ragioni, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso concordemente proposta dalle parti resistenti.
3) Un’ulteriore eccezione di inammissibilità è stata sollevata dai controinteressati che, richiamando recente giurisprudenza della Sezione, evidenziano la carenza di interesse all’impugnazione in relazione alla mancata allegazione di pregiudizi derivanti dall’avversato intervento edilizio.
Il rispetto del principio del contraddittorio processuale impone di disattendere l’eccezione sollevata per la prima volta con le memorie di replica.
Essa, peraltro, non appare fondata in quanto, anche volendo prescindere dalla denunciata violazione della normativa in materia di distanze, la prospettazione di concreti pregiudizi per la fruibilità dell’albergo del ricorrente vale di per sé a configurare la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata.
4) Nel merito, con il primo motivo di gravame, il ricorrente deduce che le SCIA edilizie conterrebbero dichiarazioni non veritiere.
4.1) In primo luogo, con la SCIA del 28 agosto 2017 è stato dichiarato che le modifiche progettuali non avrebbero modificato i parametri urbanistici e non si sarebbe realizzata una variazione essenziale.
Tale dichiarazione non sarebbe conforme al vero, essendo stato previsto un intero nuovo piano (primo fuori terra) destinato ad autorimessa pertinenziale, con conseguente aumento di superficie lorda.
La censura è infondata in quanto, come si evince dalla documentazione in atti, la realizzazione del primo piano era già contemplata dalla DIA del 4 novembre 2016 (doc. 6 controinteressati).
Tale soluzione progettuale è stata confermata dalla SCIA del 28 agosto 2017, mentre la successiva SCIA del 19 aprile 2018 ha semplicemente modificato la destinazione del livello in questione, da magazzino ad autorimessa.
Non è dato riscontrare, pertanto, l’ipotizzata modifica della superficie dell’immobile e dei parametri urbanistici.
4.2) Rileva quindi il ricorrente un contrasto tra la prima e la seconda SCIA, in relazione all’applicabilità della disciplina in materia di impatto acustico di cui all’art. 8 della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
Egli precisa che, in ogni caso, l’avversato intervento edificatorio sarebbe stato effettivamente soggetto all’applicazione di tale disciplina, con conseguente illegittimità della SCIA non corredata dalla prescritta documentazione di previsione di impatto acustico.
Neppure questa doglianza può essere condivisa.
L’art. 8, comma 4, della legge n. 447/1995, stabilisce che “ le domande per il rilascio di concessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive e ricreative e a postazioni di servizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano alla utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché le domande di licenza o di autorizzazione all’esercizio di attività produttive devono contenere una documentazione di previsione di impatto acustico ”.
Il riferimento testuale ai “nuovi impianti” consente di escludere che la documentazione in parola debba essere prodotta nel caso di un intervento di ristrutturazione di un edificio preesistente.
Esula dal perimetro del presente giudizio, peraltro, la questione afferente l’eventuale necessità di allegare la documentazione medesima alla domanda di autorizzazione commerciale.
Tanto precisato, la riscontrata discordanza appare frutto di un evidente errore materiale commesso nella compilazione della prima SCIA, come tale non idoneo ad integrare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera né ad inficiare la validità del titolo edilizio.
5) Seguono, nel contesto del secondo motivo di gravame, variegate censure concernenti la violazione della normativa di settore.
5.1) Con la prima di esse, parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 14 delle N.t.a. del vigente P.R.G. che, nella zona in cui ricade il contestato intervento edificatorio, non ammetterebbe incrementi superficiari ovvero non li ammetterebbe nella misura realizzata nella fattispecie, asseritamente pari ad un aumento di superficie lorda di mq 544,51.
Anche volendo prescindere dal carattere ancipite e generico della censura, essa non è fondata in quanto il citato art. 14, che ammette interventi di ristrutturazione e di demo-ricostruzione con invarianza volumetrica, non contiene specifiche disposizioni in tema di superficie.
Peraltro, il preteso incremento superficiario risalirebbe alla soluzione progettuale contemplata dalla DIA del 4 novembre 2016, ormai resa intangibile per effetto del decorso del tempo.
5.2) Con una seconda censura, premesso che la progettata media struttura di vendita riguarderebbe un immobile situato in parte in zona “B” e in parte in zona “BA” di P.R.G., il ricorrente denuncia la violazione della normativa di settore relativa ad entrambe le zone: nella zona “B”, infatti, sarebbero stati necessari il rilascio di un permesso di costruire convenzionato nonché una dotazione di parcheggi pubblici non reperita nella fattispecie, mentre nella zona “BA” non è ammesso l’insediamento di medie strutture di vendita, ma solo di esercizi di vicinato con superficie massima di mq 100.
Tale prospettazione si fonda su presupposti erronei in quanto la cartografia in atti dimostra che la progettata media struttura di vendita ricade nella zona “B”.
Trova applicazione, pertanto, l’art. 14, comma 14, delle N.t.a., che ammette nella zona “B” medie strutture di vendita con superficie di vendita non superiore a mq 1.500 e impone il reperimento di parcheggi pertinenziali per la clientela, ma nulla dispone in ordine all’eventuale dotazione di parcheggi pubblici.
Infine, i commi 4 e 5 dello stesso art. 14 ricollegano la previsione del permesso di costruire convenzionato agli “ interventi di demolizione e ricostruzione con trasferimento della cubatura all’interno del lotto ”, ipotesi non ricorrente nella fattispecie ove non preesisteva una pluralità di volumi, ma un solo edificio.
5.3) La seconda SCIA sarebbe illegittima in quanto, al piano terra, prevede l’ampliamento della costruzione fino alla distanza di un metro dalle due finestre poste sul lato sud dell’immobile del ricorrente, in contrasto con le norme civilistiche in materia di distanze nelle costruzioni e con l’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968.
Dall’esame degli atti e della documentazione fotografica, tuttavia, emerge che le due aperture in questione sono qualificabili come “luci” in quanto munite di grate e reti metalliche.
Ne consegue l’inapplicabilità della prescrizione di cui all’art. 9 citato che, fissando la distanza di dieci metri fra pareti finestrate di edifici fronteggianti, si riferisce esclusivamente alle pareti munite di finestre qualificabili come vedute e non anche a quelle nelle quali si aprono cosiddette “finestre lucifere” (cfr., fra le ultime, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 maggio 2019, n. 1168).
In secondo luogo, le norme di cui all’art. 873 cod. civ. tollerano deroghe convenzionali (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2018, n. 5016) che, nella fattispecie, erano state previste con l’atto di compravendita del 13 luglio 1955 (doc. 3 controinteressati).
5.4) Sostiene il ricorrente, quindi, che la nuova rampa carrabile non rispetterebbe la distanza minima di 10 metri prevista dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968.
Non è stato dimostrato, tuttavia, che la rampa ecceda l’originaria sagoma di ingombro dell’immobile, sicché non si verte nell’ipotesi di nuova costruzione rilevante ai fini del computo delle distanze rispetto all’edificio contiguo.
5.5) Una ulteriore censura fa riferimento alla pretesa situazione di pericolo determinata dalle autovetture che, per raggiungere l’autorimessa pertinenziale di nuova realizzazione, dovranno attraversare un tratto pedonale: parte ricorrente sostiene che tali circostanze avrebbero richiesto una valutazione circa l’impatto sul traffico e sulla sicurezza dei pedoni.
La censura è inammissibilmente generica in quanto non supportata dall’indicazione delle disposizioni normative che, in tesi, avrebbero imposto la valutazione suggerita dall’esponente.
5.6) Infine, con una sesta censura, il ricorrente evidenzia che la seconda SCIA è stata presentata da un soggetto diverso (il signor Luciano Arimondo) da quello indicato nei precedenti titoli (il signor Tommaso Del Balzo), non essendo possibile comprendere le ragioni di tale mutamento soggettivo né “ se il nuovo segnalante sia legittimato ”.
Anche quest’ultima censura è inammissibile in ragione della sua natura meramente esplorativa, fermo restando che, nella dichiarata qualità di “affittuario”, il signor Arimondo era legittimato alla presentazione della SCIA che ha coinvolto anche l’amministratore della Società proprietaria dell’immobile.
6) Non essendovi altre censure da esaminare, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
La complessità della vicenda e la peculiarità delle questioni affrontate inducono a compensare integralmente le spese di lite tra le parti in causa, fatta eccezione per il contributo unificato che rimane a carico del ricorrente.