TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-02-02, n. 202300316

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-02-02, n. 202300316
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202300316
Data del deposito : 2 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/02/2023

N. 00316/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01199/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1199 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Sicilia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale n. 6;

per l’annullamento

a) del provvedimento della Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Sicilia, prot. del Registro Ufficiale Entrate n. 46197 (218650413/211491655), notificato al ricorrente in data 19.5.2022, avente ad oggetto: “notifica provvedimento di cancellazione elenco visto di conformità e revoca servizio Entratel”;

b) del provvedimento della Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Sicilia, prot. del Registro Ufficiale Entrate n. 48589 (219694256/212510067) notificato al ricorrente in data 26.5.2022, avente ad oggetto: “Revoca Entratel e Visto di conformità”, disponendosi in particolare la cancellazione dall’elenco dei professionisti abilitati ad apporre il visto di conformità a decorrere dal 01/01/2018 e la revoca dell'autorizzazione all'accesso al servizio telematico "Entratel", a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla notifica del provvedimento a norma dell'art. 8 comma 4 D.M. 31/07/1998;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Sicilia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2022 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 18 luglio 2022 e depositato in pari data, il ricorrente espone che:

- nelle date del 27.10.2021 e del 12.11.2021, l’Ufficio Servizi Fiscali dell’Agenzia delle Entrate gli contestava la dichiarazione resa di non aver commesso violazioni gravi e ripetute per la loro entità alle disposizioni in materia contributiva e tributaria, poiché dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria risultavano carichi pendenti, relativi alle cartelle di pagamento, alcuni ancora da definire;

- il predetto Ufficio precisava di avere avviato il procedimento di verifica sulla sussistenza dei requisiti soggettivi di cui all’art. 8 del D.M. 164/1999 per l’attività del visto di conformità;

- in data 23.3.2022 veniva redatto dall’Ufficio Audit il processo verbale di constatazione, prot. n. 27435 nel quale veniva contestata l’apposizione del visto di conformità irregolare su diversi modelli dichiarativi dal 2018 per assenza del requisito soggettivo della presenza di procedimenti penali pendenti, nella fase del giudizio per reati finanziari, nonché il mancato pagamento di una sanzione irrogata ai sensi dell’art 39 D.lgs. n. 241/1997 relativa al visto di conformità infedele;

- l’Agenzia delle Entrate, con provvedimento notificato in data 26.5.2022, disponeva la cancellazione del ricorrente dall’elenco dei professionisti abilitati ad apporre il visto di conformità a decorrere dal 01/01/2018, nonché la revoca dell’autorizzazione all’accesso al servizio telematico Entratel dell’Agenzia delle Entrate, rilasciata in data 2/3/2000, a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla notificazione del provvedimento stesso.

Il ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensiva, dei suddetti provvedimenti articolando le seguenti censure:

1) “Violazione e falsa applicazione dell'art. 21- bis, quinquies, nonies L. 241/1990, nonché dei principi di legalità, di certezza dei fatti compiuti, nonché eccesso di potere per il vizio sintomatico di ingiustizia manifesta, carenza di motivazione del provvedimento con violazione strisciante del principio del contraddittorio. Eccesso di potere manifesto con riferimento alla retroattività dell'efficacia del provvedimento” .

Con riferimento alla verifica sulla sussistenza dei requisiti soggettivi di cui all’art. 8 del D.M. 164/1999 per l’attività del visto di conformità, il ricorrente evidenzia che l’Agenzia delle Entrate farebbe riferimento a due procedimenti penali a carico del ricorrente in relazione ai quali, in data precedente all’emissione del provvedimento impugnato, ossia il 10.3.2022, lo stesso sarebbe stato assolto. Secondo il ricorrente inoltre i reati tributari non rientrerebbero comunque tra i “reati finanziari” di cui al D.M. 164/1999. Con riferimento ai contestati carichi tributari pendenti deduce che essi sarebbero dovuti a un “documentabile stato di crisi di liquidità dovuto all’insolvenza di svariati clienti, salvo poi avere rateizzato e definito le stesse, attivando presso l’Agente della Riscossione lo strumento della rateazione agevolata dei carichi iscritti a ruolo”;
in ogni caso la cancellazione dall’apposito elenco avrebbe dovuto avere efficacia dalla data di notifica del provvedimento e non, come ritenuto dall’Agenzia delle Entrate, avere efficacia retroattiva al 2018.

2) “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 21 e 25 del D.M. 164/1999. Eccesso di potere sotto i profili della ingiustizia manifesta, del travisamento dei fatti e della illogicità e irragionevolezza della motivazione addotta. Eccesso di potere, da parte dell’Agenzia delle Entrate, laddove non ha applicato tassativamente e in modo tipizzato la previsione normativa specifica in materia di cui all’art. 3, co. 4, del DPR 322/1998” .

Il ricorrente contesta la revoca dell’abilitazione Entratel, gravemente preclusiva dello svolgimento della sua attività professionale, lamentandone l’illegittimità, perché adottata ai sensi dell’art. 25 del D.M. n. 164/1999, il quale rinvia espressamente - ai fini della revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica - all’art. 3, co. 4, del DPR n. 322 del 1998.

2. Si è costituita l’Agenzia dell’Entrate, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, che ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

3. Con ordinanza cautelare n. 532 del 09/09/2022, è stata solo parzialmente accolta la richiesta di adozione di misure cautelari “sospendendo gli effetti degli atti impugnati nella parte in cui dispongono la revoca dell’accesso al servizio telematico Entratel a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla notifica del provvedimento” .

4. All’udienza pubblica del 22 novembre 2022 la causa è passata in decisione.

5. Il Collegio, a conferma di quanto delibato in sede interinale, ritiene fondato il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui il ricorrente contesta la revoca dell’abilitazione all'accesso al servizio telematico “Entratel” dell'Agenzia delle Entrate, in quanto non risulta attinto da specifica contestazione per violazione delle norme sulla trasmissione di dichiarazioni e/o contratti, né da provvedimenti di sospensione o revoca da parte dell’Ordine professionale di appartenenza, come invece richiesto dall’art. 3, comma 4, del D.P.R. n. 322 del 1998 che prescrive: “l'abilitazione è revocata quando nello svolgimento dell'attività di trasmissione delle dichiarazioni vengono commesse gravi o ripetute irregolarità, ovvero in presenza di provvedimenti di sospensione irrogati dall'ordine di appartenenza del professionista o in caso di revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività da parte dei centri di assistenza fiscale” .

Il d.m. n. 164/1999 non viene in considerazione nella materia della “revoca Entratel”, in quanto attiene alla diversa materia del rilascio del visto di conformità, e non può quindi fungere da base normativa a sostegno del potere esercitato in concreto dalla P.A. trattandosi di due diversi e autonomi procedimenti, finalizzati al rilascio di provvedimenti abilitativi differenti e con ambiti applicativi distinti.

Sul punto il C.G.A. ha precisato che: “Esiste dunque un collegamento normativo tra assistenza fiscale ai Caf e revoca Entratel, sia pure delimitato a quanto dispone l'art. 25, comma 3, del citato d. m. 164/1999. Tuttavia, l'ipotesi appena delineata non viene direttamente in considerazione nella vicenda odierna, e dunque appare corretto anche quel passaggio motivazionale della sentenza con cui viene posta in risalto la differenza tra il d. m. 31 luglio 1998 il quale, nel fare corpo normativo unitario con l'art. 3, comma 4, del decreto n. 322/1998, disciplina propriamente i casi di revoca Entratel, e il d. m. n. 164/1999, il quale attiene invece alla assistenza fiscale resa dai Caf e non trova applicazione nella peculiare vicenda odierna, in quanto estraneo alla materia. […] In definitiva, fermo l'"incasellamento" della disciplina della revoca Entratel, nella specie, all'interno del "corpo normativo unitario" costituito dall'art. 3 del d.P.R. n. 322/1998 e dall'art. 8 del d. m. 31 luglio 1998, è corretta e va confermata la sentenza nella parte in cui, con riguardo alla disposta revoca dell'abilitazione, si osserva che la revoca suddetta è stata decretata, secondo quanto prevedono l'art. 3 del d.P.R. n. 322/1998 e l'art. 8 del d. m. 31 luglio 1998, attraverso il riferimento a "gravi irregolarità" consistenti, è da supporre, nella omessa dichiarazione della pendenza del procedimento penale per reati finanziari contenuta nell'istanza volta ad ottenere l'abilitazione al rilascio del visto di conformità;
si considera che non si ricade tra le "gravi e ripetute inadempienze" agli obblighi derivanti dal d. m. 31 luglio 1998, alle quali fa riferimento l'art. 8 del citato d. m. , richiamato nelle premesse dell'atto di revoca;
e nemmeno si ricade tra le ipotesi specifiche di revoca obbligatoria descritte nel medesimo art. 8;
si evidenzia che il d. m. 31 luglio 1998 è diverso dal d. m. n. 164/1999 il quale attiene invece all'assistenza fiscale resa dai Caf, e si conclude affermando che il riferimento alle "gravi irregolarità", non meglio specificate, commesse dal ricorrente, riconducibili alla omessa dichiarazione della pendenza del procedimento penale per reati finanziari, non è idoneo a sorreggere la misura revocatoria adottata, e ciò quantomeno per la mancanza di una sufficiente determinazione della condotta tenuta, posto che da un lato le gravi irregolarità in discorso devono riguardare la trasmissione in via telematica di dichiarazioni e contratti, e dall'altro al ricorrente, autorizzato dal 2004 ad accedere al sistema Entratel, non risulta essere stata addebitata nessuna specifica violazione delle norme sulla trasmissione di dichiarazioni e/o contratti, sicché la revoca risulta adottata in difetto dei presupposti prescritti. Alla stregua di tale, condivisibile, ricostruzione, quindi, deve riconoscersi l'illegittimità della revoca dell'accesso al sistema Entratel in quanto comminata all'appellato al di fuori dello schema normativo […] l’art. 8 del d.m. 31.7.1998 non contempla la “personale posizione di irregolarità fiscale del professionista” tra le fattispecie, normativamente individuate, che possano legittimamente fondare la “revoca Entratel”. Revoca Entratel che si ricollega essenzialmente a inadempienze a obblighi attinenti allo svolgimento dell’attività di trasmissione delle dichiarazioni, a tutela degli interessi dei soggetti assistiti”
(in termini si veda C.G.A. n. 43 del 14 gennaio 2022).

6. Con riferimento al secondo motivo, vanno disattese le censure con le quali il ricorrente tenta di minimizzare l’interpretazione dei requisiti soggettivi di cui all’art. 8 del D.M. n. 164 del 1999, fornita dall’Amministrazione la quale, a tal fine, ha dedotto che l’attività del ricorrente (iscritto nell’elenco dei professionisti abilitati ad apporre il visto di conformità a decorrere dalla data del 16 febbraio 2010) è stata interessata da un duplice controllo effettuato, dall’Ufficio Audit e dall’Ufficio Servizi Fiscali della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate;
in particolare:

- l’Ufficio Audit ha rilevato la sussistenza di tre procedimenti penali relativi a violazioni contenute nel decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (contenente: “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto” ). Tale controllo, si è concluso con il processo verbale redatto in data 23 marzo 2022 (di cui il dott. Tufano è a conoscenza per averne ricevuto copia) con il quale è stata accertata l’insussistenza dei requisiti di onorabilità di cui all’articolo 8, comma 1, del citato DM n. 164 del 1999, a partire dall’anno 2018;

- il controllo dell’Ufficio Servizi Fiscali si è svolto, invece, in occasione dei successivi rinnovi della polizza assicurativa, al fine di appurare la permanenza dei presupposti richiesti dal D.M. n. 164 del 1999, per il mantenimento dell’iscrizione nell’elenco dei soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità, acquisendo la documentazione trasmessa dal dott. Tufano per il periodo successivo all’ultima polizza prodotta (31 dicembre 2019);

- l’Ufficio Servizi Fiscali della Direzione regionale ha accertato una grave esposizione debitoria, specificata nel provvedimento impugnato e la decadenza dal piano di ammortamento di una serie di cartelle per un importo complessivo pari ad euro 88.599,40.

Il ricorrente pone la distinzione tra i reati finanziari da quelli più squisitamente tributari, appartenenti a due corpi normativi ben distinti, D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 per i reati tributari e parte V del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 per i reati finanziari, da cui fa derivare l’illegittimità della cancellazione dall’elenco dei professionisti abilitati ad apporre il visto di conformità.

Il Collegio ritiene invece di condividere l’interpretazione rigorosa dei requisiti soggettivi di cui all’art. 8 del D.M. n. 164 del 1999 fornita dalla giurisprudenza di seguito richiamata, sul presupposto che l’attività svolta dai soggetti abilitati costituisce una forma di partecipazione autorizzata all'esercizio della funzione impositiva, sicché essa può essere validamente esercitata soltanto da coloro che dimostrano di possedere e custodire requisiti professionali di onorabilità e moralità di alto profilo.

A tal fine, quanto al significato della locuzione “reati finanziari”, testualmente inserita nell’art. 8, D.M. n. 164 del 1999, va richiamato l’orientamento giurisprudenziale incline a ricomprendervi tutte quelle figure criminose che si caratterizzano per incidere, anche in modo indiretto, sia sugli assetti del sistema economico sia sull'integrità finanziaria dello Stato, trattandosi di aspetti inscindibili del mercato, tra loro interconnessi e reciprocamente dipendenti (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sentenza 24/06/2019, n. 287, citata, per cui: "le fattispecie penali, connesse alle tematiche fiscali, determinino pur sempre effetti pregiudizievoli a carico del sistema complessivo, secondo una concezione dei delitti pertinenti alla c.d. area finanziaria, nella quale si manifesta la loro speciale attitudine ad aggredire un insieme complesso di beni giuridici, definito da un contenuto trasversale, nel cui contesto la sfera economica pubblica è messa a diretto contatto con la dimensione privata dell'economia (si pensi a come i reati tributari possano determinare ingiuste distorsioni della concorrenza all'interno di mercati e a come, d'altro canto, reati tipicamente commerciali, quali ad esempio la bancarotta documentale, possano specularmente dare luogo ad illeciti fiscali - ad es.: l'occultamento o la soppressione delle scritture contabili)". Ne consegue che, i delitti che attengono all’ambito tributario risultano inevitabilmente attratti nella sfera finanziaria, di cui rappresentano a ben vedere il nucleo essenziale.

Osserva, in proposito, la giurisprudenza che, "mentre per definire il perimetro dei reati tributari vi sono dei sicuri indici normativi, la nozione di reato finanziario non è contenuta in alcuna norma e quindi la sua latitudine è frutto di una ricostruzione nella quale ha un'influenza particolare la ratio legis della norma che ad esso richiama facendo discendere dalla sua commissione conseguente negative per un soggetto. Si tratta in genere di una categoria molto ampia che, oltre a ricomprendere certamente i reati tributari, si estende anche a tutte quelle fattispecie tese a punire condotte significativamente pericolose per il mercato e l'economia nazionale. L'ampia formulazione normativa reati finanziari consente di ricondurre alla categoria di reati in esame qualsiasi condotta che possa arrecare pregiudizio agli interessi economici e finanziari dello Stato. Ogni fattispecie incriminatrice che presenti rilevanza economica può essere agevolmente ricompresa nella categoria. D'altronde lo scopo della norma in esame è quella di non consentire ad operatori che si siano macchiati di reati che hanno conseguenze economiche di poter operare all'interno di un sistema telematico creato dal Ministero delle Finanza;
tale finalità è strettamente correlata alla possibilità per l'intermediario, per il tramite dell'iscrizione nell'elenco informatizzato dei professionisti abilitati al rilascio del visto di conformità, di svolgere un'attività di assistenza fiscale particolarmente delicata, in quanto comporta la facoltà di apporre il visto di conformità e di trasmettere le dichiarazioni fiscali in via telematica. L'interpretazione adottata dall'Amministrazione non può dirsi, pertanto, irragionevole né adottata in violazione del principio di tipicità delle sanzioni amministrative o di quello di determinatezza;
persino le norme penali adottano talvolta dei concetti indeterminati giuridicamente per descrivere le condotte incriminate senza che alcuno possa considerare che vi sia stata la violazione dell'art. 25 Cost. Per cui anche se la nozione di reato finanziario non ha un sicuro aggancio normativo, la definizione dell'ambito di operatività da parte di chi deve dare applicazione alla norma in cui essa è contenuta, non può definirsi arbitraria" (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 02.03.2017, n. 183). In forza delle suesposte considerazioni si deve, pertanto, concludere che il delitto di cui agli artt. 113 c.p. 224 n. 2 R.D. 16.03.1942, oggetto del decreto penale di condanna emesso a carico del ricorrente, da quest'ultimo opposto e per il quale pende il relativo procedimento penale, ben può essere ricondotto fra i "reati finanziari" di cui al citato art. 8, con l'immediato effetto di precludere l'iscrizione all'albo dei professionisti abilitati al rilascio del visto di conformità (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, IV, 10.05.2019, n. 283)”
(cfr. T.A.R. Catanzaro, sez. I, 01/02/2021 e T.A.R. Milano, sez. III, 09/12/2019, n. 2612).

Ciò detto, l’esistenza della condizione soggettiva richiamata deve essere esclusa laddove il soggetto si sia reso responsabile di “reati finanziari”, locuzione da intendersi in senso ampio, come chiarito ed in conformità alla ratio legis . In proposito, come in maniera condivisibile rilevato dalla resistente Amministrazione, quella dei reati finanziari è una categoria molto ampia, che ricomprende tutte quelle fattispecie tese a punire condotte significativamente pericolose per il mercato e l’economia nazionale o che arrecano pregiudizio agli interessi economici e finanziari dello Stato.

Inoltre, contrariamente all’assunto del ricorrente, è lo stesso art. 8, comma 1, lett. b) del D.M. n. 164 del 1999 che prevede che anche la mera pendenza di un procedimento penale può fondare il giudizio negativo sulla moralità del richiedente l’autorizzazione, e la ragionevolezza della disposizione citata non può nemmeno essere messa in discussione attesa la natura degli interessi tutelati dalla norma.

Merita invece condivisione - quanto al profilo della decorrenza della disposta cancellazione - la tesi di parte ricorrente secondo cui sarebbe errato far risalire la cancellazione al giorno 01.01.2018, posto che le verifiche ed il controllo sono stati solo dal giorno 08.9.2021 ed il preavviso di cancellazione è del 12.11.2021.

Sul punto, il CGA ha avuto modo di precisare come sia “ illegittima la cancellazione dall'elenco informatizzato dei soggetti legittimati a rilasciare il visto di conformità, in quanto disposta con efficacia retroattiva, vale a dire con effetto ex tunc, a decorrere dal giorno della dichiarazione, non veritiera, del ricorrente, di non avere commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura ed entità, alle disposizioni in materia contributiva e tributaria, anziché venire disposta con efficacia soltanto ex nunc, ossia dal giorno della comunicazione del provvedimento al ricorrente” (C.G.A.R.S, 9.12.2019, n. 1028;
cfr., nello stesso senso, T.A.R. Campania, Salerno, sez. III, 09/05/2022, n. 1228).

Conformemente ai suesposti principi, e limitatamente al profilo corrispondente all’esclusione del carattere retroattivo della disposta cancellazione del ricorrente dall’elenco dei soggetti abilitati ad apporre il visto di conformità, la censura risulta fondata ed il provvedimento impugnato, in parte qua e nei limiti dell’interesse, consequenzialmente annullato.

7. Per le ragioni esposte, il ricorso può essere accolto nei sensi e nei limiti indicati in motivazione con annullamento degli atti impugnati nella sola parte in cui dispongono la revoca dell’accesso al servizio telematico Entratel a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla notifica del provvedimento ai sensi dell’art. 8, comma 4, del D.M. 31/07/1998 e la cancellazione dall’elenco dei professionisti abilitati ad apporre il visto di conformità con effetti ex tunc , ossia dal giorno della dichiarazione del ricorrente di non avere commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura ed entità, alle disposizioni in materia contributiva e tributaria, anziché venire disposta con efficacia ex nunc , ossia dal giorno della comunicazione del provvedimento al ricorrente.

8. Le spese di lite possono essere compensate alla luce della soccombenza reciproca delle parti.

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