TAR Lecce, sez. I, sentenza 2012-07-25, n. 201201343

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2012-07-25, n. 201201343
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201201343
Data del deposito : 25 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00584/2000 REG.RIC.

N. 01343/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00584/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 584 del 2000, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni -OMISSIS-, con domicilio eletto presso Luigia Fiorenza in Lecce, via 95° Reggimento Fanteria 9;

contro

Ministero delle Finanze e Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati in Lecce, via F. Rubichi 23;

per l'annullamento

della deliberazione emessa dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria presso il Ministero delle Finanze in data 16.11.1999 e comunicata al rag. -OMISSIS- in data 24.01.2000, con cui veniva pronunciata la decadenza dall'incarico di Giudice della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto e si invitava il Presidente della stessa Commissione ad escludere il rag. -OMISSIS- con perdita del diritto al compenso fisso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Finanze e del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per l'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti l'avv. Giovanni -OMISSIS- e l'avvocato dello Stato Giovanni Pedone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

È impugnata la delibera in epigrafe, con cui il ricorrente – iscritto all’albo professionale dei dottori commercialisti – è stato dichiarato decaduto dall’incarico di giudice della commissione tributaria di Taranto.

Avverso detta delibera il ricorrente è insorto, lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 8 co. 1 lett. i) d.lgs. n. 545/92;
2) difetto di motivazione;
3) disparità di trattamento, errore nei presupposti e sviamento.

Nella camera di consiglio del 6.7.2000 è stata rigettata la domanda di tutela cautelare.

All’udienza dell’11.7.2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, deduce il ricorrente l’illegittimità degli impugnati provvedimenti, in quanto assunti sul falso presupposto che egli svolgesse attività di consulenza tributaria, come tale integrante ipotesi di incompatibilità con l’incarico di giudice tributario, ai sensi dell’art. 8 lett. i) d.lgs. n. 545/92.

1.1. L’assunto è infondato.

1.2. Dispone(va) l’art. 8 lett. i) d. lgs. n. 545/92, formulazione originaria, che l’incarico di giudice tributario è incompatibile con quello di soggetti iscritti in albi professionali, “che esercitano in qualsiasi forma l’assistenza e la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario”.

Tale previsione normativa è stata modificata dall’art. 31 l. n. 449/97, che ha stabilito, quale causa di incompatibilità con l’ufficio di giudice tributario, la situazione di coloro “… che esercitano in qualsiasi forma la consulenza tributaria ovvero l’assistenza e la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’amministrazione finanziaria o nelle controversie di carattere tributario”.

1.3. Tali essendo le coordinate normative di riferimento, occorre ora accertare se, al momento dell’emanazione della delibera di decadenza dall’incarico, il ricorrente versasse o meno in situazione di incompatibilità.

1.3.1. E sul punto, emerge dalla documentazione ritualmente acquisita in giudizio (cfr. certificazione rilasciata dall’ufficio IVA di Taranto), nonché dalle dichiarazioni dello stesso ricorrente, che quest’ultimo è tenutario di n. 26 scritture contabili di altrettanti soggetti passivi di imposta.

1.4. Chiarito il tipo di attività concretamente svolta dal ricorrente, occorre ora accertare se la stessa integri o meno l’ipotesi di incompatibilità sopra descritta. E sul punto osserva il Collegio che, per condivisa giurisprudenza di legittimità del Consiglio di Stato, “stante l'estrema latitudine della formula recata dall'art. 8 comma 1, d.lg. 31 dicembre 1992 n. 545, sia nel testo originario che in quello novellato dalla l. 27 dicembre 1997 n. 449, qualsiasi forma di consulenza o assistenza tributaria deve ritenersi incompatibile con la carica di giudice tributario, senza che sia necessario verificare in concreto se il suo contenuto qualitativo o la continuità nel suo svolgimento compromettano il requisito della terzietà e dell'indipendenza del giudice, essendo siffatta verifica puntuale propria dei soli istituti della ricusazione e dell'astensione del giudice;
e ciò in quanto le cause di incompatibilità sono legate all'esigenza di evitare la compromissione della necessaria trasparenza ed imparzialità dell'operato del giudice tributario, compromissione che sarebbe inevitabile laddove egli si trovasse nella condizione di doversi pronunciare su controversie, nelle quali ha già avuto modo di indirizzare il proprio orientamento (o quello dello studio in cui opera e di cui fa parte) in occasione dello svolgimento della propria (o riferita ad altri professionisti dello stesso studio) attività di prestatore di opera professionale” (Consiglio di Stato, IV, 14.4.2010, n. 2077;
in termini confermativi, cfr. altresì C.d.S, IV, 4.5.2010, n. 2567).

1.5. Orbene, alla luce di tale condiviso orientamento giurisprudenziale, è evidente che l’attività di assistenza fiscale svolta dal ricorrente lo rende senz’altro inidoneo a ricoprire l’incarico di giudice tributario, versando egli in situazione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 8 lett. i) d.lgs. n. 545/92, sia ante, sia post modifica di cui alla l. n. 449/97.

1.6. Alla luce di tali considerazioni, i relativi motivi di gravame sono infondati, e devono pertanto essere disattesi.

2. Con il secondo motivo di ricorso, deduce il ricorrente il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, non evincendosi, a suo dire, i presupposti di fatto e le argomentazioni giuridiche posti dall’amministrazione a fondamento della disposta decadenza.

Il motivo è infondato.

2.1. Si legge nell’impugnato provvedimento: “… rilevato che la tenuta delle scritture contabili e la predisposizione delle dichiarazioni dei redditi implica un’attività di consulenza fiscale che non può ritenersi meramente occasionale e sporadica …”.

2.2. All’evidenza, nel corpo dell’impugnato provvedimento è dato di evincere sia i presupposti di fatto (rappresentati dalla tenuta di scritture contabili da parte del rag. -OMISSIS-), sia le ragioni giuridiche della decisione (rappresentati dal trovarsi il rag. -OMISSIS-, nella sua qualità di componente di commissione tributaria, nella situazione di incompatibilità prevista dall’art. 8 lett. i) d.lgs. n. 545/92).

Per tali ragioni, reputa il Collegio che l’impugnato provvedimento assolve senz’altro all’obbligo motivazionale previsto dall’art. 3 l. n. 241/90, essendo ampiamente evincibili le ragioni per le quali l’amministrazione ha ritenuto sussistente la descritta situazione di incompatibilità.

In particolare, va disatteso l’assunto del ricorrente, volto a censurare l’operato dell’amministrazione nella parte in cui essa non avrebbe dato conto delle varie opzioni interpretative riconducibili alla previsione di cui all’art. 8 lett. i) d. lgs. n. 545 cit. Ciò in quanto non compete all’amministrazione fornire un’interpretazione esegetica delle varie possibili declinazioni di una determinata fattispecie giuridica, l’onere motivazionale potendo senz’altro dirsi assolto quando nel corpo del provvedimento sia possibile evincere le ragioni giuridiche poste a base della decisione. E nel caso di specie, va ribadito che tali ragioni si evincono in termini inequivoci dalla seguente trascrizione giuridica dello schema generale di sillogismo aristotelico: a) la premessa maggiore (la situazione di incompatibilità descritta in termini generali dall’art. 8 cit.);
b) la premessa minore (l’essere il rag. -OMISSIS- depositario di scritture contabili);
c) la sintesi (la conseguente decadenza del rag. -OMISSIS- dall’incarico di giudice tributario).

2.3. Alla luce di tali considerazioni, è evidente l’assolvimento, da parte dell’amministrazione, dell’onere motivazionale imposto dalla previsione di cui all’art. 3 l. n. 241/90.

2.4. Ne discende il rigetto del relativo motivo di gravame.

3. Va infine rigettato il terzo motivo di gravame, con il quale il ricorrente deduce la disparità di trattamento attuata dall’amministrazione in riferimento a fattispecie analoghe. Ciò in quanto la genericità delle contestazioni del ricorrente, sprovviste in quanto tali dal benché minimo supporto documentale, non consentono al Collegio di verificare in alcun modo la sussistenza delle disparità asseritamente attuate dall’amministrazione ai danni del ricorrente, talché l’assunto del ricorrente si riduce, sotto questo profilo, a mera illazione di principio.

4. Conclusivamente, il ricorso è infondato.

5. Ne consegue il suo rigetto.

6. Ricorrono giusti motivi, rappresentati dalla natura particolarmente tecnica della presente controversia, per la compensazione delle spese di lite.

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