TAR Brescia, sez. II, sentenza 2018-02-26, n. 201800209
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Testo completo
Pubblicato il 26/02/2018
N. 00209/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01731/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1731 del 2015, proposto da:
B D e G D, rappresentate e difese dall'avvocato M U B, con domicilio eletto in Brescia, presso il suo studio, via Ferramola, 14;
contro
Anas S.p.a. e, in particolare, il Compartimento della Viabilità per la Lombardia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati in Brescia, via S. Caterina, 6;
nei confronti di
Comune di Capo di Ponte, non costituito in giudizio;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l'accertamento, come richiesto sia nel ricorso introduttivo, che nel ricorso per motivi aggiunti:
- del diritto delle ricorrenti alla restituzione delle porzioni delle aree di proprietà già parte dei mappali 5323 e 5320 del NCTR del Comune di Capo di Ponte, occupate e trasformate per la realizzazione dei lotti 5 e 6 dei lavori di ammodernamento della SS. n. 42 da Darfo a Edolo, in esito al decreto di occupazione d’urgenza del Prefetto di Brescia, prot. n. 4084/1 del 13 luglio 1992;
e per la declaratoria di inefficacia o nullità o comunque l’annullamento:
- del decreto di esproprio del 4 novembre 2013, mai notificato alle ricorrenti;
- di ogni atto di successivo trasferimento di parte delle aree espropriate al Comune di Capo di Ponte;
e per la condanna di ANAS e/o del Ministero, in solido e/o in via esclusiva o alternativa:
- alla restituzione delle porzioni di aree occupate, previa rimessione in pristino stato;
- al risarcimento del danno per la temporanea non disponibilità dei beni dalla scadenza dell’occupazione legittima sino al termine dell’illecita occupazione;
in via rigorosamente subordinata:
per la condanna di ANAS e/o del Ministero, in solido e/o in via esclusiva o alternativa, al danno determinato dalla perdita della proprietà, dall’illegittima occupazione sin dal 5 giugno 1996 e dalla perdita di valore della proprietà rimanente.
Visti il ricorso, il ricorso per motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Anas S.p.a. - Compartimento della Viabilità per la Lombardia e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le odierne ricorrenti sono proprietarie (dal 19 aprile 1996) di un compendio immobiliare costituito da un edificio e alcuni terreni, tra cui i mappali interessati, sin dal 1992 (decreto del Prefetto di Brescia, prot. n. 4084/1 del 13 luglio 1992), dalla esecuzione dei lotti 5 e 6 dei lavori di ammodernamento della SS. n. 42 da Darfo a Edolo.
L’occupazione di tali terreni era autorizzata sino al 4 giugno 1996, ma i lavori, dopo essere stati interessati da una variante nel 1997, sono stati a lungo sospesi a causa di un contenzioso tra ANAS e il soggetto esecutore.
Essi sono ripresi solo dopo l’approvazione di un nuovo progetto e la conseguente, ulteriore, dichiarazione di pubblica utilità, nel 2009, nonchè l’adozione del nuovo decreto di occupazione del 21 gennaio 2009, portato a esecuzione, con l’immissione nel possesso, l’11 febbraio 2009.
Le odierne ricorrente hanno chiesto, nel 2009 e nel 2012, la restituzione delle aree occupate nel 1992 e non più acquisite al demanio statale per effetto della mancata adozione del decreto di esproprio o stipulazione di una cessione volontaria, ma il 30 ottobre 2012, il capo Compartimento ANAS ha negato la possibilità di tale restituzione. Ciò nonostante, secondo quanto sostenuto in ricorso, una parte delle aree occupate fosse rimasta libera e non trasformata per effetto della scelta di realizzare una nuova galleria con disinteresse per quella artificiale già iniziata.
Solo casualmente le ricorrenti sarebbero, poi, venute a conoscenza dell’intervenuta variazione catastale a seguito della trascrizione del decreto d’esproprio del 2013, mai notificato alle stesse.
Esse hanno, quindi, dedotto la inefficacia e nullità o, in subordine, la illegittimità del decreto di esproprio del 4 novembre 2013, avente a oggetto aree in parte occupate nel 1992, ma non acquisite e non trasformate irrimediabilmente e, in parte, individuate ex novo con l’approvazione del nuovo progetto. Risulterebbero, dunque, violati gli artt. 13 e 73 della legge 2359/1865, allora vigente, per difetto dei presupposti e carenza di potere.
Le espropriate hanno, quindi, chiesto la restituzione delle aree e la riduzione in pristino stato, nonché il risarcimento del danno per tutto il periodo di illegittima occupazione, applicando al valore venale dei beni il tasso del 5 % annuo, con rivalutazione e interessi.
In via subordinata, nel caso fosse ravvisata l’impossibilità della restituzione, esse hanno richiesto il risarcimento del danno derivante dalla perdita della proprietà, oltre che dalla perdita della disponibilità del terreno dal 5 giugno 1996, per tutto il periodo dell’illegittima occupazione.
Si sono costituiti in giudizio sia ANAS, che Ministero, i quali hanno, però, esplicitato le proprie difese solo in vista della pubblica udienza, sostenendo l’infondatezza del ricorso, in ragione della circostanza per cui, con l’approvazione del progetto del 2007, le aree di proprietà delle ricorrenti hanno formato oggetto di una nuova dichiarazione di pubblica utilità, mai avversata dalle stesse e che ha portato alla tempestiva emissione del decreto di esproprio, già in data 4 novembre 2013.
Parte ricorrente ha replicato evidenziando come non sia stata fornita alcuna prova dell’avvenuta notifica del decreto traslativo della proprietà alle odierne ricorrenti, né si sia mai provveduto al pagamento di alcuna indennità: si è, dunque, riservata l’impugnazione del decreto di espropriazione, per procedere alla quale ha insistito, nel corso dell’udienza pubblica fissata per l’11 ottobre 2017, per la concessione di un termine.
In vista dell’ulteriore udienza pubblica, fissata per l’8 febbraio 2018, parte ricorrente ha depositato il ricorso per motivi aggiunti avverso il suddetto decreto di esproprio e una successiva memoria, cui ha replicato ANAS.
La ricorrente ha, quindi, dedotto l’inefficacia, la nullità e/o, comunque, l’illegittimità del decreto di esproprio adottato nel 2013, relativo ai mappali 5323 (per soli 275 mq) e 5320, i lavori insistenti sui quali sono stati dichiarati di pubblica utilità nel 2008 (vedi comunicazione del 26 novembre 2008), con l’approvazione (nel 2003) di un progetto in variante rispetto a quello originario del 1992, che ha visto l’occupazione anche di ulteriori superfici, sempre di proprietà delle sig.re Dassa e cioè delle particelle fondiarie 3463, 4128 e 2465 del foglio n. 1.
Tutto ciò senza prevedere alcun indennizzo per quelle aree già occupate nel 1992 e su cui sono stati eseguiti dei lavori, prima della variante progettuale del 2008, ma senza portare a conclusione la correlata procedura espropriativa.
Il decreto d’esproprio sarebbe, dunque: