TAR Latina, sez. I, sentenza 2012-04-12, n. 201200294

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2012-04-12, n. 201200294
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 201200294
Data del deposito : 12 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00972/2009 REG.RIC.

N. 00294/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00972/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 972 del 2009, proposto da:
L M, rappresentato e difeso dall'avv. A I, con domicilio ex lege presso Tar Lazio Sez. di Latina in Latina, via A. Doria, 4;

contro

Comune di Isola del Liri, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. M C, con domicilio eletto presso Fabio Avv. Cirilli in Latina, via dei Piceni, 59;

nei confronti di

V Q, rappresentato e difeso dall'avv. C A Borromeo, con domicilio eletto presso Sez. Di Latina Tar Lazio in Latina, via A. Doria 4;

per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, esistenziali e da perdita di chance, subiti dalla parte ricorrente, previo accertamento del comportamento illecito del Comune di Isola del Liri e del sig. V Q sull'attività di cava svolta dal Msilli in loc. "Vallefredda".


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Isola del Liri e di V Q;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2012 il dott. Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A seguito dell’istanza promossa in data 25.08.75, inizialmente come società Scavi Liri snc di Msilli Luigi e U R e successivamente a nome dell’omonima ditta individuale, il sig. Msilli Luigi avviava attività di cava, in Isola del Liri loc. “Vallefredda”, particella 225 foglio 23, debitamente autorizzata con nulla osta per svolgere attività di escavazione.

Nel 1980 con L.R. del 16.01.1980 n. 1 la Regione Lazio approntava una prima regolamentazione in materia di cave e torbiere, dopo quella nazionale (L.1126/1926 e 1443/1927), subordinando l’attività di escavazione alla presenza di alcuni requisiti tra cui appunto quello dell’autorizzazione.

All’art. 23 tale legge disciplinava il regime transitorio per le attività in corso alla data di entrata in vigore della stessa legge: tale articolo subordinava la prosecuzione dei lavori ad autorizzazione.

Conseguentemente l’istante, amministratore della snc Scavi Liri, con richiesta del 30.7.80 (prot. 6330) attivava l’iter procedimentale per ottenere la predetta autorizzazione alla prosecuzione dell’attività di cava. Il Comune di Isola del Liri con provvedimento n. 9509 del 22.11.80, negava la predetta autorizzazione. A seguito di tale diniego la società Scavi Liri di Msilli Luigi e U R impugnava il provvedimento dinanzi al TAR Lazio, Roma, il quale accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento del Comune di Isola del Liri con sentenza n. 1261 del 1985 nel processo iscritto al n. 183 del 1981.

In data 14.5.82 (prot. 5110) l’istante quale titolare di omonima ditta individuale, chiedeva nuovamente il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 23 della L.R. Lazio n.1 del 16.1.80.

La Commissione regionale consultiva (a cui il comune aveva trasmesso la documentazione relativa alla richiesta di autorizzazione da parte dell’istante) nella seduta del 21.9.84 (verbale n.60) esprimeva parere favorevole subordinandolo ad un atto di effettiva disponibilità del terreno e ad una relazione di verifica. Il parere favorevole veniva trasmesso al Comune di Isola unitamente ad una lettera del 16.7.85 (prot. 8476 del 25.7.85) con cui la Regione comunicava all’ente comunale che lo schema di convenzione poteva essere tratto dal bollettino ufficiale R.L. n.17/84 (e che veniva in copia allegato a quella lettera).

L’istante produceva quindi quanto richiestogli. Successivamente, vista l’inerzia del comune, il ricorrente in data 3.11.86 (prot. del comune n° 12486 del 7.11.86), in data 29.7.87 (prot. del comune n° 9848 del 5.8.87) e in data 29.6.88 (prot. del comune n° 7923 del 29.6.88) sollecitava il comune alla stipula della convenzione.

Con delibera n. 9588, adottata nella seduta consiliare n. 62 del 28.7.88 il comune “rigettava l’istanza” del ricorrente “tesa a conseguire l’autorizzazione, prevista dall’art. 23 della L.R.Lazio n. 1/80”, così esprimendo “parere contrario alla prosecuzione dell’attività estrattiva”.

L’istante, avverso tale parere, ricorreva al TAR Lazio, Roma che, con ordinanza 1815/88 del 14.12.1988 RG 3103/88 accoglieva la domanda incidentale di sospensione del provvedimento. Tale ricorso non è stato mai deciso nel merito.

Con L.R. 27/93 (che all’art. 37 abroga la L.R. n.1/80 e che all’art. 39 per le attività in corso stabilisce il proseguo secondo i progetti approvati) all’art. 12 e seguenti, è stato delegato ai comuni il compito di stipulare le convenzioni e successive autorizzazioni nei rapporti riguardanti la materia in oggetto.

Con delibera della giunta municipale n. 47 del 7.5.99, mai attuata, il comune di Isola del Liri (vista la legge, vista la domanda, vista la precedente delibera del consiglio comunale n. 56 del 21.3.90 e la documentazione prodotta dall’istante, ritenuto doveroso ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa vigente, visto, altresì, il parere favorevole espresso dalla commissione urbanistica in data 12.10.88, visto la schema di convenzione da stipulare e successiva autorizzazione) “DELIBERAVA di approvare la convenzione allegata al presente atto, DELIBERAVA di approvare lo schema di autorizzazione allegato” e visto il parere (favorevole) del responsabile del IV settore, messa ai voti la proposta, la stessa veniva “accettata all’unanimità e dichiarata immediatamente efficace la proposta”.

Con ordinanza n. 116 del 24.11.99 (prot. n. 20824) il Comune resistente ordinava al Msilli “di sospendere immediatamente l’attività estrattiva della cava sita in località Vallefredda non essendo autorizzato”. Avverso tale ordinanza il Msilli ricorreva al Tar Lazio, Roma (ricorso n. 17614/99) che con Ordinanza n. 491/2000 accoglieva la domanda incidentale di sospensione . Tale ricorso non è stato mai deciso nel merito.

Il 21.2.2000 (prot. 2826) il comune avviava un procedimento amministrativo inerente la sospensione dell’attività estrattiva nella cava per mancanza di autorizzazione.

Con atto di citazione del 16.12.02 la Ditta Msilli citava il Comune di Isola del Liri dinanzi al Tribunale di Sora e chiedeva il risarcimento dei danni per non avergli concesso l’autorizzazione all’escavazione nella cava, ma il Giudice con sent. N. 42/02 accertava il proprio difetto di giurisdizione.

In data 14.8.03 prot. n. 19459 il comune, avviava un procedimento amministrativo di recupero e riqualificazione ambientale (proponendo invece della legittimazione della cava, la chiusura e la necessaria riqualificazione ambientale).

Con verbale del 5.5.2004, il Comando dei Carabinieri Tutela dell’Ambiente di Roma, ha emesso nei confronti del sig. Msilli Luigi un verbale di contravvenzione per infrazioni punibili con la sanzione amministrativa di cui alla legge 689/1981, per aver accertato in Isola del Liri, località Valle Fredda che la ditta Msilli aveva attivato e continuato lavori di escavazione di inerti a cielo aperto senza la prescritta autorizzazione comunale di cui alla legge 27/93 Regione Lazio art. 15-16 e 17 sanzionati dall’art. 30 1° comma della stessa legge. In pari data è stato elevato verbale di sequestro amministrativo e di affidamento in custodia, ai sensi dell’art. 13 della legge 689/1981 della cava per estrazione inerti alla detta località Vallefredda, per mancanza di autorizzazione ai sensi della detta legge 27/1993 e perchè risultava:

- a) l’estrazione degli inerti alla data del 16.4.2004 in atto;

- b) la modifica sostanziale dei luoghi in difformità dei confini planimetrici;

- c) le coordinate catastali indicate nel nulla osta per gli scavi in zona sottoposta a vincolo idrogeologico non corrispondevano a quelle riportate sulla carta catastale allegata al nulla osta;

- d) la cava insiste su area la cui destinazione d’uso è agricola, motivo per il quale necessiterebbe, nel caso di eventuale coltivazione all’estrazione di materiale lapideo, di variante urbanistica.

Successivamente, in data 05.08.2005, è stata emanata l’ordinanza ingiunzione n. 70 di condanna al pagamento della somma di E. 3.617,00 per aver attivato e continuato lavori di escavazione di inerti a cielo aperto senza la prescritta autorizzazione comunale di cui alla L.R. Lazio n. 27 del 1993, artt. 15, 16 e 17, 30 co. 1.

L’ordinanza e quindi il sequestro venivano impugnati davanti al TAR Lazio, sezione di Latina, che con sentenza n.175/ 2007, accoglieva parzialmente il ricorso del sig. Msilli nella parte in cui chiedeva l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n.70 dell’8.8.2005 del Comune di Isola del Liri, ed invece respingeva la domanda con la quale il ricorrente Msilli ha chiesto la declaratoria di inefficacia del sequestro amministrativo.

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 2013/08 del 19.2.08 accoglieva l’appello e dichiarava la cessazione di efficacia del sequestro.

Il 10 luglio 2008, dopo formale diffida ad eseguire la sentenza, e dopo l’inizio di un ulteriore avvio di procedimento amministrativo, veniva da parte dell’ente eseguito il dissequestro.

Quindi, dopo quattro anni e due mesi (dal 5.5.04 al 10.7.08) di sequestro, il Msilli riotteneva il possesso dei terreni su cui aveva esercitato la sua attività di cava.

In data 16/01/2009 il ricorrente presentava istanza al Comune di Isola del Liri con cui richiedeva il rilascio di autorizzazione dell’attività di cava sui terreni siti in Isola del Liri, loc. Vallefredda, in base alla delibera di G.M. n.47 del 1999.

In data 10/03/09 con lettera A/r, prot. N. 4406, il Comune di Isola del Liri ha comunicato al sig. Msilli Luigi che, in merito all’istanza di rilascio autorizzazione dell’attività di cava, la stessa risulta priva dell’adeguata documentazione tecnica-progettuale e amministrativa per valutarne la conformità alle norme vigenti. Dopo notifica di diffida a provvedere, in data 11/05/09 il sig. Msilli Luigi notificava al Comune di Isola del Liri ricorso ai sensi dell’art. 21 bis della L. n. 1034/1971 per l’annullamento del silenzio/rifiuto del Comune di Isola del Liri maturatosi in data 02/05/09 sull’atto di invito e diffida a voler provvedere alla stipula della Convenzione approvata con deliberazione della Giunta Municipale n. 47 del 07/05/99 avente ad oggetto “Approvazione dello schema di convenzione e schema di autorizzazione con la ditta Msilli Luigi per l’esercizio di cava”.

Il TAR Lazo sez. di Latina con sentenza n. 643/09 rigettava tale ricorso perché inammissibile per difetto di legittimazione attiva del ricorrente, avendo egli venduto la cava alla moglie nel 2006.

Con il presente ricorso notificato il 6.11.2009 il sig. Msilli Luigi ha chiesto il risarcimento danni per l’illegittimo sequestro del 05.05.2004 poi dichiarato inefficace dal Consiglio di Stato nel 2008 per il comportamento illecito aquiliano tenuto a suo dire in detto caso da parte del Comune e del Sindaco pro-tempore sig. V Q, e ne ha chiesto la condanna ad € 750.000,00 in via solidale ed ex art. 28 della Costituzione anche nei confronti di quest’ultimo.

Il ricorrente riferisce di essere stato costretto a cessare l’attività (alla data del 31.12.05, come da certificato della Camera di Commercio), a cessare la partita iva (n. 00326080603 attribuitagli per l’attività di “cava e movimento terra”) ed a licenziare gli operai, vedendo azzerato il proprio reddito di impresa ed il volume di affari, come si evince dalla relazione allegata al n. 21 del commercialista, dott. Tersigni Vincenzo.

Evidenzia il ricorrente che per i quattro anni in cui è persistito l’illegittimo/illecito sequestro:

- ha subito una perdita di guadagno di euro 92mila (desumibile dalla media degli utili -in tabella: voce reddito di impresa- dei cinque anni precedenti al 2004 evidenziati nella dichiarazione del dott. Tersigni e dalle dichiarazioni dei redditi e dalla documentazione contabile che si allega dal n. 22 al n.29);

- alla perdita citata si deve aggiungere la perdita di avviamento (causata dalla cessazione dell’attività) che può determinarsi –secondo una stima del medesimo dott. Tersigni- in euro 225mila (in considerazione della media del volume di affari -in tabella all.21: voce volume d’affari- degli ultimi cinque anni e quindi dal 1999 al 2003);

- non essendogli stato concesso di trasportare fuori dai sigilli i suoi mezzi, ha dovuto vedere i medesimi abbandonati alle intemperie e successivamente venderli a prezzi di ribasso;

- alcuni mesi prima dell’eseguito sequestro il ricorrente aveva avuto un’offerta, ed era in trattativa, poi definitivamente col sequestro tramontata, per la cessione della sua attività al prezzo di euro 750mila;

-dopo la cessazione dell’attività, rimasto privo di reddito, il Msilli per adempiere alle proprie obbligazioni ha dovuto vendere i terreni su cui esercitava l’attività di cava, gravati dal sequestro e quindi a prezzo inferiore al valore reale di mercato;

-gli accadimenti suesposti avrebbero provocato, altresì, un trauma psico-fisico al ricorrente procurandogli uno stress esistenziale consistente in un evidente scadimento della qualità della vita, come tale, inquadrabile negli schemi del danno c.d. esistenziale (come violazione di diritti costituzionalmente garantito come quello di proprietà).

Nella pubblica udienza odierna il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente eccepisce il Comune controinteressato la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno. L’eccezione va disattesa in quanto l’illegittimo sequestro, iniziato il 05.05.04 è cessato solo il 10.07.08, dies a quo del termine di prescrizione in considerazione della permanenza dell’illecito, mentre il ricorso è stato notificato il 06.11.2009 e depositato il 20.11.2009, quando ancora non si erano compiuti i termini di prescrizione. Come notorio, infatti, la domanda giudiziale diretta all’accertamento di un diritto ne interrompe i termini di prescrizione.

Deduce il ricorrente, eccesso ed abuso di potere per carenza di istruttoria procedurale;
violazione del principio del contraddittorio e di difesa.

Innanzitutto, deduce il ricorrente il mancato rispetto dei termini di cui all'art. 19 della L.689/81. Infatti, in seguito al sequestro, disposto il 05.05.2004 ed alla conseguente opposizione del 4 giugno 2004, l’amministrazione si è pronunciata 15 mesi dopo con l’ordinanza ingiunzione del 05.08.2005 n. 70. Per contro, l’Amministrazione avrebbe dovuto rispettare i termini di legge pari a dieci giorni successivi alla proposizione dell'opposizione. Aggiunge il ricorrente che, ai termini di legge, se entro tale termine l'opposizione non viene espressamente rigettata, si forma una sorta di silenzio assenso e l'opposizione si intende accolta. Inoltre, la Cassazione (Sez. I 29 novembre 1996 n. 10670, in Giust. Civ., Mass., 1996, 1633) ha precisato che il decorso del termine di dieci giorni, senza che l'amministrazione competente assuma alcuna decisione, determina solo l'inefficacia della misura cautelare, senza incidere sulla validità dell'ordinanza - ingiunzione che abbia successivamente irrogato la sanzione, in ragione della piena autonomia che, appunto, sussiste tra il sequestro e la sanzione medesima.

Nel caso di specie, i termini non sarebbero osservati: l'opposizione del Msilli del 4 giugno 2004 non è stata rigettata nel termine di dieci giorni previsti dal citato art. 19 e quindi il sequestro avrebbe dovuto perdere efficacia. Ad essere precisi, dal sequestro del 05.05.04 all'ordinanza-ingiunzione del 05.08.05 sono intercorsi (ben) quindici mesi di assoluto silenzio.

D’altra parte, sostiene il ricorrente, con sentenza n.175/07, il TAR Lazio sez. di Latina, nell’annullare l’ordinanza ingiunzione del 05.08.2005 n. 70 ha precisato che “A fronte di una così concludente memoria difensiva, l'amministrazione ha licenziato l'impugnato provvedimento (ordinanza ingiunzione n. 70) obliando del tutto l'esame dei documenti inviati e degli argomenti esposti, dei quali, infatti, nessuna menzione si fa nell'atto gravato ed anzi, addirittura ne viene negata l'esistenza. Non par dubbio al Collegio, che il mancato esame delle allegazioni difensive da parte dell'autorità amministrativa - che pure a questa dovevano essere note per essere state ritualmente assunte al protocollo comunale l'8 giugno 2004 - se non rileva in sé come causa di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, incide senz'altro sulla validità dello stesso trattandosi di deduzioni che propongono fondate questioni di diritto e che prospettano elementi di fatto decisivi;
sicché, la loro inadeguata considerazione vizia l'ordinanza ingiunzione per errore di diritto (violazione dell'art. 18 L. 689/1981) nonché per carenza di istruttoria e vizio di motivazione”.

Sul punto specifico del sequestro è lo stesso Consiglio di Stato (nella sentenza citata n. 3289/07) che precisa quanto segue: “con legge 24.11.1981, n. 689 (modifiche al sistema penale) sono state previste sanzioni amministrative, esplicitamente soggette al principio di legalità (art. 1 L. cit: "nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative, se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e nei tempi in esse considerati"). Gli articoli successivi della medesima legge n. 689/81 delineano un sistema (cfr., in particolare, artt. 13, 18 e 19), in cui gli addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni, per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, possono procedere al sequestro cautelare delle cose suscettibili di formare oggetto di confisca amministrativa. Il pagamento dell'ordinanza ingiunzione -esaurendo le esigenze cautelari - comporta restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, a meno che l'Amministrazione non abbia proceduto a confisca. Se l'ordinanza ingiunzione non viene emessa (circostanza, con ogni evidenza, assimilabile alla situazione in cui detta ordinanza, benché emessa, sia stata annullata), o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro, quest'ultimo cessa di avere efficacia. Premesso quanto sopra, appare evidente che gli effetti e la durata del sequestro amministrativo risultano compiutamente disciplinati ex lege, di modo che non può ipotizzarsi - come sembra desumibile dalla sentenza appellata - una consolidazione del sequestro non impugnato nei termini, una volta venuta meno ex tunc, perché annullata, l'ordinanza ingiunzione”.

Ritiene il Collegio che, a fronte dell’annosa questione che vede coinvolte le parti del presente giudizio, non vi siano dubbi sull’illegittimità del sequestro e dell’ordinanza-ingiunzione, siccome annullati con le sentenze del TAR Lazio sez. Latina e del C.d.S. per come sopra citate. Occorre, tuttavia, verificare, ai fini risarcitori che da soli vengono in rilievo nella presente controversia, se l’illegittima occupazione del fondo costituisca anche comportamento illecito, ex art. 2043 c.c., in altre parole se sussistano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito aquiliano. Ritiene il Collegio, a tal proposito, che difetti il requisito fondamentale del danno ingiusto poiché l’esercizio della cava da parte del ricorrente non risulta essere oggetto di autorizzazione da parte delle Autorità. Ed invero, nonostante i vari provvedimenti giudiziali messi in luce dal ricorrente in sede di esposizione dei fatti, non viene evidenziata, nel ricorso, l’esistenza e la fondatezza del diritto del ricorrente all’esercizio della cava, sebbene condizionato ad un provvedimento autorizzatorio che difetta. In altre parole, la cessazione di un’attività non autorizzata e i danni che da questa ne derivano, non possono essere imputati all’amministrazione se non è certo che il soggetto potesse esercitare la predetta attività. Pertanto il ricorrente avrebbe dovuto azionare i rimedi contro il silenzio inadempimento della pubblica amministrazione, ottenere un provvedimento autorizzatorio e poi agire per il risarcimento dei danni subiti.

Conseguentemente il ricorso va respinto in quanto infondato. Sussistono motivi, vista la complessità ed annosità della questione, per disporre la compensazione delle spese di lite.

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