TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-03-01, n. 202101326

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-03-01, n. 202101326
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202101326
Data del deposito : 1 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/03/2021

N. 01326/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01154/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1154 del 2020, proposto da
-OMISSIS- rappresentata e difesa dagli avvocati R M, I P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

A C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato C D B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

- dell’avviso pubblico, per titoli e colloquio, per la copertura per mesi sei, eventualmente rinnovabili per ulteriori mesi sei, di n° 30 posti di Collaboratore Professionale Sanitario-Infermiere (CAT.D), pubblicato sull’Albo pretorio dell’AORN resistente in data 12 marzo 2020;

- di tutti gli atti presupposti, tra i quali la proposta, richiamata nella deliberazione impugnata, a cura del Direttore UOC Gestione Risorse Umane dell’

AORN

Caserta, di indizione di avviso pubblico, connessi, collegati e consequenziali, tra i quali gli eventuali atti successivi di attivazione della procedura concorsuale oggetto di controversia;

nonché per il risarcimento dei danni derivanti alla ricorrente dai provvedimenti impugnati, a causa del comportamento contra ius dell’Amministrazione resistente, in persona del legale rappresentante p.t., con conseguente condanna, oltre interessi e rivalutazione monetaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A C;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza, tenutasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, D.L. n. 137/2020, del giorno 25 gennaio 2021 il dott. F M e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- In limine, osserva il Collegio che, successivamente all’ordinanza cautelare n. 855/2020, con la determina n. 244 del 29.9.2020, l’AORN di Caserta ha disposto la revoca in autotutela del bando di cui all’Avviso pubblico, per titoli e colloquio per la copertura per mesi sei, eventualmente rinnovabili per ulteriori mesi sei, di n. 30 posti di CPS infermiere (cat. D), oggetto della proposta impugnazione.

Successivamente, con atto deliberativo n. 253 del 29.9.2020, la resistente Azienda, in ragione del perdurare dello stato di necessità e di emergenza sanitaria, ha disposto l’utilizzazione della graduatoria conclusiva della procedura di mobilità indetta con la delibera n.343/2019 nella quale la ricorrente occupava la posizione n. 255.

Per effetto di tale disposizione l’Azienda ha intrapreso il procedimento di reclutamento di ulteriori n.20 unità di infermieri, secondo l’ordine di posizione nella graduatoria e la disponibilità a concedere il nulla osta manifestata dall’Azienda di appartenenza degli idonei e, comunque, con immissione in servizio non oltre il 16.12.2020, trattandosi di reclutamento di unità contemplate dal Piano triennale del fabbisogno di personale 2020/2022 limitatamente all’anno corrente.

2.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che, secondo la costante giurisprudenza amministrativa (T.a.r. Lazio, Roma, sez. III, 13 gennaio 2017, n. 546;
Ta.r. Sicilia, Catania, sez. II, sent. n. 2539 del 2016), occorre distinguere due diverse ipotesi:

a) se il Tribunale sospende in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l'amministrazione vi si adegua, con l'adozione di un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non si ha improcedibilità del ricorso, né cessazione della materia del contendere (se l'atto, rispettivamente, sia sfavorevole o favorevole al ricorrente), giacché l'adozione non spontanea dell'atto con cui si è dato esecuzione alla sospensiva non produce la revoca del precedente provvedimento impugnato ed ha una rilevanza solo provvisoria, in attesa cioè che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo (sul punto, cfr. anche Cons. Stato, sez. III, sent. n. 5871 del 2013;
T.a.r. Campania, Napoli, sez. I, n. 4909 del 2013);

b) se, viceversa, a seguito dell'ordinanza cautelare di sospensione, l'amministrazione effettui una nuova valutazione ed adotti un atto espressione di una nuova volontà di provvedere, che costituisca, cioè, un nuovo giudizio, autonomo ed indipendente dall'esecuzione della pronuncia cautelare, allora il ricorso nei confronti del precedente provvedimento gravato diventa improcedibile, ovvero si ha cessazione della materia del contendere laddove si tratti di un atto con contenuto del tutto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente (cfr. anche T.a.r. Lazio, Roma, sez. II, n. 12554 del 2007).

Nel caso di specie, alla luce delle indicate coordinate ermeneutiche generali, deve concludersi nel senso che il provvedimento sopravvenuto esplicitamente ha rivelato la volontà dell'amministrazione non solo di ottemperare alla disposta misura cautelare, ma anche e soprattutto di procedere a una riedizione autonoma del potere, espressamente adeguandosi alla specifica indicazione proveniente dall’amministrazione regionale.

In ragione di quanto esposto, è venuto meno l’interesse della ricorrente a coltivare il gravame avverso l’impugnato avviso pubblicato dall’AORN a tempo determinato con la conseguente sopravvenuta improcedibilità del ricorso.

Invero, fermo restando il principio secondo cui l'individuazione della fattispecie di sopravvenuta carenza di interesse deve essere effettuata con criteri rigorosi e restrittivi per evitare che la preclusione dell'esame del merito della controversia si trasformi in un'inammissibile elusione dell'obbligo del giudice di provvedere sulla domanda (tra le tante, Cons. St., sez. III, 14 marzo 2013, n. 1534;
sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4637;
sez. V, 27 marzo 2013, n. 1808), la sopravvenuta carenza di interesse ricorre tutte le volte in cui si verifichi una modificazione della situazione di fatto o di diritto tale da comportare per il ricorrente l'inutilità dell'eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, non essendo più configurabile in capo ad esso un interesse, anche solo strumentale o morale, alla decisione stessa (Cons. St., sez. V, 9 settembre 2013, n. 4473;
2 agosto 2013, n. 4054;
13 aprile 2012, n. 2116) ovvero quando sia stato adottato dall'amministrazione un provvedimento idoneo a ridefinire l'assetto degli interessi in gioco che, pur senza avere alcun effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, renda certa e definitiva l'inutilità della sentenza (Cons. St., sez. IV, 9 maggio 2013, n. 2511;
26 febbraio 2013, n. 1184;
sez. V, 26 settembre 2013, n. 4784).

Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio che l'intervenuta adozione da parte dell’azienda resistente delle delibere sopra indicate con cui è stata disposta la revoca in autotutela dell’avviata procedura concorsuale, modificando irreversibilmente la situazione di fatto e di diritto esistente al momento della proposizione del ricorso, ha reso privo di qualsiasi utilità l'annullamento dell’impugnato avviso.

4.- Occorre allora verificare se sussistano i presupposti per l'accertamento dell'illegittimità del provvedimento gravato ai fini della domanda risarcitoria.

L'art. 34, comma 3, del codice del processo amministrativo prevede, infatti, che allorquando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori.

La norma sancisce un principio generale nel sistema della giustizia amministrativa, deputato sia ad inibire l'annullamento di atti che abbiano ormai esaurito i loro effetti, sia a tutelare, in presenza dei necessari presupposti, l'interesse all'accertamento giudiziale dell'illegittimità dell'atto impugnato, laddove rilevi l'interesse a conseguire il risarcimento del danno discendente dall'atto medesimo.

Tuttavia, l'onere della prospettazione della persistenza dell'interesse alla decisione a fini risarcitori non può che gravare in capo alla parte ricorrente, atteso che la norma codicistica sopra menzionata -che sostanzialmente demanda al Giudice l'officium di accertamento della illegittimità di un atto che ha esaurito i propri effetti, a soli fini risarcitori - "non può essere interpretato nel senso che, in seguito ad una semplice generica indicazione della parte, il giudice debba verificare la sussistenza di un interesse a fini risarcitori, anche perché, sul piano sistematico, diversamente opinando, perderebbe di senso il principio dell'autonomia dell'azione risarcitoria enucleato dall'art. 30 dello stesso cod. proc. amm. e verrebbe svalutato anche il principio dispositivo che informa il giudizio amministrativo precludendo la mutabilità ex officio del giudizio di annullamento, una volta azionato" (CdS, III, 8 ottobre 2018, n. 5771;
CdS, V, 28/02/2018 n. 1214;
CdS, a.p., 13 aprile 2015, n. 4).

Nella fattispecie, indi, non sussistono i presupposti per procedere allo scrutinio della (asserita) illegittimità dell'atto, in mancanza di qualsivoglia prospettazione di matrice risarcitoria ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.a., atteso che la ricorrente si è limitata esclusivamente ad invocare tale disposizione, omettendo di fornire alcuna prova di tale danno, meramente asserito, come derivante dall’impugnato provvedimento.

In definitiva, si impone la declaratoria di improcedibilità del gravame ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a..

5.- In ragione sia della condotta dell’amministrazione, prontamente adeguatasi in autotutela al dictum cautelare, sia dell’omessa attività di allegazione del pregiudizio subito posto a fondamento della pretesa risarcitoria, le spese di giudizio possono essere interamente compensate con la sola eccezione del contributo unificato il cui onere si pone a carico della resistente azienda.

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