TAR Catania, sez. I, sentenza 2018-12-28, n. 201802596

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2018-12-28, n. 201802596
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201802596
Data del deposito : 28 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2018

N. 02596/2018 REG.PROV.COLL.

N. 04756/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4756 del 2000, proposto da
Lo F I, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Conte Ruggero,9;

contro

Comune di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, p.zza G. Verga, 7;

per l'annullamento

quanto al ricorso principale:

del provvedimento del 29 giugno 2000, distinto dal n. 22/0640 e notificato il 18.8.2000, con il quale il Comune di Catania ha negato la chiesta concessione edilizia in sanatoria richiesta con istanza del 10.4.1986.

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 3.10.2001:

dell’ingiunzione di demolizione n. 22/217 del 18.6.2001, notificata al ricorrente il 3.7.2001;

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 29.7.2002:

dell’ordinanza n. 22/148 del 3.6.2002 di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, notificata il 20.6.2002.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 26 novembre 2018 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso originario notificato il 5 ottobre 2000 e depositato l’11 ottobre 2000, il ricorrente ha impugnato la nota del comune di Catania prot. 22/0640 del 29 giugno 2000 recante il rigetto della domanda di concessione in sanatoria assunta al protocollo generale del comune di Catania n.21286 del 10 aprile 1986, per ricadere l’immobile nella fascia di inedificabilità assoluta di cui all’art. 15 lett. a) della l.r. 78/196 (150 metri dalla battigia).

L’istanza è relativa a un fabbricato costituito da due vani e accessori di mq 52,45, le cui strutture sarebbero state completate nel 1976 e il rustico nel 1978.

Il ricorso è stato affidato alle seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 lett. a) della legge regionale 12.6.1976 n. 78, così come integrato dal comma 10 dell’art. 23 della l.r. 10.8.1985, n. 37. Eccesso di potere per errore nel presupposto, per travisamento e per difetto di motivazione.

Assume parte ricorrente che l’abuso sarebbe stato realizzato oltre la misura minima prevista dalla norma calendata.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 lett. a) della legge regionale 12.6.1976 n. 78, così come innovato dal comma 3 dell’art. 2 della l.r. 30.4.1991, n. 15 – violazione dell’art. 26, comma 15, della l.r. n. 37/1985. Eccesso di potere per errore nel presupposto e per difetto di motivazione.

Al tempo dell’abuso, l’opera abusiva non era regolata dalla sopravvenuta penalizzante norma calendata.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 lett. a) della legge regionale 12.6.1976 n. 78. Eccesso di potere per errore nel presupposto.

In ogni caso, prendendo in esame le rilevazioni aerofotogrammetriche relative agli anni 1976 e 1977 sarebbe evidente che l’abuso era già stato compiuto prima dell’entrata in vigore della norma in epigrafe.

4) Violazione e falsa applicazione del comma 15 dell’art. 26 della l.r. 10.8.1985, n. 37 e dell’art. 2 della l.r. 30.4.1991, n. 10 – Eccesso di potere, anche per carenza di qualsivoglia generale interesse e per difetto di motivazione.

L’istanza di parte ricorrente, decorsi 24 mesi, è da intendersi accolta per silenzio assenso.

5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della l. 241/90 – Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione sulla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 24, 26 della l.r. n. 37/85 e, sotto altro profilo, degli artt, 7 e seguenti della l. 241/90 – Eccesso di potere per illogicità e per difetto di istruttoria.

Parte ricorrente, in presenza di istruttoria carente, non sarebbe stato avvisato dell’imminente diniego, con evidente impedimento della possibilità di difesa.

Ricorso per motivi aggiunti.

Con ricorso per motivi aggiunti del 5 settembre 2001, censurandone l’illegittimità derivata, è stata poi impugnata la nota del comune di Catania del 22/6/2001 recante l’ordine di demolizione dell’immobile dedotto in giudizio.

Secondo ricorso per motivi aggiunti.

3) con ricorso per motivi aggiunti notificato il 23 luglio 2002 è stata infine impugnata, censurandone l’illegittimità derivata, la nota del comune di Catania prot. n. 22/148 del 3 giugno 2002 recante l’ordine di acquisizione del bene.

Costituitosi, il Comune ha concluso per l’infondatezza del ricorso.

Con Ordinanza n. 1678/18, la Sezione ha disposto incombenti istruttori e, segnatamente, ha disposto il deposito di una documentata relazione con la quale vengano indicati e prodotti gli atti di accertamento posti a fondamento del provvedimento impugnato, con particolare riferimento alla distanza dell’opera abusiva dalla battigia;
indi ha disposto il rinvio all’Udienza di smaltimento del 26.11.2018, dove la causa, in assenza di alcun esecuzione dell’ordinanza, è stata trattenuta in decisione.

II. Premette il Collegio che “ai sensi dell'art. 23 della L.R. 37/85 sono da escludere dalla concessione edilizia in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell'art. 15, lettera a), della legge regionale 12 giugno l976 n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell'entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976 (inedificabilità assoluta entro i 150 metri dalla battigia)”.

Assume il provvedimento impugnato che le opere per le quali è stata richiesta sanatoria si trovano a una distanza inferiore a 150 metri dalla battigia e sono state ultimate dopo l'entrata in vigore della Legge Regionale n. 78 del 12.06.1976 e, dunque, dopo il 31.12.1976.

La consulenza di parte, ad avviso del Collegio, non è riuscita a confutare quanto ivi concluso, non potendosi ritenere comprovata l’unica circostanza in discussione, vale a dire la data di ultimazione delle strutture dell’immobile in questione e la distanza effettiva, restando la stessa perizia, meramente limitatamente assertiva.

Ciò posto, infondati sono il primo e il terzo motivo di ricorso, posto che, non risulta dimostrato che la distanza della costruzione non sia inferiore ai 150 metri e nessun diverso dato emerge dai rilievi aerofotogrammetrici, risalenti al più al 1978, sui quali la perizia di parte non si è fatta carico di rappresentare, dimostrandolo, il superamento del detto limite minimo.

Invero, per costante giurisprudenza, dalla quale non v’è motivo di discostarsi, l’onere della prova in ordine alla data di realizzazione dell’immobile abusivo ricade su chi ha commesso l'abuso e solo l’esibizione, da parte di quest’ultimo, di concreti elementi a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all'Amministrazione.

In ordine, poi, alla incertezza relativa alla distanza dalla battigia, invero dato mutevole negli anni, raramente con dimensioni effettivamente rilevanti, occorre rammentare che nel caso di specie già tra la costruzione abusiva (la cui illegittimità non può essere trascurata) e l’istanza di condono, volta a sanare, appunto, l’abuso edilizio, trascorre almeno un decennio.

In altri termini, il decorso del tempo non è un fatto che è astrattamente addebitabile alla (sola) Amministrazione, ma anche (e soprattutto) alla circostanza che si tratta di un’opera abusiva, astrattamente mai sanabile o sanabile per l’intervento legislativo nei tempi occasionali dallo stesso scanditi.

Pertanto, tale rilevante lasso di tempo, in assenza di diverse prove specifiche a carico dell’interessato, non può, di norma, essere invocato per giustificare l’inattualità dell’accertamento circa l’effettiva originaria distanza tra la costruzione e la battigia.

Inoltre, l’onere per il privato di dimostrare che l’opera è stata completata entro la data utile comporta che neanche la dichiarazione sostitutiva di atto notorio è sufficiente a tal fine, essendo necessari inconfutabili atti o documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrano la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto (ex plurimis T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 25-01-2018, n. 204;
Consiglio di Stato, V, 20 agosto 2013, n. 4182;
VI, 5 agosto 2013, n. 4075;
IV, 23 gennaio 2013, n. 414;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 3 agosto 2012, n. 1761).

Poiché l’art. 15, lett. a) della L.r. n. 78/1976, in combinato disposto con l’art. 23, comma 10, L.r. n. 37/1985, esclude la possibilità della sanatoria per gli abusi edilizi nella fascia di 150 metri dalla battigia commessi dopo il 31.12.1976, è onere di chi richiede la sanatoria fornire la prova, certa ed inoppugnabile, della data di effettiva ultimazione delle opere sulla base di specifici e documentati riscontri probatori che, nella fattispecie in esame, risultano del tutto carenti.

Analogamente non condivisibile è la seconda censura, secondo la quale la previsione di inedificabilità assoluta sarebbe riferibile solamente alla programmazione degli strumenti urbanistici e non già ai singoli titoli edilizi.

Invero, sul punto, non c’è motivo di discostarsi dalla giurisprudenza secondo cui:

- il vincolo derivante dalla L. reg. 12 giugno 1976 n. 78, entro la fascia di rispetto di 150 metri dalla battigia, è di inedificabilità assoluta ed è immediatamente applicabile anche nei confronti dei soggetti privati a prescindere da ogni atto normativo di recepimento (CGA 19 marzo 2002, n. 158;
31 gennaio 1995, n. 10;
T.A.R. Sicilia, Palermo, 15 maggio 1997, n. 860);

- il comma 10 dell’art. 23 della L. reg. n. 37/1985 (di recepimento della L. n. 47/1985) dispone espressamente che "restano…escluse dalla concessione o autorizzazione in sanatoria le costruzioni eseguite in violazione dell'art. 15, lett. a, della legge regionale 12 giugno 1976 n. 78, ad eccezione di quelle iniziate prima dell'entrata in vigore della medesima legge e le cui strutture essenziali siano state portate a compimento entro il 31 dicembre 1976";

- l'art. 2, comma 3, L. reg. sic. 30 aprile 1991 n. 15, secondo il quale “le disposizioni di cui all'articolo 15, primo comma, lett. a, d, ed e della legge regionale 12 giugno 1976 n. 78, devono intendersi direttamente ed immediatamente efficaci anche nei confronti dei privati. Esse prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi”, ha efficacia retroattiva, avendo operato un'interpretazione autentica delle previsioni dell'art. 15 legge reg. n. 78 cit. (T.A.R. Sicilia, Palermo, 19 ottobre 1995, n. 793;
T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 20 novembre 1993, n. 914).

Né condivisibile è l’assunto prospettato con il quarto motivo di ricorso, secondo il quale si sarebbe formato per silentium il titolo edilizio, posto che la disposizione di cui al comma 15 dell'art. 26 della legge 10 agosto 1985, n. 37 statuisce che, decorsi ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di sanatoria, la stessa si intende accolta.

Rimarrebbe dunque illegittimo il diniego intervenuto quasi quindici anni dalla richiesta avanzata dai ricorrenti.

In proposito è infatti sufficiente rilevare che l’art. 33 della l. 47/95 dispone in modo inequivocabile che le opere per le quali l’art. 31 disciplina la sanatoria “non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;
b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree”.

Espressa comminatoria è prevista, poi, così come premesso, al comma 10 dell’art. 23 della l.r. 37/85, che, mentre consente la sanatoria nell’ipotesi di vincolo relativo paesaggistico, in riferimento proprio alla distanza dalla battigia la vieta espressamente.

Anche la quinta e la sesta censura sono infondate.

A tal uopo, è sufficiente richiamare, la consolidata giurisprudenza (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 06-10-2011, n. 1739), secondo cui <<i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non devono essere preceduti dall’avviso dell’inizio del procedimento, trattandosi di procedimenti tipizzati e vincolati – regolati in tutti i loro passaggi nei quali è consentita l’adeguata partecipazione dell’interessato- considerato, altresì, che i provvedimenti sanzionatori presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate, nonché sul carattere non assentito delle medesime.

<<La comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, del resto, è necessaria soltanto per i procedimenti iniziati d’ufficio e non già per quelli avviati ad istanza di parte nei quali lo stesso interessato con la sua domanda può inserire tutti gli elementi che ritiene debbano essere presi in considerazione dalla Pubblica Amministrazione ai fini dell’adozione del provvedimento finale (cfr. ex plurimis: Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2007, n. 5314;
30 marzo 2000, n. 1814;
T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 13 maggio 2011;
n. 840;
T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 6 maggio 2011, n. 784;
T.A.R. Sicilia, Palermo, II, 6 giugno 2007, n. 1617;
27 marzo 2007, n. 979;
III, 20 marzo 2006, n. 608;
20 aprile 2005, n. 577;
Catania, III, 3 marzo 2003, n. 374;
T.A.R. Campania, IV, 12 febbraio 2003, n. 797;
14 giugno 2002, n. 3499;
28 marzo 2001, n. 1404)>>.

Consegue l’infondatezza del ricorso e dei successivi per motivi aggiunti, in quanto contenenti censure derivate.

A tale conclusione non osta il mancato adempimento da parte del Comune della richiesta istruttoria, in mancanza del principio di prova, invero neanche sussistente nella perizia di parte, delle ragioni sottese al ricorso.

Le spese del giudizio possono essere compensate, in ragione della difesa meramente formale del Comune intimato.

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