TAR Roma, sez. III, sentenza 2014-07-11, n. 201407449

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2014-07-11, n. 201407449
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201407449
Data del deposito : 11 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10042/2013 REG.RIC

N. 07449/2014 REG.PROV.COLL.

N. 10042/2013 REG.RIC

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10042 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da M T, rappresentato e difeso dagli avv.ti R V, F T e P S P, con domicilio eletto presso Studio Legale Tedeschini in Roma, Largo Messico, 7;

contro

l’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
l’Azienda Policlinico Umberto I;

per l'annullamento

A) con il ricorso introduttivo del giudizio:

- del provvedimento prot. n. 56849 del 03.10.2013 n. 3380, con il quale è stata comminata al ricorrente la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un anno a decorrere dal 1° novembre 2013 con le connesse pene accessorie (decreto rettorale del 3 ottobre 2013, della delibera del CDA del 24 settembre 2013 n. 204) e di tutti gli atti connessi;

- della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi La Sapienza del 24.09.2013 n. 204 con la quale tale organo ha deliberato di comminare la predetta sanzione disciplinare;

- della nota prot. 57032 del 04.10.2013 con la quale è stato comunicato il decreto rettorale prot. n. 56849 del 03.10.2013;

- del parere vincolante espresso dal Collegio di Disciplina nella seduta del 30 luglio 2013;

- della nota del 09.09.2013 prot. n. 51602 con la quale il Presidente del Collegio di disciplina ha comunicato la chiusura dell’istruttoria e l’esito del parere espresso;

- di tutti gli atti prodromici all’emanazione del Decreto Rettorale;

- del Regolamento di Ateneo per il funzionamento del Collegio di disciplina e per lo svolgimento del procedimento disciplinare nei confronti dei professori e ricercatori universitari approvato con Decreto n. 1685 del 20.05.2013 in parte qua e precisamente degli artt. 3, comma 4, 6, comma 4 e 14;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale;

nonché per il risarcimento di tutti i dati subendi e subendi, da quantificarsi in corso di causa;

B) con i motivi aggiunti depositati in data 21 gennaio 2014, per l’annullamento:

- del verbale del Collegio di disciplina del 16.12.2013 e degli atti presupposti, connessi e consequenziali nonché er il risarcimento dei danni da quantificare in corso di causa.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Roma La Sapienza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2014 la dott.ssa E L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 25.10.2013 e depositato il 28.10.2013, il ricorrente, Professore ordinario di cardiochirurgia dal 1996 e responsabile della Divisione (oggi U.O.C) di Cardiochirurgia dal 1998, impugna il decreto rettorale a mezzo del quale gli è stata comminata la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un anno a decorrere dal 1.11.2013 con le connesse pene accessorie, unitamente a tutti gli atti prodromici, connessi e consequenziali così come specificatamente indicati in epigrafe.

Il procedimento disciplinare – così espone il ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio – ha la sua scaturigine nell’invio da parte del professore, in data 27.03.2013, di una nota (prot. 53) avente come oggetto “Disposizione del dott. G al trasferimento della paziente CR. poi deceduta”;
tale nota, indirizzata al Direttore Sanitario e a Direttore Generale dell’Azienda Policlinico Umberto I, rappresentava come la morte di una paziente, sottoposta dal ricorrente a intervento di chirurgia a cuore aperto, sia da porre in correlazione con il trasferimento disposto dal dott. G (contro il parere del Responsabile pro tempore dell’Unità coronarica) della paziente CR. dalla Unità di Terapia Intensiva all’Unità Coronarica, al fine di liberare il posto per un’altra paziente da sottoporre ad intervento chirurgico e che, nella fase post operatoria, avrebbe necessitato del posto in terapia intensiva.

In tale scritto, il ricorrente afferma che “Il trasferimento sembrerebbe essere stato disposto al solo scopo di liberare il letto di Terapia Intensiva perché il dott. Ernesto G aveva deciso di operare un’altra paziente, anche questa volta senza informare il sottoscritto e, come è evidente nell’allegato, falsificando la mia firma sul programma operatorio”.

A seguito di detta nota il direttore Sanitario (29.03.2013) ha deciso di trasmettere la segnalazione alla Procura della Repubblica competente unitamente alle sue considerazioni e alla Relazione della commissione d’indagine dal medesimo nominata.

A sua volta anche il ricorrente ha presentato denuncia alla Procura della Repubblica per la morte della paziente e per la formulazione di un Programma Operatorio non autorizzato, recante la firma falsificata.

A seguito di tali eventi, il Rettore ha avviato il procedimento disciplinare nei confronti del dott. Ernesto G, dirigente della U.O.C Cardiochirurgia per avere trasferito la paziente operata dal ricorrente dalla Terapia Intensiva in altra Unità, per la redazione di un programma operatorio non autorizzato e recante in calce la firma falsa del professore ricorrente, procedimento del quale è stato investito il Comitato dei Garanti e che si è concluso con l’archiviazione in considerazione dell’acclarata assenza dall’U.O.C del dott. G nel giorno 22.03.2013.

Il Rettore ha avviato anche un procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente con la nota prot. 0037333 del 19.06.2013, con cui gli sono stati contestati nove addebiti disciplinari. Il destinatario della nota riscontrava l’avvio del procedimento disciplinare con la nota del 27.06.2013, nella quale ribadiva che la firma apposta in calce al programma operatorio non è la propria e rilevava che, allo stato, gli era di fatto preclusa la possibilità di potere effettivamente e compiutamente svolgere il proprio diritto di difesa perché la Procura della Repubblica presso il Tribunale penale di Roma aveva sottoposto a sequestro la cartella clinica, il diario infermieristico e ogni altra documentazione sanitaria relativa al ricovero della paziente CR. ed il programma operatorio della cardiochirurgia del giorno 23.03.2013 relativo alla paziente S.L., documento quest’ultimo che il ricorrente ha potuto consegnare laddove invece esorbita dalla sua disponibilità la cartella clinica della paziente deceduta, giacché egli non può ottenere copia della cartella clinica dei pazienti deceduti in Terapia Intensiva postoperatoria della Cardiochirurgia, anche se si tratta di pazienti operati in prima persona.

Il Rettore, con nota del 21.06.2013, ha effettuato addebiti aggiuntivi ed in particolare integrativi a quelli iniziali nn. 3, 5, 7.

Il ricorrente in data 05.07.2013 ha nuovamente sostenuto che gli addebiti sono privi di fondamento e ha ribadito quanto già replicato con la nota del 27.06.2013.

Con nota del giorno 08.07.2013, il Rettore ha dunque trasmesso al Collegio di disciplina una nota nella quale ha sostanzialmente ribadito gli addebiti, sospendendo soltanto quelli che avevano una qualche connessione col materiale sequestrato e con la proposta di destituzione del ricorrente dal ruolo di Professore Ordinario o, in alternativa, la sua sospensione dalle funzioni e dallo stipendio per un anno.

Il ricorrente ha presentato un’“istanza (rivolta al Rettore, al Collegio di Disciplina, al Direttore Generale, alla Procura Regionale della Corte dei Conti) di annullamento in autotutela e contestuale diffida agli organi funzionalmente competenti di procedere”, nella quale sono contenuti alcuni dei motivi del ricorso in trattazione e nella quale si chiedeva di essere udito personalmente, portando a conoscenza che sarebbe stato assente da Roma per impegni precedentemente assunti fino alla prima settimana di settembre.

Con nota del 09.09.2013 prot. n. 0051602, il Presidente del Collegio di disciplina ha comunicato al ricorrente di avere chiuso l’istruttoria ed espresso parere in ordine all’esistenza di responsabilità disciplinare a suo carico con conseguente irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dallo stipendio per un anno dall’adozione del relativo provvedimento sanzionatorio ai sensi dell’art. 2 lett. b) in combinato disposto con l’art. 3 n. 4 e 6 del Regolamento del Collegio.

In data 24.09.2013 il Consiglio di Amministrazione ha deliberato la sospensione del ricorrente a cui ha fatto seguito l’emanazione del decreto rettorale.

Il ricorrente si duole dei provvedimenti assunti dall’Università nei suoi confronti e solleva numerose censure di illegittimità che possono così compendiarsi:

1. il Rettore era organo incompetente a irrogare la sanzione disciplinare in quanto gli addebiti contestati concernono adempimenti dei doveri d’ufficio e quindi consistono in attività assistenziali per le quali, a mente dell’art. 5, comma 2 d.lgs. 517/1999 s.m.i., il dipendente risponde al Direttore dell’Azienda, competente anche ad irrogare le sanzioni disciplinari. In secondo luogo, la pendenza di un procedimento penale sui fatti oggetto di addebito impone anche dopo l’entrata in vigore della legge Gelmini (Legge 240/2010), la non attivazione del procedimento disciplinare ovvero nel caso in cui sia già stato avviato, la sua sospensione sino al termine del procedimento penale (c.d. “pregiudiziale penale”). In tal senso illegittimo sarebbe anche il Regolamento di Ateneo che prevede (art. 14) la non sospensione del procedimento disciplinare;

2. il Rettore, nel dare inizio al procedimento disciplinare, ha omesso di attivare il Comitato dei Granati in violazione dell’art. 5 comma 14 del d.lgs. 517/1999, attivazione che è invece stata richiesta per il dott. G;
in secondo luogo, sono stati violati i termini perentori stabiliti dall’art. 10, commi 2 e 3, della legge 240/2010 e dagli artt. 5 e 6 dello stesso Regolamento di Ateneo, che prevedono il termine di trenta giorni entro il quale il Rettore deve dare inizio al procedimento disciplinare dal momento della conoscenza dei fatti e il Collegio di Disciplina deve esprimere il parere sulla proposta avanzata dal Rettore e trasmettere gli atti al Consiglio di Amministrazione;

3. il procedimento è stato contraddistinto da difetto di istruttoria (il procedimento sarebbe stato concentrato in un’unica seduta, quella del 30 luglio) e di contraddittorio con l’interessato, in violazione del Regolamento di Ateneo;
il Collegio di Disciplina si sarebbe appiattito sulle risultanze istruttorie inviate dal Rettore, senza svolgere altra attività;
il ricorrente non ha ricevuto la notifica della convocazione, prova ne è la circostanza che la cartolina di ritorno della raccomandata porta una firma in stampatello del destinatario, al medesimo non riferibile;

4. i provvedimenti impugnati, ed in particolare il verbale del 30 luglio 2013 del Collegio di disciplina, affermano che la sanzione è stata comminata richiamando l’art. 3, comma 4 lett. c) del regolamento di Ateneo, il quale recita: “Sono sanzionabili con la sospensione dall’ufficio e dallo stipendio fino a un massimo di un anno (……) C) atti, in genere, che ledano la dignità e l’onore del professore, tanto quale soggetto attivo che denigri la funzione rivestita attraverso condotte abusive e/o vessatorie o ingiuriose o di discredito nei confronti di colleghi, studenti e terzi, quanto quale soggetto passivo destinatario di calunnie e/o diffamazioni, a prescindere dal mezzo utilizzato scritto, verbale, telematico od ulteriore o diverso”. Il ricorrente ritiene che questa fattispecie sia illegittima in quanto non prevista dalla legge di riferimento e quindi non tipizzata (art. 19 comma 2, L. 240/2010 e artt. 87, 88 e 89 R.D. 1592/1933) e che il regolamento sia stato comunque a lui applicato in modo illegittimo in quanto approvato dopo lo svolgimento dei fatti;

5. vi è, inoltre, una sproporzione e una non gradualità della sanzione applicata in relazione alla gravità del fatto addebitato e ciò è in violazione dell’art. 3, comma 6, del Regolamento che prescrive che le sanzioni disciplinari siano applicate secondo i principi di proporzionalità, gradualità e colpevolezza;
tale sproporzione si desume, in particolare, dalla circostanza per cui l’addebito sulla firma falsa fonda su un documento sequestrato (Programma Operatorio) e tenuto conto della formulazione dubitativa utilizzata dal ricorrente nell’indicare il dott. G quale possibile autore dei fatti denunziati;

6. il Collegio di disciplina ha dato una lettura distorta degli atti travisandone completamente il contenuto ed incorrendo nei vizi dedotti in precedenza.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione chiedendo il rigetto dell’istanza cautelare e del ricorso in quanto infondato.

Il T.A.R. concedeva la sospensiva prima con decreto monocratico n. 4225/3013 e poi con provvedimento collegiale n. 4990/2013, depositato il 21.11.2013, con il quale era, tra l’altro, fissato il merito del ricorso alla pubblica udienza del 04.06.2014.

Il Consiglio di Stato annullava l’ordinanza del T.A.R. con provvedimento collegiale n. 181/2014.

Con motivi aggiunti depositati in data 14 gennaio 2014 il ricorrente impugnava il Verbale del Collegio di disciplina del 16.12.2013, contenente il nuovo parere vincolante, ex art. 6 comma 6 del Regolamento di Ateneo, che ha ritenuto proporzionata, riconfermandola all’esito del riesame e dopo ampia discussione, la sanzione comminata con il parere già reso nella seduta del 30 luglio 2013, della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un anno a decorrere dal 1.11.2013. Impugnava, altresì, gli atti e i provvedimenti consequenziali e prodromici oltre al Regolamento di Ateneo per il funzionamento del Collegio di Disciplina, del 20 maggio 2013 in parte qua, ossia gli artt. 3, comma 4, 6, comma 4 e 14.

In primo grado veniva respinta l’istanza di sospensiva contenuta nei motivi aggiunti, con ordinanza n. 568/2014, e era anticipata la trattazione di merito dalla pubblica udienza del 04.06.2014 alla pubblica udienza del 16.04.2014.

Il ricorrente quindi presentava al Consiglio di Stato istanza di revocazione dell’ordinanza n. 181/2014, istanza che il Giudice d’Appello respingeva con decreto monocratico n. 704 del 14.02.2014.

Il ricorrente chiedeva nuovamente al Giudice di I grado un decreto monocratico per ottenere la sospensione della sanzione, che il T.A.R. ha concesso (decreto n. 762/2014).

L’Avvocatura dello Stato presentava istanza di revoca del decreto monocratico in data 19 febbraio 2014.

Con decreto monocratico n. 875/2014 l’istanza dell’Avvocatura veniva accolta in parte, ossia solo per quanto riguarda la convocazione della camera di consiglio dinanzi alla sezione in composizione collegiale che, pertanto, veniva anticipata al 19 marzo 2014. Il ricorrente, con istanza depositata in data 15 febbraio 2014, chiedeva la revoca ovvero la modifica dell’ordinanza collegiale n. 568/2014, con la quale era stato anticipatamente fissato il merito della trattazione della controversia alla pubblica udienza del 16 aprile 2014.

Con provvedimento collegiale n. 1288/2014 il Tribunale Amministrativo Regionale dichiarava inammissibile l’istanza depositata dal ricorrente in data 15 febbraio 2014, ai sensi dell’art. 58 c.p.a., poiché “non si rinvengono i presupposti di cui all’art. 58 c.p.a.”, ossia i “mutamenti nelle circostanze (né) si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare”, anche in considerazione degli intervenuti pronunciamenti del Consiglio di Stato, a cui l’amministrazione ha inteso dare esecuzione con la nota del 13 febbraio 2014.

Alla pubblica udienza del 16 aprile 2014, lette le memorie depositate dalle parti e uditi gli avvocati, la causa è stata spedita in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso principale è infondato.

2. Passando all’esame delle distinte censure, con la prima di esse il ricorrente si duole dell’incompetenza del Rettore ad avviare e concludere il procedimento disciplinare;
egli avrebbe avocato a se le competenze appartenenti ad altri organi (Direttore Generale dell’Azienda) in modo illegittimo, soprattutto in considerazione della tipologia di addebiti contestati che rappresentano adempimenti dei doveri d’ufficio e quindi attività assistenziali per i quali bisogna rispondere al Direttore Generale dell’Azienda.

2.1. Il motivo è infondato.

Per quello che riguarda l’instaurazione del procedimento, la previsione dell’art. 3, 2° comma della l. 16 gennaio 2006, n. 18, abrogata dalla “riforma Gelmini” (legge 240/2010), è oggi sostanzialmente riprodotta dall’art. 10, 2° comma della l. 30 dicembre 2010 n. 240, che così recita: “l’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall'articolo 87 del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta”. Deve inoltre ritenersi che la competenza del Rettore all’instaurazione del procedimento, in mancanza di una previsione espressa nella normativa, abbia natura obbligatoria, nel senso che in presenza dei presupposti sanciti dalla legge e dal R.D. 31 agosto 1933, n. 1592 il Rettore deve esercitare l’azione disciplinare.

Il Rettore è inoltre l’organo deputato ad effettuare l’istruttoria preliminare che è finalizzata a comprendere se sussistono elementi atti a supportare l’accusa in sede disciplinare o, al contrario, la completa e sicura infondatezza (e, quindi, il potere dovere del Rettore di non esercitare nemmeno l’azione disciplinare) della stessa.

Il Rettore è quindi tenuto a trasmettere gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti.

Nel caso di specie, l’addebito che ha dato luogo alla irrogazione della sanzione non riguarda la materia assistenziale bensì il comportamento del professore universitario ricorrente nei riguardi del ricercatore dott. G, il quale è stato accusato dal primo di insubordinazione e di falsificazione di firma del dirigente – primario sul programma operatorio del 23 marzo 2013;
tale ricostruzione è ragionevole se si pone mente al fatto che in un primo momento il Rettore aveva fatto proprie le accuse del Primario al dott. G attivando il procedimento disciplinare nei confronti di quest’ultimo, anche se le imputazioni si sono poi rivelate infondate avendo il dott. G dimostrato la sua assenza dal servizio il giorno 22 marzo 2013, giorno della presunta falsificazione del programma operatorio. Inoltre, si rileva che il Direttore Generale dell’Azienda Policlinico ha trasmesso la nota del 27 marzo 2013 a firma del ricorrente al Rettore proprio con l’annotazione “Magnifico rettore per ulteriore conoscenza e valutazione, anche in considerazione dello status universitario degli interessati”, inquadrando correttamente quanto avvenuto nell’ambito del rapporto di lavoro universitario.

3. Con un secondo ordine di doglianze, il ricorrente richiama l’applicabilità al caso in esame dell’istituto della c.d. pregiudizialità penale, in base al quale la pendenza di un procedimento penale sui fatti oggetto di addebito imporrebbe, anche dopo l’entrata in vigore della legge Gelmini (Legge 240/2010), la non attivazione del procedimento disciplinare ovvero, nel caso in cui sia già stato avviato, la sua sospensione sino al termine del procedimento penale (c.d. “pregiudiziale penale”).

In tal senso viene censurato anche il Regolamento di Ateneo che prevede (art. 14) la non sospensione del procedimento disciplinare.

3.1. Il motivo è infondato.

La nuova previsione dell’art. 10 della l. 30 dicembre 2010 n. 240, non affronta invero il problema dei rapporti tra giudizio penale e disciplinare.

La questione riguarda l’applicabilità alla fattispecie della previsione dell’art. 117 del T.U. n. 3 del 1957 (“Qualora per il fatto addebitato all’impiegato sia stata iniziata azione penale il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale e, se iniziato, deve essere sospeso”), anche se non espressamente richiamata dall'art. 12 della legge n. 311 del 1958.

Al riguardo, si ritiene che sia ragionevole orientarsi nel senso della possibile estensione alla materia del procedimento disciplinare dei docenti universitari, non di tutte le norme del T.U. 10 gennaio 1957 n. 3, ma delle sole norme che vengano ad integrare garanzie procedimentali che devono informare tutti i procedimenti disciplinari (osservanza del principio del contraddittorio, audizione dell'interessato, contestazione dell'addebito, ecc.);
l’art. 12, comma 2, della l. 18 marzo 1958, n. 311 richiama solo alcune norme del T.U. sugli impiegati civili dello Stato.

Sempre alla stessa tendenza va ascritto il nuovo atteggiamento del legislatore che, in alcuni recenti interventi normativi (si veda, ad es., l’art. 6, comma 2, lett. b) della l. 4 marzo 2009, n. 15 e il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), ha chiaramente manifestato la volontà di eliminare o di ridurre l’ambito di operatività della cd. pregiudiziale penale;
il legislatore prospetta, quindi, con le recenti richiamate riforme, un procedimento disciplinare non più informato al principio della pregiudizialità penale, il quale, oltre ad essere maggiormente in linea con la sistematica dell’art. 12 della l. 18 marzo 1958, n. 311, non costituisce più una deviazione dai principi fondamentali del nostro ordinamento, ma, al contrario, permette un maggiore avvicinamento alla sistematica, improntata a criteri di maggiore efficienza, del procedimento disciplinare del lavoro privato.

In definitiva, ritiene il Collegio che la tesi orientata per l’impossibilità di applicare al procedimento dei docenti universitari la previsione dell’art. 117 del T.U. n. 3 del 1957 e, quindi, il principio della pregiudiziale penale appaia preferibile rispetto alla tesi prospettata dal ricorrente. Ciò che del resto è stato anche sancito in giurisprudenza da plurimi interventi della Corte di Cassazione (sez. civile Lavoro sentenza 8.8.2003 n. 12027, sez. III, 29.09.2012 n. 21251) e del Consiglio di Stato (sez. VI, 3.5.2011 n. 2625, 15.9.2010 n. 6927).

La censura va pertanto respinta anche con riferimento all’impugnativa dell’art. 14 del Regolamento d’Ateneo, la cui previsione è conforme con il nuovo sistema della responsabilità disciplinare e dei rapporti con l’accertamento della responsabilità penale nel senso sopra indicato.

4. Con un ulteriore motivo il ricorrente censura il procedimento disciplinare attivato nei suoi riguardi per violazione dei termini procedimentali di attivazione di conclusione dello stesso.

4.1. E’ opportuno rammentare la sistematica del nuovo procedimento disciplinare sancita dall’art. 10 della l. 30 dicembre 2010 n. 240:

1) presso ogni università è istituito un collegio di disciplina, composto esclusivamente da professori universitari in regime di tempo pieno e da ricercatori a tempo indeterminato in regime di tempo pieno, secondo modalità definite dallo statuto, competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere in merito parere conclusivo;
la partecipazione al collegio di disciplina non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese;

2) l’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall'articolo 87 del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta;

3) il procedimento disciplinare avanti al collegio si svolge secondo il principio del giudizio fra pari e nel rispetto del principio del contraddittorio;
devono essere uditi il rettore ovvero un suo delegato, nonché il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia;
non è chiaro il significato del rinvio (“il procedimento davanti al collegio resta disciplinato dalla normativa vigente”) a quanto previsto dalla disciplina vigente, previsto dall’art. 10, 3 comma 3 della l. 240 del 2010, in sostanziale sintonia con quanto già previsto dal comma 5 dell’art. 3 della l. 18 del 2006;

4) il collegio di disciplina, esprime parere entro trenta giorni sulla proposta avanzata dal rettore, “sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare e trasmette gli atti al consiglio di amministrazione per l'assunzione delle conseguenti deliberazioni”;

5) entro trenta giorni dalla ricezione del parere, il consiglio di amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge la sanzione ovvero dispone l'archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante espresso dal collegio di disciplina;
il termine è sospeso, per non più di due volte e per un periodo non superiore a sessanta giorni in relazione a ciascuna sospensione, ove il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o documenti per motivi istruttori (in questo caso, il rettore è tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie avanzate dal collegio);

6) il procedimento si estingue ove la decisione in ordine all’inflizione della sanzione o all’archiviazione del procedimento non intervenga nel termine di centottanta giorni dalla data di trasmissione degli atti al consiglio di amministrazione;
il termine è sospeso fino alla ricostituzione del collegio di disciplina ovvero del consiglio di amministrazione nel caso in cui siano in corso le operazioni preordinate alla formazione dello stesso che ne impediscono il regolare funzionamento.

4.2. Il ricorrente ritiene che il procedimento a suo carico non sia stato avviato nei termini sopra visti in quanto fa decorrere la data da cui avrebbe dovuto essere iniziato dal 29 marzo 2013, quando la sua nota è stata trasmessa al Direttore Generale dell’Azienda Policlinico avente ad oggetto “Disposizioni del dott. E. G al trasferimento della paziente CR. poi deceduta” ovvero, al più tardi, dalla data del 24 aprile 2013.

Tale assunto, in ordine al dies a quo del procedimento disciplinare, non è condivisibile.

Infatti le date del 29 marzo 2013 e del 24 aprile 2013 hanno riguardo allo scambio di note relative al procedimento disciplinare originariamente attivato nei riguardi del dott. G e non nei confronti del ricorrente.

La tesi originariamente propugnata dal ricorrente ha riguardo alla sua denunzia in ordine al fatto che il dott. G non lo aveva avvisato del trasferimento della paziente pi deceduta, dando parere favorevole e falsificando la sua firma nel programma operatorio, tutte evenienza che il rettore ha prima considerato attivando il procedimento disciplinare e poi ritenuto circostanze non veritiere alla prova dei fatti e dunque archiviando il procedimento disciplinare nei confronti del G ed attivandolo nei riguardi del ricorrente. L’elemento che ha consentito di verificare la estraneità del dott. G dai fatti attribuitigli è stata la rilevazione delle schede di presenza, rilevazione che è stata acquisita dal Rettore in data 11 giugno 2013. Prima di tale data pertanto, non poteva essere attivato il procedimento disciplinare nei riguardi del ricorrente.

Risultano destituite di fondamento anche le censure riguardanti il difetto di istruttoria e di contraddittorio con l’interessato, in violazione del Regolamento di Ateneo in quanto i passaggi procedimentali sono stati comunicati al ricorrente, ad iniziare dalla convocazione avvenuta con raccomandata del 18 luglio 2013 con la quale l’istante è stato reso edotto del fatto che il collegio di disciplina si sarebbe riunito il successivo 30 luglio e che avrebbe avuto la possibilità di farsi interrogare prima della riunione, ma non lo ha fatto;
il ricorrente, del resto, non ha manifestato l’intento di farsi ascoltare in termini solleciti da parte del Consiglio di Disciplina, avendo fruito prima un periodo di congedo ordinario (dal 23 luglio al 17 agosto 2013, periodo peraltro richiesto il 19 luglio 2013) e di un giorno di malattia il 22 luglio 2013. Inoltre, il 22 luglio 2013 inviava una memoria difensiva con la quale chiedeva il rinvio dell’audizione a settembre per impegni non precisati, richiesta che, se accolta, avrebbe fatto decorrere il termine di trenta giorni per la conclusione del procedimento.

4.3. Deve essere disattesa anche la censura di difetto di istruttoria nei confronti del Collegio di disciplina, che si sarebbe “appiattito” sulle posizioni espressa dal Rettore, giacché risulta che il Collegio ha effettuato un’opera di limitazione degli addebiti ( da nove a tre), di riduzione della sanzione proposta (da destituzione a sospensione per un anno), di stralcio documentale in quanto è poi risultato che la firma sul programma operatorio attribuita dal ricorrente al dott. G era invece stata apposta da altro medico del reparto.

La compiutezza dell’attività istruttoria svolta dal Collegio di disciplina si desume chiaramente dalla relazione d’Ateneo in cui sono riassunto tutti i passaggi procedimentali e viene dato atto delle comunicazioni ricevute dall’interessato e delle memorie in replica da lui stesso inviate nelle date del 26 giugno 2013 e del 22 luglio 2013.

Il Collegio è pervenuto alla conclusione per cui “l’accusa del prof. T riferita alla presunta falsificazione della propria firma da parte del dott. G non abbia alcun fondamento e che nell’ambito dell’istruttoria condotta le affermazioni del prof. T non siano state suffragate documentalmente nonostante la gravità delle stesse e la valenza lesiva nei confronti del dott. G;
ugualmente priva di fondamento documentale è l’affermazione fatta dal prof. T che lo spostamento della paziente sia stato deciso dal dott. G contro il parere del prof. Pannarale” e ha ritenuto integrata a carico del prof. T la condotta di grave pregiudizio di altro docente, realizzata in violazione di legge e di regolamenti disciplinanti l’ufficio e la funzione ricoperta, viepiù passibile di sanzione per effetto della funzione apicale rivestita dal prenominato, ai sensi e per gli effetti della’rt. 3 n. 4 del regolamento per il funzionamento del Collegio di disciplina” con conseguente delibera unanime di irrogare nei riguardi del prof. T “la sanzione della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un anno dall’adozione del relativo provvedimento sanzionatorio, ai sensi dell’art. 2 lett. b in combinato disposto con l’art. 3 n. 4 e n. 6 del precitato Regolamento… con le connesse pene accessorie dell’esonero dall’insegnamento, dalle funzioni accademiche e da quelle ad esse connesse, nonché la perdita dell’anzianità di servizio per la durata dell’anno e l’interdizione da incarichi istituzionali universitari per i successivi dieci anni dalla irrogazione della sanzione ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’art. 2 lettera b) e dell’art. 3 n. 4 e n. 6 del regolamento di funzionamento del Collegio.” Dalla lettura delle motivazioni del parere obbligatorio reso dal Collegio di disciplina si desume che nessuna carenza istruttoria e di motivazione può ravvisarsi nel suo operato.

Il Consiglio di Amministrazione si è poi espresso il 24 settembre 2013 in una riunione presieduta dal prorettore vicario e senza la presenza degli studenti e del Rettore come previsto dalle norme di legge sopra citate.

5. Una ulteriore illegittimità sarebbe consistita nell’applicazione di una sanzione, che da un lato, non è prevista dalla legge di riferimento e quindi non è tipizzata e, dall’altro, non è prevista nel regolamento di cui al decreto rettorale del 20 maggio 2013.

Il motivo non ha pregio poiché il regolamento è entrato in vigore il 20 maggio 2013 e i fatti per i quali si è proceduto sono stati conosciuti pienamente dagli organi deputati ad attivare il procedimento disciplinare, l’11 giugno 2013 come più sopra rilevato.

6. Con un ulteriore motivo viene dedotta la sproporzione e la non gradualità della sanzione applicata in relazione alla gravità del fatto addebitato e ciò è in violazione dell’art. 3, comma 6, del Regolamento che prescrive che le sanzioni disciplinari siano applicate secondo i principi di proporzionalità, gradualità e colpevolezza.

Tale sproporzione si desume, in particolare, dalla circostanza per cui l’addebito sulla firma falsa fonda su un documento sequestrato (Programma Operatorio) e tenuto conto della formulazione dubitativa utilizzata dal ricorrente nell’indicare il dott. G quale possibile autore dei fatti denunziati.

Il motivo è infondato.

Sotto l’ultimo profilo dedotto, in particolare, il Collegio condivide la lettura data dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare n. 181 del 16 gennaio 2014 in ordine alla lettera del 27 marzo 2013 in cui il ricorrente ha sostanzialmente accusato il collega G di avere falsificato la firma sul programma operatorio: la piana lettura del documento agli atti fa propendere per l’interpretazione data in sede cautelare dal Giudice d’Appello, nel senso che il ricorrente non si è affatto espresso in forma dubitativa con riguardo alla circostanza della falsificazione della firma da parte del collega, ma ha utilizzato l’espressione sembrerebbe con riguardo alle motivazioni che avrebbero indotto a trasferire a paziente (poi deceduta), a sua insaputa.

La formula dubitativa è quindi riferita meramente a queste ultime circostanze.

Il dato è rilevante in quanto il giudizio sulla proporzionalità e adeguatezza - operabile dal Giudice amministrativo nei limiti del sindacato sull’eccesso di potere e quindi senza entrare nella discrezionalità amministrativa esercitata (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I 1 giugno 2012 n. 5008) - della sanzione irrogata deve essere riferito alle affermazioni scritte dal ricorrente nei riguardi del collega, le quali appaiono, alla luce dell’interpretazione preferita dal Collegio, integrare l’ipotesi dell’art. 3, comma 4 del regolamento, essendosi il ricorrente espresso con assoluta certezza nei riguardi del comportamento - peraltro passibile sotto il profilo penale - del collega.

Il Collegio di disciplina e il Consiglio di amministrazione hanno, invero, valorizzato l’elemento per cui l’accusa di falsificazione nei confronti del dott. G è avvenuta da parte del superiore gerarchico, che ha in talmodo compiuto un abuso della propria posizione, essendo il dott. G un ricercatore;
l’accusa, inoltre, è risultata smentita per tabulas dalla dichiarazione di altro medico che ha riconosciuto di avere sottoscritto il programma operatorio.

6. Con i motivi aggiunti depositati in data 21 gennaio 2014 il ricorrente impugna il verbale del Collegio di Disciplina con il quale è stato riesaminato il precedente parere pervenendosi alle medesime conclusioni del 30 luglio 2013 e la nota a firma del Rettore del 5.12.2013 e la successiva del 19.12.2013 prot. n. 0075073, oltre al comportamento complessivo dell’Università, al regolamento di Atene.

6.1. deve in primo luogo, precisarsi che l’attività svolta dai vari organi dell’Università ed impugnata con i motivi aggiunti è stata originata come risulta dal verbale della seduta del collegio di disciplina del 16 dicembre 2013 dalla trasmissione ad opera del Rettore dell’ordinanza di questa stessa sezione, n. 4499/2013 (riformata dal Consiglio di Stato, in accoglimento dell’appello cautelare dell’amministrazione), che aveva accolto l’istanza cautelare del ricorrente;
peraltro la nota di trasmissione dell’Avvocatura erariale segnalava come l’ordinanza lasciasse spazio ad una nuova valutazione della fattispecie che faccia proprie le indicazioni del Tribunale, rimodulando la sanzione.

Il Collegio di disciplina ha ribadito il contenuto del proprio precedente parere del 30 luglio 2013, sottolineando che l’accusa di falsificazione da parte del ricorrente nei confronti del dott. G è avvenuta senza portare alcuna prova del fatto addebitato e in modo certo ed assertivo, laddove è documentalmente risultato che il dott. G non era in servizio nel giorno in cui era stato compilato il programma operatorio. La formulazione ipotetica e condizionale è invece stata usata esclusivamente in relazione alla finalità sottesa alla falsificazione in questione. Il comportamento posto in essere è stato pertanto riconfermato come lesivo dell’onore e della dignità del dott. G e in pregiudizio dell’immagine e dell’onore dell’istituzione universitaria (oltre a palesare in forma dubitativa il dubbio che la condotta tenuta dall’istante “sembrerebbe finalizzata ad alleggerire le sue responsabilità nella morte della paziente C, per la quale risulta che siano stati trasmessi gli atti alla Procura della Repubblica di Roma”), presupposti in base ai quali anche il Consiglio di amministrazione è pervenuto alle medesime conclusioni già rassegnate.

Dunque, a seguito del parere sono state riconfermate la sanzione principale e quelle accessorie nei riguardi del ricorrente con le stesse motivazioni della precedente irrogazione.

Alla luce di tali elementi e considerato che le censure contenute nei motivi aggiunti ripetono quella già considerate con riferimento a ricorso principale, il Collegio ritiene di potersi affidare alle suestese argomentazioni svolte in punto di fatto e di diritto per respingere i motivi aggiunti.

7. Le spese del giudizio possono essere compensate in considerazione della complessità e novità delle questioni trattate.

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