TAR Torino, sez. I, sentenza 2024-04-22, n. 202400393
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Pubblicato il 22/04/2024
N. 00393/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00829/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 829 del 2023, proposto da
-ricorrente-, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Torino, via dell'Arsenale, 21;
per l'annullamento
del provvedimento, prot. -OMISSIS-, con cui la Questura di Torino ha respinto l’istanza del ricorrente volta al rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato;nonché di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o consequenziale a quello impugnato, ancorché non conosciuto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 10 aprile 2024 il dott. L P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. In data 8 luglio 2020, la Signora -Tizia- ha presentato domanda di emersione, ex art. 103, comma 1, del d.l. 34/2020, a favore dell’odierno ricorrente che si è conclusa con esito positivo.
Tuttavia, al momento della convocazione dello straniero per i rilievi fotodattiloscopici è emerso che egli, sotto false generalità, era stato condannato in via definitiva a 8 mesi di reclusione e a 120,00 euro di multa per concorso in tentata rapina.
2. Il -OMISSIS- il reato è stato dichiarato estinto perché erano trascorsi cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna senza che il ricorrente avesse posto in essere ulteriori condotte delittuose e il decreto di estinzione è stato comunicato all’amministrazione procedente il successivo 22 giugno.
3. Il 18 luglio 2023 l’amministrazione procedente ha respinto l’istanza del ricorrente volta all’ottenimento di un permesso di soggiorno sia perché l’amministrazione era venuta a conoscenza della condanna de qua sia perché lo straniero era stato oggetto di provvedimento di espulsione ex art. 13, comma 2, del d.lgs. 286/98.
4. Con ricorso, notificato e depositato il 17 ottobre 2023, il ricorrente ha impugnato il provvedimento de quo chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, perché asseritamente illegittimo.
5. All’esito dell’udienza camerale, svoltasi in data 8 novembre 2023, il Collegio ha accolto l’stanza cautelare del ricorrente.
6. All’udienza pubblica del 10 aprile 2024, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
7. Con il proprio ricorso, il ricorrente sostiene che il procedimento di emersione terminerebbe con la sottoscrizione del contratto di soggiorno, all’esito del quale la procedura sarebbe interamente disciplinata dal T.U. sull’immigrazione e, pertanto, la condanna dello straniero avrebbe dovuto essere valutata unitamente agli altri elementi, tra cui l’intervenuta estinzione del reato, per verificare se lo straniero fosse o meno socialmente pericoloso.
8. Il ricorso è infondato.
In primo luogo, il Collegio è tenuto a evidenziare che, ai sensi dell’arti. 103, comma 1, del d.l. 34/20 « Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamità derivante dalla diffusione del contagio da -COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 , per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici;in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall'8 marzo 2020 ».
Il successivo comma 15, prevede, poi, che « Lo sportello unico per l'immigrazione, verificata l'ammissibilità della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento ».
Si tratta di una diposizione che è stata precisata dalla circolare del Ministero dell’interno n. 40467 del 30 maggio 2020 la quale, dopo aver ribadito che « Sportello Unico per l'Immigrazione, ricevute le istanze tramite il sistema informatico attestato presso il Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, procede alla verifica in ordine all'ammissibilità della richiesta, acquisendo il parere della Questura circa l'insussistenza di motivi ostativi all'accoglimento della stessa» e che «i Questori dovranno procedere ad una attenta valutazione delle posizioni giuridiche dei soggetti coinvolti nelle suindicate procedure di regolarizzazione, in quanto elemento necessario per consentire una corretta definizione del procedimento amministrativo presso il competente Sportello Unico per l'Immigrazione ed il successivo rilascio del relativo titolo di soggiorno », ha tuttavia precisato che i Questori, in assenza di ulteriori elementi ostativi, avranno cura di precisare che la valutazione dei requisiti di loro competenza « è stata effettuata esclusivamente sulla base dell'anagrafica fornita dallo straniero, stante l'impossibilità di effettuare riscontri fotodattiloscopici in tale fase endoprocedimentale ».
Ne consegue che, da un lato, nonostante sia vero che la procedura di emersione si conclude con la sottoscrizione del contratto di soggiorno, è altrettanto vero il rilascio del permesso di soggiorno non costituisce un diritto soggettivo del ricorrente, in quanto la sua concessione è ancora subordinata all’esito positivo dei controlli dell’Autorità di pubblica sicurezza, ex artt. 4 e 5 del d.lgs. 286/98.
In particolare, l’articolo 5, comma 1, prevede che possono « soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità, a norma del presente testo unico o che siano della proroga del visto ai sensi dell'articolo 4-ter o in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi ».
A mente del precedente art. 4, invece, « non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, per i reati di cui all'articolo 582, nel caso di cui al secondo comma, secondo periodo, e agli articoli 583- bis e 583- quinquies del codice penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale, nonché dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e dall'articolo 24 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Lo straniero per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, non è ammesso in Italia quando rappresenti una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone ».
Ciò posto, in linea di massima, l'estinzione del reato o della pena non «fa venire meno il fatto ostativo della condanna subita dallo straniero che impedisce il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno (ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 24 luglio 2018, n. 4521;T.A.R. Lombardia Milano sez. III, 11 settembre 2020, n. 1660) per cui deve escludersi che il reinserimento sociale in sede di esecuzione della pena abbia rilevanza in sede amministrativa in mancanza del provvedimento di riabilitazione » (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 25 novembre 2022, n. 2630).
Né è possibile equiparare la riabilitazione all’estinzione del reato conseguente a sentenza di “patteggiamento”, posto che « ai fini della riabilitazione non è sufficiente la mancata commissione di altri reati, come nel caso dell'estinzione conseguente al patteggiamento ai sensi dell'art. 445 c.p.p., ma occorre l'accertamento del completo ravvedimento dispiegato nel tempo e mantenuto sino al momento della decisione, e tradotto anche nella eliminazione (ove possibile) delle conseguenze civili del reato, (Cons. St., sez. III, sent. n. 3067/2018 che richiama Cass. pen. sez. I, 18 giugno 2009, n. 31089). La Suprema Corte, nel distinguere e sottolineare l'autonomia dei due istituti, ha chiarito che mentre l'estinzione della pena patteggiata si produce con il solo mancato avveramento della condizione risolutiva nel previsto arco temporale, la riabilitazione viene pronunziata all'esito di un effettivo approdo rieducativo del reo, per di più » (Cassazione penale sez. I, 18 giugno 2009, n. 31089). Ne consegue che, i « due istituti, sia pur diretti teleologicamente al conseguimento della cessazione degli effetti penali della condanna, non possono considerarsi sovrapponibili. La prova certa dell'avvenuta rieducazione del reo, infatti, può ottenersi esclusivamente con la riabilitazione e non, con l'estinzione della pena, un istituto che opera in via automatica basato sul mero dato fattuale del decorso del tempo » (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 19 giugno 2019, n. 4185).
Ciò posto, poiché il -OMISSIS- il Tribunale di Torino ha decretato l’estinzione del reato ex art. 445 c.p.p. e siccome alla data di emanazione del provvedimento impugnato (18 luglio 2023) il ricorrente non aveva ottenuto la riabilitazione in quanto la relativa istanza è stata depositata solo il 23 marzo 2023, l’amministrazione ha correttamente applicato i suddetti principi specificando che la condanna irrogata « è ostativa alla regolare permanenza sul territorio nazionale ed i comportamenti posti in essere sono indice di assoluta assenza di inserimento sociale e recepimento delle norme penali e civili, che sono alla base della quotidiana convivenza civile con conseguente pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica .
9. In conclusione, alla luce di quanto esposto, il ricorso è infondato e deve essere respinto.
10. Alla luce delle peculiarità della vicenda e della natura della presente decisione, il Collegio ritiene equo compensare integralmente le spese di lite tra le parti.