TAR Bari, sez. III, sentenza 2019-10-24, n. 201901382

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2019-10-24, n. 201901382
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201901382
Data del deposito : 24 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2019

N. 01382/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01546/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1546 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato V G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Lesina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giandonato Uva in Bari, alla via Giandomenico Petroni n.3;

per l'annullamento

-del provvedimento di diniego prot. n.-OMISSIS- in data 1.10.2018, recante rigetto dell’istanza di permesso di costruire prodotta in data 2.3.2018, prot. n. -OMISSIS-;

-di ogni atto connesso e/o conseguenziale, antecedente o successivo;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lesina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2019 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;

FATTO e DIRITTO

1.- Con il gravame in epigrafe, la sig.ra -OMISSIS- ha impugnato il diniego opposto dal Comune di Lesina all’istanza di permesso di costruire dalla stessa presentata in data 2 marzo 2018 in relazione a suolo di sua proprietà, ubicato in territorio comunale, esteso per complessivi mq. 5687,00 e riportato in catasto al foglio n. 46, mappali 106-1 e 128, con annessa struttura già destinata alla trasformazione e vendita di prodotti ittici;
il progetto prevede la realizzazione di capannone ad uso commerciale, previa demolizione del manufatto esistente.

E’ incontroverso che l’area ricada in zona F/3, con destinazione ad uso pubblico e/o ad attrezzature di uso pubblico.

Riferisce infatti la stessa ricorrente che l’impianto esistente, realizzato su progetto presentato nel 1985 dalla sua dante causa “-OMISSIS-s.n.c.”, fu autorizzato previa deroga alle N.T.A. concessa dalla Regione Puglia, giusta deliberazione di G.R. n. 6408 del 28 luglio 1986;
e che il fabbricato in progetto, denegato dall’Amministrazione comunale, sarebbe perfettamente sovrapponibile –quanto a cubatura e modalità di asservimento delle aree pertinenziali al fabbricato- a quello originario (cfr. ricorso, pag. 5, 1° cpv.), oggi “in fase di avanzato degrado che non ne consente la utilizzazione” (cfr. stesso ricorso, pag.3, 1° cpv.).

L’amministrazione comunale, costituitasi in giudizio con atto depositato in data 22 dicembre 2018, ha integrato la ricostruzione in fatto precisando quanto segue nella memoria prodotta l’8 marzo 2019:

-l’impianto esistente veniva autorizzato in deroga con la specifica destinazione a “ impianto industriale per la lavorazione e trasformazione di prodotti ittici ”, giusta concessione edilizia n. 10151 del 13.10.1986, per un volume complessivo di mc. 3546,95 (di cui mc. 245,46 già esistenti e mc. 3.3.01, 49 di progetto);

-l’odierna ricorrente acquistava l’immobile dal fallimento della dante causa, giusta decreto del Tribunale di Foggia n. 50/92 Fall. Del 27 maggio 2002, “ nello stato di fatto e di diritto in cui si trova con tutte le pertinenze, accessori, ragioni ed azioni, eventuali servitù attive e passive” ;

-l’istanza di p.d.c. oggetto del diniego gravato seguiva -in ordine di tempo- precedente istanza in data 7.12.2016, per la realizzazione di analoga struttura di media vendita, sostanzialmente sovrapponibile a quella prevista oggi in progetto, accompagnata –come l’istanza oggetto del presente giudizio- da altra istanza di modifica del regolamento del commercio (la prima in data 15.12.2017, numero di protocollo 914/2018;
la seconda in data 4.7.2018, prot. n. 11665), entrambe preordinate ad ottenere l’inserimento dell’immobile de quo tra gli ambiti territoriali destinati alla realizzazione di strutture commerciali del tipo di quella proposta;

-entrambi i progetti avrebbero previsto l’impegno di una volumetria pari a più del doppio di quella autorizzata in deroga (rispettivamente mc. 7.765,00 e 7.650,00 a fronte degli originari mc. 3.546,95) e la circostanza sarebbe agevolmente evincibile ad un raffronto tra la relazione di asseverazione prodotta in giudizio dalla ricorrente stessa, datata 5 novembre 2018 e i relativi progetti (cfr. in particolare quello del 2018 in discussione).

All’udienza del 26 giugno 2019, il gravame è stato trattenuto in decisione.

2.- Il ricorso è infondato e va respinto.

Non convince l’assunto ricorrente, smontato dalla difesa comunale sia nell’impianto principale che in quello secondario.

Ed invero, non avrebbe potuto il progetto controverso avvalersi della specifica deroga concessa nel 1986 essendo stata prevista la totale demolizione dell’impianto esistente e il radicale mutamento di destinazione d’uso dello stesso;
si è invero in presenza di una “nuova” costruzione, in quanto tale soggetta a nuovo p.d.c., la cui assentibilità avrebbe dovuto in ogni caso essere valutata con riferimento alle norme di P.R.G. vigente, essendo destinata la deroga a valere limitatamente a quell’edificio autorizzato nel 1986. Di questo sembra esser stata consapevole la stessa ricorrente, come correttamente fatto rilevare dalla difesa comunale, giacché, unitamente alle istanze del 2016 e del 2018 (quest’ultima –si ribadisce- oggetto del presente giudizio), ha presentato –come detto- due successive richieste di revisione del regolamento commerciale.

Ad ogni buon conto, è acquisita agli atti di causa la prova della non sovrapponibilità del progetto controverso all’impianto preesistente realizzato in deroga.

E’ stata la stessa ricorrente a depositare il 13 marzo 2019, data della discussione dell’istanza cautelare in camera di consiglio, l’”Asseverazione del Progettista”, mai precedentemente allegata al progetto o versata nel relativo procedimento (porta infatti la data del 5 novembre 2018, di ben otto mesi successiva alla conclusione del procedimento stesso).

Emerge da questa relazione che la superficie delle opere in progetto ammonterebbe a mq. 1.013,50 e la relativa cubatura a mc. 3.851,30;
liddove si legge nella relazione tecnica al progetto (all.7 del deposito ricorrente in data 18.12.2018), a firma dello stesso ing. -OMISSIS-, che la superficie a realizzarsi ammonterebbe a mq. 1.500,00 e il volume generato a mc. 7.650 (ricavato moltiplicando la predetta superficie per l’altezza di gronda pari a m.5,10).

Fin troppo evidente pertanto che, quand’anche dovesse ritenersi spendibile l’intera superficie a demolirsi, il progetto impegnerebbe una volumetria quasi doppia.

A fronte di questo dato incontroverso, tutti i rilievi articolati in ricorso si infrangono a cascata.

Infatti: a) le censure sub A2 fondano proprio sul presupposto che le cubature in progetto fossero contenute nelle previsioni della precedente concessione edilizia in deroga (cfr. ricorso, pag. 9, 1° cpv.);
b) analogamente le censure sub B (in parte anticipate sub A2;
cfr. pag. 9 nella parte finale), sono incentrate sulla compatibilità della destinazione prevista nel denegato progetto con le attuali norme di piano e fanno sostanzialmente leva sulla vecchia deroga, per un verso sostenendosi che la destinazione commerciale vi fosse implicitamente ricompresa e, per altro verso, valorizzandosi la concreta utilizzazione dell’impianto preesistente per attività anche di tipo commerciale.

Anche in disparte ogni altra considerazione, è evidente che, a fronte di un atto plurimotivato, secondo consolidata giurisprudenza, è sufficiente a sostenere la legittimità dell'atto stesso la conformità a legge anche di una sola delle ragioni addotte (cfr., ex multis , Tar Campania, Napoli, Sez. V, 19.8.2019, n. 4371). Ne consegue che “ Nell'ambito di un giudizio amministrativo avente ad oggetto l'impugnazione di un provvedimento plurimotivato, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento” (cfr. C.d.S., Sez.V, 7.6.2019, nn.3846 e 3847).

In ogni caso, anche le censure articolate sub A, prima parte, si rivelano -alla luce di quanto detto- destituite di fondamento.

A fronte della non conformità dell’intervento in questione sia alle norme di Piano vigenti che alle condizioni della deroga concessa nel 1986, non può essersi formato il titolo autorizzativo per silentium, ai sensi e per gli effetti dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001, come sostenuto da parte ricorrente.

Anche tale motivo va, pertanto, respinto.

3.- In conclusione, l’intero gravame va respinto. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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