TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2022-02-07, n. 202201393

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2022-02-07, n. 202201393
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202201393
Data del deposito : 7 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/02/2022

N. 01393/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04899/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4899 del 2020, proposto da
N P, F P L, rappresentati e difesi dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Caracuzzo in Roma, via di Villa Pepoli N 4;

contro

Ministero dell'Istruzione, Ufficio Scolastico Regionale Lazio, Uff Scolastico Reg Lazio - Uff X Ambito Terr per la Provincia di Viterbo, Ufficio Scolastico Regionale Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Usr per il Lazio, Usr per la Campania, Ambito Territoriale di Viterbo, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Agnese Massone, non costituito in giudizio;

decreto 150 del 2020


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione e di Ufficio Scolastico Regionale Lazio e di Uff Scolastico Reg Lazio - Uff X Ambito Terr per la Provincia di Viterbo e di Ufficio Scolastico Regionale Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2022 il dott. Raffaele Tuccillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del giudizio le ricorrenti chiedevano l’annullamento del decreto n. 1150 del 2020 nella parte in cui escludeva le ricorrenti dalla procedura concorsuale di cui al DDG n. 106 del 22016 per la classe di concorso A028 matematica e scienze e rettificava la graduatoria generale del concorso, nonché degli ulteriori atti indicati in ricorso.

Si costituiva il ministero resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

A seguito dei chiarimenti forniti dal Ministero resistente, con ordinanza cautelare veniva rigettata l’istanza di parte ricorrente sulla base delle seguenti ragioni “ ritenuto che alla luce dei chiarimenti forniti dall’amministrazione e degli atti di parte ricorrente risulta che i ricorrenti sono stati immessi in ruolo in forza di provvedimento giurisdizionale poi riformato in secondo grado e che pertanto l’esclusione delle ricorrenti appare coerente con la situazione giuridica esistente;

considerato come evidenziato in numerosi precedenti del Tar che la mancanza del requisito si traduce in una causa idonea a legittimare l’esclusione del ricorrente ;”.

Il ricorso proposto non può trovare accoglimento.

Le ricorrenti sono in possesso di laurea e, per effetto di un provvedimento giurisdizionale, partecipavano al concorso a cattedre bandito con ddg n. 106 del 2016. All’esito del concorso venivano inserite con riserva nella graduatoria di merito. Con sentenza n. 2368/2019, il TAR Lazio – Roma accoglieva il ricorso e, per l’effetto, l’USR Lazio, con DDG n. 185 del 15/03/2019, disponeva l’inserimento a pieno titolo delle ricorrenti nella graduatoria di merito per la classe di concorso A028-Matematica e Scienze. A seguito di ciò, le ricorrenti partecipavano alla procedura di mobilità per l’a.s. 2019/2020 e ottenevano il trasferimento nella regione Campania. A settembre del 2019, le stesse hanno stipulato il contratto di lavoro a tempo indeterminato con l’USR Campania, con decorrenza giuridica dal 01/09/2018 ed economica dal 01/09/2019. Tuttavia, avverso la sentenza del TAR Lazio – Roma, il Ministero dell’Istruzione proponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato (R.G. n. 3913/2019). Con sentenza n. 7789/2019, il Consiglio di Stato, sezione VI, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respingeva il ricorso di primo grado. In conseguenza di ciò, con il decreto impugnato, il Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio ha disposto l’esclusione delle ricorrenti dalla graduatoria di merito per la classe di concorso A028. Le ricorrenti erano quindi destinatarie della revoca del contratto di lavoro a tempo indeterminato per l’insegnamento di Matematica e Scienze - A028.

Con un primo motivo di ricorso sostenevano l’applicabilità del consolidamento del diritto delle ricorrenti a essere incluse nelle graduatorie di merito del concorso.

Sul punto, aderendo al preferibile orientamento della giurisprudenza amministrativa (da ultimo Cons. Stato 26 gennaio 2022 n. 532), pur a conoscenza di alcune pronunce della giurisprudenza amministrativa orientate in senso contrario (T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, 31/05/2019, n. 6906;
Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2014, n. 2298), dall’ammissione con riserva non può derivare il consolidamento della posizione, in quanto “ il processo cautelare costituisce fase autonoma e distinta nell’ambito del giudizio di impugnazione, non in grado di consumare il rapporto processuale principale e senza, quindi, che l’eventuale sospensiva del provvedimento impugnato – destinata ad avere efficacia solo fino alla decisione di merito, al fine di evitare effetti negativi irreversibili prima di tale decisione – possa determinare cessazione della materia del contendere o improcedibilità dell’impugnativa (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 7864, 21 novembre 2006, n. 6807, 19 maggio 2010, n. 3165;
Cons. Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2907, 25 marzo 2013, n. 1660, 6 giugno 2013, n. 5671;
Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 12)
”.

Il carattere “ interinale della pronuncia cautelare esclude la cessazione della materia del contendere e l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poichè la cessazione degli effetti della sospensione, disposta dal giudice amministrativo in via di urgenza, porterebbe inevitabilmente al ripristino dell’atto lesivo, ove non definitivamente annullato con pronuncia di merito.

Non a caso, d’altra parte, una significativa deroga ai principi ricordati è stata resa possibile solo con disposizione legislativa, da considerare per ciò stesso norma eccezionale e di stretta interpretazione, ovvero con l’art. 4, comma 2 bis, del d.l. 30 giugno 2005, n. 115, introdotto dalla legge di conversione 14 agosto 2005, n. 168, riferita agli esami di abilitazione per avvocato e, in più occasioni, dichiarata inapplicabile ai concorsi pubblici a numero chiuso o alle valutazioni scolastiche (fra la tante, Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7002, 8 luglio 2011, n. 41100, 11 gennaio 2012, n. 106, 21 maggio 2013, n. 2727, 10 aprile 2014, n. 1722, nonché n. 12 del 2016) ”. Le regole del concorso - e le connesse esigenze di par condicio, nonché di adeguata preparazione dei futuri medici – impongono, infatti, la massima cautela nel disporre ammissioni "con riserva", tenuto conto del significato di tale espressione, da intendere come subordinazione dell'efficacia del giudizio cautelare alla pronuncia definitiva di merito, dalla quale soltanto può discendere il consolidamento della posizione, originariamente acquisita in via interinale. Quanto sopra, senza che possa invocarsi al riguardo alcun "legittimo affidamento", anche nell'invocata ottica comunitaria, sia in quanto il diritto processuale resta affidato alla disciplina interna degli Stati membri dell'Unione, sia perché la natura soltanto interinale delle ammissioni con riserva, a qualsiasi titolo, è chiaramente determinata a livello legislativo (art. 55, commi 1, 10 e 11 cod. proc. amm.).

Tale conclusione, rifacendosi a un principio generale valevole in ambito concorsuale è, peraltro, in linea con quanto espresso dalla giurisprudenza per i concorsi a pubblici impieghi secondo cui

in materia di impugnazioni degli atti di un concorso, l'ammissione con riserva, anche quando il concorrente abbia superato le prove e risulti vincitore del concorso, è un provvedimento cautelare che non fa venir meno l'interesse alla definizione del ricorso nel merito, poiché tale ammissione è, appunto, subordinata alla verifica della fondatezza delle sue ragioni e, cioè, "con riserva" di accertarne la definitiva fondatezza nel merito (tra tante, Cons. Stato Sez. III, 29/10/2019, n. 7410;
Cons. Stato Sez. III, 29/10/2019, n. 7410).

Le conclusioni che precedono e il carattere eccezionale della disposizione comportano anche il rigetto della richiesta di parte ricorrente in ordine alla proposizione di questione di legittimità costituzionale, posto da un lato il carattere eccezionale della norma, dall’altra l’intrinseca differenza tra procedure abilitative e concorsuali. In ogni caso, l’eventuale trattamento discriminatorio della norma potrebbe semmai tradursi nella illegittimità costituzionale della norma tout court e non nella parte in cui non include le procedure concorsuali o selettive, trattandosi di una deroga al pubblico concorso e in ogni caso allo svolgimento di un’attività a prescindere dal conseguimento del titolo abilitativo.

Quanto alla dedotta violazione della Direttiva 2005/36/CE sulla base della qualificazione di “professione regolamentata”, che essi attribuiscono alla funzione docente nella scuola, come già affermato da questo TAR (cfr. sentenza n. 6939 del 21 giugno 2018, sezione III bis), la Direttiva 2005/36/CE, come recepita dal d.lgs. n. 206 del 2007 non ha escluso che lo Stato membro possa subordinare l’accesso a una professione regolamentata al possesso di determinate qualifiche professionali, atteso che spetta comunque agli Stati membri decidere i modi di reclutamento per l'accesso a pubblici impieghi, onde, se l'accesso a una professione è riservato ai candidati che hanno superato una procedura diretta a reclutare un numero predefinito di persone, a seguito di una valutazione comparativa, non si applica la dir. n. 2005/36/CE, poiché non si tratta di una questione legata all'accesso a una professione regolamentata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 1516 del 2017)”.

Con riferimento alla incidenza sul contratto ritiene il Collegio che, quantomeno in assenza di una diversa previsione nella disciplina relativa alla procedura concorsuale, l’ammissione con riserva ad una procedura concorsuale debba perdurare e riverberarsi anche nel segmento procedimentale successivo all’espletamento della procedura concorsuale e costituito dalla immissione in ruolo ed altresì nella stessa conseguente fase negoziale della stipula del contratto di lavoro, dovendo pertanto la riserva accompagnare la “carriera” del titolare di essa fino a quando non venga definitivamente sciolta.

Si realizza così una situazione di “ambulatorietà” che segue, ovviamente anche in malam partem, la successiva fase negoziale situata “a valle” del procedimento concorsuale, di modo che il diniego del riconoscimento del titolo conseguito all’estero costituisce, civilisticamente, una condizione risolutiva ex lege del futuro contratto di docenza, che, anche se non formalizzata espressamente nel contratto, è implicita (c.d. presupposizione) in esso e nota ad entrambe le parti proprio perché già prevista nella disciplina normativa relativa alla procedura concorsuale volta ad individuare, in attuazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost., la parte contrattuale legittimata a stipulare il contratto di lavoro con la pubblica Amministrazione.

Le violazioni procedimentali contestate da parte ricorrente non appaiono dirimenti ai fini della questione oggetto dell’odierno giudizio posto che: gli atti conseguenti posti in essere dall’amministrazione appaiono esecutivi della sentenza di primo grado e delle pronunce giurisdizionali, mentre non appaiono espressione di una scelta dell’amministrazione tesa a riconoscere la posizione dei ricorrenti a prescindere dal conseguimento del titolo;
il potere non appare espressione di autotutela ma conseguenza del verificarsi della condizione risolutiva implicita, con conseguenza non necessità di argomentare sui relativi requisiti.

Ne discende il rigetto del ricorso.

3. Le peculiarità della questione di lite, la sua natura e la sussistenza di orientamenti non uniformi su alcune delle questioni giuridiche oggetto del ricorso determinano la compensazione delle spese di lite.

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