TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-08-12, n. 202415801
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Testo completo
Pubblicato il 12/08/2024
N. 15801/2024 REG.PROV.COLL.
N. 09103/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9103 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lutezia, 8;
contro
Comune di Lanuvio;
per l'annullamento:
quanto al ricorso principale,
- del provvedimento del Comune di Lanuvio -OMISSIS- del 18.5.2016 recante "ingiunzione per la demolizione di opere edilizie eseguite prive di permesso di costruire in -OMISSIS-”;
quanto ai motivi aggiunti,
- del provvedimento negativo implicito (silenzio rigetto) formatosi per inutile decorso del termine sull’istanza ex art. 36 D.P.R. 380/2001.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 maggio 2024 per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo del giudizio all’esame, è controversa la legittimità dell’ordinanza epigrafata, con la quale si è ingiunta la demolizione delle opere abusive realizzate in assenza di titolo edilizio nell’immobile di proprietà dei Sigg.ri -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, alla -OMISSIS-, nel Comune di Lanuvio, afferenti alla realizzazione di un fabbricato pertinenziale, con ingresso separato rispetto all’immobile principale, in uso esclusivo della sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, rispettivamente figlia e sorella dei precitati ricorrenti.
Dette opere consistono nella “costruzione di nuovo immobile residenziale avente dimensioni di m.9,20 x 15 h. m.3,50 con adiacente portico delle dimensioni dl ma x 12. costruzione locale deposito avente dimensioni dl m.5,80 x 4,50 h. m. 2,00 alla quota di imposta”.
1.1 I ricorrenti rappresentano che l'immobile principale, originariamente non autorizzato, risulta sanato con il rilascio della concessione in sanatoria n. -OMISSIS- del 3 maggio 2001, anteriormente all'epoca del loro acquisto (avvenuto con atto per Notar -OMISSIS-dell'11 giugno 2003) e, quanto alla struttura pertinenziale alla ridetta costruzione principale, di non avere la disponibilità materiale e giuridica della stessa, concessa alla sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, la quale ha fissato in detto immobile la propria abitazione assieme alla famiglia;pertanto, hanno dichiarato di disconoscere in toto il proprio coinvolgimento nella realizzazione delle opere contestate dall'Amministrazione.
1.2 A sostegno dell’impugnativa hanno dedotto articolate censure, con cui lamentano, in estrema e doverosa sintesi, il proprio difetto di legittimazione a vedersi notificato l’ordine di abbattimento e il successivo provvedimento di acquisizione, sia perché, come esposto innanzi, essi proprietari sarebbero del tutto estranei ai contestati abusi, e sia perché, in ogni caso, non avrebbero la disponibilità dell’immobile, per cui non potrebbero materialmente portare ad esecuzione la richiesta demolizione.
Inoltre, lamentano l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, atteso che, in mancanza dei dovuti accertamenti in contraddittorio con le parti interessate, l’amministrazione avrebbe erroneamente e immotivatamente affermato la sussistenza degli estremi previsti dalla legge per poter procedere alla emanazione dell'atto di ingiunzione previsto dall'art. 15 della legge regionale n. 15 del 2008 e s.m.i.
1.3 Con successivo ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti hanno contestato la legittimità del diniego sull’istanza di sanatoria formatosi per silentium , deducendo ancora una volta l’inadeguatezza dell’attività istruttoria svolta dall’amministrazione, nonché l’assenza di adeguata motivazione, in tesi, non essendosi il Comune di Lanuvio avveduto della conformità della struttura pertinenziale realizzata alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente. Inoltre, lamentano il contrasto della definizione tacita del procedimento con l’art. 2 della L. 241/1990, per violazione dell’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi.
2. Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS-, l’istanza di sospensiva è stata accolta, tenuto conto della pendenza della procedura di sanatoria, su istanza dei proprietari.
3. Nella mancata costituzione del Comune intimato, all’udienza straordinaria del 24 maggio 2024, tenuta da remoto secondo le vigenti disposizioni processuali, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati.
4.1 Non coglie nel segno l’articolata censura formulata con il ricorso principale, con cui parte ricorrente eccepisce la mancanza di legittimazione passiva per non avere la disponibilità materiale e giuridica dell’immobile in questione.
Difatti, ai fini della legittimazione passiva del soggetto destinatario di un ordine di demolizione, l'art. 31, d.P.R. n. 380/2001, nell'individuare i soggetti colpiti dalle misure repressive nel proprietario e nel responsabile dell'abuso, considera evidentemente quale soggetto passivo della demolizione il soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l'abuso;potere che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta, in quanto il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di ripristino non coincide con l'accertamento di responsabilità storiche nella commissione dell'illecito, ma è correlato all'esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella codificata nella normativa urbanistico - edilizia e all'individuazione di un soggetto il quale abbia la titolarità a eseguire l'ordine ripristinatorio, ossia il proprietario, in virtù del suo diritto dominicale. L'ordine di natura reale è, quindi, correttamente rivolto al proprietario a prescindere dalla responsabilità dello stesso nella realizzazione dell'illecito che investe il diverso tema relativo alla sanzione amministrativa o al provvedimento acquisitivo ( cfr . Cons. St., sez. VI, 3 giugno 2022, n. 4570; id. 21 dicembre 2020, n. 8171).
Inconferenti sono anche le ulteriori argomentazioni per cui la mancanza della possibilità materiale impedirebbe l’emanazione dell’ordinanza nei confronti dei meri proprietari.
Sebbene non sia stato chiarito dai ricorrenti il titolo giuridico in base al quale è stata ceduta la disponibilità della porzione di immobile in questione, rilevano i principi di recente affermati dall’A.P. n. 16/2023, anche ribadendo le argomentazioni a base della sentenza del Cons. di Stato n. 2769 del 2023, per cui:
«- “ il nudo proprietario di un terreno non perde la disponibilità del bene, sebbene concesso in usufrutto a terzi ” e “ l'usufruttuario, ancorché possessore rispetto ai terzi, è, nel rapporto con il nudo proprietario, mero detentore del bene ”;
- “ la giurisprudenza riconosce la legittimazione del nudo proprietario ad agire in giudizio contro tutti coloro che mettono in atto ingerenze sulla cosa oggetto di usufrutto ” (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 21 febbraio 2019, n. 5147);
- “ il nudo proprietario non si trova affatto, contrariamente a quanto assume la odierna appellante, in posizione tale da non potersi opporre alla realizzazione, sull’immobile concesso in usufrutto, di opere abusive, né che gli è precluso di agire direttamente, o per via giudiziale, per procedere al ripristino dello stato dei luoghi” e “argomenti in tal senso si ricavano prima ancora dal diritto positivo: sia dall’art. 1005 c.c. che pone a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie, sia dall’art. 1015 che – con un’elencazione di comportamenti ritenuta per lo più esemplificativa e non tassativa - annovera gli abusi dell’usufruttuario tra le cause di decadenza dell’usufrutto e prevede una serie di rimedi attivabili dal nudo proprietario ”;
- risulta “ legittima l’ordinanza di rimozione di opere abusive diretta anche al nudo proprietario ”, poiché egli può attivarsi per recuperare il pieno godimento dell’immobile e provvedere direttamente alla rimozione delle opere abusivamente realizzate, potendo, in particolare in caso di opposizione dell’usufruttuario, agire in giudizio a tale scopo: ed è evidente che la domanda giudiziale con cui il nudo proprietario chieda accertarsi il suo diritto/dovere di rimuovere opere edilizie abusivamente realizzate sull’immobile concesso in usufrutto, essendo idonea a prenotare gli effetti scaturenti dalla futura sentenza, potrebbe precludere l’acquisizione del bene al patrimonio dell’Amministrazione, a seguito del vano decorso del termine assegnato per la demolizione».
Inoltre, va ribadito che l’ordine di demolizione radica in ogni caso un dovere in capo al proprietario ad attivarsi, quand’anche non abbia il possesso del bene, essendo tenuto a ripristinare l’ordine giuridico violato dal responsabile dell’abuso, anche al fine di evitare di perdere il proprio diritto reale a causa dell’illecito comportamento altrui.
Va infine ricordato, sotto tale profilo, il principio formulato dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 9 del 2017, per il quale “ gli ordini di demolizione di costruzioni abusive, avendo carattere reale, prescindono dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile (l’estraneità agli abusi assumendo comunque rilievo sotto altri profili), applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato ”».
Il motivo è dunque respinto.
4.2 È infondato il secondo motivo del ricorso principale, con cui è dedotto il vizio di insufficiente motivazione, anche in relazione alle controdeduzioni che sarebbero state opposte dagli interessati in sede procedimentale.
Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, l'ordinanza di demolizione di un immobile abusivo ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è dotata di un'adeguata e sufficiente motivazione se contiene la descrizione delle opere abusive e le ragioni della loro abusività ( ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 7 giugno 2021, n. 4319) senza necessità di ulteriori specificazioni “essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato già compiuta, a monte, dal legislatore” ( cfr . Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 2022, n. 8808).
Nella specie è chiaramente descritta la tipologia di abuso, la normativa violata e le conseguenze sanzionatorie riconnesse alla violazione stessa, per cui la motivazione dell’atto impugnato risulta sufficientemente esternata, alla stregua dell’istruttoria svolta, non essendo peraltro chiarito quali profili ulteriori avrebbero dovuto essere meglio controdedotti dall’amministrazione.
5. Con il ricorso per motivi aggiunti viene dedotta l’illegittimità del rigetto tacito dell’istanza ex art. 36 del DPR 380/01, in quanto l’amministrazione avrebbe errato sulla ritenuta insussistenza della possibilità di sanare le opere realizzate.
5.1 Sotto un primo profilo, rimarcano i ricorrenti vizi di difetto di istruttoria e motivazione, asserendo che l’immobile è stato realizzato in zona agricola e che vi sarebbe la conformità dell’intervento alle norme urbanistiche vigenti.
Il motivo, nella evidente genericità della formulazione, è all’evidenza infondato, non essendo provata la doppia conformità, peraltro smentita dalla stessa dichiarazione di parte in ordine alla destinazione agricola del terreno, all’evidenza incompatibile con il ridetto notevole incremento di volume abitativo ivi realizzato.
5.2 Infondato è, infine, l’ultima serie di censure di cui ai motivi aggiunti, con cui è in sostanza dedotto il contrasto della disciplina del procedimento di accertamento di conformità, ex art. 36 T.U. Edilizia, con la violazione delle norme contenute nella legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e, in particolare, l'art. 2, che prevede l'obbligo di concludere il procedimento ad istanza di parte con provvedimento espresso e motivato.
Senonché detta censura, così come formulata, risulta inammissibile per genericità, non essendo stato esplicitato alcun parametro costituzionale dalla cui violazione deriverebbe l’illegittimità della disposizione normativa primaria avversata, ben potendo la stessa avere natura derogatoria rispetto alla legge generale sul procedimento amministrativo.
In ogni caso, ritiene il Collegio che, così come di recente chiarito dalla Corte Costituzionale ( cfr . sentenza 16 marzo 2023, n. 42), la previsione normativa del silenzio-rigetto è nel suo quadro d’insieme coerente con la sua intrinseca ratio - rinvenibile, in primis , nella necessità di difesa del corretto assetto del territorio dagli abusi edilizi, la cui repressione costituisce attività doverosa per l'amministrazione-, con la natura vincolata del potere di sanatoria, sostanzialmente basato sul riscontro della doppia conformità dell'opera alle prescrizioni urbanistico-edilizie ( ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 settembre 2022, n. 7993) e, infine, con il sistema di tutela processuale del giudizio amministrativo.
A fronte dell’accertamento dell’abuso, l'autorità comunale è tenuta ad ordinare la demolizione delle opere abusive senza indugio e, in particolare, senza procedere ad alcuna preliminare verifica della loro sanabilità ( cfr ., Consiglio di Stato, Sez. VII, 12 dicembre 2022, n. 10897). In caso di attivazione di tale verifica da parte del privato, l’amministrazione è tenuta a pronunciarsi sull’istanza con provvedimento espresso e adeguatamente motivato entro sessanta giorni, pena, in mancanza, la formazione di un provvedimento tacito, con valore legale di diniego della proposta istanza.
In coerenza con il delineato sistema di tutela, il legislatore prevede un procedimento a iniziativa di parte in cui l'onere di dimostrare la cosiddetta doppia conformità delle opere è posto, a partire dalla sede procedimentale, a carico del richiedente ( cfr. Cons. Stato, sezione sesta, sentenza 9 marzo 2016, n. 936), il quale, avendo omesso di chiedere preventivamente il necessario titolo edilizio, si è, così, sottratto al previo controllo di conformità alla pianificazione urbanistica e alla disciplina urbanistica.
Ne consegue che, laddove, in mancanza dell’emanazione di un provvedimento espresso e motivato entro sessanta giorni, il procedimento si concluda con un rigetto tacito, tale onere probatorio viene traslato dal procedimento al processo e permane in capo allo stesso privato. Questi, infatti, non potrà dolersi di vizi della motivazione o di mere lacune procedimentali, attesa l'incompatibilità logica di tali vizi con la fattispecie del silenzio significativo, rimanendo piuttosto a suo carico l’onere sostanziale di provare, anche in sede processuale, la sussistenza della doppia conformità ( cfr . Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 19 novembre 2018, n. 6506).
Nella specie, come visto, tale onere di dimostrare la sussistenza della doppia conformità, imposto in coerenza con il quadro ordinamentale sopra delineato, non è stato assolto dai ricorrenti, con conseguente reiezione del motivo.
6. In conclusione, alla stregua delle superiori motivazioni il ricorso, come integrato da motivi aggiunti è respinto.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame del Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito da giurisprudenza costante: ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
7. Nulla spese stante la mancata costituzione del Comune intimato.