TAR Parma, sez. I, sentenza 2014-01-16, n. 201400004

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2014-01-16, n. 201400004
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 201400004
Data del deposito : 16 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00183/2013 REG.RIC.

N. 00004/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00183/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 183 del 2013, proposto da:
Iren Ambiente S.p.A., rappresentata e difesa dall'Avv. G C presso il quale elegge domicilio, in Parma, strada Repubblica n. 95;

contro

Comune di Parma, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avv.ti M P C e M C, con domicilio eletto presso gli Uffici dell’Avvocatura Municipale, in Parma, via Repubblica n. 1;
Provincia di Parma, in persona del Presidente della Giunta pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avv. M R presso il quale elegge domicilio, in Parma, borgo S. Brigida n. 1;

per l'annullamento

del provvedimento Dirigenziale del Comune di Parma n. 114682 del 28 giugno 2013 di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per variante non essenziale in corso d'opera n. 2205/2013 presentata da

IREN

Ambiente S.p.A. in data 19 giugno 2013 prot. gen. 105266;

del provvedimento Dirigenziale del Comune di Parma n. 118132 del 2 luglio 2013 di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della domanda di Certificato di Conformità Edilizia e Agibilità Parziale n. 224/2013 presentata da

IREN

Ambiente S.p.A. in data 28 giugno 2013 prot. gen. 14640;

della Determinazione Dirigenziale della Provincia di Parma n. 1472/2013 del 27 giugno 2013, avente ad oggetto il nulla osta all'avvio della fase di messa in esercizio provvisorio per l'impianto denominato "PAIP - Polo Ambientale Integrato per la gestione dei rifiuti di Parma", nella parte in cui subordina l'efficacia della nulla osta all'ottenimento del certificato di conformità edilizia e agibilità;

della disposizione di cui alla comunicazione della Provincia di Parma prot. n. 47403 del 03/07/2013 indirizzata ad

IREN

Ambiente S.p.A. di dare immediato avvio alle operazioni volte al fermo della messa in esercizio provvisorio dell'impianto e delle attività in corso;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Parma e della Provincia di Parma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2013 il dott. M P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con delibera di Giunta n. 938/2008 avente contenuto di VIA-AIA ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. n. 152/2006, adottata all’esito dei lavori della conferenza dei servizi indetta ex art. 18 della L.R. n. 9/1999 con nota del 21 gennaio 2008, la Provincia di Parma (di seguito Provincia) autorizzava la Società ricorrente, IREN AMBIENTE S.p.A. (di seguito IREN) alla realizzazione ed al successivo esercizio di un termovalorizzatore cogenerativo per lo smaltimento dei rifiuti e la produzione di energia elettrica, ricompreso nell’ambito del Polo Ambientale Integrato di Parma (PAIP).

Con nota del 13 giugno 2013 IREN chiedeva di essere autorizzata ad attivare, il successivo giorno 28, la fase di esercizio provvisorio del termovalorizzatore specificando che le opere non ancora completate sarebbero state ultimate entro la data di inizio dei conferimenti presso l’impianto.

In data 19 giugno 2013 IREN presentava al Comune di Parma una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per variante in corso d’opera ai sensi dell’art. 19 della L.R. n. 31/2002 riferita ad opere minori non comportanti modifiche sostanziali al progetto.

Con determinazione dirigenziale n. 1472 del 27 giugno 2013 (atto impugnato), la Provincia rilasciava il nulla osta all’avvio della messa in esercizio dell’impianto subordinandolo al conseguimento “ nelle forme di legge, del certificato di conformità edilizia e agibilità ”.

Il Comune di Parma (di seguito Comune), con provvedimento del 28 giugno 2013 (atto impugnato), dichiarava “ l’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità ” della SCIA presentata da IREN affermando la propria incompetenza a modificare un provvedimento di VIA-AIA, sostitutivo di “ tutti i provvedimenti necessari, inclusa l’autorizzazione a costruire ”, di competenza dell’Autorità provinciale.

Con il medesimo provvedimento l’Amministrazione comunale precisava ulteriormente che, anche quando il permesso di costruire non fosse “ sostituito ” ma solo “ ricompreso ” nella VIA-AIA, non potrebbe in ogni caso considerarsi efficace per decorso dei termini di validità dello stesso con la conseguenza che le opere oggetto di SCIA, in quanto difformi dal titolo originario, non potrebbero che richiedere l’attivazione di un’autonoma procedura di sanatoria.

Con istanza del 28 giugno 2013 IREN presentava all’Amministrazione comunale istanza di rilascio del certificato di conformità edilizia parziale.

Con determinazione dirigenziale del 2 luglio 2013 (atto impugnato) il Comune dichiarava “ l’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della Domanda di Certificato di Conformità Edilizia e Agibilità Parziale ” sul presupposto che “ l’agibilità parziale, introdotta dall’art. 24, comma 4 bis del DPR 380 del 2001 dall’art. 30 del Decreto Legge n. 69 del 21.6.2013, non è ancora norma di legge in quanto tale modifica sarà applicabile dalla data di entrata in vigore della legge di conversione ” e che “ l’agibilità parziale non è prevista dalla Legge regionale 31/2002 ”.

Contestualmente il Comune rilevava, altresì, che l’intervenuta pronunzia di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della SCIA (adottata il precedente 28 giugno) aveva fatto venir meno “ la conformità di quanto realizzato ai titoli rilasciati o comunque attestati, requisito indispensabile per la regolare presentazione della richiesta del Certificato di Conformità Edilizia e Agibilità ”.

Con comunicazione n. 47403 del 3 luglio 2013 (atto impugnato), la Provincia disponeva l’immediato avvio delle operazioni volte al fermo della messa in esercizio provvisoria dell’impianto.

IREN, con il presente ricorso, impugnava la descritta serie provvedimentale evidenziando una pluralità di profili di illegittimità e avanzava domanda di accertamento circa la competenza a ricevere e valutare al SCIA per le modifiche non sostanziali eseguite ed a rilasciare il certificato di conformità edilizia e agibilità parziale.

In data 8 luglio 2013, preso atto della posizione assunta dal Comune con l’impugnato provvedimento del 28 giugno 2013, IREN, pur non condividendone i contenuti, ad ogni buon fine, presentava alla Provincia SCIA e domanda di rilascio della certificazione di conformità edilizia e agibilità.

Nel frattempo, con decreto n. 92 dell’11 luglio 2013, veniva respinta l’istanza di misure cautelari monocratiche ante causam disponendo il deposito della citata richiesta presentata da IREN l’8 luglio e degli eventuali atti adottati in esito alla medesima.

Il Comune con atto depositato il 23 luglio 2013 si costituiva in giudizio eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso sotto svariati profili e confutando nel merito le avverse doglianze.

La Provincia di Parma si costituiva in giudizio con atto depositato il 18 luglio 2013 affermando, sotto un primo profilo, la competenza dell’Amministrazione comunale ad esprimersi circa gli aspetti edilizi rilevanti ai fini in esame e, sotto altro profilo, l’illegittimità, tanto della determinazione adottata dal Comune in esito alla presentazione di SCIA da parte di IREN, quanto del diniego di agibilità parziale.

Nella camera di consiglio del 31 luglio 2013, con ordinanza n. 106/2013, valutate le produzioni documentali sopravvenute, veniva accolta l’istanza di sospensione sul presupposto che gli evidenziati profili di incertezza conferissero fondamento “ al dedotto difetto di istruttoria palesando una evidente contraddittorietà e perplessità dell’agire amministrativo ” e “ che la dedotta questione di competenza al rilascio del titolo richiesto dalla ricorrente ” fosse “ di complessità tale da risultare incompatibile con la sommarietà propria della cognizione cautelare richiedendo un approfondimento nel merito ”.

In esecuzione della citata ordinanza cautelare, pur senza prestarvi acquiescenza, il Comune riavviava le procedure amministrative relative alla valutazione della SCIA ed alla richiesta di conformità edilizia ed agibilità parziale convocando una Conferenza dei servizi alla quale invitava, oltre alla ricorrente, Provincia, AUSL e ARPA.

In data 10 settembre 2013 si teneva la prima riunione della Conferenza dei servizi, i cui interventi venivano compendiati in un CD audio, depositato dal Comune agli atti del giudizio, con aggiornamento dei lavori alla data del 26 successivo.

Con memorie depositate in data 23 settembre 2013 le parti rassegnavano le rispettive conclusioni in vista dell’udienza di merito.

Il Comune, in particolare, precisava le proprie eccezioni preliminari circoscrivendo la eccepita omessa impugnazione di provvedimenti presupposti (come si evidenzierà in seguito) e rappresentando di non essere stato in grado, causa la ristrettezza dei termini processuali, di produrre tempestivamente i verbali relativi alle due sedute della conferenza dei servizi (10 e 26 settembre) alla cui produzione tardiva si opponeva la ricorrente (non anche la Provincia).

Con memorie depositate il 27 (IREN e Provincia) ed il 28 (Comune) settembre 2013 le parti formulavano le proprie repliche in vista dell’udienza di discussione.

All’esito della pubblica udienza del 9 ottobre 2013, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Le questioni oggetto del presente giudizio afferiscono alla fase conclusiva della realizzazione di un termovalorizzatore per lo smaltimento rifiuti realizzato dalla ricorrente in forza di un provvedimento di VIA-AIA rilasciato all’esito di una Conferenza di servizi indetta dalla Provincia di Parma e, in particolare, alla fase di rilascio delle conclusive autorizzazioni all’esecuzione dei lavori di completamento in variante al progetto originariamente assentito, oggetto di SCIA, e di acquisizione delle certificazioni di conformità e agibilità necessarie per procedere all’avvio dell’impianto.

La Provincia di Parma, come già anticipato, rilasciava il proprio nulla osta all’avvio dell’esercizio ma lo subordinava al previo ottenimento del Certificato di conformità edilizia e agibilità di competenza dell’Autorità comunale.

Il Comune di Parma, attivato per iniziativa di IREN, tanto in relazione alle citate modifiche non sostanziali al progetto (SCIA), quanto al fine di adempiere alle prescrizioni provinciali da ultimo illustrate, dichiarava “ l’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità ” della SCIA declinando la competenza a pronunciarsi sulla medesima in favore della Provincia di Parma.

Ciò nonostante, con il medesimo provvedimento affermava che il titolo edilizio “ sostituito ”, o anche solo “ ricompreso ” nella VIA-AIA, era da ritenersi già scaduto di validità con la conseguenza che risultava inibita ogni possibilità di procedere ai necessari lavori di completamento in quanto integranti una variante ad opere realizzate in assenza di titolo.

Successivamente, con provvedimento del 2 luglio 2013, l’Amministrazione comunale, preso atto della già affermata “ irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità ” della SCIA, determinava ulteriormente “ l’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della Domanda di Certificato di Conformità Edilizia e Agibilità Parziale ” sostenendo che quanto richiesto da IREN non poteva essere rilasciato poiché l’istituto della certificazione parziale non poteva trovare applicazione poiché introdotto nell’ordinamento con un decreto legge (n. 69/2013) non ancora convertito.

Con il medesimo atto affermava, altresì, che l’intervenuta iirricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della SCIA precedentemente presentata comportava in ogni caso la non conformità del manufatto.

In altri termini, il Comune, da un lato, affermava di non poter ricevere la SCIA in variante, sul presupposto della propria incompetenza e, da altro lato, presupponendo, viceversa, la propria competenza a provvedere, ne affermava l’inammissibilità stante l’inefficacia del titolo edilizio originario per scadenza dei termini di validità dello stesso.

In un secondo tempo, preso atto della già (genericamente) determinata irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della SCIA, affermava la non conformità dell’opera cui la SCIA si riferiva (e sulla quale si era dichiarato incompetente a pronunciarsi) al fine di respingerne la relativa richiesta di certificazione di agibilità.

A complicare il descritto quadro interveniva, in corso di giudizio, un ulteriore ed atipico atto a firma del Sindaco (relazione sindacale depositata il 10 luglio 2013) con il quale si introduceva una nuova causa ostativa all’avvio dell’esercizio provvisorio affermandosi che IREN avrebbe errato nell’impugnare i provvedimenti comunali in quanto la lesione della propria posizione deriverebbe non già da esse bensì dalle determinazioni provinciali nella parte in cui “ condizionano l’efficacia del nulla osta all’esercizio provvisorio … al conseguimento di un Certificato di conformità Edilizia ed Agibilità … in luogo del certificato di collaudo ”.

Così riassunto l’articolato incedere provvedimentale delle autorità pubbliche coinvolte nel procedimento di avvio dell’impianto, il collegio preliminarmente individua e sintetizza di seguito le questioni rilevanti ai fini della presente decisione:

1. validità del titolo edilizio originario da intendersi contenuto nella VIA-AIA originariamente rilasciata che il Comune, contrariamente a quanto sostenuto dalla Provincia e dalla ricorrente, ritiene essere ormai inefficace;

2. competenza ad esprimersi in ordine ai residui aspetti edilizi rilevanti, da individuarsi nell’esame della SCIA e nel rilascio del certificato edilizio che la Provincia, con posizione discordante da quella della ricorrente, ritiene spettare al Comune, il quale a sua volta, non si esprime in maniera univoca sul punto pervenendo all’adozione tanto di determinazioni che detta competenza presuppongono, quanto di determinazioni che la negano;

3. ammissibilità di una richiesta di certificazione di agibilità parziale, invocata dalla Provincia e dalla ricorrente, ma negata dal Comune.

Non sono di interesse nel presente giudizio i successivi sviluppi procedimentali rappresentati dal segmento istruttorio avviato dal Comune con Conferenza di servizi nel mese di settembre 2013, poiché estranei al perimetro di cognizione definito dalla ricorrente con il ricorso.

Non può, pertanto, trovare accoglimento la domanda avanzata dall’Amministrazione comunale in sede di discussione, volta all’acquisizione in via istruttoria delle verbalizzazioni relative alle due sedute di Conferenza convocate nello scorso mese di settembre.

Preliminarmente all’esame dei motivi di ricorso, il collegio, in ossequio ad esigenze di priorità logica, procede allo scrutinio delle eccezioni di rito sollevate dall’Amministrazione comunale in quanto astrattamente idonee, qualora fondate, ad elidere ogni interesse di IREN alla decisione del ricorso.

Sotto un primo profilo, la difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione:

a) delle conclusioni delle Conferenze tecniche tenute nel marzo 2013 presso la Provincia di Parma delle quali gli atti impugnati non sarebbero che meri atti confermativi;

b) del provvedimento della Provincia n. 37099 del 23 maggio 2013 che qualificava come inidonea la comunicazione di IREN di ultimazione lavori in quanto non ancora completati, come accertato in sede di sopralluogo;

c) del verbale del Comune n. 888.28 del 24 maggio 2013, comunicato tanto alla Provincia che ad IREN, contenente l’esito negativo della disposta verifica di ultimazione lavori;

d) della comunicazione ex art. 7 della L. n. 241/1990, n. 101294 del 13 giugno 2013, con la quale il Comune informava IREN di considerare “ il permesso di costruire, implicito o condizionato, decaduto di diritto in data 22.10.2011 o, a tutto concedere, dal 23.02.2013 ”;

e) dell’atto n. 50038 del 17 luglio 2013 con il quale la Provincia, in esito alla richiesta avanzata da IREN l’8 luglio precedente, confermava la precedente posizione precisando che “ il Comune di Parma, pur negando l’agibilità da voi richiesta, ha confermato la sua competenza al rilascio della medesima ”.

L’eccezione veniva precisata con memoria del 20 settembre 2013 nella quale si riconosceva la natura endoprocedimentale, e come tale non immediatamente lesiva, degli atti di cui alle lettere a) e d).

L’eccezione, anche circoscritta nei descritti termini, è infondata.

Quanto al provvedimento della Provincia del 23 maggio 2013 si tratta di una mera comunicazione, peraltro superata dai successivi sviluppi procedimentali oggetto del giudizio che, come già esposto, originano dalla successiva comunicazione di IREN del 13 giugno 2013.

Quanto al provvedimento del Comune datato 24 maggio 2013, si tratta di un verbale riferito ad un accertamento i cui esiti non hanno formato oggetto di alcuna contestazione alla ricorrente né sono confluiti negli atti in questa sede impugnati.

Quanto alla nota della Provincia del 17 luglio 2013 si tratta di un atto meramente confermativo della precedente posizione assunta con il provvedimento impugnato e quindi non dotato di autonoma lesività.

Sotto un secondo profilo, il Comune eccepisce l’inammissibilità del gravame per omessa notifica del medesimo all’Agenzia Regionale per l’Ambiente (ARPA) ed alla AUSL di Parma, entrambe intervenute in seno alla conferenza dei servizi e, pertanto, concorrenti alla formazione del provvedimento provinciale del 27 giugno 2013, in questa sede impugnato.

L’eccezione è infondata atteso che nel caso di specie non si verte in materie coinvolgenti gli interessi di cui sono portatori gli Enti citati ma solo di aspetti rientranti, come meglio si argomenterà, nella competenza dell’Amministrazione comunale.

Sotto un terzo e ultimo profilo il Comune eccepisce il difetto di legittimazione a ricorrere in capo a IREN, derivante dal mancato completamento dei lavori che inibirebbe in ogni caso l’avvio dell’impianto (v. verbale di sopralluogo allegato al provvedimento della Provincia n. 37099 del 23 maggio 2013, verbale di accertamento del Comune n. 88828 del 24 maggio 2013 e verbale di accertamento del Comune dell’8 luglio 2013).

Tale ultima eccezione non rileva nel presente giudizio trattandosi di profilo, come già evidenziato, estraneo ai contenuti della serie provvedimentale impugnata.

Chiarita l’infondatezza delle eccezioni sollevate dal resistente Comune, in via preliminare deve evidenziarsi ulteriormente l’inammissibilità delle contestazioni integrative formulate dal Comune con memoria depositata il 23 settembre 2013.

In detta sede l’Amministrazione comunale rilevava che IREN avrebbe realizzato l’impianto in maniera non conforme ai contenuti della delibera provinciale n. 938/2008 e ciò in forza di varianti approvate dalla Provincia “ sentiti gli altri enti competenti ”, risolvendosi solo ora a richiedere al Comune l’agibilità dell’impianto (v. determinazioni dirigenziali della Provincia n. 2873 del 2012 e n. 537 del 12 marzo 2013, con le quali sono state ritenute non sostanziali le modifiche apportate al progetto originario e si è proceduto all’aggiornamento dell’AIA).

Afferma ulteriormente che, al momento, gli Uffici comunali avrebbero individuato ulteriori carenze che impedirebbero il rilascio ella certificazione richiesta (pag. 6 memoria cit.).

Tali contestazioni non possono trovare ingresso nel presente giudizio atteso che si tratta, anche in questo caso, di profili mai contestati in precedenza, dunque introdotti tardivamente con una inammissibile integrazione postuma delle motivazioni delle determinazioni già adottate.

Il collegio procede ora allo scrutinio delle censure di merito formulate dalla ricorrente avverso i singoli provvedimenti impugnati.

Con riferimento al provvedimento dirigenziale comunale del 28 giugno 2013, con il quale veniva dichiarata “ la manifesta irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità ” della SCIA presentata il 19 giugno 2013, IREN ne evidenzia, con un primo ordine di censure, l’intrinseca contraddittorietà palesata dalla circostanza che il Comune, da un lato, si dichiara incompetente al rilascio di un provvedimento in variante di un assetto complessivamente già determinato da altra Autorità all’esito di una Conferenza dei servizi, e dall’altro, in via alternativa si pronuncia sulla domanda proposta dalla ricorrente rilevando l’intervenuta decadenza del titolo edilizio a suo tempo rilasciato per decorso dei relativi termini.

Il Comune contesta la posizione espressa dalla ricorrente allegando che il provvedimento in questione non presenterebbe alcuna contraddizione ma si fonderebbe su una duplice motivazione: incompetenza o, “ in alternativa, l’intervenuta decadenza del permesso di costruire ” e, pertanto, “ non si ravvede nella determinazione dirigenziale alcuna contraddizione: si tratta infatti di due diverse motivazioni che giungono comunque all’esito suddetto (irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità) ” (memoria 20 settembre 2013, pag. 9).

Le suesposte doglianze sono fondate.

Il Comune afferma che l’art. 19 della L.R. 31/02 prevede al comma 3 che “ la DIA (oggi SCIA) costituisce parte integrante dell’originario titolo abilitativo e poiché l’originario titolo è la Delibera di Giunta provinciale 938/2008, l’organo competente alla sua valutazione non può che essere il medesimo dell’originario titolo ”.

Lo stesso atto precisa che “ se così non fosse e si dovesse ritenere che il permesso di costruire non è sostituito dalla VIA-AIA bensì ricompreso, con la sua propria natura specifica, all’interno della VIA-AIA, non possono che ritenersi decorsi i termini di validità dello stesso, anche in assenza di un’espressa presa d’atto di decadenza del titolo e dunque la presente scia per varianti in corso d’opera non può ugualmente considerarsi ammissibile, configurandosi le opere in essa descritte, in difformità dall’intervento originario e dunque da presentarsi con idoneo titolo a sanatoria ”.

I sopra riportati articolati motivazionali del provvedimento impugnato attestano la fondatezza del dedotto profilo di contraddittorietà.

Detto profilo, peraltro già rilevato in sede cautelare, viene palesato in termini ancor più chiari negli scritti difensivi ove il Comune definisce il provvedimento come sorretto da due motivazioni, una volta qualificate come “ diverse ” ed una volta come “ alternative ”, sottintendendo con ciò una equivalenza fra le due qualificazioni operate.

Perplessa risulta inoltre essere la contestuale determinazione di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità , concetti che integrano categorie niente affatto equivalenti contribuendo a determinare una situazione di totale incertezza circa l’effetto che l’Amministrazione si proponeva di realizzare adottando il provvedimento.

Osserva il collegio che, sebbene sia principio pacifico in giurisprudenza che un provvedimento possa essere sorretto da più articolati motivazionali e che la legittimità del medesimo non possa essere posta in discussione laddove almeno uno di questi sia congruo, ragionevole e sufficiente di per sé a sorreggere l’effetto provvedimentale voluto, tuttavia detto principio presuppone l’identità degli effetti determinati che, nel caso di specie, non ricorre.

Incompetenza a pronunciarsi e pronuncia di decadenza del titolo non possono, infatti, essere considerati esiti equivalenti atteso che, nel primo caso, nessuna lesione si manifesta in capo al destinatario del provvedimento, sul quale graverà unicamente l’onere di rivolgersi all’Autorità competente per conseguire il bene della vita cui aspira, nel secondo caso, sorgerà invece il diverso onere di tempestiva impugnazione del provvedimento onde rimuovere un effetto attualmente e concretamente lesivo, di per sé preclusivo del conseguimento dell’utilità invocata.

In altri termini, sulla base primo supporto motivazionale, ad IREN non è negato il titolo edilizio ma è richiesto di rivolgersi alla Provincia per ottenerlo;
sulla base del secondo, IREN è privata del titolo.

Quale dei due effetti si determini non è univocamente specificato né è altrimenti deducibile dal provvedimento che in quanto definito, come già esposto, alternativo dallo stesso Comune, finisce col rimettere la scelta alla disponibilità della destinataria dell’atto.

Circostanza che crea una situazione di assoluta incertezza giuridica.

Infatti, così opinando, in ipotesi di inutile decorso del termine decadenziale per impugnare il diniego (ove ritenuto tale), nonostante l’esistenza un provvedimento inoppugnabile, permarrebbe in capo alla ricorrente la possibilità di ottenere il medesimo titolo da altra Autorità amministrativa.

La non assimilabilità degli effetti che si ricollegano ai due diversi/alternativi supporti motivazionali determina la radicale illegittimità del provvedimento.

Ciò chiarito circa la contraddittorietà intrinseca dei contenuti del provvedimento deve, altresì, affermarsi l’illegittimità nel merito di entrambe le motivazioni formulate.

Relativamente al profilo della competenza del Comune a pronunciarsi circa gli aspetti edilizi del progetto, la ricorrente richiama i contenuti della sentenza n. 41/2012 di questo Tribunale, resa fra le medesime parti del presente giudizio, evidenziando come la titolarità del potere di determinarsi in ordine al rilascio del certificato di agibilità (che l’Amministrazione comunale evidentemente si riconosce avendo adottato un diniego) non potrebbe che comportare la competenza dello stesso Comune a pronunciarsi anche sulla SCIA.

Con riferimento all’affermata decadenza del titolo edilizio, che il Comune ritiene essere ostativa alla presentazione della SCIA, la ricorrente afferma l’infondatezza della tesi richiamando l’art. 26 del D. Lgs. n. 152/2006 che al comma 6 dispone che “ i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale ”.

Il periodo di efficacia di cui alla richiamata norma, rileva la ricorrente, sarebbe, inoltre, stato riconosciuto con riferimento espresso al caso di specie da questa stessa Sezione con sentenza n. 552/2010, che avrebbe già escluso l’applicazione del termine decadenziale di cui all’art. 15 del DPR n. 380/2001 affermando l’efficacia quinquennale del titolo di VIA-AIA: efficacia che non potrebbe che comportare, quale logica conseguenza, l’identica validità dei titoli in esso assorbiti.

Nel merito della questione il Comune riconosce che, nel procedimento finalizzato al rilascio dell’AIA/VIA approvata con delibera provinciale n. 938/1/2008, la propria tesi circa l’autonomia del permesso di costruire rispetto all’autorizzazione ambientale non veniva accolta dal TAR Parma che, con sentenza n. 41/2012, riteneva il permesso di costruire ricompreso nel provvedimento di AIA/VIA.

Tuttaviasecondo il Comune, il TAR non avrebbe qualificato l’AIA/VIA quale provvedimento nuovo e diverso rispetto ai vari provvedimenti in esso riassunti.

L’AIA/VIA, sostiene il Comune, costituirebbe un “ fascio di provvedimenti riuniti per esigenze di semplificazione amministrativa ” (pag. 11 della memoria 25 luglio 2013) in un provvedimento unico privo di autonoma disciplina che superi “ quella dei provvedimenti inclusi nel fascio ” che manterrebbero ciascuno una propria disciplina.

Disciplina in base alla quale, per quanto di specifico interesse nel presente giudizio, il permesso di costruire avrebbe validità triennale come previsto dalla normativa regionale (L.R. n. 31/2002 e art. 17 della L.R. n. 32/2004).

Quanto agli allegati precedenti esiti processuali, il Comune smentisce che i principi affermati nelle citate pronunzie possano fondare le avverse doglianze, confidando nel ruolo della Sezione quale miglior interprete di se stessa.

Ciò posto, deve evidenziarsi che la complessiva vicenda relativa alla realizzazione dell’impianto in questione è effettivamente già stata oggetto di due giudizi innanzi a questa Sezione, ad oggi definiti con sentenze passate in giudicato che, per una migliore comprensione dell’intera vicenda, si ritiene di richiamare in estrema sintesi attesa la rilevanza delle statuizioni in quelle sedi adottate ai fini della presente decisione e la già evidenziata inconciliabilità delle posizioni delle parti del presente giudizio (le medesime, peraltro, dei giudizi pregressi) circa la portata di quanto precedentemente definito.

La legittimità della delibera provinciale n. 938/2008 di approvazione della VIA-AIA, in base alla quale è stato realizzato l’impianto, veniva in passato impugnata (prima dell’inizio dei lavori) dal WWF Italia Onlus con ricorso iscritto al n. 164/2009 Reg. Ric..

In detto giudizio veniva dedotto quale vizio inficiante la legittimità del provvedimento autorizzativo, l’omessa determinazione del termine di efficacia della valutazione di impatto ambientale in violazione di quanto stabilito dall’art. 17, comma 7, della L.R. n. 9/1999 a norma del quale “ in relazione alle caratteristiche del progetto la valutazione di impatto ambientale (VIA) positiva stabilisce la propria efficacia temporale …. ”.

La questione relativa alla validità del titolo veniva dalla Sezione definita con sentenza n. 552/2010 riconoscendo la prevalenza delle diverse previsioni dettate dalla normativa statale che, ai sensi dell’art. 117, coma 2, lett. s), attribuisce la materia della tutela dell’ambiente alla competenza esclusiva dello Stato.

Nello specifico, la Sezione affermava che “ nel contrasto tra disciplina statale e disciplina regionale, prevale la prima, sia che si assuma a riferimento il previgente art. 40, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 sia che si assuma a riferimento l’attuale art. 26, comma 6, del d. lgs. n. 152 del 2006, entrambi ancorati ad una validità quinquennale della <<valutazione di impatto ambientale>>, che opera ex lege, in assenza di apposite prescrizioni da parte dell’Autorità amministrativa (cui la norma più recente conferisce la mera facoltà di fissare un termine maggiore)

Con la decisione in commento la Sezione affermava, altresì, che “ quanto, poi, alla denunciata carenza del parere comunale di cui all’art. 10, comma 3, della legge reg. n. 21 del 2004 (in merito all’<<autorizzazione ambientale integrata>>) e all’art. 18, comma 6, della legge reg. n. 9 del 1999 (in ordine alla compatibilità ambientale del progetto), occorre considerare che in sede di Conferenza di servizi risulta espresso il parere favorevole del Comune di Parma, pur con una formula onnicomprensiva apparentemente inidonea a far comprendere di quale potere si sia in concreto fatto uso, ma in realtà tipica di una serie procedimentale nella quale le varie Amministrazioni, senza particolari formalità, esprimono la loro volontà, assorbendovi l’esercizio di ogni competenza di cui sono investite esprimono la loro volontà, assorbendovi l’esercizio di ogni competenza di cui sono investite ”.

Ne deriva che la tesi comunale, in base alla quale la validità quinquennale sarebbe riferita al solo provvedimento di AIA-VIA e non anche alle determinazioni che in esso si fondono, non è meritevole di accoglimento.

Se le determinazioni delle amministrazioni coinvolte vengono “assorbite” nel provvedimento conclusivo, la validità delle prime non può che soggiacere al regime previsto per il secondo pena l’esistenza di una pluralità di termini di validità, suscettibile di ledere il principio di certezza delle situazioni giuridiche in contrasto con la ratio di semplificazione e concentrazione sottesa all’individuazione dello specifico modulo procedimentale rappresentato dalla Conferenza dei servizi ed alla unicità del provvedimento conclusivo.

Sulla base dei richiamati contenuti deve, in conclusione, riconoscersi la correttezza della posizione della Provincia e della ricorrente in merito alla validità del titolo che è incontestabilmente di anni 5.

La stessa vicenda veniva fatta oggetto di un ulteriore giudizio nell’anno 2010, una volta iniziati i lavori, a seguito del ricorso proposto da IREN avverso l’ordinanza di sospensione dei lavori di realizzazione del termovalorizzatore, adottata dal Comune di Parma il 22 agosto 2011, sul presupposto che l’impianto fosse privo di permesso di costruire nonostante l’intervenuta adozione della delibera provinciale n. 938/1998 (ricorso iscritto al n. 423/2011 e definito con sentenza n. 41/2012).

Nell’ambito di tale secondo giudizio, la Sezione affrontava il profilo della competenza a pronunciarsi sui profili edilizi e quello dell’idoneità del titolo di AIA-VIA ad assorbire, o comunque, sostituire, tutte le autorizzazioni necessarie ancorché di competenza di autorità diverse da quella procedente ma in ogni caso partecipanti alla Conferenza dei servizi.

Nell’occasione veniva rilevato che, già con sentenza n. 552/2010, la Sezione aveva affermato che “ quanto, poi, alla denunciata carenza del parere comunale di cui all’art. 10, comma 3, della legge reg. n. 21 del 2004 (in merito all’<<autorizzazione ambientale integrata>>) e all’art. 18, comma 6, della legge reg. n. 9 del 1999 (in ordine alla compatibilità ambientale del progetto), occorre considerare che in sede di Conferenza di servizi risulta espresso il parere favorevole del Comune di Parma, pur con una formula onnicomprensiva apparentemente inidonea a far comprendere di quale potere si sia in concreto fatto uso, ma in realtà tipica di una serie procedimentale nella quale le varie Amministrazioni, senza particolari formalità, esprimono la loro volontà, assorbendovi l’esercizio di ogni competenza di cui sono investite. Né, d’altra parte, può essere addebitato al Comune di Parma di non avere dato conto del vaglio degli effetti, positivi e negativi, diretti e indiretti, derivanti dall’impianto sul sistema insediativo territoriale (così come richiede l’art. 10, comma 3, della legge reg. n. 21 del 2004), in quanto un obbligo di motivazione, attesa la funzione ivi assolta dal parere, sorge solo in caso di pronuncia sfavorevole, non anche quindi quando l’amministrazione comunale non ravvisi ostacoli all’attivazione dell’impianto;
per il resto, in assenza di elementi contrari di evidente consistenza, si deve presumere che l’ente locale abbia provveduto alle valutazioni di sua pertinenza
”.

La Sezione rilevava ulteriormente che “ occorre prendere le mosse dalle disposizioni di riferimento;
si tratta dell’art. 26 comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152: “Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati in materia ambientale, necessari per la realizzazione e l'esercizio dell'opera o dell'impianto” e dell’art. 17 della Legge regionale n. 9/2009: “La valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) positiva per i progetti di cui all'art. 7 comprende e sostituisce tutte le intese, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i pareri, i nulla osta, gli assensi comunque denominati, necessari per la realizzazione del progetto in base alla vigente normativa
”.

Il ricorso veniva, pertanto, accolto affermando l’infondatezza delle tesi comunali circa il fatto che la VIA e l’espressione favorevole del parere in Conferenza dei servizi non avessero integrato il rilascio del permesso di costruire poiché all’accoglimento di tale tesi ostano, in primo luogo, il già richiamato art. 17 della L.R. n. 9/2009 e, in secondo luogo, il testo in concreto adottato della deliberazione di VIA che fa espresso riferimento al rilascio del permesso di costruire e al fatto che il Comune abbia dato parere positivo al progetto nel corso di tale procedimento.

Nell’occasione la Sezione precisava, in particolare, che “ lo stesso Comune ha approvato, sempre nell’ambito della Conferenza dei Servizi anche il Rapporto sull’Impatto ambientale, per cui non può ritenersi che non abbia voluto rilasciare il permesso di costruire che viene richiamato nelle Premesse di questo atto risalente al 21 luglio 2008. Anche la Regione e la Provincia si sono espresse nello stesso senso, con l’approvazione, in particolare da parte della Provincia, degli atti finali della procedura di VIA … Del resto risulterebbe anomalo ritenere che l’opera in questione è priva del titolo edilizio dopo che il Comune ha partecipato a tutto l’iter approvativo ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica, ed ancora dopo la comunicazione di inizio dei lavori e a seguito della partecipazione alla Commissione Tecnico amministrativa deputata a esaminare il progetto esecutivo e la sua rispondenza a quanto realizzato. In particolare, sotto quest’ultimo profilo si rileva che il testo della delibera di VIA prevede nella motivazione che vi sia un controllo congiunto, provinciale e comunale, per assicurare che i progetti esecutivi siano coerenti col progetto definitivo a base della V.I.A. i progetti devono essere inviati al Comune e alla Provincia al fine di verificare il rispetto di quanto autorizzato;
il Comune ha asseverato la rispondenza dei progetti d’impianto al Piano urbanistico con determina dirigenziale del 23 febbraio 2010, rilevando che essa è conforme agli strumenti della pianificazione urbanistica comunale. La ricorrente ha comunicato al Comune di Pr l’inizio dei lavori in data 12 luglio 2010 e il Comune nulla ha obiettato nulla. Nella vigenza delle disposizioni citate e alla luce dell’iter seguito dalle amministrazioni nell’ambito della Conferenza dei servizi, a cui il Comune ha attivamente partecipato, la conclusione positiva del procedimento con l’approvazione del progetto esecutivo e l’affermazione della sua conformità rispetto al progetto definitivo comporta non solo l’approvazione del progetto, ma anche il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto
”.

Anche in questo secondo caso, il principio affermato in sentenza, oltre che assolutamente chiaro nella sua portata, smentisce la posizione sostenuta dal Comune e addotta a sostegno delle impugnate determinazioni di irricevibilità della SCIA e di diniego del certificato di agibilità e riconosce la competenza comunale in materia (competenza che il Comune, in quei giudizi, non ha mai negato).

La circostanza che l’originario titolo sia stato assorbito nella VIA-AIA non contraddice, tuttavia, la necessità, da parte del Comune, di pronunciarsi in proprio in ordine ai profili coinvolti nella vicenda dell’avvio dell’impianto, di cui al presente giudizio, al di fuori dalla Conferenza dei servizi qualora si sia in presenza, come nel caso di specie, di modifiche non sostanziali come è evidente trattandosi di interventi interessanti la modifica della viabilità interna, il parcheggio prossimo all’ingresso dell’area PAI, il parcheggio al servizio del cimitero di Ugozzolo e del futuro CPA, il fabbricato del TVC, i fabbricati A1 per il controllo accessi e stazione di pesatura, i manufatti tecnologici accessori, l’impianto di depurazione chimico fisico delle acque meteoritiche e di processo e le reti fognarie e vasche di raccolta delle acque meteoritiche e acque nere.

Che nel caso di specie, trattandosi, come evidenziato, di SCIA relativa a varianti non sostanziali, non si rendesse necessario riattivare l’articolato procedimento di VIA-AIA, oltre che essere suggerito da evidenti esigenze di economia procedimentale, è chiarito dalla giurisprudenza tanto in via indiretta (affermandone la necessità in presenza di interventi sostanziali - TAR Lazio, Roma, 15 dicembre 2010, n. 36740), tanto in via diretta laddove si afferma che “ ai sensi dell’art. 24 d.P.R. n. 380/2001, il “certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente , e che, conseguentemente, eventuali difformità esecutive rispetto al progetto assentito non sono ex se idonee a precludere il rilascio del certificato medesimo, laddove inerenti ad aspetti marginali del manufatto (in particolare se, come nel caso di specie, prive di incidenza sulla volumetria e sulla superficie dell’immobile interessato)… ” (TAR Campania, Salerno, 30 dicembre 2011, n. 2105).

Relativamente, infine, alla più volte citata relazione sindacale, a tacere della dubbia natura dell’atto in questione, in quanto non proveniente dalla dirigenza comunale ma dall’organo politico, la pacifica natura privata, ancorché di interesse pubblico, dell’opera in questione, esclude in radice la necessità del collaudo in luogo della certificazione di agibilità.

Che l’opera in questione, come già evidenziato, sia privata è testimoniato dal fatto che la necessaria variante al POC è stata adottata dal Comune;
viceversa se si fosse trattato di opera pubblica, sarebbe stata adottata dalla Provincia ex art. 17, comma 3, L.R. n. 9/1999.

Il Comune, inoltre, ha in passato sospeso i lavori sul presupposto che mancasse il PDC che, se si fosse in presenza di un’opera pubblica, non sarebbe stato necessario.

Quanto al provvedimento comunale del 2 luglio 2013 (rigetto dell’istanza di agibilità parziale), il Comune, come già esposto, dichiarava “ l’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della Domanda di Certificato di Conformità Edilizia e Agibilità Parziale ” presentata da IREN sul presupposto che “ l’agibilità parziale, introdotta dall’art. 24, comma 4 bis del DPR 380 del 2001 dall’art. 30 del Decreto Legge n. 69 del 21.6.2013, non è ancora norma di legge in quanto tale modifica sarà applicabile dalla data di entrata in vigore della legge di conversione” e che “l’agibilità parziale non è prevista dalla Legge regionale 31/2002 ”.

Con il medesimo provvedimento il Comune rilevava, altresì, che l’intervenuta pronunzia di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della SCIA (adottata il precedente 28 giugno) avrebbe fatto venir meno “ la conformità di quanto realizzato ai titoli rilasciati o comunque attestati, requisito indispensabile per la regolare presentazione della richiesta del Certificato di Conformità Edilizia e Agibilità ”.

Circa il primo profilo, pur prendendo atto dell’intervenuta conversione in legge del D.L. n. 69/2013, il Comune, tuttavia, ritiene che l’argomento non sarebbe superato, atteso che la legittimità del provvedimento deve essere valutata in relazione alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione essendo irrilevanti le sopravvenienze normative.

IREN replica alle difese comunali affermando che l’istituto di cui all’art. 30 del D.L. n. 69/2013, a prescindere da qualsivoglia previsione normativa, sarebbe stato già recepito dalla prassi dello stesso Comune di Parma, che lo ha disciplinato con circolare n. 217782 del 15 dicembre 2009 contenente istruzioni per il rilascio del certificato parziale.

Il diniego di certificato parziale sarebbe, inoltre, illegittimo per invalidità derivata della presupposta dichiarazione di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità della SCIA che il Comune assume a presupposto del diniego opposto.

Sul punto la difesa comunale evidenzia che la pretesa prassi (peraltro riconosciuta come esistente dal Comune) sarebbe limitata a situazioni particolari e di minimo impatto e non applicabile all’impianto in questione.

L’impianto, inoltre, non sarebbe stato ancora ultimato e, allo stato, non esisterebbe la possibilità di distinguere tra opere già realizzate e opere in via di realizzazione: circostanza che eliderebbe di per sé la possibilità di rilasciare la certificazione richiesta.

Anche con riferimento al provvedimento in disamina, le censure formulate dalla ricorrente sono fondate.

In primis , non può che ribadirsi che la eccepita mancata ultimazione delle opere non rileva in questa sede atteso che si tratta di elemento estraneo ai contenuti del provvedimento impugnato e, come tale, non introducibile in giudizio ad integrazione della motivazione originaria.

Quanto alla controversa possibilità di rilascio del certificato parziale, il Comune supporta il proprio diniego precisando che il rilascio di dette certificazioni è possibile in via del tutto eccezionale e come misura congiunturale, quale provvedimento per contrastare la crisi del mercato immobiliare come riportato nel provvedimento dirigenziale n. 217782 del 15/12/2009.

La tesi esposta trova smentita nella stessa circolare citata dal Comune nel provvedimento impugnato i cui contenuti sono pubblicati con ulteriori precisazioni dal Comune sul proprio portale web Parma Network ”.

L’atto in questione, avente ad oggetto “ Circolare attinente il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità parziale ”, preso atto “ che la vigente normativa urbanistico edilizia del Comune di Parma non esclude la possibilità di procedere al rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità parziale ma non prevede le condizioni che debbano ricorrere per il rilascio di tale certificazione ”, prevede la possibilità di rilascio “ per singoli edifici o singole parti dello stesso edificio nei seguenti casi: a) complesso di più edifici legittimati con un unico titolo abilitativo ” subordinandolo “ alle seguenti condizioni:

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