TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-07-27, n. 201207002
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N. 07002/2012 REG.PROV.COLL.
N. 05006/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5006 del 2007, come integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S A, rappresentato e difeso dagli avv.ti M S, C C, M D L, L P e G R, con domicilio eletto presso M S in Roma, v.le Parioli, 180;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale domicilia ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
F A, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Iacovino, Salvatore Di Pardo, con domicilio eletto presso Potente-Di Pardo-Iacovino Studio Legale Associato in Roma, piazza Barberini, 52;Ghiroldi Alessandra, non costituita;
per l'annullamento
del provvedimento con il quale il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso a n. 200 posti di notaio, bandito con D.D.G. 1.9.2004;di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, compresi le delibere e/o i verbali della Commissione di formazione dei criteri di massima, i criteri stessi, i provvedimenti di nomina dei Commissari, l’approvazione della graduatoria finale;nonché per l’annullamento del P.D.G. 28 gennaio 2008 recante approvazione della graduatoria del concorso per esami a 200 posti di notaio, indetto con d.d. 1 settembre 2004, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia, anno CXXIX, n. 4 del 28 febbraio 2008, pubblicato in data 28 febbraio 2008;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e di F A;
Visti i motivi aggiunti;
Viste le memorie prodotte da parte ricorrente a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il cons. Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone il ricorrente di aver preso parte alle prove scritte relative alla selezione concorsuale per 200 posti di notaio, indetta con decreto dirigenziale in data 1° settembre 2004, e di non essere stato ammesso a sostenere le successive prove orali pur non essendo stato ritenuto insufficiente in alcuna delle tre prove.
Questi i dedotti argomenti di doglianza:
1) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche;in particolare difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità;violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241;violazione e falsa applicazione del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953 (artt. 22, 23 e 24) e successive modificazioni.
La Commissione esaminatrice non si sarebbe dotata di criteri di massima attraverso i quali procedere alla valutazione degli elaborati predisposti dai candidati.
Si dimostrerebbe, per l’effetto, impossibile la ricostruzione dell’iter logico attraverso il quale l’organo concorsuale è pervenuto alla formulazione dei giudizi ed all’attribuzione dei punteggi per ciascuna delle prove scritte;ulteriormente sottolineandosi come siffatta carenza vieppiù rilevi in ragione della mancata predeterminazione dei criteri di massima per l’attribuzione del punteggio intercorrente fra la sufficienza (90 punti) ed il valore numerico minimo complessivo (punti 105) per l’ammissione alle prove orali.
2) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche : in particolare difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità;violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241;violazione del r.d. 14 novembre 1926, n. 1953 (artt. 22, 23 e 24) e successive modificazioni. in subordine: violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 della costituzione.
Nel rammentare di aver conseguito la sufficienza in tutte le prove scritte sostenute, lamenta il ricorrente che la Commissione non abbia esplicitato alcuna motivazione in ordine al mancato raggiungimento della soglia minima di punteggio (punti 105) utile per l’ammissione alle prove orali: tale omissione vieppiù rilevando alla luce delle modificazioni sul previgente quadro normativo introdotte dal D.Lgs. 24 aprile 2006 n. 166, che hanno reso obbligatoria l’ostensione di un motivato giudizio nel caso di valutata inidoneità del candidato.
Viene, quindi, denunciata l’illegittimità di una valutazione espressa a mezzo di punteggio numerico, laddove l’esclusione di candidati rivelatisi insufficienti in una o più prove è stata, invece, assistita da corrispondente effusione motivazionale.
3) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche: in particolare, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. violazione e falsa applicazione della legge 7 agosto 1990 n. 241. violazione e falsa applicazione del r.d. 14 novembre 1926 n. 1953 (artt. 22, 23 e 24) e successive modificazioni.
Anche nell’assegnazione dei punteggi la Commissione avrebbe violato il pertinente quadro di disciplina, atteso che non risulta essere stato verbalizzato il punteggio assegnato da ciascun componente.
Con motivi aggiunti, depositati il 5 maggio 2008, il ricorrente ha poi impugnato il decreto ministeriale (pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Giustizia in data 28 febbraio 2008) recante approvazione della graduatoria finale dei vincitori del predetto concorso, sostenendo che tale atto sia inficiato – sotto il profilo dell’invalidità derivata – con riferimento alle doglianze esposte con l’atto introduttivo del giudizio avverso la determinazione di esclusione dalle prove orali.
Si è costituita, per resistere, l’amministrazione intimata.
Con ordinanza collegiale n. 3092 del 20 giugno 2007 è stata respinta la domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale.
Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con riferimento alle doglianze contenute nel primo motivo d’impugnativa, il Collegio osserva che la Commissione, in data 19 novembre 2005, si è riunita per l’individuazione dei criteri generali cui attenersi nella valutazione degli elaborati, deliberando che non potrà essere attribuito il punteggio minimo richiesto per l’approvazione nei seguenti casi:
- travisamento della traccia e contraddittorietà tra le soluzioni adottate, o tra le soluzioni medesime e le relative motivazioni;
- gravi errori di diritto nella scelta delle soluzioni e/o nell’illustrazione delle parti teoriche;
- gravi carenze della parte teorica, anche per omessa trattazione di punti significativi della stessa;
- vizi formali sanzionati con nullità da leggi;
- gravi e reiterati errori di grammatica e sintassi.
La predeterminazione dei criteri di massima per la valutazione degli elaborati costituisce, come è noto, espressione di potestà amministrativa discrezionale e, in quanto tale, è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo per manifesta illogicità (ex multis: Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1390).
I criteri di valutazione delle prove scritte in concorsi che, come quello notarile, richiedono un’elevata specializzazione, peraltro, non necessitano di particolare analiticità essendo sostanzialmente in re ipsa , a differenza di altre ipotesi di procedimenti ad evidenza pubblica in cui l’intensità della discrezionalità dell’amministrazione è espressa anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente esigenza di individuare ed esplicitare gli stessi.
I criteri di massima nella fattispecie fissati – come sopra riportati – recano precise indicazioni in ordine alle causali che escludono l’attribuzione del punteggio minimo, rivelandosi idonei alla finalità per la quale la Commissione li ha previsti.
In altri termini, la specificazione dei predetti criteri generali di valutazione appare adeguata a consentire la verifica dell’ iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio o, comunque, nella formulazione del giudizio di idoneità o non idoneità, sicché la relativa censura non si rivela condivisibile.
Né l’omessa previsione di criteri di valutazione per l’attribuzione di punteggi compresi tra la sufficienza (90 punti) e il punteggio minimo complessivo (105 punti) per l’ammissione alle prove orali, in assenza di uno specifico obbligo normativo, può tradursi in un vizio di legittimità dell’azione amministrativa.
2. Quanto alla mancata effusione di idoneo apparato motivazionale a conforto del giudizio di non ammissione alle prove orali – pur in presenza del conseguito punteggio di sufficienza in tutte le prove scritte – si osserva quanto segue.
2.1 La disciplina del concorso notarile è stata modificata dal D.Lgs. 166/2006, il quale equipara, ai fini dell’ammissione all’orale, il voto di sufficienza a quello di idoneità, stabilendo che il giudizio di non idoneità è motivato mentre nel giudizio di idoneità il punteggio vale motivazione.
L’art. 11, comma 3, in particolare, dispone che il giudizio di idoneità comporta l’attribuzione del voto minimo di 35 punti a ciascuna delle tre prove scritte: sicché il nuovo sistema delineato dalla legge non contempla più la figura del “novantista”, ossia di colui che, come il ricorrente, ha conseguito un punteggio compreso tra 90 e 104 (vale a dire un punteggio di sufficienza ma non tale da raggiungere l’idoneità), ma prevede l’attribuzione:
- di un giudizio di non idoneità che, ai sensi dell’art. 11, comma 5, deve essere sempre motivato nei confronti del candidato che non consegua un voto minimo di trentacinque punti in ciascuna delle tre prove scritte,
- ovvero di un giudizio di idoneità non motivato, in quanto il punteggio vale motivazione, laddove il candidato consegua almeno trentacinque punti in ciascuna prova scritta.
L’art. 16, comma 2, del D.Lgs. 166/2006 stabilisce altresì che le disposizioni di cui all’art. 11 trovano applicazione con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio.
La nuova disciplina non può ritenersi, dunque, applicabile ai concorsi le cui prove scritte siano state svolte precedentemente, anche nel caso in cui, come nella specie, la correzione delle prove sia materialmente avvenuta dopo l’emanazione del bando di concorso successivo all’entrata in vigore del D.Lgs. 166/2006.
La norma, nonostante la sua formulazione poco perspicua, dispone evidentemente che le disposizioni de quibus si applicano a partire dal primo concorso successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo (rammentandosi, al riguardo, come l’eccezione di legittimità costituzionale della disposizione de qua, sollevata da questa Sezione, non abbia incontrato apprezzamento da parte della Corte Costituzionale: cfr. sent. 1° agosto 2008 n. 328).
Ne consegue che – esclusa la condivisibilità delle argomentazioni ex adverso esposte dalla parte ricorrente con memoria depositata in giudizio il 3 gennaio 2009 – il concorso di cui alla presente controversia, in quanto bandito anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. 166/2006, rimane disciplinato, per l’aspetto che qui interessa, dall’art. 24 del R.D. 1953/1926, secondo cui non è ammesso agli orali il concorrente che non abbia riportato almeno trenta punti in ciascuna delle prove scritte e non meno di centocinque nel complesso delle prove stesse, senza nulla indicare circa le motivazioni del giudizio di non idoneità.
2.2 In tale quadro normativo ed in un contesto fattuale in cui la Commissione ha stabilito discrezionalmente di motivare i giudizi di totale insufficienza, cioè degli elaborati che non hanno raggiunto la valutazione di trenta, occorre quindi stabilire se il candidato “novantista” abbia anch’egli diritto ad una motivazione che chiarisca in concreto le ragioni della mancata attribuzione del punteggio necessario per l’ammissione agli orali.
La giurisprudenza sia del giudice di appello che di primo grado, dalla quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, si è costantemente orientata per l’assenza di uno specifico obbligo motivazionale, evidenziando in particolare che convincenti argomenti di ordine testuale e sistematico portano ad escludere, nel sistema previgente rispetto all’entrata in vigore del D.Lgs. 166/2006, la sussistenza di un obbligo per la Commissione esaminatrice di motivare specificamente il mancato raggiungimento, in sede di valutazione degli elaborati sufficienti, del superiore punteggio necessario per ottenere l’ammissione all’orale (ex multis : Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2006 n. 4687).
Di qui l’infondatezza, in relazione ai profili esaminati, della censura di difetto di motivazione.
3. Con riferimento alla doglianza di omessa verbalizzazione delle espressioni individuali di voto dei singoli commissari, è sufficiente osservare come nessuna norma imponga che ogni operazione compiuta dalla Commissione debba essere verbalizzata a pena di nullità o invalidità della stessa, per cui l’onere di verbalizzazione può dirsi garantito dall’indicazione del giudizio finale.
Secondo quanto previsto dall’art. 24 del R.D. 1953/1926, prima dell’assegnazione dei punti, la Commissione delibera per ciascuna prova, a maggioranza dei voti, se il candidato meriti di ottenere il minimo richiesto per l’approvazione (e, nell’affermativa, ciascun commissario dichiara se e quali punti oltre il minimo intende assegnare al candidato): il voto attribuito al lavoro risultando costituito dal minimo sommato agli altri punti eventualmente assegnati.
Ciò posto, ribadita l’assenza di alcuna disposizione che imponga che ogni operazione compiuta dalla Commissione debba essere verbalizzata a pena di nullità o invalidità della stessa, occorre presumere l’unanimità e l’uniformità della valutazione compiuta, salvo che risulti il dissenso da parte di taluno dei commissari.
Di talché, in mancanza di diverse disposizioni del bando o dei criteri fissati dalla Commissione esaminatrice, l’onere di verbalizzazione delle operazioni di concorso può dirsi sufficientemente garantito dall’indicazione del giudizio finale della Commissione.
La relativa doglianza, pertanto, non si dimostra persuasiva.
4. La constatata infondatezza dei dedotti argomenti di doglianza impone la reiezione dell’impugnativa all’esame.
Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.