TAR Torino, sez. II, sentenza 2010-03-22, n. 201001531

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2010-03-22, n. 201001531
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201001531
Data del deposito : 22 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00433/1997 REG.RIC.

N. 01531/2010 REG.SEN.

N. 00433/1997 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 433 del 1997, proposto da:
C L, C A, P M, F L, T D, P S, L R A, E L, R G e M T, rappresentati e difesi dall'avv. N D, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Torino, corso Siccardi, 11 Bis;

contro

la Provincia di Torino, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti S G e F M, con domicilio eletto presso le stesse in Torino, corso Inghilterra, 7;

per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti a vedersi corrispondere, dalla Provincia di Torino, rivalutazione monetaria e interessi sulle indennità di turno e di lavoro straordinario maturate dal 1987 e liquidate ratealmente, nei termini infra specificati, dall'Amministrazione resistente a partire dal marzo 1992,

nonchè per la condanna

della provincia di Torino a corrispondere ai ricorrenti le somme dovute a titolo di interessi e rivalutazione monetaria.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Torino;

Vista la memoria difensiva prodotta dalla Provincia di Torino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 03/03/2010 il dott. A M;
Comparsi per la Provincia di Torino gli avv.ti Gallo e Massacesi;
nessuno comparso per le parti ricorrenti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. I signori Luigi Comorio, Antonina Criseo, Mauro Pera, Luigi Franco, Daniella Turci, Stefania Piccitto, Antonino La Rosa, Lucia Emina, Giuseppa Rigoglioso e Tiziana Maggi, tutti dipendenti della Provincia di Torino in qualità di operatori socio-assistenziali, hanno proposto ricorso a questo TAR per l’accertamento del diritto “a vedersi corrispondere, dalla Provincia di Torino, rivalutazione monetaria e interessi sulle indennità di turno e di lavoro straordinario maturate dal 1987 e liquidate ratealmente [...] dall’Amministrazione resistente a partire dal marzo 1992” e per la conseguente condanna dell’amministrazione a corrispondere dette somme, ulteriormente maggiorate da “interessi e rivalutazione dalle singole date di ritardata corresponsione dei crediti fino all’effettivo soddisfo”. Il ricorso è stato notificato alla Provincia di Torino in data 13 febbraio 1997.

Essi espongono di aver maturato indennità di turno “diurno, notturno e festivo” a partire dal 1987, le quali “per un primo momento non sono state corrisposti dall’Amministrazione competente”. Solo successivamente, e “con grave ritardo”, esse sono state corrisposte: nel marzo del 1992, sono state corrisposte le indennità di turno maturate al giugno 1991;
nell’aprile 1992, le indennità di turno maturate nell’ottobre 1991;
nell’ottobre 1993, le indennità di turno maturate nel dicembre 1987;
nell’aprile 1994, le indennità di turno maturate nel dicembre 1992 e le indennità per lavoro straordinario maturate nel novembre 1993;
nell’ottobre 1994, le indennità di turno maturate nel dicembre 1991.

Le somme chieste dai ricorrenti “risultano dai conteggi analitici prodotti e notificati” unitamente con il ricorso introduttivo, e sono state calcolate dai ricorrenti mediante l’indice di rivalutazione Istat, ossia servendosi del coefficiente di rivalutazione “dato dalla frazione tra l’indice dei prezzi al consumo accertato dall’Istat per il mese di pagamento e quello accertato per il mese di maturazione del credito”. Il capitale rivalutato è stato quindi ottenuto “dal prodotto tra il capitale e il coefficiente di rivalutazione”, giungendo così all’importo della rivalutazione in questa sede domandato “dato dalla differenza tra il capitale rivalutato e il capitale corrisposto in ritardo”. A ciò i ricorrenti aggiungono gli interessi legali sul capitale rivalutato, “maturati dalla data di esigibilità del credito a quella del suo effettivo soddisfo”.


2. Si è costituita in giudizio la Provincia di Torino, in persona del Presidente pro tempore, depositando documenti e chiedendo genericamente il rigetto del ricorso, senza tuttavia illustrare alcuna argomentazione difensiva.


3. In applicazione dell’art. 9, comma 2, della legge n. 205 del 2000, a seguito di avviso notificato a cura della Segreteria del TAR, in data 9 dicembre 2009 tutti i ricorrenti hanno presentato istanza di fissazione di udienza di discussione.


4. Con memoria depositata in prossimità della pubblica udienza di discussione, la Provincia di Torino ha precisato le proprie difese.

Premette l’amministrazione che le indennità di turno liquidate ai ricorrenti sono state pagate in applicazione dell’art. 13 del d.P.R. n. 268 del 1987 che, nel recepire l’accordo sindacale per il triennio 1985-1987 relativo al comparto del personale degli Enti locali, aveva introdotto una regolamentazione delle indennità di turno “ben più articolata e complessa” di quella previgente. L’applicazione della norma, infatti, “creò [...] immediate difficoltà e divergenze interpretative”, rendendo necessario dapprima presentare specifici quesiti di chiarificazione, poi approvare appositi “criteri per l’erogazione dell’indennità”, quindi emanare alcune circolari ed una direttiva con l’ulteriore attesa delle relative “istruzioni operative”. Solo a partire dal luglio del 1993, così, pervennero agli uffici del personale le prime rilevazioni sulle indennità da liquidare con le buste paga ai dipendenti.

In diritto, la Provincia resistente eccepisce, preliminarmente, “l’intervenuta prescrizione della pretesa azionata, avendo controparte avanzato in via autonoma per la prima volta in sede giudiziale (ricorso notificato il 13.02.1997) domanda di sola rivalutazione monetaria e interessi, ben oltre il termine di prescrizione quinquennale decorrente dalle date di maturazione del credito principale come indicate nell’atto introduttivo del giudizio (giugno 1991;
ottobre 1991;
dicembre 1987;
dicembre 1992 [...])”.

Viene poi eccepita l’inammissibilità del ricorso perché la domanda risulterebbe “generica e sommaria, priva di adeguata allegazione e di precisi riferimenti sulla situazione concreta in rapporto alla quale la declaratoria del diritto viene avanzata”.

Nel merito, l’amministrazione sostiene che, nella specie, non sarebbe prospettabile “un’inerzia colpevole nell’adempimento, suscettibile di fondare la pretesa avversaria”. L’istituto della turnazione, infatti – espone la resistente –, non poteva “trovare applicazione diretta ed immediata nell’Ente, presupponendo l’assunzione di specifici provvedimenti attuativi del beneficio economico”. La “dilatazione della fase di perfezionamento del credito” non sarebbe dipesa “da colpevole ritardo dell’Amministrazione”, “derivando l’impossibilità della prestazione da cause oggettive, alla stessa non imputabili”.


5. Alla pubblica udienza del 3 marzo 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. I ricorrenti, tutti dipendenti della Provincia di Torino con la qualifica di operatori socio-assistenziali, domandano l’accertamento del loro diritto ad ottenere il pagamento, con contestuale condanna dell’amministrazione resistente, di somme a titolo di rivalutazione ed interessi sulle indennità di turno e di straordinario maturate nell’arco di un periodo che va dal dicembre 1987 al novembre 1993 e liquidate in ritardo dalla Provincia.

La quota capitale – si ribadisce – è stata già oggetto di pagamento da parte dell’amministrazione resistente: tale pagamento, tuttavia, è stato realizzato con ritardo, talvolta anche notevole, motivo per il quale i ricorrenti domandano il pagamento (questo, mai finora avvenuto) dei relativi interessi e della rivalutazione monetaria.


2. Va, anzitutto, scrutinata l’eccezione di inammissibilità per “genericità” della domanda, sollevata dalla difesa dell’amministrazione resistente.

L’eccezione non è fondata perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, la domanda di accertamento del diritto, con contestuale condanna al pagamento, è sufficientemente illustrata nel ricorso nei suoi tratti essenziali (tanto ciò vero che nessuna difficoltà ha incontrato la stessa amministrazione nel controdedurre anche nel merito della richiesta). I ricorrenti hanno corredato la domanda con un prospetto riepilogativo sia delle somme chieste, sia delle modalità di calcolo seguite per determinarle;
hanno anche depositato le buste paga dalle quali emergono le somme che, a titolo di indennità di turno e di lavoro straordinario, l’amministrazione ha loro pagato limitatamente alla sorte capitale.

Donde la sicura scrutinabilità, nel merito, della domanda stessa.


3. Il Collegio deve darsi carico, a questo punto, dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla Provincia resistente.

L’eccezione è fondata solo in parte.

Delle somme domandate dai ricorrenti quasi tutte risultano prescritte, essendo già decorso, all’epoca della notificazione del ricorso (13 febbraio 1997), il termine quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c.

Trattasi, infatti, di crediti da lavoro, per i quali è senz’altro applicabile la disciplina della prescrizione riguardante “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anni o in termini più brevi” (art. 2948, n. 4, c.c.: cfr., di recente, TAR Piemonte, sez. II, n. 2235 del 2009;
Cons. Stato, sez. V, n. 1315 del 2009). Ciò vale nonostante la natura solo accessoria dei crediti in questa sede domandati: la pretesa agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria partecipa della natura e riveste i caratteri del credito originario, di modo che l'adempimento eseguito in ritardo rappresenta in realtà l'adempimento parziale di un'obbligazione unitaria, comprendente ab origine sia la retribuzione nominale sia i compensi accessori, con l'ulteriore conseguenza che la pretesa agli interessi ed alla rivalutazione soggiace al termine prescrizionale quinquennale, atteso che all'unitarietà dell'obbligazione non può che corrispondere l'unicità di disciplina (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2434 del 2002).

Come correttamente eccepito dalla Provincia, poi, il termine di prescrizione deve essere calcolato non a partire dal momento in cui l’amministrazione ha provveduto al pagamento della quota capitale, ma a partire dal momento in cui è maturato il debito principale cui le somme in questa sede domandate (interessi e rivalutazione monetaria) accedono.

L’avvenuto pagamento della quota capitale, infatti, non può configurarsi quale evento interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c. (a norma del quale “La prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere”) e segnare, conseguentemente, il nuovo dies a quo del termine quinquennale. In proposito, come statuito dall’Adunanza Plenaria (dec. n. 13 del 2004), l’avvenuto pagamento del debito (senza interessi e rivalutazione) ha, di per sé, solo una funzione ed un effetto di estinzione dell’obbligazione principale, ma non può costituire riconoscimento del debito accessorio il quale – come tale – deve essere caratterizzato dalla volontarietà e non può prescindere da una manifestazione di consapevolezza dell’esistenza del debito accessorio stesso. Trattandosi di una manifestazione di volontà, il riconoscimento del debito accessorio deve essere inequivoco e, quindi, denotare in modo chiaro l'intento del debitore di riconoscere l'altrui diritto: cosa che non può dirsi avvenuta in assenza di clausole con le quali si specifichi che il pagamento è "parziale", o "in acconto", o "salvo conguaglio", rispetto al futuro saldo definitivo anche degli accessori;
clausole che, nel caso di specie, non si ritrovano nelle buste paga con le quali, seppure in ritardo, il debito principale è stato pagato ai dipendenti.

Deve quindi concludersi, sul punto – in aderenza a quanto statuito dalla citata decisione dell’Adunanza Plenaria, che il Collegio fa propria – che il pagamento della sola sorte capitale abbia di per sé solo l'effetto estintivo del debito per il capitale, ma non assuma senz'altro il significato univoco di riconoscimento del debito relativo agli accessori. Di conseguenza, nel caso di specie, il termine quinquennale di prescrizione relativo agli interessi ed alla rivalutazione monetaria va calcolato a partire dal momento in cui è maturato il debito principale e non da quello dell’avvenuto pagamento di esso.

Ne consegue che, rispetto alle somme domandate dai ricorrenti, risultano prescritte quelle che accedevano alle indennità maturate prima del 14 febbraio 1992. Risultano non prescritti, viceversa, gli accessori delle indennità pagate dall’amministrazione con la retribuzione di aprile 1994, relativa alle indennità di turno maturate al dicembre 1992 ed alle indennità per lavoro straordinario maturate al novembre 1993.

Solo con riferimento a queste ultime voci, pertanto, è necessario entrare nel merito della richiesta avanzata in questa sede dai ricorrenti.


4. Nel merito, il ricorso è fondato nei limiti di seguito specificati.


4.1. Giova premettere che, in base ad un orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, gli interessi e la rivalutazione monetaria dovuti per il ritardato pagamento di crediti di lavoro devono essere computati sul capitale netto depurato dalle ritenute previdenziali e fiscali, e non sul capitale lordo (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 4858 del 2003 e n. 3383 del 2004). Il "quantum" per rivalutazione monetaria ed interessi legali su somme dovute a titolo di arretrati retributivi va infatti determinato basandosi su importi effettivamente erogati al dipendente, ossia al netto delle somme non corrisposte per ritenute fiscali e retributive, trattandosi di parti del credito principale delle quali i dipendenti non avrebbero mai potuto disporre.

Del resto, il ritardo nel pagamento danneggia l'avente diritto per effetto della tardiva acquisizione della disponibilità della somma di denaro che lo stesso avrebbe dovuto in un momento anteriore concretamente conseguire, senza che all'uopo possa assumere rilievo la somma lorda, nella parte comprensiva di importi che il soggetto comunque non avrebbe dovuto percepire, e dal cui impiego non avrebbe di conseguenza potuto trarre utilità o soddisfazione di sorta. Nel caso di specie, le ritenute, sia fiscali che contributive, vengono effettuate prima che il credito venga percepito dal titolare e, quindi, non possono giocare alcun ruolo in sede di quantificazione del danno cagionato dalla mancata corresponsione dell'emolumento di volta in volta in rilievo.


4.2. Ciò premesso, va ricordato che, per quanto più strettamente concerne la rivalutazione monetaria, questa in generale costituisce, ex art. 1224, comma 2, c.c. la modalità con la quale individuare “l’ulteriore risarcimento” al creditore delle obbligazioni pecuniarie che dimostri “di aver subito un danno maggiore” rispetto a quello ristorabile mediante gli interessi legali. Con riferimento ai crediti da lavoro, tuttavia, la legge prevede un regime speciale (art. 429, comma 3, c.p.c.) secondo il quale il giudice, allorché pronuncia sentenza di condanna, deve determinare il “maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito” servendosi dei coefficienti ISTAT così come prescrive l’art. 150 delle disposizioni di attuazione del c.p.c.

Le citate norme del c.p.c. perseguono l’esclusivo fine di rendere la retribuzione immune dalla perdita del potere di acquisto del denaro, ed operano indipendentemente da ogni questione sulla causa del ritardato pagamento, senza che sia necessario alcun accertamento sull’eventuale colpa nell’amministrazione per il ritardo nel pagamento (cfr., tra le tante: Cons. Stato, ad. plen., n. 3 del 1998;
Cons. Stato, sez. V, n. 4723 del 2002).

Il quadro di riferimento, del resto, è delineato dai precetti costituzionali che tutelano il lavoro (artt. 1, 3, comma 2, 4, 34 e 36 Cost.), non a caso richiamati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale per attribuire un “trattamento privilegiato” proprio ai crediti di lavoro. Questo trattamento privilegiato è, per l’appunto, assicurato dal già citato art. 429 c.p.c. che appresta “un meccanismo di conservazione del valore in senso economico delle prestazioni dovute al lavoratore, volto a preservare (o, comunque, ripristinare) quel ‘potere di acquisto di beni reali’ che si connette alla retribuzione ed alle indennità di fine rapporto [...] e nel contempo ad eliminare il vantaggio che (in precedenza) conseguiva il datore di lavoro col ritardato adempimento” (così Corte cost., sent. n. 459 del 2000).

Ne consegue che non può trovare alcuno spazio quanto argomentato dall’amministrazione resistente in ordine all’assenza di “un’inerzia colpevole nell’adempimento” da parte della Provincia datrice di lavoro, la quale è inizialmente rimasta ferma nei pagamenti a causa della mancanza di “specifici provvedimenti attuativi del beneficio economico” de quo. Quello che rileva, infatti, è esclusivamente la debenza delle somme a titolo di indennità a favore dei lavoratori, debenza peraltro in questa sede non contestata e dalla quale strettamente dipende il pagamento degli accessori di legge.


4.3. Deve pertanto concludersi che ai ricorrenti spetta il pagamento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, calcolata sulla base dei coefficienti ISTAT, per le sole somme corrispondenti alle indennità di turno maturate al dicembre 1992 ed alle indennità per lavoro straordinario prestato al novembre 1993 (essendo le altre voci di credito, come detto, prescritte), somme da calcolare con esclusivo riferimento al capitale netto liquidato in busta paga depurato dalle ritenute previdenziali e fiscali.

Ai fini del calcolo complessivo, andranno peraltro applicati i criteri e le modalità di cui alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 3 del 1998, ed in particolare:

a) gli interessi legali dovranno essere calcolati sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione di ciascun rateo e fino all'adempimento tardivo, e le somme da liquidare a tale titolo dovranno essere calcolate sugli importi nominali dei singoli ratei, secondo i vari tassi in vigore alle relative scadenze;

b) gli interessi così calcolati produrranno a loro volta interessi anatocistici, ai sensi dell’art. 1283 c.c., a far data dal 13 febbraio 1997, data di notifica del presente ricorso, attesa la specifica domanda proposta in tal senso dal ricorrente nell’atto introduttivo e considerato che tali interessi erano già dovuti da più di sei mesi alla data della domanda;

c) la rivalutazione dovrà essere calcolata sull'importo nominale dei singoli ratei e andrà computata con riferimento all'indice di rivalutazione operante al momento della presente decisione. La somma dovuta a tale titolo, stante la sua natura accessoria, non dovrà essere a sua volta ulteriormente rivalutata (cfr. Ad. plen., n. 3 del 1998). Su tale somma spetteranno solo gli interessi legali dalla data della costituzione in mora, ossia dalla data di notifica del ricorso in esame, e fino all'effettivo soddisfo.


5. Sussistono giusti motivi – dato, in particolare, l’accoglimento solo parziale del ricorso – per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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