TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2020-01-20, n. 202000740
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Testo completo
Pubblicato il 20/01/2020
N. 00740/2020 REG.PROV.COLL.
N. 09711/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9711 del 2018, proposto da
Dabe Risto S.r.l.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Ippoliti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera, n. 29;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Siracusa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
-della Determinazione Dirigenziale CA/2448/2018 del 03/08/2018 notificata in data 06/08/18 recante "Ordine di Cessazione attività di somministrazione abusivamente intrapresa....in Vicolo de' Cinque, n.40" entro 15 giorni dalla notificazione del provvedimento;
-ove occorrer possa, del rapporto amministrativo prot. Rapporto Amministrativo prot. 67465/18 del 12/04/2018, menzionato e non comunicato;
-ove occorrer possa, della nota prot. CA/106269/18, menzionata e non comunicata;
-ove occorrer possa, per la disapplicazione e/o l'annullamento delle cdd. "Risoluzioni del Ministero dello Sviluppo Economico n. 146342/14, 86321/15, 174884/15, 372321 del 28/11/2016";
-nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente ai provvedimenti impugnati che possa interpretarsi ostativo all'esercizio dell'attività commerciale della ricorrente
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2019 il dott. Fabio Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto (n. 9711/2018) la Dabe Risto S.r.l.S., titolare di un esercizio di gastronomia calda e di vicinato, ha adito questo Tribunale per l’annullamento della determinazione comunale del 3 agosto 2018 che ha intimato la cessazione dell’attività di somministrazione abusivamente intrapresa nel locale commercial ubicato in Roma, Vicolo dè Cinque, n. 40, nonché degli ulteriori provvedimenti nell’epigrafe indicati.
Espone che l’ordine di cessazione dell’attività di somministrazione è stato adottato all’esito di un unico ed isolato accertamento eseguito dai funzionari della Polizia comunale in ragione della asserita presenza di tavoli con sedute abbinabili.
Avverso l’ordine di cessazione, in epigrafe indicato la Società ricorrente ha dedotto le seguenti censure:
1)VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 3, I° COMMA LETT. F-BIS DEL D.L. 223/2006; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DI MOTIVAZIONE, TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI IN FATTO E DIRITTO, ILLOGICITA', ARBITRARIETA', CONTRADDITTORIETA'.
2) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 1 DEL D.L. 1/12; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO, DIFETTO DI MOTIVAZIONE, ARBITRARIETA' ED ILLOGICITA'.
3) VIOLAZIONE DELL'ART. 117, IV° COMMA DELLA COSTITUZIONE; ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI POTERE E DI ATTRIBUZIONE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DI MOTIVAZIONE, ARBITRARIETA', ILLOGICITA'.
4) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO; ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI POTERE E DI ATTRIBUZIONE, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, DIFETTO DI MOTIVAZIONE, ARBITRARIETA', ILLOGICITA'.
5) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA D.A.C. 47/18.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate.
Il corrente contenzioso riapre una problematica il cui punto nodale si incentra sulla difficoltà di definire le attrezzature utilizzabili affinchè si rimanga nell’ambito della legittimità del consumo del posto senza che ciò configuri l’esercizio abusivo dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande: problematica scaturente da nuove tendenze ed abitudini alimentari dei consumatori, che i comuni si sono trovati a fronteggiare pur senza avere a disposizione – come di seguito verrà meglio chiarito - strumenti giuridici chiari ed incontrovertibili con conseguente proliferare di un contenzioso che ha impegnato le energie degli enti locali e dei Tribunali.
La Sezione, consapevole di tali criticità, è recentissimamente intervenuta con decisione (ved.sent. n. 11516/2018) che non ha mancato di operare una – sia pur sintetica - ricostruzione dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento, anche avvalendosi di precedenti pronunce della Sezione (in particolare, vedasi le sentenze nr. 100/2016 e n. 4695/2017) e considerando altresì le indicazioni offerte dalla prassi amministrativa, incluse in particolare le circolari del MISE che possiede specifiche competenze di coordinamento inerenti la tutela della concorrenza (anche con riguardo alle interrelazioni con la materia del commercio) alle quali risulta essersi attenuto nell’enucleare criteri applicativi della disciplina: competenze che non consentono, aprioristicamente (come appare sostenuto nel ricorso in trattazione), di ritenere che le espressioni del relativo esercizio (quali circolari interpretative ovvero risposte ad appositi quesiti) detengano una dignità giuridica di livello inferiore ovvero (come ancora una volta si richiama in gravame) gerarchicamente sotto-ordinata alle Risoluzioni dell’Agcom;
Nel ripercorrere le tappe dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento la Sezione ha segnalato:
1) che la somministrazione di alimenti e bevande reca nella sua definizione legislativa ( ex art. 1 della legge n.287 del 1991) il riferimento a locali all'uopo attrezzati. Connaturale a tale attività è l’assistenza al servizio di somministrazione della quale prova concreta (ma non unica) è data dalla presenza di personale di sala che serve gli utenti ai tavoli;
2) il d.lgs n.114 del 1998 consente (ex art.7 c.3), per la prima volta, ad alcuni esercenti alimentari il consumo immediato sul posto dei medesimi prodotti venduti, subordinandolo alla condizione che “siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzati". Viene, dunque, indirettamente ma inequivocamente, introdotta una distinzione tra arredi ed allestimenti funzionali alla somministrazione sub 1) e quelli utilizzabili nel caso di consumo sul posto;
3) col decreto Bersani sembra superarsi il limite (relativo agli allestimenti dei locali) prevedendosi dall’art. 3, comma 1, lett. f-bis), d.l. n.223 del 2006, che “le attività commerciali, come individuate dal d.lgs n.114 del 1998…… sono svolte senza: f-bis: il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie”. La norma si riferisce alla facoltà accordata agli esercizi di vicinato alimentare (id est: detentori di Scia alimentare) di consumare sul posto i prodotti di gastronomia ( e non quelli di propria produzione) con esclusione del servizio assistito di somministrazione;
4) che l’innovazione apportata dal decreto Bersani - che ha introdotto il richiamo espresso all'utilizzo dei locali e degli arredi dell'azienda, eliminando il riferimento alle attrezzature finalizzate alla somministrazione (che compariva nel decreto n.114/1998) lasciando invariata l'esclusione del servizio assistito di somministrazione – ha posto il problema di individuare in cosa potessero consistere questi arredi. Visto che tale locuzione non era presente nel testo normativo che disciplinava la materia prima dell'avvento del decreto Bersani, si è ipotizzato che gli arredi potessero coincidere con quelli in uso presso i locali della somministrazione, nella specie, tavoli e sedie. Il MISE si è fatto carico di dare indicazioni in proposito, pervenendo ad escludere "la possibilità di contemporanea presenza di tavoli e sedie associati o associabili, fatta salva solo la necessità di un'interpretazione ragionevole di tale vincolo, che non consente di escludere, ad esempio, la presenza di un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili ad eventuali piani di appoggio"; tesi questa a più riprese contrastata dall’Agcm che soffermandosi sul punto centrale della questione, e cioè l'individuazione del criterio-guida per distinguere la somministrazione di alimenti e bevande dalla vendita con consumo sul posto, anziché identificarlo, come fa il MISE, nelle dotazioni strutturali (arredi), lo circoscrive alla presenza o meno del servizio assistito, sulla falsariga di quanto definito nel testo della legge Bersani. Secondo l'Autorità, non sussistono ragioni oggettive per mantenere una discriminazione anticoncorrenziale di tale portata tra operatori, peraltro in contrasto con il quadro normativo in tema di liberalizzazioni delle attività economiche e in grado di limitare ingiustificatamente le possibilità di scelta del consumatore, anche alla luce delle più recenti evoluzioni delle abitudini di acquisto.
5) che mentre la tesi patrocinata dal MISE impone un giudizio valutativo in concreto (e tanto in sintonia con la giurisprudenza della Sezione che ha sostenuto sempre l’esigenza di un accertamento caso per caso), la diversa interpretazione sostenuta dall’Agcom genera proprio gli effetti che si prefigge di contrastare comportando essa, come meglio si chiarirà in