TAR Brescia, sez. II, sentenza 2011-06-23, n. 201100925
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N. 00925/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00806/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 806 del 2008, proposto da:
CONSORZIO STABILE ABROSIANO SCARL, rappresentato e difeso dagli avv. M Z e M N, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Bezzi in Brescia, via Cadorna 7;
contro
AZIENDA OSPEDALIERA "OSPEDALE MAGGIORE" DI CREMA, rappresentata e difesa dall'avv. G P G, con domicilio eletto presso l’avv. Barbara Botti in Brescia, via Vittorio Emanuele II 43;
nei confronti di
COSTRUZIONI AADEI DI AADEI PAOLO E FERNANDO SNC, non costituitasi in giudizio;
AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI SERVIZI E FORNITURE, non costituitasi in giudizio;
per l'annullamento
- della deliberazione del direttore generale n. 356 del 3 luglio 2008, relativa alla procedura per l’appalto dei lavori di ristrutturazione del reparto di neurologia del presidio ospedaliero di Crema, con la quale da un lato è stata esclusa dalla gara l’impresa ricorrente e dall’altro è stata disposta l’aggiudicazione provvisoria a favore della controinteressata;
- del verbale di ammissione e aggiudicazione del 30 giugno 2008, nella parte in cui dispone l’esclusione dell’impresa ricorrente a causa di un’annotazione nel casellario informatico (annotazione non dichiarata dalla ricorrente nella domanda di partecipazione alla gara);
- della comunicazione del 4 luglio 2008;
con richiesta di risarcimento danni;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera "Ospedale Maggiore" di Crema;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2011 il dott. M P;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con bando del 28 maggio 2008 l’Azienda Ospedaliera “Ospedale Maggiore” di Crema ha indetto una procedura aperta per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione del reparto di neurologia del presidio ospedaliero di Crema. L’importo stimato dell’appalto era pari a € 412.000 (IVA esclusa). Per l’aggiudicazione è stato scelto il criterio del prezzo più basso ai sensi degli art. 86 comma 1 e 122 comma 1 del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163.
2. Il disciplinare di gara al punto 1.3-(g) richiedeva ai concorrenti, tra le dichiarazioni da rendere ai sensi degli art. 46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000 n. 445, la specifica affermazione che “l’impresa non ha, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara e che l’impresa non ha commesso un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”. In sostanza i concorrenti dovevano dichiarare di non trovarsi nelle due situazioni descritte dall’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006.
3. Il punto 1.3-(i) del disciplinare di gara richiedeva poi ai concorrenti di dichiarare, sempre ai sensi degli art. 46 e 47 del DPR 445/2000, che “l’impresa non ha reso nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio”. In questo caso i concorrenti dovevano dichiarare di non trovarsi nella condizione descritta dall’art. 38 comma 1 lett. h) del Dlgs. 163/2006.
4. La società ricorrente Consorzio Stabile Ambrosiano scarl ha partecipato alla gara rendendo le suddette dichiarazioni, e in particolare la dichiarazione di cui al punto 1.3-(g) del disciplinare di gara, senza alcuna postilla di chiarimento.
5. Nel corso della riunione pomeridiana del 30 giugno 2008 il presidente della gara ha però rilevato che nel casellario informatico dell’Osservatorio dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP) era stata inserita in data 29 gennaio 2008 a carico della ricorrente l’annotazione della risoluzione di un contratto di appalto disposta dal Comune di Milano il 16 novembre 2007 per grave inadempimento e ritardo contrattuale. Preso atto dell’annotazione il presidente della gara ha disposto l’esclusione della ricorrente sulla base di due considerazioni: (a) le motivazioni esposte dal Comune di Milano sono tali da far venire meno il pieno affidamento nei confronti della ricorrente, in quanto individuano un grave errore professionale ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006;(b) avendo omesso di rivelare l’annotazione, la ricorrente ha reso una falsa dichiarazione e ha dunque integrato il presupposto per la segnalazione all’AVCP ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. h) del Dlgs. 163/2006.
6. Il verbale di gara è stato approvato dall’Azienda Ospedaliera con deliberazione del direttore generale n. 356 del 3 luglio 2008, la quale ha reso definitiva l’esclusione della ricorrente e ha inoltre disposto l’aggiudicazione provvisoria a favore della controinteressata Costruzioni Amadei di Amadei Paolo e Fernando snc. La notizia dell’esclusione è stata data alla ricorrente con nota del responsabile del procedimento del 4 luglio 2008.
7. Contro la deliberazione n. 356/2008, contro il verbale di gara e tutti gli atti consequenziali e connessi, compresa l’eventuale segnalazione all’AVCP, la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 5 agosto 2008 e depositato il 7 agosto 2008. Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stato chiesto il risarcimento del danno. Le censure sono così sintetizzabili:
(i) in primo luogo vi sarebbe violazione dell’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006, in quanto entrambe le ipotesi ivi previste (grave negligenza o malafede contrattuale da un lato, errore grave nell’esercizio dell’attività professionale dall’altro) dovrebbero essere riferite unicamente a contratti stipulati con la stessa stazione appaltante che ha bandito la gara;
(ii) in subordine, anche volendo considerare rilevante l’errore professionale commesso nell’esecuzione di contratti con una diversa stazione appaltante, vi sarebbe comunque difetto di motivazione circa la gravità di tale errore. Inoltre non è stato tenuto in alcuna considerazione il fatto che la ricorrente ha contestato la risoluzione davanti al Tribunale di Milano con atto di citazione notificato il 23 maggio 2008;
(iii) non essendo rilevante per i predetti motivi la risoluzione disposta dal Comune di Milano, non sussisterebbe neppure l’obbligo di menzionarla nelle dichiarazioni sul possesso dei requisiti morali ai fini della partecipazione alla gara, e quindi non potrebbe configurarsi da parte della ricorrente una violazione dell’art. 38 comma 1 lett. h) del Dlgs. 163/2006.
8. L’Azienda Ospedaliera si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso ed eccependone preliminarmente l’inammissibilità, in quanto la stessa ricorrente afferma che se venisse riammessa alla gara non potrebbe comunque conseguire l’aggiudicazione (essendo evidentemente la propria offerta meno vantaggiosa per la stazione appaltante rispetto a quella della controinteressata).
9. L’eccezione di inammissibilità deve essere disattesa. Le censure della ricorrente contro l’esclusione non puntano in effetti a rimettere in discussione l’esito della gara ma principalmente a evitare che dall’esclusione derivi la sanzione dell’interdizione per un anno da altre gare ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. h) del Dlgs. 163/2006. Poiché l’interdizione decorre dalla data di annotazione della notizia delle false dichiarazioni nel casellario informatico (v. TAR Brescia Sez. II 12 aprile 2011 n. 533) sussiste certamente l’interesse della ricorrente a depotenziare attraverso una pronuncia giurisdizionale la qualificazione negativa che altrimenti sarebbe associata all’omessa dichiarazione della risoluzione disposta dal Comune di Milano.
10. Un simile interesse sembra persistere anche dopo che la ricorrente e il Comune di Milano hanno composto la lite civilistica mediante una transazione (v. deliberazione giuntale n. 271 del 5 febbraio 2010), con la quale (a) la ricorrente ha abbandonato la controversia relativa alla risoluzione e ha rinunciato alle maggiori pretese economiche iscritte a titolo di riserve, (b) il Comune ha accettato di qualificare come consensuale la risoluzione, rinunciando quindi alla formula della risoluzione in danno ma trattenendo le somme detratte dal conto finale. La suddetta transazione è un elemento nuovo che non produce effetti automatici ma deve essere valutato dall’AVCP nel contesto dell’intera vicenda, e dunque è necessario che i fatti della presente controversia siano chiariti nel merito.
11. Sulle questioni proposte nel ricorso si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) per stabilire se gli errori professionali a cui fa riferimento l’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006 siano solo quelli commessi nei confronti della stazione appaltante che ha bandito la gara (come testualmente afferma la prima parte della norma) o anche quelli che hanno riguardato i rapporti con altre stazioni appaltanti (come si potrebbe desumere dal silenzio mantenuto sul punto dalla seconda parte della norma) non sembra utile il criterio filologico che esplora le norme storiche confluite nel testo in esame (ossia l’art. 75 comma 1 lett. f del DPR 21 dicembre 1999 n. 554 per i lavori pubblici;l’art. 12 comma 1 lett. c del Dlgs. 17 marzo 1995 n. 157 per gli appalti pubblici di servizi;l’art. 11 comma 1 lett. c del Dlgs. 24 luglio 1992 n. 358 per gli appalti pubblici di forniture);
(b) già in passato, del resto, l’AVCP (v. determinazione n. 8 del 12 maggio 2004) aveva messo in evidenza come la normativa nazionale all’epoca in vigore (specificamente l’art. 75 comma 1 lett. f del DPR 554/1999) fosse riduttiva rispetto all’art. 24 par. 1 lett. d) della Dir. 14 giugno 1993 n. 93/37/CEE (nel quale non era contenuto il riferimento alla medesima stazione appaltante);
(c) poiché il vigente Dlgs. 163/2006 si presenta come fonte di recepimento della disciplina comunitaria sopravvenuta, e si propone di armonizzare la disciplina dei lavori pubblici con quella degli altri settori, l’art. 38 comma 1 lett. f) deve essere interpretato in modo coerente con le indicazioni desumibili dall’art. 45 par. 2 lett. d) della Dir. 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE. La predetta norma comunitaria consente l’esclusione di ogni operatore economico “che, nell'esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall'amministrazione aggiudicatrice”. Tale formula corrisponde a quella della seconda parte dell’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006. Dunque in via generale la normativa comunitaria consente di qualificare come ostativo qualsiasi episodio di errore che caratterizzi la storia professionale degli aspiranti concorrenti, purché sia abbastanza grave da metterne in dubbio l’affidabilità. La norma nazionale vigente riproduce quella comunitaria e di conseguenza rende rilevanti tutti gli errori professionali ovunque commessi. In questo quadro la più ristretta ipotesi della prima parte dell’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006 (che corrisponde all’art. 75 comma 1 lett. f del DPR 554/1999) ha una mera funzione di specificazione. La rilevanza degli errori professionali commessi presso stazioni appaltanti diverse da quella che ha bandito la gara è accettata anche dalla recente giurisprudenza amministrativa (v. CS Sez. V 15 marzo 2010 n. 1500);
(d) l’errore professionale per avere effetto ostativo deve essere provato. In proposito si ritiene che l’annotazione nel casellario informatico dell’AVCP costituisca una dimostrazione sufficiente. Benché solo alcune delle cause di esclusione dell’art. 38 del Dlgs. 163/2006 presuppongano espressamente l’annotazione nel casellario informatico (e tra queste non rientra l’errore professionale), appare condivisibile la posizione assunta dall’AVCP (v. determinazione n. 1 del 10 gennaio 2008), che ha esteso a tutte le cause di esclusione il medesimo regime di pubblicità. La correttezza di questa soluzione risiede nell’esigenza di razionalizzare il sistema degli appalti pubblici, e in particolare nella necessità che la verifica del possesso dei requisiti (a cui è subordinata ex art. 11 comma 8 del Dlgs. 163/2006 l’aggiudicazione definitiva) sia effettuata da tutte le stazioni appaltanti sulla base delle medesime informazioni, a garanzia della par condicio tra gli operatori economici su scala nazionale. Le stazioni appaltanti sono quindi tenute a collaborare trasmettendo i dati in loro possesso all’AVCP e devono tenere conto delle risultanze del casellario informatico. L’AVCP a sua volta garantisce l’omogeneità delle informazioni pubblicate (a tale scopo rifiuta l’annotazione in caso di inesistenza dei presupposti di fatto o di inconferenza delle notizie comunicate dalle stazioni appaltanti);
(e) dunque la risoluzione oggetto dell’annotazione del 29 gennaio 2008 doveva ritenersi adeguatamente provata, il che imponeva alla ricorrente di inserirla nelle dichiarazioni rese ai fini della partecipazione alla gara. La ricorrente avrebbe certamente potuto aggiungere tutte le specificazioni che avesse giudicato utili per dare una rappresentazione favorevole del proprio operato, ma doveva comunque mettere la stazione appaltante in condizione di conoscere i fatti. Sarebbe poi toccato alla stazione appaltante pronunciarsi in concreto sulla rilevanza della risoluzione e stabilire se le circostanze all’origine della stessa fossero tali da escludere l’affidabilità della ricorrente. Quello che la ricorrente non poteva fare era tacere l’esistenza della risoluzione, perché in questo modo si è sostituita alla stazione appaltante formulando un implicito giudizio di irrilevanza che non rientrava nella sua competenza. L’omessa dichiarazione è equiparabile a una dichiarazione non veritiera, ed è sufficiente da sola a determinare l’esclusione dalla gara ex art. 75 del DPR 445/2000;
(f) la circostanza che al momento della dichiarazione la ricorrente avesse notificato un atto di citazione per ottenere l’annullamento della risoluzione non esimeva dall’obbligo della dichiarazione, in quanto l’art. 38 comma 1 lett. f) del Dlgs. 163/2006 non prevede che l’errore professionale rilevi solo quando sia stato definitivamente accertato in sede giudiziale, mentre una simile condizione è stabilita per altre cause di esclusione (v. CS Sez. V 21 gennaio 2011 n. 409);
(g) pertanto, il soggetto economico che subisce la risoluzione per grave inadempimento, oltre a doversi difendere sul piano sostanziale, ha il distinto onere di impugnare l’annotazione della risoluzione nel casellario informatico (l’impugnazione può avvenire anche in connessione con la gara in cui la causa ostativa viene fatta valere, e quindi davanti al TAR territorialmente competente ex art. 120 comma 1 cpa). In mancanza di tempestiva impugnazione, e di un provvedimento cautelare sospensivo dell’annotazione, vi è l’obbligo di dichiarare la vicenda a cui l’annotazione si riferisce, e in caso di omissione scatta l’esclusione dalla gara;
(h) la dichiarazione omissiva di fatti annotati nel casellario informatico comporta la sanzione dell’interdizione dalle gare per un anno ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. h) del Dlgs. 163/2006;
(i) in proposito si osserva che la transazione sopravvenuta tra la ricorrente e il Comune di Milano, la quale modifica tra l’altro il titolo della risoluzione trasformandola in consensuale, non ha conseguenze automatiche sull’annotazione del 29 gennaio 2008, che rimane nella disponibilità dell’AVCP. Spetta dunque innanzitutto a quest’ultima stabilire quali effetti abbia l’omessa dichiarazione di tale annotazione, che deve essere a sua volta annotata. In altri termini si apre ora un nuovo procedimento davanti all’AVCP, il cui esito non può essere evidentemente predeterminato nella presente sentenza, per stabilire se l’omessa dichiarazione che ha comportato (correttamente) l’esclusione della ricorrente dalla gara debba essere annotata con l’effetto interdittivo di cui all’art. 38 comma 1 lett. h) del Dlgs. 163/2006 o solo come notizia storica, essendo stata ormai derubricata, in conseguenza della transazione, la risoluzione che aveva fatto presumere l’errore professionale.
12. In conclusione, con le precisazioni esposte sopra, il ricorso deve essere respinto, tanto nella parte impugnatoria quanto sotto il profilo risarcitorio. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio.