TAR Perugia, sez. I, sentenza 2018-05-09, n. 201800297
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Pubblicato il 09/05/2018
N. 00297/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00220/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS-, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio presso T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3 ai sensi di legge;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliata ex lege in Perugia, via degli Offici,14;
Guardia di Finanza, Comando Interregionale Italia Centrale, Comandante Interregionale, Guardia di Finanza, Centro Addestramento di Specializzazione Orvieto, Comando Regionale Umbria e Comando Provinciale Terni, Comando Interregionale Italia Centrale, Comandante Interregionale,;
per l'annullamento
previa sospensiva
-della determinazione n. -OMISSIS- con la quale il Comando Interregionale dell’Italia Centrale ha disposto nei confronti del Maresciallo -OMISSIS- la perdita del grado per rimozione disponendo al contempo l’iscrizione d’ufficio del medesimo nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito senza alcun grado ai sensi dell’art. 2141 del Codice dell’Ordinamento Militare a decorrere ai soli fini giuridici ex art. 867 comma 5 dello stesso Codice dal -OMISSIS-data di adozione del provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio, provvedimento notificato il -OMISSIS-
- del presupposto provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio dal -OMISSIS-(Determinazione del Comandante del Centro di Addestramento di Specializzazione della Guardia di Finanza di Orvieto n. -OMISSIS-
- del presupposto provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo discrezionale dal -OMISSIS- (giusta determinazione del Comandante pt dell’Ispettorato per gli Istituti di Istruzione della Guardia di Finanza n. -OMISSIS-);di tutti i presupposti atti del procedimento disciplinare quali: il foglio n. -OMISSIS- del Nucleo d Polizia Tributaria di Temi notificato all’interessato in pari data con cui l’Ufficiale inquirente ha contestato gli addebiti a militare;il rapporto finale n. -OMISSIS- del Nucleo Polizia Tributaria di Temi notificato all’inquisito in data -OMISSIS- con cui il predetto Ufficiale inquirente a conclusione dell’istruttoria svolta ha proposto che il Maresciallo -OMISSIS- fosse assoggettato al giudizio di una Commissione di disciplina, nonché della relazione riepilogativa del medesimo del -OMISSIS-con cui il Comandante Regionale Umbria ha deferito il militare ad una Commissione di disciplina;il verdetto di non meritevolezza a conservare il grado formulato dall’Organo Collegiale in data -OMISSIS-;
- di tutti i successivi connessi e presupposti atti, ancorché non cogniti comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno -OMISSIS- il dott. P A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-Espone l’odierno ricorrente, all’epoca dei fatti Ispettore presso il Centro di Addestramento di Specializzazione della Guardia di Finanza di Orvieto, di esser stato sottoposto a procedimento disciplinare e di aver subito la sanzione della perdita del grado, conseguentemente a condanna penale riportata nel-OMISSIS- divenuta irrevocabile il -OMISSIS- a seguito di sentenza della Corte di Cassazione n. -OMISSIS-
Detta condanna alla pena di due anni è stata inflitta per il delitto di “concorso in istigazione alla corruzione” ex art. 332 c.p. avendo egli svolto tra il mese di-OMISSIS-attività di induzione nei confronti di un collega a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio.
Con nota -OMISSIS- il Comando di Orvieto ha disposto nei confronti del -OMISSIS- in relazione ai suddetti fatti la sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio con decorrenza -OMISSIS-, e con successiva nota dell’11 febbraio-OMISSIS- la sospensione a titolo discrezionale dal 12 febbraio-OMISSIS-.
Il -OMISSIS- la Guardi di Finanza Nucleo PT di Terni, a conclusione del giudizio penale, ha formalmente contestato l’addebito disciplinare.
Con l’intestato ricorso -OMISSIS- impugna la determinazione n. -OMISSIS- con la quale il Comando Interregionale dell’Italia Centrale ha disposto la sanzione della perdita del grado per rimozione unitamente ai pregressi provvedimenti di sospensione dall’impiego e a tutti gli atti infraprocedimentali, deducendo motivi così riassumibili:
I.Violazione di Legge ovvero violazione dell'art. 1392 comma 2 del Codice dell'Ordinamento Militare nonché sottesa violazione della Circolare 1/2006 del Comando Generale della Guardia di Finanza (Istruzione sui procedimenti disciplinari) sub 5.2.4 e seguenti in materia di "termini di inizio del procedimento disciplinare". Violazione del termine di avvio del procedimento disciplinare e di contestazione degli addebiti: la sanzione disciplinare inflitta nonchè l’intero procedimento sarebbe illegittimo per il mancato tempestivo avvio dell’azione disciplinare, esercitabile - secondo la normativa di riferimento - entro 180 giorni decorrenti dal-OMISSIS-;
II. Violazione di legge ovvero violazione dell'art. 1392 comma 1 del Codice dell'Ordinamento Militare. Ingiustizia Manifesta e Difetto e/o Carenza di Istruttoria. Violazione e falsa applicazione dei principi di carattere generale, valevoli anche per il personale della Guardia di Finanza, contenuti nella direttiva del Ministero della Difesa -OMISSIS-: l’azione disciplinare avrebbe dovuto essere esercitata entro 90 giorni dalla conoscenza integrale della sentenza, depositata il -OMISSIS-, si che l’Amministrazione si sarebbe attivata senza nemmeno leggere le motivazioni della sentenza della Cassazione;
III. Violazione di legge ovvero violazione dell'obbligo motivazionale: motivazione erronea perchè fondata su erroneo e/o errato presupposto. Illegittimità dei presupposti espressi nella contestazione degli addebiti, nel proseguo del procedimento disciplinare, nella determinazione finale. Ingiustizia manifesta: l’Amministrazione avrebbe tenuto conto in sede disciplinare di responsabilità per fatti di reato (art. 74 d.P.R. 309/90) che il giudicato penale ha invece inequivocabilmente escluso;
IV. Violazione e falsa applicazione della Circolare -OMISSIS-della Guardia di Finanza;Errore nella determinazione della decorrenza della sospensione precauzionale dall'impiego a titolo discrezionale. Illegittimità del provvedimento nella parte in cui dispone la retrodatazione degli effetti giuridici della rimozione alla data di applicazione della sospensione precauzionale dal servizio a titolo obbligatorio ai sensi dell'art. 867 comma 5 stesso Codice: gli effetti della sanzione non potrebbero retroagire alla data della disposta sospensione obbligatoria dall’impiego.
Si è costituito il Ministero dell’Economia e Finanze, eccependo l’infondatezza di tutti i motivi ex adverso azionati, poiché in sintesi:
-in considerazione della rilevanza penale e della segretezza delle indagini il Comandante della Guardia di Finanza di Fiumicino non era tenuto ad informare il superiore gerarchico del fatto commesso dal ricorrente;
- l’attivazione immediata del procedimento disciplinare sarebbe stata del tutto inutile, dal momento che l’Amministrazione avrebbe dovuto sospenderlo in attesa della definizione del procedimento penale;
- l’art. 1393 del COM, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, disponeva l’esercizio del procedimento disciplinare soltanto all’esito di quello penale;
- l’inutilità per l’esercizio dell’azione disciplinare della conoscenza della motivazione della sentenza della Cassazione, trattandosi di sentenza di rigetto tout court dell’appello del -OMISSIS-, non avendo peraltro egli alcun interesse a dolersi di tale circostanza;
- l’inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnativa nei confronti degli atti di sospensione precauzionale dall’impiego in quanto di natura cautelare ed oggi completamente assorbiti dal provvedimento definitivo;
- l’addebito disciplinare mosso nei confronti del ricorrente riguarderebbe unicamente il fatto di reato per il quale risulta condannato in via definitiva;
- sarebbe possibile la coesistenza della sospensione a titolo obbligatorio e discrezionale;
- la sanzione inflitta all’esito del procedimento disciplinare non poteva che decorrere, ai fini giuridici, dalla data di adozione del provvedimento di sospensione obbligatoria adottato il -OMISSIS-.
Alla camera di consiglio del -OMISSIS- è stata respinta la domanda incidentale cautelare attesa “la gravità degli addebiti contestati, come accertati con sentenza definitiva di condanna del ricorrente ed ampiamente motivato dall’Amministrazione resistente, incompatibili con i doveri di fedeltà e rettitudine assunti con giuramento da parte degli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza”.
Con memoria ex art. 73 c.p.a. la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame evidenziando la gravità della violazione dell’art. 1392 comma secondo del COM con conseguente inutile allungamento della tempistica del procedimento disciplinare.
All’udienza del -OMISSIS-, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
2.-E’ materia del contendere la legittimità del provvedimento del -OMISSIS- con cui il Comando Interregionale dell’Italia Centrale della Guardia di Finanza ha inflitto al Maresciallo -OMISSIS- la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione a decorrere, ai soli fini giuridici ex art. 867 comma 5 dello stesso Codice, dal -OMISSIS- data di adozione del provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio.
3. - Lamenta il ricorrente, in sintesi, vizi di natura “formale” inficianti l’intero procedimento disciplinare ed in via derivata la sanzione inflitta oltre che vizi propri della stessa, senza invero contestarne nel merito la proporzionalità e l’adeguatezza rispetto ai fatti addebitati.
4. - Il ricorso è infondato e va respinto.
5. - Preme anzitutto evidenziare in punto di fatto come il ricorrente sia stato sottoposto il -OMISSIS- a misure restrittive della libertà personale per il reato di istigazione aggravata alla corruzione (artt. 322. 110, 81, 61 n. 9 c.p.) e condannato il 4 marzo-OMISSIS- dal Tribunale di Roma, per tal reato, alla pena di due anni di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici, pur se assolto dal reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti).
La condanna è stata integralmente confermata sia in appello, con sentenza del -OMISSIS-, sia dalla Cassazione con sentenza n. -OMISSIS- depositata il -OMISSIS-.
Il giudicato penale, in sintesi, ha accertato che il -OMISSIS-, in concorso con altro collega, ha istigato Ispettore in servizio presso il Gruppo di Fiumicino nel periodo settembre-ottobre 2011 a non effettuare controlli su merci contenenti droga proveniente dall’america centrale, mentre ha escluso la responsabilità per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90.
Va altresì evidenziato come nel corso della vicenda penale l’Amministrazione ha adottato nei confronti del ricorrente da prima un provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio dal -OMISSIS- al 5 marzo-OMISSIS- e poi dal 12 febbraio-OMISSIS- di sospensione a titolo discrezionale sino al -OMISSIS-.
6. - Tanto premesso, l’assunto di parte ricorrente secondo cui il procedimento disciplinare avrebbe dovuto avere inizio nel 2011 in occasione dell’avvio dell’indagine penale non trova risconto nella normativa speciale contenuta nel Codice dell’ordinamento militare (COM) e generale (L. 27 marzo 2001, n. 97) in tema di rapporto tra giudizio penale e disciplinare.
Ai sensi dell’art. 1393 del Codice dell’ordinamento militare se per il fatto addebitato è stata esercitata l’azione penale il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale o di prevenzione e, se è già iniziato, deve essere sospeso.
Anche ai sensi dell'art. 5, comma 4, L. 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche), da ritenersi applicabile a tutto il settore del pubblico impiego, ivi compresi gli appartenenti alle Forze Armate e alla Polizia dello Stato, per quanto qui interessa, stabilisce che, in caso di pronuncia di sentenza penale irrevocabile di condanna "il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare" (T.A.R. Trentino Alto Adige 8 gennaio 2016, n. 2 ;Consiglio di Stato, sez. VI, 18 settembre 2015, n. 4350).
La lamentata eccessiva dilatazione dei tempi del procedimento non vi è dunque stata, dovendo l’Amministrazione attendere gli esiti della vicenda penale, poiché ove avesse - come possibile - provveduto alla contestazione degli addebiti in occasione dell’esercizio dell’azione penale, avrebbe comunque dovuto sospendere il procedimento disciplinare.
7. - Il I motivo è dunque privo di pregio, dal momento che la contestazione dell’addebito in conclusione non poteva che avvenire al termine della conclusione del procedimento penale instaurato nei confronti del ricorrente.
8. - Neppure il II motivo merita adesione.
La giurisprudenza è invero pacifica nell’affermare che il termine d'inizio dell'azione disciplinare di cui all'art. 1392 comma 1, del codice dell'ordinamento militare, approvato con D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 e recante per il militare la perdita del grado per rimozione, coincide con il momento in cui la Pubblica amministrazione ha avuto a disposizione il testo integrale della sentenza penale, come ufficialmente acquisita al protocollo dell'Ufficio competente ( ex multis Consiglio di Stato, sez. IV, 19 agosto 2016, n. 3652).
Trattasi di termine perentorio posto a garanzia del militare al fine di evitare che questi sia sottoposto “ sine die” al possibile avvio di un procedimento disciplinare ( ex multis T.A.R. Sicilia, Catania sez. III, 6 giugno 2017, n. 1302) ma nel senso che l’azione disciplinare non possa iniziare dopo il termine ultimo di 90 giorni dalla conoscenza del testo integrale della sentenza penale, ben potendo ad avviso del Collegio iniziare anche prima, specie allorquando - come nel caso di specie - la conoscenza integrale della motivazione sarebbe stata del tutto inutile, dal momento che, trattandosi di sentenza di rigetto “ tout court” dell’appello, non erano mutati gli elementi rilevanti in sede disciplinare (anche ai sensi dell’art. 653 c.p.p.) ovvero la sussistenza del fatto, l’illiceità penale e l’affermazione che l’imputato lo ha commesso.
D’altronde, parte ricorrente non fornisce alcun elemento utile a supporto della pretesa lesività di tal “anticipato” inizio dell’azione disciplinare, quale il mutamento della valutazione dei fatti rilevanti, si che appare quantomeno dubbia la stessa sussistenza di un interesse diretto ed attuale a dolersene.
9. - Del tutto privo di pregio è anche il III motivo di gravame.
Diversamente da quanto pervicacemente argomentato dal ricorrente, dalla lettura degli atti del procedimento disciplinare si evince l’estraneità di ogni addebito in merito alla presunta partecipazione ad organizzazione criminale dedita al traffico di stupefacenti, fatto di cui risultava imputato soltanto nel giudizio penale conclusosi poi, limitatamente a tal capo di imputazione, con l’assoluzione piena.
Del resto è inequivocabile e non contestato come il reato oggetto della condanna irrevocabile sia di per sé pienamente idoneo a determinare la sanzione espulsiva in quanto incompatibile con i doveri di fedeltà e rettitudine assunti con giuramento da parte degli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, come ampiamente motivato dalla sanzione impugnata.
10. - Il VI motivo di gravame infine è in parte irricevibile ed in parte infondato.
10.1. - I contestati provvedimenti di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio e a titolo discrezionale adottati rispettivamente con determinazioni -OMISSIS- e del 23 aprile-OMISSIS-, quali atti indubbiamente autoritativi e direttamente lesivi, dovevano essere ritualmente impugnati nel termine di decadenza di cui all’art. 42 c.p.a.
Nell’ambito del rapporto di lavoro pubblico rimasto escluso dalla privatizzazione, quale quello di specie, l’Amministrazione in veste di datore di lavoro emana atti di natura autoritativa idonei ad affievolire le posizioni soggettive del lavoratore, quali l’atto di nomina, di cessazione del rapporto, di inquadramento (Consiglio di Stato, sez V, 18 gennaio 1995, n.89, id. sez VI, 16 settembre 2004 n.5994) e di trasferimento, in guisa che le relative pretese del pubblico dipendente dirette a contestarne la legittimità debbono necessariamente essere proposte nel termine di decadenza, decorrente dalla piena conoscenza dell’atto, fatta eccezione per i soli atti paritetici, quali quelli aventi ad oggetto il calcolo delle pretese patrimoniali et simila (T.A.R. Lazio sez I, 7 luglio 2007, n.6133).
10.2. - E’ invece infondata la doglianza inerente la retrodatazione della disposta sanzione al momento dell’adozione del provvedimento di sospensione precauzionale a titolo obbligatorio.
Ai sensi dell’art. 867 comma 5 del COM la perdita del grado infatti decorre ai soli fini giuridici dalla data di adozione del provvedimento di sospensione obbligatoria dall’impiego adottato il -OMISSIS-, norma diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente applicabile anche al personale della Guardia di Finanza (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma 18 giugno-OMISSIS-, n. 204).
D’altronde la norma, come condivisibilmente rilevato dalla difesa erariale, recepisce un principio di carattere generale secondo cui è ammissibile che il provvedimento disciplinare di destituzione abbia una decorrenza diversa dalla sua data di emanazione, potendo questa ben coincidere con la collocazione in sospensione cautelare, verificandosi in tal caso l'estinzione del rapporto di impiego a tutti gli effetti, compreso quello del trattamento di quiescenza che decorre dall'avvenuta sospensione, che viene solo "doppiata" stabilmente dalla destituzione in concreto irrogata solo dopo l'attivazione del procedimento disciplinare, paralizzato in pendenza di quello penale (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 251).
11. - Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza, secondo dispositivo.