TAR Catania, sez. III, sentenza 2023-05-02, n. 202301429

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2023-05-02, n. 202301429
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202301429
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 01429/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01092/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1092 del 2022, proposto da -OMISSIS-rappresentato e difeso dall'avvocato C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della Giustizia --OMISSIS-, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

Per l’accertamento

del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’illecita condotta tenuta dall’Amministrazione, -OMISSIS-

Per la condanna

dell’Amministrazione al pagamento della somma di euro 152.419,68 o di quella ritenuta di giustizia;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2023 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il -OMISSIS-

In tale ultima sede lavorativa sarebbe stato destinatario di numerosi atti mobbizzanti posti in essere dal Direttore dell’Istituto di pena, e segnatamente:

1) in data -OMISSIS-;

2) in data -OMISSIS-

3) in data-OMISSIS-;

4) in data-OMISSIS-

5) in data-OMISSIS-

6) in data-OMISSIS-

7) in data -OMISSIS-

8) nel mese -OMISSIS-

9) in data -OMISSIS-

10) in data 1-OMISSIS-

11) in data -OMISSIS-

12) in data -OMISSIS-

13) in data non specificata in ricorso, il-OMISSIS-

14) la -OMISSIS-

15) nei mesi di-OMISSIS-, senza tuttavia ottenere alcun riscontro in merito alla sua domanda;

16) in data -OMISSIS-

17) il -OMISSIS- la apportata modifica al <protocollo d’intesa locale>;

18) nel mese di -OMISSIS-, ma non ha mai ricevuto alcuna risposta in relazione alla domanda avanzata;

19) in data -OMISSIS- ma - non avendo ricevuto alcuna comunicazione della graduatoria provvisoria e definitiva relativa a tale incarico – lo ha rifiutato-OMISSIS-

20) in data -OMISSIS-;
ma tale atto non gli è mai stato comunicato personalmente;

21) in data -OMISSIS-

22) dopo tale periodo di -OMISSIS-

Con il ricorso in epigrafe, il V.S. -OMISSIS-lamenta in sintesi che sarebbero stati posti in essere nei suoi confronti “ -OMISSIS- ”, ovvero “ -OMISSIS- .”. Si denuncia nel gravame che “ -OMISSIS-, ”.

In conclusione, il ricorrente ha chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento: (i) -OMISSIS- (ii) del -OMISSIS-;
(iii) -OMISSIS-Ha chiesto anche il rimborso delle spese processuali, da distrarre in favore del difensore antistatario.

Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio ed ha osservato nel merito quanto segue: 1) il -OMISSIS- era stato negato sul presupposto che la richiesta fosse stata già evasa dall’ufficio di precedente impiego del ricorrente (il G.O.M.);
solo con successivi approfondimenti si è appreso che vi erano ancora alcune spettanze da liquidare che ricadevano però nella competenza della -OMISSIS- 2) -OMISSIS-e non avrebbe potuto richiederne un ulteriore periodo, essendo ciò impedito dagli accordi siglati fra l’amministrazione e le organizzazioni sindacali;
4) in relazione al turno di servizio che aveva inizio nello stesso giorno in cui il dipendente aveva effettuato u-OMISSIS- tale escamotage si è reso necessario per la difficoltà di rinvenire personale dipendente nei giorni a cavallo di -OMISSIS-;
5) lo spostamento del turno in data -OMISSIS- 6) con riferimento all’orario di servizio del giorno -OMISSIS- si precisa che il ricorrente avrebbe goduto nel successivo giorno 2 di un “recupero riposo”, e non già del riposo settimanale;
7) per quanto concerne l’impiego in “-OMISSIS-”, tale dicitura (vigente in passato) è stata riportata nell’ordine di servizio -OMISSIS- per mero refuso, causato dalla sua trascrizione su ordini di servizio precedenti, al posto della dicitura “-OMISSIS-”;
8) la dicitura “-OMISSIS-” apposta a penna sul foglio di viaggio deve essere messa in relazione alla tipologia di mezzo di trasporto pubblico il cui uso è stato autorizzato, e non certo ad eventuali sottocategorie esistenti nell’ambito di tale tipologia;
9) il mancato recupero del servizio prestato -OMISSIS- è dipeso dal fatto che in quel giorno, in realtà, il dipendente aveva effettuato il viaggio verso la sede di missione per sua libera scelta, non essendo obbligato a viaggiare in giorno festivo;
quindi non aveva diritto al recupero;
10) il mancato recupero delle 36 ore maturate in regime di smart working durante la frequenza -OMISSIS- è una questione che ha riguardato tutti i partecipanti al corso, e non può quindi essere inquadrata come trattamento deteriore riservato alla persona;
11) in relazione alla -OMISSIS-l’amministrazione rileva che il ricorrente aveva omesso di indicare gli orari in cui la prestazione lavorativa era stata espletata nella sede della missione.

In rito, l’amministrazione resistente ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, richiamando la giurisprudenza per la quale in tema di mobbing nei confronti di un militare sussiste la giurisdizione del g.a. solo quando i comportamenti vessatori siano ricollegabili a specifici atti giuridici adottati nell’esercizio del potere di supremazia gerarchica, e non a comportamenti materiali;
in ogni caso, ove si rimanesse nell’ambito della giurisdizione amministrativa, in ragione dell’esistenza degli illustrati provvedimenti ad effetto vessatorio, il ricorrente avrebbe avuto l’onere (nella fattispecie non assolto) di impugnare singolarmente e nei termini i predetti atti, onde dedurne l’illegittimità prima ancora che la lesività. In subordine, l’omessa impugnazione può rilevare ex art. 1227 c.c. quantomeno al fine di ritenere non provato il nesso di causalità fra l’atto ed il danno lamentato.

Nel merito, l’amministrazione ha ritenuto non configurabile il denunciato mobbing , evidenziando come questo istituto presupponga l’esistenza di plurime condotte, tutte legate dall’intento di persecuzione nei confronti del dipendente, idonee ad arrecare un danno alla salute psico-fisica. Nel caso di specie, in base a quanto esposto in punto di fatto, mancherebbe del tutto il disegno persecutorio, che non è stato infatti provato dal ricorrente.

Infine, la resistente ha anche contestato il quantum della richiesta risarcitoria avanzata dalla ricorrente, ritenendolo esorbitante.

All’udienza dell’8 marzo 2023 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1.- In via preliminare, devono essere respinte le eccezioni in rito sollevate dal Ministero resistente. Più in dettaglio, la controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto ha ad oggetto un rapporto di servizio (militare) che è riservato alla giurisdizione amministrativa esclusiva ai sensi degli artt. 3 e 63, co. 4, del D. Lgs. 165/2001, ed in quanto i comportamenti vessatori contestati dal ricorrente sono (in astratto) riconducibili ad atti amministrativi adottati dalla Direzione dell’ufficio presso il quale il dipendente è incardinato.

Sotto l’altro eccepito aspetto, deve ritenersi non necessaria la preventiva impugnazione degli atti e/o provvedimenti adottati dall’amministrazione, giacché il sistema processuale amministrativo ha abbandonato l’istituto della “pregiudiziale amministrativa”, ammettendo che l’azione risarcitoria possa essere proposta anche senza il previo annullamento dell’atto amministrativo lesivo. Sul punto, recente sentenza del Consiglio di Stato ha precisato che “ In materia di pregiudiziale amministrativa, dagli artt. 30 e ss. c.p.a. emerge che il legislatore delegato non ha condiviso né la tesi della pregiudizialità amministrativa, né peraltro, al contrario, quella della totale autonomia dei due rimedi, impugnatorio e risarcitorio, bensì ha optato per una soluzione intermedia, che valuta l'omessa tempestiva proposizione del ricorso per l'annullamento del provvedimento lesivo non come fatto preclusivo dell'istanza risarcitoria, ma solo come condotta che, nell'ambito di una valutazione complessiva del comportamento delle parti in causa, può autorizzare il giudice ad escludere il risarcimento, o a ridurne l'importo, ove accerti che la tempestiva proposizione del ricorso per l'annullamento dell'atto lesivo avrebbe evitato o limitato i danni da quest'ultimo derivanti .” (Cons. Stato, V, 5554/2022).

2.- Passando al merito del ricorso, è opportuno fare un breve excursus della giurisprudenza amministrativa con la quale sono stati individuati i contorni dell’istituto del mobbing , al fine di conferirgli un preciso contenuto.

Per pacifica giurisprudenza, “ nell'ambito del rapporto di pubblico impiego il-OMISSIS- si sostanzia in una condotta del datore di lavoro, o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, la quale si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica ” (Consiglio di Stato, sez. VI, 28/01/2016, n. 284).

Al fine di ritenere integrata la condotta mobbizzante deve essere, dunque, accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi: a) la molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio;
b) l'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore;
d) la prova dell'elemento soggettivo consistente nell'intento persecutorio (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 21/09/2015, n. 4394 e Consiglio di Stato, sez. VI, 28/01/2016, n. 284).

In altri termini, nel rapporto di pubblico impiego, un singolo atto illegittimo o più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore non sono, di per sé, sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante, occorrendo la presenza di un complessivo disegno persecutorio, qualificato da comportamenti materiali, ovvero da provvedimenti, contraddistinti da finalità di volontaria e organica vessazione nonché di discriminazione, con connotazione emulativa e pretestuosa (Consiglio di Stato, sez. VI, 16/04/2015, n. 1945).

Fatta tale premessa ricostruttiva, il Collegio ritiene che nel caso di specie non possa identificarsi una oggettiva condotta mobbizzante a danno dell’odierno ricorrente, posta in essere dalla Direzione dell’Istituto di pena presso il quale egli presta servizio. Al contrario, la maggior parte delle vicende descritte nella parte in fatto trova spiegazione nell’ordinario svolgimento di un normale rapporto di pubblico impiego;
specie ove si tratti del peculiare servizio svolto nell’ambito di una forza di Polizia.

Più in dettaglio, possono individuarsi nei fatti rappresentati in ricorso:

a) in alcuni casi, meri disguidi di ordine tecnico-gestionale (si pensi-OMISSIS- denominate con una dicitura meramente desueta, dalla quale non può trasparire alcun intento di derisione del dipendente);

b) in altri casi, scelte di gestione del rapporto necessitate dall’urgenza, dalla peculiarità, e dalla doverosa continuità delle funzioni affidate alla polizia penitenziaria, che non tollerano interruzioni o sospensioni o pause, stante i delicatissimi interessi che quel ramo dell’amministrazione è chiamata a curare. Ciò spiega le ragioni per cui è stato disposto a volte un-OMISSIS- Si tratta di comportamenti dell’amministrazione dettati dall’obbligo di garantire esigenze di servizio indifferibili, e non dall’intento di danneggiare volutamente il dipendente, come prospettato in ricorso;

c) in altri casi ancora, quelli che vengono descritti come comportamenti deliberatamente vessatori, costituiscono in realtà mera applicazione delle regole normative che disciplinano la responsabilità contabile del funzionario incaricato del maneggio di denaro pubblico (si pensi, sotto questo profilo, alla necessaria accortezza che deve essere riservata in sede di liquidazione delle spese sostenute in servizio dai dipendenti;
al rispetto delle regole sulla competenza territoriale o funzionale in tema di rimborsi;
ovvero, alla necessità di prescrivere l’uso di mezzi di trasporto rientranti nelle categorie ammesse, ai fini dell’espletamento di missioni fuori sede);

d) vi sono, poi, episodi nei quali il ricorrente lamenta di non essere stato formalmente avvisato dell’esito di alcune-OMISSIS-, o della modifica apportata al cd. <protocollo d’intesa locale>, senza che tuttavia venga spiegato in ricorso da quale fonte provenisse il presunto diritto all’informazione individuale;

e) infine, sono stati riportati episodi nei quali la condotta in concreto tenuta dall’amministrazione risulta tutt’altro che censurabile;
anzi, assolutamente doverosa: ci si riferisce, ad esempio, alla -OMISSIS-

f) del tutto incomprensibile, poi, appare la doglianza imperniata sul fatto che -OMISSIS- e che pertanto egli avrebbe dovuto rinunciare alla relativa nomina per “irregolarità della procedura”;

g) possono, invece, assumere carattere patologico - ed essere quindi qualificati come sviamento rispetto alla regola - i pochi casi nei quali -OMISSIS- Ma, pur in presenza di tali irregolarità, il Collegio esclude che possa venire in rilievo un preordinato e sistematico disegno volto a danneggiare, o mettere in cattiva luce, il dipendente.

In conclusione, i pochi e residuali atti o comportamenti dell’amministrazione che non trovano giustificazione nelle considerazioni appena espresse devono essere ricondotti alle fisiologiche irregolarità che si riscontrano sovente nell’agire amministrativo, e che - pur deviando dal modello costituzionale del buon andamento - non possono essere qualificati come frutto di un disegno consapevolmente preordinato al solo fine di danneggiare il dipendente. A ragionare diversamente, buona parte dei pubblici impiegati potrebbe oggi dichiararsi vittima di mobbing per il solo fatto che l’amministrazione datrice di lavoro ha commesso qualche illegittimità, o irregolarità, nella gestione del rapporto d’impiego.

Per tutto quanto esposto, il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza, e vanno liquidate tenendo conto dell’attività difensiva espletata in modo esteso dal Ministero resistente.

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