TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2020-01-30, n. 202000447
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Testo completo
Pubblicato il 30/01/2020
N. 00447/2020 REG.PROV.COLL.
N. 02045/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2045 del 2012, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A F T, con domicilio eletto presso lo studio Giacomo De Cristofaro in Napoli, Calata S. Francesco n. 12/B;
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, 11;
per l'annullamento
del decreto n. 12-pos. 19/7267 del 26/01/2012 recante il rigetto dell'istanza inoltrata al fine di ottenere il riconoscimento della causa di servizio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 la dott.ssa Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è un sottoufficiale dell’Arma dei Carabinieri impiegato nella missione di pace in Bosnia dal 22.09.2005 al 31.03.2006 presso il contingente IPU –EUROFOR con l’incarico di Comandante del Logistic Element e nella missione internazionale di pace in Kosovo dal 22.03.2009 al 06.12.2009, presso il contingente MSU – KFOR con l’incarico di Comandante del Plotone di supporto logistico (cfr. Rapporto informativo a firma del Com. Ten. Emanuele D’Onofri del 12 ottobre 2010, in atti).
Nel 2010 gli è stato riscontrato un “-OMISSIS-”, patologia per la quale nell’ottobre del 2010 presentava domanda di riconoscimento dei benefici previsti dal d.P.R. 37/2009.
In relazione alla domanda presentata, il Comitato di verifica per le cause di servizio ha espresso parere n. 27453/2011 (confermato con successivo parere n. 37131 del 13.12.2011) giudicando che l’infermità non poteva riconoscersi come dipendente da fatti di servizio “ in quanto nei precedenti di servizio dell’interessato, non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo -OMISSIS-od operative di missione così come risultanti e descritti in atti, ovvero a particolari fattori di rischio ….”.
In data 26.01.2012 il Ministero della difesa emetteva, quindi, il decreto n. 12 Pos. 19/7267 con cui respingeva la domanda di riconoscimento dei benefici richiesti.
Avverso il detto provvedimento è proposto ricorso a sostegno del quale si deduce: illegittimità per violazione e falsa applicazione del d.P.R. 90/2010 e degli articoli 603 e 1907 del d. lgs. 66/2010;eccesso di potere per erronea interpretazione della situazione di fatto, errore sui presupposti, incongruità, illogicità, irrazionalità, inattendibilità, irragionevolezza e sviamento dell’azione amministrativa;illegittimità e/o eccesso di potere per carenza e/o insufficienza ed apoditticità della motivazione.
In particolare, il ricorrente afferma di aver prestato servizio in zone della Bosnia e del Kossovo massicciamente bombardate anche con armi all’uranio impoverito, per cui la perdurante esposizione a fattori chimici e radioattivi, all’esalazione di gas di scarico degli automezzi bellici e dei solventi utilizzati per la manutenzione e la pulizia delle armi e il concomitante indebolimento delle difese immunitarie naturali derivanti dalla somministrazione di numerosi vaccini, hanno certamente costituito fattori determinanti nella genesi e nell’evoluzione dell’infermità allo stesso riscontrata.
Il ricorrente afferma ancora che durante le missioni di pace di cui sopra ha dovuto permanere in siti devastati da bombardamenti (con spostamenti a bordo di camionette aperte) senza essere munito di alcun mezzo di protezione (tute, mascherine e guanti) in un ambiente altamente inquinato da esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causate dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche, fra le quali si annoverano quelle con utilizzo di uranio impoverito (anche definito “depleto” dalla definizione in lingua inglese “Depleted Uranium”, ovvero con la sigla “DU”) per i bersagli corazzati e, in genere, quelli molto protetti come le fabbriche di prodotti chimici.
Il ricorrente chiede, quindi, che venga disposto accertamento medico-legale presso idoneo istituto pubblico in contraddittorio tra le parti.
Il ricorrente, infine, deposita la “Valutazione di reperti bioptici tramite indagine nanodiagnostica di microscopia elettronica a scansione e microanalisi a raggi X” del 12 novembre 2010, resa da un istituto specializzato su campioni biologici prelevati al ricorrente medesimo dalla quale emerge che “ -OMISSIS- ”.
Risulta costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che preliminarmente eccepisce la tardività del ricorso per essere stato notificato oltre il termine dei 60 giorni e per il resto ne afferma l’infondatezza.
Con ordinanza collegiale n. 2453/2016 il Collegio ha preliminarmente respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso formulata dal Ministero e disposto verificazione ai sensi degli artt. 19 e 66 del codice del processo amministrativo, incaricando di ciò il responsabile del Dipartimento di Medicina Legale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli ovvero altro sanitario dallo stesso delegato, affinché rispondesse al seguente quesito: “Accerti il verificatore se l’attività di servizio svolta dal ricorrente in Bosnia e in Kosovo, per le condizioni e la durata in cui la stessa è avvenuta, possa avere costituito la causa, ovvero la concausa efficiente e/o determinante, dell’insorgere della patologia “-OMISSIS-”.
Il verificatore ha depositato la sua relazione in data 24 ottobre 2017 giungendo alla seguente conclusione: “ Dall’analisi dei dati che emergono dallo studio della documentazione sanitaria in atti non è possibile ammettere la sussistenza di un nesso causale in termini di probabilità qualificata, -OMISSIS-in quanto tale probabilità è da ritenersi significativamente al di sotto del 50%”.
In data 16 gennaio 2018 il ricorrente ha depositato una relazione tecnica di parte contenente note critiche alla relazione del verificatore. Da detta relazione emergono le seguenti considerazioni finali: “ I rischi da esposizione a uranio impoverito ed altri metalli pesanti e non, nanoparticelle di origine combustivi e/o risospensiva, della popolazione militare che ha prestato servizio nei Balcani durante e dopo le guerre del 1995 e 1999 sono conclamati e rilevanti. L'esposizione viene notevolmente aumentata dal fenomeno della risospensione di polveri dal terreno contaminato.
È perciò scientificamente impossibile escludere che un soldato che abbia servito in quei luoghi sia stato esposto a inquinanti di tipo genotossico o cocancerogeno, con aumento della probabilità di insorgenza di patologie a causa del servizio.
In un individuo che, poi, presenti una patologia tumorale assai suggestiva per essere correlabile agli effetti stocastici determinati da radiazioni (Radon, Torio, ecc) come -OMISSIS-nel corso delle missioni di peace-keeping cui ha partecipato nei Balcani ed è possibile affermare con altrettanta altissima probabilità che la patologia che lo ha affetto possa essere dovuta a quell'esposizione ”.
Il Collegio alla luce delle relazioni depositate ha ritenuto di disporre ulteriori approfondimenti, procedendo a rinnovare l’attività di verificazione incaricando della stessa, con ordinanza collegiale n. 1170/2018, ai sensi degli artt. 19 e 66 del codice del processo amministrativo, il Direttore Responsabile della U.O.S.D. Oncologia Medica - Dipartimento di Medicina del Policlinico di Tor Vergata di Roma, ovvero altro sanitario dallo stesso delegato, e sottoponendogli il seguente quesito: “ Accerti il verificatore se l’attività di servizio svolta dal ricorrente in Bosnia e in Kosovo, per le condizioni e la durata in cui la stessa è avvenuta, possa avere costituito la causa, ovvero la concausa efficiente e/o determinante, dell’insorgere della patologia “-OMISSIS- ”.
Il 25 febbraio 2019 il Prof. F T, professore Aggregato di Oncologia Medica dell’Università di Tor Vergata, in qualità di verificatore, ha depositato una corposa relazione dalla quale è emerso, in conclusione, che:
“ Al momento, quale marcatore di esposizione all'uranio impoverito e di danno sul DNA è riconosciuta la presenza di micronuclei. Tale esame non è stato effettuato sulle cellule provenienti dalle biopsie effettuate in corso di TURB e sulle cellule della malattia asportata. Sono state altresì effettuate sul materiale bioptico analisi di spettrometria che hanno mostrato la presenza di vari elementi potenzialmente derivanti da combustioni di vario tipo, incluso l'esplosione di proiettili da artiglieria pesante, etc. Tali reperti potrebbero confermare l'esposizione del ricorrente negli scenari bellici in cui ha operato (sebbene non reperibili esclusivamente in scenari bellici), ma di per sé non è prova diretta di danno genotossico. Da sottolineare che, seppure non patognomonico, il danno genotossico può essere fonte di maggiore probabilità, non di certezza, dell'innesco del processo di cancerogenesi, ovvero di un'azione favorente o promuovente lo sviluppo della patologia neoplastica diagnosticata. È peraltro possibile che la presenza di corpi/elementi estranei e tossici possa aver generato una condizione di flogosi cronica locale, che è noto possa essere una condizione favorente lo sviluppo di vari processi neoplastici, compreso il carcinoma vescicale. Di tale specifica azione, ancora non si può aver prova certa utilizzando gli strumenti e metodi attualmente disponibili.
Da quanto sopra descritto, rimangono non escludibili eventuali effetti stocastici della contaminazione da uranio impoverito (compreso il cosiddetto effetto by-stander), metalli pesanti ed altri contaminanti (a prescindere dalla loro configurazione chimico-fisica) degli ambienti dove il militare ha prestato servizio, né del loro potenziale cancerogeno mutualmente additivo o sinergico. neppure può essere sottaciuto quanto affermato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta XVI Legislatura «….la difficoltà a pervenire ad una certa ed inoppugnabile evidenza scientifica dell’esistenza di un nesso di causalità tra i fattori esaminati e le patologie in oggetto appare peraltro accompagnata dalle medesime difficoltà ad affermare in maniera scientificamente altamente certa ed inoppugnabile la insussistenza di un rapporto di causa effetto tra cause potenziali di malattia e malattie stesse». Tuttavia, sotto il profilo oncologico e medico legale, nel caso in esame si deve concludere che allo stato delle attuali conoscenze, gli elementi a nostra disposizione non consentono di identificare, con elevata probabilità scientifica, l'esistenza di un rapporto di causalità diretta e/o preponderante, neppure in termini di concausalità, tra la patologia tumorale diagnosticata al militare ricorrente e il servizio da questi svolto in missione, con particolare riferimento all'esposizione ad agenti chimici e/o radioattivi come anche alle eventuali interazioni con fattori iatrogeni quali i regimi vaccinali impiegati”. In conclusione il verificatore ha dichiarato che “……in base alle attuali conoscenze scientifiche, e pur con i limiti sopra indicati, si deve ritenere che l'esposizione del soggetto ricorrente a polveri dell'uranio impoverito e, più in generale, l'attività da lui svolta nelle condizioni imposte dal servizio, non abbia svolto un ruolo causale prevalente o preponderante nel determinismo della neoplasia vescicale da cui egli è stato riscontrato affetto, non potendosi sostenere, con elevata probabilità scientifica, l'ipotesi di un rapporto causale o concausale sufficiente e/o determinante ”.
Il consulente di parte ha contestato le esposte conclusioni del verificatore sulla base di ulteriori considerazioni a carattere scientifico, depositando in data 3 giugno 2019 note critiche dalle quali emerge, in conclusione, che “ -OMISSIS- ”.
In data 30 ottobre 2019 parte ricorrente ha depositato in atti i risultati dell’esame cui si è sottoposto in data 20 maggio 2019, condotto su campioni ematici sottoposti a mineralizzazione ed analisi per la determinazione di elementi metallici tramite metodica interna ICP-MS., esame svolto dall’Università degli Studi di Torino, Dipartimento di biotecnologie molecolari e scienze per la salute - sezione di chimica.
Con la memoria depositata in pari data, il difensore di parte ricorrente, prendendo atto delle considerazioni contenute nell’elaborato redatto dal Prof. Torino e considerandolo incompleto soprattutto in relazione alla valutazione delle condizioni ambientali, ha chiarito che il ricorrente si è sottoposto ad esame condotto mediante spettrometria di massa presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino. Mediante l’effettuazione di tale esame, non esperibile al momento della presentazione del ricorso e la cui necessità di effettuazione è scaturita dalle conclusioni contenute nella relazione del Verificatore, parte ricorrente ha dunque inteso fornire ulteriori elementi in ordine al nesso eziologico e agli studi epidemiologici di settore.
Nell’esame in questione sono stati posti in comparazione i risultati ottenuti attraverso l’impiego della stessa metodica su un campione di popolazione civile di Sarajevo, confrontato anche con le indagini di BioMonitoraggio (BM) effettuati dall’Istituto Superiore di Sanità nell’arco di tempo compreso tra il 1990 e 2009 (rapporto