TAR Lecce, sez. II, sentenza 2010-11-11, n. 201002645
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N. 02645/2010 REG.SEN.
N. 01822/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1822 del 2009, proposto da:
D'Aprile Cosimo Damiano, rappresentato e difeso dall'avv.to M R, con domicilio eletto presso Carlo Fumarola in Lecce, via Principi di Savoia, n. 67;
contro
Ministero dell'Interno;Direzione centrale per le risorse umane del Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall'avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Lecce, via Rubichi, n. 23;
per l'annullamento
del decreto del Ministero dell'Interno n. 2006/09 del 30 aprile 2009, a firma del Direttore della III Divisione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per le risorse umane - Servizio Trattamento di Pensione e Previdenza, con cui venivano respinte la domanda presentata dal ricorrente in data 25 agosto 1998 per ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità riscontratagli nonché la domanda avanzata dal ricorrente medesimo in data 19 maggio 2003 per la concessione dell'equo indennizzo;
di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, anche se non conosciuto dal ricorrente e, in particolare, del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio n. 26151/2005 del 14 dicembre 2006.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2010 il referendario dott. P M e uditi per le parti l'avv.to G. Misserini, in sostituzione dell'avv.to M. Ruffo, e l'avvocato dello Stato A. Roberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, Ispettore capo della Polizia di Stato, ha impugnato il Decreto del Ministero dell’Interno sopra indicato, con il quale sono state respinte sia la domanda presentata dal ricorrente in data 25 agosto 1998, diretta ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio della patologia diagnosticatagli (duodenite cronica con ulcera bulbare) sia la domanda presentata dal medesimo ricorrente in data 19 maggio 2003, volta ad ottenere la concessione dell’equo indennizzo per alcune patologie (artrosi cervicale, artrosi lombare, duodenite cronica).
Il ricorrente contesta la legittimità del provvedimento impugnato per i seguenti motivi:
1. Violazione dell’art. 3 L. 241/90 per carenza assoluta di motivazione. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Violazione dei principi costituzionali di efficienza, di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa;
2. Violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Direzione centrale per le risorse umane del Ministero dell’Interno.
Nel corso del giudizio sono stati depositati per il tramite dell’avvocatura dello Stato alcuni documenti della amministrazione relativi alla pratica del ricorrente.
Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2010, sulle conclusioni dei difensori delle parti, la causa è stata ritenuta per la decisione.
1. Con il primo motivo del gravame, il ricorrente deduce violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990.
A giudizio del ricorrente, il provvedimento gravato non sarebbe rispettoso dell’obbligo motivazionale, sancito dalla disposizione legislativa richiamata, fondandosi la determinazione di reiezione delle istanze presentate dal ricorrente sul mero parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, richiamato nel provvedimento medesimo.
Il ricorrente evidenzia, inoltre, che il parere formulato dal Comitato di verifica si sostanzierebbe in una motivazione vaga e generica, inidonea a rappresentare le ragioni del diniego opposto all’accoglimento delle domande presentate.
A riprova del carattere stereotipato del parere emesso dal Comitato di verifica, il ricorrente evidenzia che il medesimo parere risulta essere stato adottato tempo addietro dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (ora Comitato di verifica) in una fattispecie differente.
La tesi del ricorrente non può essere condivisa.
Il Collegio ritiene anzitutto di dover ribadire che i giudizi medico legali espressi dagli organi tecnico- consultivi, ai fini dell’accertamento della dipendenza da causa di servizio di un’infermità, sono “giudizi connotati da discrezionalità tecnica la cui valutazione è sottratta al sindacato del giudice amministrativo, salvo i poteri di questi di valutarne ab externo la irragionevolezza, la incongruità e soprattutto l’eventuale carenza di esaustività” (Consiglio di Stato, sez. IV 18 febbraio 2003 n. 877).
Oltre a ciò, il Collegio fa rilevare che, per costante giurisprudenza, il parere espresso dal Comitato di verifica ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 ha carattere obbligatorio, nel senso che l’amministrazione è tenuta a recepire e fare proprio il parere del Comitato di verifica, unico organo consultivo al quale spetta il compito di esprimere il giudizio finale sulla eziologia dell’infermità sofferta dal pubblico dipendente;conseguenza della particolare efficacia del parere (obbligatorio) espresso da tale organo è la sua idoneità, ove non vi siano elementi comprovanti la sua inattendibilità, a fungere da unica motivazione per il provvedimento finale, mentre solo nel caso in cui l’amministrazione ritenga di non potervi aderire sorge un obbligo specifico di motivazione in capo alla stessa (ex multis, Consiglio di Stato sez. VI, 6v aprile 2009 n. 2118;Consiglio di Stato sez. VI, 12 ottobre 2008 n. 5663).
Fatta questa premessa, del tutto irrilevante ai fini dello scrutinio della legittimità del provvedimento impugnato è la considerazione che quest’ultimo non contiene una specifica indicazione delle ragioni poste alla base della decisione della amministrazione di respingere l’ istanza presentata dal ricorrente, essendo dette ragioni desumibili dal parere del Comitato di verifica, espressamente richiamato nel provvedimento medesimo.
Con riguardo poi al dedotto carattere stereotipato del parere formulato dal Comitato di verifica, il Collegio fa rilevare che non può essere considerato, di per sé solo, indice di inattendibilità del parere formulato dal Comitato di verifica il fatto che l’organo consultivo abbia utilizzato, nel caso di specie, la medesima formula adoperata rispetto ad altro dipendente pubblico, atteso che in entrambi i casi si trattava della medesima patologia (duodenite con ulcera bulbare), la cui eziologia verosimilmente è riconducibile ai medesimi fattori di rischio.
Nel caso di specie il Comitato di verifica precisa appunto che la patologia diagnosticata al ricorrente costituisce una “affezione a sfondo neuro-distonico endogeno, sull’insorgenza e decorso della quale, nel caso di specie, non può aver nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale, efficiente e determinate il servizio reso e non caratterizzato da condizioni di particolare e protratta gravosità”.
Il parere formulato dal Comitato non appare al Collegio né illogico né inattendibile, per cui, richiamati i ben noti limiti dell’organo giurisdizionale sui giudizi di discrezionalità tecnica, esso appare incensurabile sotto il dedotto difetto motivazionale, in sede di giurisdizionale generale di legittimità.
2. Con il secondo motivo del gravame, il ricorrente deduce violazione dell’art. 10bis della legge n. 241/1990, non avendo l’amministrazione provveduto ad effettuare la comunicazione del preavviso di rigetto.
Pur consapevole che l’istituto di cui all’art. 10bis della legge n. 241/1990 non trova applicazione nei procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale, il ricorrente ritiene che la preclusione di cui all’ultimo periodo dell’art. 10bis non operi nei procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio, trattandosi di procedimenti non gestiti da enti previdenziali
Anche aderendo alla tesi difensiva in merito alla delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 10bis della legge n. 241/1990, il Collegio ritiene che, pur tuttavia, la censura non sia suscettibile di accoglimento, stante il disposto dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990.
Atteso che nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità del pubblico dipendente il parere del Comitato di verifica, oltre ad essere obbligatorio, è vincolante per l’amministrazione procedente, nel senso che quest’ultima è tenuta a concludere il procedimento in maniera conforme alle determinazioni dell’organo consultivo, fatte salve le ipotesi di palese inattendibilità o di manifesta illogicità, il Collegio ritiene, anche in relazione alla natura delle censure del proposto gravame (nel quale si contestano aspetti di carattere formale, anziché sostanziale dell’azione amministrativa: difetto di motivazione, violazione del preavviso di rigetto) che l’eventuale partecipazione procedimentale dell’interessato non avrebbe potuto produrre effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato.
In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
Tuttavia, in considerazione della natura della controversia, il Collegio ritiene che le spese di giudizio possano essere compensate.