TAR Torino, sez. I, sentenza 2021-08-02, n. 202100798

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2021-08-02, n. 202100798
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202100798
Data del deposito : 2 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2021

N. 00798/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00722/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 722 del 2020, proposto da
-ricorrente-, rappresentato e difeso dagli avvocati R L, A F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, 21;

per l'annullamento

del decreto prefettizio Prot. -OMISSIS- di divieto detenzione armi a carico dell'ing. -ricorrente-;

del provvedimento della Prefettura di Torino n. -OMISSIS- di rigetto dell'istanza di annullamento in autotutela del suddetto decreto proposta dall'ing. -ricorrente-;

nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e, comunque, connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2021 il dott. A R C e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, co. 2 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. – A seguito di denuncia-querela presentata nei confronti del sig. -Tizio- da parte della coniuge convivente per violenza domestica, il Commissariato di P.S. Borgo Po effettuava il ritiro cautelativo delle armi e munizioni detenute per ragioni di difesa personale dal sig. -ricorrente-, padre del primo, presso la cui abitazione il figlio risiedeva temporaneamente. A seguito degli accertamenti il Commissariato appurava che l’arma denunciata dal sig. -ricorrente- era detenuta presso la strada -OMISSIS-, n. 57/3 e non già in corso -OMISSIS-, 13/A come risultante dalla denuncia di detenzione armi del 15 gennaio 2020.

2. – In esito a tali segnalazioni, la Prefettura di Torino ha avviato il procedimento amministrativo volto al divieto di detenzione di armi ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S., culminato con l’adozione del decreto prefettizio prot. -OMISSIS-, con il quale il Prefetto, ritenuto alla luce delle specifiche violazioni in materia di armi, nonché del deferimento del figlio per violenza domestica, che il sig. -ricorrente- non possegga i requisiti di affidabilità richiesti per la detenzione di armi, non potendosi escludere per il futuro che l’arma detenuta possa entrare nella disponibilità del figlio che, seppure non convivente, a causa dello stretto legame di parentela, con molte probabilità continuerà a frequentare assiduamente la casa paterna, con conseguente grave pericolo per la tutela della pubblica e privata incolumità, ha intimato il divieto di detenzione di qualsiasi tipo di arma e munizione.

3. – Il prevenuto, previo infruttuoso esperimento del procedimento di autotutela, sfociato nella mera conferma del provvedimento inibitorio, ha intentato azione impugnatoria innanzi a questo Tribunale articolando due motivi di gravame, corredati da domanda di sospensione interinale degli atti.

3.1. – Con la prima doglianza il sig. -ricorrente- lamenta la violazione dell’art. 39 T.U.L.P.S. nonché l’eccesso di potere per carenza di presupposti, incompletezza istruttoria, travisamento di fatti, illogicità e contraddittorietà manifeste. Obietta il ricorrente che non risulterebbe al casellario giudiziale alcuna denuncia o querela a carico del figlio e, comunque, incorrerebbe in insanabile fallacia logica l’asserto prefettizio che desume dalla presunte condotte intemperanti o violente del figlio il giudizio prognostico di inaffidabilità del padre nel governo delle armi: la verifica dei requisiti di affidabilità andrebbe, infatti, compiuto a carico dell’interessato e non già dei suoi familiari, peraltro non conviventi, specie se questi non abbia mai dato prova di inaffidabilità nell’uso delle armi stesse.

3.2. – Il secondo ordine di censure attiene alla lamentata violazione di legge degli artt. 34, 38 e 39 T.U.L.P.S., anche in relazione all’art. 58 del R.D. n. 635/1940 giacché l’obbligo di denuncia dovrebbe trovare applicazione nei soli casi di trasferimento dell’arma da una località all’altra nel territorio nazionale, e non già all’interno del territorio del medesimo Comune. Il sig. -ricorrente- avrebbe, difatti, tempestivamente denunciato la detenzione della propria arma presso l’indirizzo di corso -OMISSIS- in Torino, non ritenendosi tenuto poi all’aggiornamento dell’indirizzo di abitazione, quindi anche di detenzione dell’arma, all’interno del comune di Torino. Secondo la difesa del ricorrente, il divieto prefettizio apparirebbe, comunque, sproporzionato e illogico, anche alla luce della condotta irreprensibile tenuta dallo stesso negli anni.

4. – Il Ministero dell’interno si è costituito ritualmente in giudizio e ha prodotto scritti difensivi nei quali argomenta per la reiezione della domanda caducatoria.

5. – Alla camera di consiglio del 28 ottobre 2020, la difesa del ricorrente ha convenuto per la rinuncia alla domanda cautelare con fissazione dell’udienza pubblica per la trattazione del merito.

6. – Espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 c.p.a., la causa è venuta in discussione all’udienza pubblica del 7 luglio 2021 ed è stata trattenuta in decisione senza discussione orale ai sensi dell’art. 25, co. 2 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.

DIRITTO

1. – Viene all’esame del Collegio una fattispecie contenziosa avente ad oggetto il provvedimento della Prefettura di Torino con cui è stato disposto il divieto di detenzione di armi ex art. 39 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, a carico del sig. -ricorrente-.

2. – Preme preliminarmente richiamare il dettato letterale della soprarichiamata disposizione, per cui “ il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell’articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne ”.

Il provvedimento prefettizio di divieto di detenzione delle armi postula un giudizio prognostico sull’affidabilità del titolare del porto d’armi, ovvero sulla potenziale capacità dello stesso di abusarne. Tale valutazione costituisce espressione dell’ampia discrezionalità che connota subiecta materia atteso che lo scopo del giudizio di affidabilità, di natura prettamente cautelare e non sanzionatoria, è quello di prevenire gli abusi, nonché i sinistri involontari, che potrebbero aver luogo a causa della titolarità del porto d’armi in capo a soggetti non pienamente affidabili ( cfr . Cons. Stato, sez. III, 29/10/2020, n. 6614).

3. – Nel caso di specie, in applicazione di tali criteri ermeneutici il sig. -ricorrente- è stato destinatario di un giudizio di inaffidabilità e del conseguente provvedimento di divieto di detenzione di armi alla luce della seguente motivazione: “ ritenuto, pertanto, alla luce delle specifiche violazioni in materia di armi, nonché del deferimento del figlio per violenza domestica, che il Sig. -ricorrente-non possegga i requisiti di affidabilità richiesti per la detenzione delle armi, non potendosi escludere per il futuro che l’arma detenuta possa entrare nella disponibilità del figlio che, seppur non convivente, a causa dello stretto legame di parentela, con molta probabilità continuerà a frequentare assiduamente la casa paterna, con conseguente grave pericolo per la tutela della pubblica e privata incolumità ”.

Il provvedimento si fonda, dunque, su due argomentazioni complementari volte a comprovare la “ capacità di abuso ex art. 39 R.D. 773/1931 del ricorrente, l’una consistente nella omessa denuncia del luogo di detenzione dell’arma, l’altra correlata alla prognosi sfavorevole circa la condotta violenta del figlio rispetto al buon governo dell’arma stessa.

4. – O, con il primo motivo di doglianza parte ricorrente rileva l’illegittimità del provvedimento prefettizio laddove lo stesso fonda il giudizio di inaffidabilità in capo al sig. -ricorrente- sul rischio eventuale che soggetti terzi, ed in particolare il figlio – non convivente – del ricorrente, entrino in possesso dell’arma.

5. – Il motivo di ricorso deve ritenersi fondato alla luce delle motivazioni che seguono.

5.1. – Preliminarmente occorre precisare come l’elevata discrezionalità che caratterizza le valutazioni dell’Amministrazione in materia non può estendersi al punto da considerare rilevanti circostanze di per sé non idonee a prospettare scenari di abuso in quanto non imputabili al titolare del porto d’armi.

In tal senso i requisiti attitudinali o di affidabilità devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato “ non essendo ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative, diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge e non suscettibili, secondo una valutazione ragionevole, di rilevare un'effettiva mancanza di requisiti o di qualità richieste per l'esercizio delle funzioni o delle attività di cui si tratta, traducendosi così in una sorta di indebita sanzione extralegale ” (Tar Campania, sez. V, 4 gennaio 2013 n. 120).

Per contro laddove l’Amministrazione ritenga che elementi esterni siano indici di potenziale rischio di abuso delle armi, il provvedimento di divieto dovrà basarsi su una congrua istruttoria, risultante dalla motivazione e volta a comprovare la significatività dei suddetti elementi.

5.2. – Sul punto la giurisprudenza è chiara nel ritenere che laddove l’amministrazione esprima un giudizio di inaffidabilità del privato “ non può comunque prescindersi da una congrua ed adeguata istruttoria, della quale dar conto in motivazione, onde evidenziare le circostanze di fatto che farebbero ritenere che il soggetto richiedente sia pericoloso o comunque capace di abusi, le quali pertanto devono deporre nel senso della valutazione della personalità complessiva del soggetto ” (Tar Campania, sez. V, 12/11/2020, n. 5185).

5.3. – In effetti, nel caso di specie, l’apprezzamento discrezionale posto in essere dall’Amministrazione non appare essere corroborato da un’adeguata istruttoria volta a cogliere le specifiche circostanze del fatto concreto atteso che la valutazione discrezionale della Prefettura in punto di affidabilità ha dato pregnante rilevanza al deferimento del figlio per violenza domestica adombrando un surrettizio ed ingiustificato automatismo tra la citata querela e il provvedimento di divieto di detenzione di armi a carico del sig. -ricorrente-.

In particolare, non viene in alcun modo dimostrata la concreta possibilità per soggetti terzi, ed in particolare per il figlio del ricorrente, di entrare nella disponibilità dell’arma detenuta e regolarmente custodita.

5.4. – Al riguardo, non appare, invero, riscontrabile nel caso in esame una situazione di oggettiva negligenza nella custodia dell’arma, né di mancata adozione delle misure precauzionali in ragione del fatto che l’arma veniva adeguatamente custodita all’interno di una cassaforte. Ne consegue che la condotta del sig. -ricorrente- appare pienamente ottemperante agli oneri di diligente custodia.

Ed invero posto che l’Amministrazione nel giudizio discrezionale sull’affidabilità è chiamata a mettere al vaglio la personalità del soggetto beneficiario del porto d’armi e non anche quella di soggetti terzi, appare irragionevole fondare il giudizio di inaffidabilità sul potenziale rischio, non concretamente comprovato, concernente la possibilità per il figlio di entrare nel possesso dell’arma a fronte dello stretto legame parentale. Vieppiù in considerazione del fatto che il figlio in questione non risulta risiedere nella stessa abitazione del ricorrente.

6. – A parere del Collegio, quindi, la motivazione del provvedimento prefettizio risulta viziata da illogicità ed irragionevolezza laddove, a fronte delle adeguate precauzioni poste in essere dal ricorrente volte a sventare ogni possibile abuso dell’arma detenuta, il giudizio di inaffidabilità si incentra sulla condotta di un soggetto terzo, la cui pericolosità non appare mettere a rischio la corretta detenzione dell’arma.

7. – Posta quindi l’illegittimità del provvedimento impugnato in considerazione del difetto di motivazione in merito all’asserita inaffidabilità del ricorrente causalmente legata alla condotta di soggetti terzi, mutatis mutandis la determinazione prefettizia non pare potersi validamente poggiare neanche sulla seconda argomentazione opposta dall’Amministrazione.

Nello specifico, con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta il carattere sproporzionato delle misure adottate – a seguito della violazione delle disposizioni di cui agli artt. 34 e 38 R.D. 773/1931– rispetto alle circostanze del caso concreto.

7.1 – Ebbene, la violazione registrata dagli ufficiali di pubblica sicurezza, concernente l’omessa denuncia di detenzione a seguito dello spostamento dell’arma in un luogo diverso da quello indicato nella denuncia originaria non appare, nel caso di specie, elemento sufficiente ad integrare il giudizio negativo di affidabilità in capo al ricorrente, vieppiù in considerazione del fatto che la regolare denuncia al momento di acquisizione dell’arma, effettuata dal ricorrente all’ufficiale di pubblica sicurezza competente, costituisce prova della volontà di detenere l’arma legalmente in ottemperanza della normativa in materia.

7.2. – Più nello specifico, alla luce dell’irreprensibile condotta tenuta dal sig. -ricorrente- e della predisposizione di idonei sistemi di precauzione nel luogo di detenzione dell’arma, il contestato singolo episodio omissivo non costituisce, a parere di questo Collegio, sintomo da solo sufficientemente idoneo a far sorgere dubbi sull’affidabilità del beneficiario del porto d’armi atteso che esso non si accompagna ad altre violazioni o condotte illecite. Infatti, l’odierno ricorrente ha condotto una vita improntata alla piena osservanza delle norme penali, nonché di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico, così come richiesto dalla normativa in materia di porto d’armi. Pertanto, l’Amministrazione alla luce della “ sostanziale unicità nel vissuto del ricorrente […] avrebbe dovuto esigere un giudizio valutativo basato sulla complessiva condotta di vita del soggetto, eludibile solo allorché il titolare del porto d'armi si sia reso protagonista di una condotta, ancorché singola, ma rivestita di particolare gravità e pregnanza sintomatica, e pertanto tale da far dubitare già di per sé stessa della sua affidabilità personale alla stregua di un ragionevole giudizio prognostico ” (Tar Molise, sez. I, 01/03/2021, n. 64). Gravità della condotta, invero, non ravvisabile nel caso concreto.

7.3 – Sebbene, quindi, il giudizio dell’Amministrazione si avvalga dell’ampia discrezionalità riconosciutale in materia, la stessa deve essere esercitata secondo i criteri di ragionevolezza e di non contraddizione affinché il giudizio prognostico sull’affidabilità non risulti viziato da eccesso di potere. Sulla base delle suddette considerazioni, la valutazione di affidabilità circa l’uso dell’arma nel caso di specie avrebbe dovuto esser reso alla luce di tutte le circostanze fattuali del caso concreto, valorizzando in particolare che l’omessa denuncia de qua concerneva il trasferimento dell’arma nell’ambito dello stesso territorio comunale in conseguenza di un cambio di residenza, sicché rivestiva una valenza indubbiamente più tenue rispetto al tipo di trasgressioni che la ratio della norma mira a reprimere, ossia la circolazione delle armi sul territorio nazionale all’infuori di qualsiasi controllo da parte dell’autorità. Peraltro, la rimproverabilità della condotta può essere plausibilmente messa in discussione sulla scorta dei profili di scusabilità dell’errore interpretativo della locuzione “ da una località all’altra ” a fronte di un mero cambio di indirizzo nell’ambito dello stesso comune.

7.4. – Alla luce delle sopra-richiamate considerazioni anche il secondo motivo di ricorso deve, quindi, trovare accoglimento.

8. – Conclusivamente, ad avviso del Collegio il provvedimento prefettizio di divieto di detenzione di armi emesso a carico del sig. Biondo risulta carente nella motivazione in quanto le due argomentazioni riportate dall’Amministrazione non appaiono suffragate da un’istruttoria adeguata e da un iter motivazionale esauriente rispetto all’interezza delle circostanze caratterizzanti la fattispecie concreta quindi inidonee a dimostrare e a fondare il giudizio di inaffidabilità dell’odierno ricorrente, anche solo in chiave prognostica.

9. – Alla luce, quindi, delle suesposte motivazioni il ricorso deve trovare complessivamente accoglimento e deve essere disposto il conseguente annullamento del provvedimento di revoca del provvedimento di divieto di detenzione di armi.

10. – La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di lite.

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