TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2017-02-01, n. 201700084

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2017-02-01, n. 201700084
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Reggio Calabria
Numero : 201700084
Data del deposito : 1 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2017

N. 00084/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00443/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 443 del 2015 proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Domenica Dell’Arena, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Reggio Calabria, via Reggio Campi, II Tronco, n. 111;



contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, presso i cui Uffici, in via del Plebiscito n. 15, ha legale domicilio;



nei confronti di

- -OMISSIS-;
- -OMISSIS-;
entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Rocco Licastro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Morabito, in Reggio Calabria, via Archia Poeta n. 6;



per l’accertamento

del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni patiti in conseguenza della condotta vessatoria posta in essere dalle parti resistenti;

e per la conseguente condanna in solido al risarcimento dei danni da mobbing , demansionamento e dequalificazione professionale.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2016 la dott. Donatella Testini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Espone il ricorrente di essere entrato a far parte dell’Arma dei Carabinieri in data 17 settembre 1992, frequentando il corso biennale di formazione per Allievi Sottufficiali.

Dopo aver prestato servizio presso il Comando Stazione Carabinieri di Locri, il Nucleo Operativo della Compagnia di Locri per i successivi due anni ed il R.O.S. - Sezione Anticrimine C.C. di Reggio Calabria, dal 2005 è stato assegnato al Comando Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria, attuale sede di servizio.

Dopo aver espletato l’incarico di “Comandante del Nucleo Comando”, presso la I e poi presso la III Compagnia Allievi Carabinieri per otto anni, con risultati eccellenti, a far data dal 20 settembre 2013 è stato assegnato alla Squadra Servizi - alle dipendenze gerarchiche del Mar. A.s. UPS -OMISSIS-, in qualità di Comandante della Squadra, e del Capitano -OMISSIS-, Comandante del sovraordinato Reparto Comando - con i seguenti incarichi:

- “Addetto alla Squadra Servizi”;

- “Capo Deposito Carburanti e Lubrificanti di p.c.”.

Espone, altresì, che, giunto alla predetta Squadra Servizi, gli è stata affidata la gestione di tutta l’attività burocratica e del personale dipendente (organizzazione dei turni di servizio, licenze, malattie ecc…), oltre allo svolgimento dei prescritti turni di Maresciallo di picchetto ed alla gestione logistica del personale dell’esercito alloggiato nello stabile ex Reparto Corsi e che, dunque, il suo lavoro comprendeva: mansioni organizzative, di coordinamento e di “ disbrigo pratiche d’ufficio ”.

In relazione alla problematica oggetto della presente controversia, il ricorrente, in via di sintesi, lamenta che, a seguito del suo rifiuto ad espletare l’incarico di “Capo Deposito Carburanti e Lubrificanti di p.c.”, in quanto attività assolutamente nuova nonché poiché privo della prescritta abilitazione, i superiori gerarchici, per il periodo che va dal febbraio al novembre 2014, avrebbero posto in essere una condotta punitiva che, inizialmente limitata all’azzeramento delle ore di straordinario ed al sollevamento da ogni lavoro burocratico, si è poi conclusa con l’allontanamento dall’ufficio.

Ravvisando negli episodi innanzi esposti gli estremi della condotta mobbizzante, del demansionamento e della dequalificazione professionale, chiede il risarcimento dei danni patiti, ritenendo sussistenti tutti i presupposti della responsabilità.

Deposita in giudizio certificazione medica rilasciata nel dicembre 2014 ed attestante la patologia di “Allarme ansioso in disturbo post traumatico da stress ”.

In data 31 ottobre 2015, si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, eccependo l’infondatezza della domanda ed invocandone la reiezione, nonché depositando corposa documentazione.

Si sono, altresì, costituti in giudizio -OMISSIS- ed -OMISSIS-, insistendo anch’essi per l’infondatezza dell’avversa pretesa.

All’udienza del 23 novembre 2016, l’Avvocatura dello Stato ha eccepito la tardività della memoria e della documentazione depositata in giudizio dal ricorrente il 24 ottobre 2016.

Alla ridetta udienza pubblica del 23 novembre 2016, la causa viene ritenuta per la decisione.

2. Va, in primis , disposto lo stralcio della memoria e dell’allegata documentazione, in quanto depositata da parte ricorrente in violazione dei termini di cui all’art. 73, I comma, c.p.a.

3. Il ricorso non è fondato.

Nella sostanza il ricorrente fa valere, con il presente giudizio, i danni che gli sarebbero derivati sia dall’illegittimo “demansionamento” (vale a dire, dall’attribuzione di mansioni inferiori rispetto a quelle della sua qualifica di appartenenza) sia dal complessivo comportamento di mobbing posto in essere nei suoi confronti.

3.1. E’ nota in proposito la differenza tra le due situazioni: il mobbing , diversamente dall’altra figura, è caratterizzato dall’esistenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro, intento che deve formare oggetto di dimostrazione da parte di chi rivendica il danno subìto, fermo restando che il demansionamento, qualora provochi danni morali e professionali, dà diritto al risarcimento indipendentemente dalla ulteriore sussistenza del mobbing (cfr., Consiglio di Stato, Sez. III, 12 gennaio 2015 n. 28 del 2015; T.R.G.A. Trentino - Alto Adige, Bolzano, 23 settembre 2015, n. 279 del 2015; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 2 marzo 2015, n. 342).

In ogni caso, i fatti portati a fondamento sia del danno da demansionamento, quanto del danno da mobbing , devono ricevere idonea dimostrazione in giudizio secondo il principio dell’onere della prova, sancito dall’art. 2697 c.c. e valido anche per le controversie portate dinnanzi alla giurisdizione amministrativa, secondo il quale chi vuole far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.

3.2. La giurisprudenza, in proposito, ha precisato che, ai fini di ritenere provato un danno da dequalificazione professionale attraverso il meccanismo delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., non è sufficiente a fondare una corretta inferenza presuntiva il semplice richiamo di categorie generali, come la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la gravità del demansionamento, la sua durata e altri simili indici, dovendo invece procedere il giudice di merito, pur nell'ambito di tali categorie, ad una precisa individuazione dei fatti che assume idonei e rilevanti ai fini della dimostrazione del fatto ignoto, alla stregua di canoni di probabilità e regole di comune esperienza (di recente, in tal senso, Cass., Sez. lav., 18 agosto 2016, n. 17163).

Analogamente è a dirsi per la prova degli elementi costitutivi del mobbing , tenendo presente che, nel rapporto d’impiego pubblico, esso si sostanzia in una condotta del datore di lavoro (o del superiore gerarchico) “ complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica; pertanto, ai fini della configurabilità della condotta lesiva da mobbing, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati in particolare: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi