TAR Roma, sez. II, sentenza 2009-10-14, n. 200909900
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N. 09900/2009 REG.SEN.
N. 09197/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 9197 del 2000, proposto da:
Consorzio La Fonte Meravigliosa tra Cooperative Edilizie – Abitazioni s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.ti G L e I B, presso lo studio dei quali elettivamente domicilia in Roma, via Costabella, n. 23;
contro
Comune di Roma, rappresentato e difeso dall’avv. C M, con il quale elettivamente domicilia presso gli uffici dell’Avvocatura comunale in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
nei confronti di
Associazione Fonte Meravigliosa Sport, non costituita in giudizio;
per l'accertamento e la declaratoria
dell’inesistenza (in relazione ad una porzione delle aree) e comunque della prescrizione del diritto del Comune di Roma a pretendere dal Consorzio la cessione gratuita di aree;della decadenza dell’obbligo del Consorzio di cedere gratuitamente dette aree al Comune e quindi del diritto del Consorzio alla restituzione delle stesse ed alla conseguente reintegra nel possesso;
e, previa sospensione dell'efficacia, per l’annullamento della determina dirigenziale n. 50 del 14 marzo 2000, con la quale è stata disposta l’immissione in possesso delle aree assegnate al Consorzio e ricadenti nel p.d.z. n. 40 Vigna Murata, della nota n. 4466 ivi citata e della delibera giuntale n. 540 del 16 marzo 1999, pure ivi citata, avente ad oggetto avviso pubblico per la realizzazione e gestione di impianti sportivi su aree di proprietà comunale, approvazione delle graduatorie ed autorizzazione alla concessione.
Visto il ricorso;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 24 giugno 2009, la dr.ssa A B;uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 3 giugno 2000, depositato il successivo 14 giugno, il Consorzio istante ha esposto di essere assegnatario di aree ricadenti nel piano di zona del Comune di Roma n. 40, Vigna Murata, di cui alla l. 167/62, approvato con d.m. ll.pp. 11 agosto 1964, n. 3266, di estensione complessiva di circa mq 505.226, di cui parte di proprietà del Consorzio e cooperative associate e parte da espropriare. L’attuazione delle relative previsioni edificatorie ed urbanizzazioni è stata subordinata alla sottoscrizione di un atto d’obbligo, rep. n. 8044 del 14 dicembre 1972, notaio F, con il quale il Consorzio ha assunto gli oneri di urbanizzazione e la cessione gratuita al Comune delle aree stradali e dei servizi. A seguito di una variante urbanistica apportata al p.d.z., è intervenuto altro atto d’obbligo, rep. n. 11343 del 18 dicembre 1982, notaio T. Con detti atti il Consorzio si è obbligato a realizzare le opere di urbanizzazione primaria, e a cedere le relative aree, nonché a cedere gratuitamente al Comune altre aree, tra le quali quelle destinate a verde pubblico.
Nulla quaestio, ha riferito il ricorrente, per quanto attiene alle opere di urbanizzazione, realizzate e cedute all’amministrazione unitamente alle relative aree, con atti partitamente specificati.
Con riferimento, invece, alle destinazioni a verde pubblico attrezzato, il ricorrente, precisato di essersi obbligato alla cessione gratuita delle sole aree, ha riferito di aver spontaneamente realizzato, nell’intento di migliorare la qualità della residenzialità del quartiere, impianti sportivi, in luogo del Comune, rimasto inerte anche nell’avanzare al Consorzio la richiesta delle aree di sedime.
Alla luce di siffatto comportamento, ha proseguito il Consorzio, la pretesa avanzata dall’Amministrazione comunale con la determina dirigenziale n. 50/2000, con la quale è stata disposta l’immissione in possesso proprio di quelle aree su cui insistono i predetti impianti - immissione poi subito eseguita - sarebbe tardiva e ingiustificata, anche tenendo conto che l’area in argomento, di mq. 8.575, consta di particelle (fg. 882 catasto terreni), di cui:
- la n. 33, di mq 4.265, di proprietà del Consorzio, inserita nell’atto d’obbligo;
- la n. 109/p, di mq 410, sempre di proprietà del Consorzio, non inserita nell’atto d’obbligo;
- la n. 714/p, di mq 3.550, di proprietà della Cooperativa Statistica 2000 s.r.l., per cui pende, dinanzi al Tribunale Civile di Roma, giudizio instaurato dal Consorzio medesimo volto all’ottenimento di sentenza di trasferimento a favore del Consorzio, in virtù di scrittura privata costituente anche contratto preliminare di compravendita;
- le nn. 73/p e 21, di mq 1.500 e 350, non incluse in atto d’obbligo, di proprietà del demanio statale disponibile, per le quali il Consorzio, possessore dal 1974, è intenzionato a proporre azione giudiziaria di accertamento di avvenuta usucapione.
Ha concluso il ricorrente che, per quanto sopra, la citata determina comunale è affetta da assoluta carenza di potere e di qualsivoglia diritto di cessione per quanto concerne le aree non inserite nell’atto d’obbligo (109/p;714/p;73/p e 21);per la restante superficie, l’immissione in possesso sarebbe invece illegittima ed abusiva, per decadenza dell’obbligo di cessione conseguente alla scadenza del p.d.z. e, comunque, per prescrizione del diritto del Comune.
Il ricorrente ha indi domandato, ai sensi dell’art. 34 del d. lgs. 80/88, l’accertamento dell’inesistenza, in relazione ad una porzione del compendio, e, comunque, della decadenza dell’obbligo del Consorzio di cedere gratuitamente le aree al Comune, nonché, in ogni caso, della prescrizione del diritto del Comune di Roma di pretendere dal Consorzio la cessione gratuita delle aree, e, quindi, del diritto del medesimo alla restituzione delle stesse e alla reintegra nel possesso.
Il Consorzio ha poi domandato, sulla base delle stesse argomentazioni e in subordine, l’annullamento della predetta determina n. 50/2000, con la quale è stata disposta l’immissione in possesso delle aree di cui trattasi, della nota n. 4466 ivi citata e della delibera giuntale n. 540 del 16 marzo 1999, pure ivi citata, avente ad oggetto avviso pubblico per la realizzazione e gestione di impianti sportivi su aree di proprietà comunale, approvazione delle graduatorie ed autorizzazione alla concessione, nella parte concernente anche l’area di cui trattasi.
Avverso tali atti ha dedotto le seguenti doglianze:
- eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, ingiustizia manifesta, sviamento di potere e difetto di istruttoria;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della l. 167/62, dell’art. 1 della l. 247/74, dell’art. 51 della l. 467/78, dell’art. 17 della l. 1150/42, eccesso di potere per errore dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifeste, difetto di istruttoria;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 2932, 2934, 2935 e 2946 c.c., eccesso di potere per errore nei presupposti;
- eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, illogicità manifesta, difetto di pubblico interesse, difetto di istruttoria;
- sotto altro profilo, eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria.
Si è costituito in resistenza il Comune di Roma, depositando varia documentazione.
L’istanza cautelare formulata dalla ricorrente è stata accolta dalla Sezione con ordinanza n. 5905/2000, riformata in sede di appello (C. Stato, V, n. 6565/2000).
La parte ricorrente, con deposito del 12 luglio 2000, ha versato in atti, tra altro, il “verbale di cessione gratuita di aree” datato 13 giugno 1990 e, in occasione dell’udienza di merito, ha affidato a memoria lo sviluppo delle proprie tesi difensive, evidenziando in particolare:
- che gli atti d’obbligo non hanno mai riguardato le strutture sportive, realizzate, manutenute e migliorate dal Consorzio al fine di offrire un servizio alla collettività;
- che le aree su cui insistono dette strutture sono rimaste incedute e non sono mai entrate in possesso o in proprietà del Comune, neanche a termini del predetto verbale del 13 giugno 1990. Quest’ultima affermazione è stata supportata mediante le evidenziazioni della planimetria allegata al verbale stesso;
- che, quindi, l’intervenuta assegnazione del compendio effettuata dal Comune all’Associazione Fonte Meravigliosa Sport, ai sensi della già impugnata delibera giuntale n. 540/1999, è priva di titolo.
Ciò posto, ha ribadito le censure e le domande già formulate in ricorso.
L’amministrazione resistente ha depositato in data 16 giugno 2009 una articolata memoria difensiva nonchè ulteriore documentazione inerente la vicenda, peraltro entrambe tardive rispetto alla data fissata per la discussione di merito del ricorso.
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 24 giugno 2009.
DIRITTO
1. Con il gravame all’odierna trattazione il Consorzio La Fonte Meravigliosa – già assegnatario di aree, tra cui alcune di proprietà del Consorzio e cooperative associate, ricomprese nel piano di zona del Comune di Roma n. 40, Vigna Murata – domanda in via principale, ai sensi dell’art. 34 del d. lgs. 80/88, l’accertamento dell’inesistenza, in parte originaria (per carenza di previsione convenzionale) ed in parte sopravvenuta (per decadenza del piano di zona e, in ogni caso, per prescrizione del diritto dell’Amministrazione) dell’obbligo di cedere gratuitamente all’Amministrazione comunale alcuni compendi con destinazione a verde attrezzato, su cui ha realizzato impianti sportivi.
Ciò in relazione alla corrispondente pretesa comunale, avanzata con determina di immissione in possesso n. 50/2000, già eseguita all’atto della proposizione del contenzioso, di cui domanda in subordine l’annullamento.
In relazione alla domanda principale, il Consorzio domanda anche l’accertamento del proprio diritto alla restituzione delle aree suddette e alla reintegra nel possesso.
La domanda demolitoria subordinata, infine, è stata estesa anche alla nota n. 4466 e alla delibera giuntale n. 540 del 16 marzo 1999, nella parte in cui comprende anche le aree e gli impianti sportivi di cui trattasi, avente ad oggetto avviso pubblico per la realizzazione e gestione di impianti sportivi su aree di proprietà comunale, approvazione delle graduatorie ed autorizzazione alla concessione, atti entrambi citati nella determina n. 50/2000.
2. Alla luce della impostazione dell’atto introduttivo del giudizio e degli elementi rinvenienti dal fascicolo, il Collegio ritiene di iniziare l’esame delle pretese avanzate dal Consorzio a partire da quelle relative alle aree (fg. 882: p.lle 109/p;714/p;73/p e 21) in relazione alle quali il ricorrente nega di aver assunto ab origine, in sede di sottoscrizione degli atti di sottomissione connessi all’attuazione del piano, qualsiasi obbligo di cessione a favore dell’amministrazione.
Corre l’obbligo di rilevare che la parte di domanda in trattazione postula l’esistenza in capo al Consorzio di un diritto di proprietà su dette aree. E invero, solo una siffatta condizione legittima l’indagine volta ad appurare se il Consorzio medesimo ha contratto con l’amministrazione un obbligo di cessione delle aree stesse.
Ma tale condizione si rivela non provata in giudizio e comunque inesistente, allo stato degli atti, almeno per tre delle citate aree, per le quali lo stesso ricorrente individua quali aventi diritto di proprietà soggetti terzi, estranei al giudizio.
Invero:
- il ricorrente asserisce di essere proprietario della particella n. 109/p, ma non comprova in alcun modo tale affermazione;
- lo stesso ricorrente afferma di non essere, alla data di proposizione del gravame, proprietario né della particella n. 714/p del fg. 882 (che asserisce essere di proprietà della Cooperativa Statistica 2000 s.r.l.) né delle particelle nn. 73/p e 21 del fg. 882 (che asserisce essere di proprietà del demanio statale disponibile). Tant’è che nell’atto introduttivo del giudizio riferisce e attesta, per la prima, la pendenza di giudizio dinanzi al Tribunale Civile di Roma volto all’ottenimento di una sentenza di trasferimento in proprietà, in esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita immobiliare;per le altre, dichiara l’intenzione di proporre azione giudiziaria di accertamento di avvenuta usucapione. Ma di tali giudizi, del relativo andamento od esito, non viene più, peraltro, nel prosieguo, riferito alcunché.
Di talchè, il richiesto accertamento sulle obbligazioni assunte dal Consorzio in attuazione del p.d.z. non solo non risulta confacente all’odierno esame, non potendosi qui fondatamente considerare una delle alternative, ovvero che il Consorzio si sia obbligato a cedere un bene di cui non è proprietario, e restando irrilevante la seconda, ovvero che tale obbligazione non vi sia;ma vieppiù, qualora l’azione volesse tendere ad un accertamento generalizzato sulla esistenza o sull’inesistenza in assoluto, nel predetto ambito attuativo, di un obbligo di cessione delle aree in parola da parte degli aventi diritto ed in favore del Comune di Roma, essa sarebbe inammissibile, poiché estranea alla sfera giudica dell’esponente, privo di interesse meritevole di tutela all’ottenimento della corrispondente pronunzia.
Non sembra superfluo aggiungere che non può militare, in contrario avviso, la circostanza che il Consorzio, precedentemente alla delibera n. 50/2000, avesse eventualmente la disponibilità materiale (anche) delle particelle di cui trattasi (si ripete, 109/p;714/p;73/p e 21), né la ulteriore circostanza che anche sulle stesse il Consorzio ha realizzato spontaneamente impianti sportivi (per i quali, è bene chiarire, non ha prodotto i provvedimenti abilitativi alla costruzione ed alla gestione) atteso che le condizioni che ne conseguono si profilano, allo stato degli atti, di mero fatto.
Ne consegue che, in relazione alle predette particelle, le domande di accertamento dell’inesistenza originaria dell’obbligazione di cessione e, conseguentemente, del diritto del ricorrente alla restituzione delle aree ed alla reintegra nel possesso non possono trovare accoglimento, non avendo il ricorrente assolto l’onere, non surrogabile per il tramite del potere istruttorio giudiziale, di comprovare il presupposto essenziale delle domande.
3. Può indi passarsi all’esame del gravame per quanto concerne l’area (fg. 882, p.lla n. 33) per la quale il Consorzio, ferma l’intervenuta assunzione dell’obbligo di cessione gratuita in favore del Comune, premette che i piani di zona, ai sensi dell’art. 17 della l. 1150/42, non hanno una efficacia illimitata nel tempo, afferma che il p.d.z. n. 40, approvato nel 1964, è scaduto nel 1984, e domanda l’accertamento della intervenuta decadenza dell’obbligazione, travolta dalla sopravvenuta inefficacia della previsione urbanistica.
Al riguardo si osserva quanto segue.
Gli atti di causa fanno emergere che il (parziale) soddisfacimento delle obbligazioni di cessione assunte dal Consorzio in attuazione del p.d.z. di cui trattasi è stato effettuato mediante un certo numero di atti di cessione. Solo alcuni risultano versati in atti dal ricorrente in una con l’atto introduttivo del giudizio, come emerge dal confronto tra gli allegati al ricorso, che concernono solo due di essi (notar Misurale, rep. n. 60360 dell’8 febbraio 1989 e rep. n. 62198 del 5 maggio 1989) e la nota indirizzata dal Consorzio al Comune di Roma in data 10 giugno 1993, n. 6317, versata in atti dall’Amministrazione in data 5 luglio 2000, sub all. 5, nonché il verbale di “cessione gratuita di aree” del 13 giugno 1990, versato in atti dal ricorrente, che ne menzionano entrambi altri due (notar Misurale, rep. n. 64166 del 17 luglio 1989 e rep. n. 71588 del 2 maggio 1990).
Tali ultimi due atti notarili sono stati in verità versati al fascicolo di causa dall’amministrazione resistente – e nel primo di essi figura una particella individuata sub “ foglio 882…685 (ex 33)” – ma tardivamente, come meglio riferito in fatto, eppertanto risultano inutilizzabili in giudizio al fine di verificare se, come sostiene il ricorrente, la porzione di area non risultasse ancora ceduta all’atto della proposizione del ricorso.
Ma, in ogni caso, la rilevata carenza nelle allegazioni effettuate dall’interessato della documentazione indispensabile al fine di accertare il presupposto della richiesta pronunzia non consente l’accoglimento della domanda in trattazione.
Del resto, è anche da segnalare che nel già citato “verbale di cessione gratuita di aree” del 13 giugno 1990, con il quale il Comune risulta essersi immesso in formale possesso in aree del p.d.z. di pertinenza del ricorrente Consorzio, il Consorzio medesimo, al fine di conseguire la prosecuzione della gestione delle aree stesse, contestualmente ottenuta, ha rinnovato l’impegno “a completare la cessione delle aree situate all’interno del p.z., non incluse negli atti precedentemente citati.”.
Di talchè, per quanto appena ora riferito, in ogni caso la scadenza del p.d.z. non appare, ex se, idonea a radicare la fondatezza della prospettazione ricorsuale.
E ciò pur in disparte ogni questione interpretativa, pure introdotta dal ricorrente, inerente l’esatto apprezzamento della porzione di territorio interessato dall’immissione (e, cioè se, più precisamente, essa ha riguardato esclusivamente le aree a verde già cedute in virtù dei quattro atti notarili ivi partitamente richiamati, come ha sostenuto il ricorrente sulla scorta della planimetria allegata al verbale sub 5, o anche le altre aree del p.d.z. non ancora cedute a tale data).
Invero, la parte del verbale inerente il rinnovo dell’obbligazione ai fini predetti non risulta essere affetta da alcuna ambiguità.
4. In forza dell’appena citato atto di immissione in possesso, nella parte in cui il Consorzio ha rinnovato la propria obbligazione di cessione gratuita alla data del 13 giugno 1990, non può neanche essere accolta la domanda, pure avanzata dal ricorrente, di accertamento della avvenuta prescrizione del diritto del Comune di Roma su tutte le aree investite dal ricorso, che il Consorzio asserisce essere maturata nel 1992, o, al massimo, nel 1994, in virtù del decorso del termine decennale, rispettivamente, dalla modifica dell’atto d’obbligo del 1982 o dalla data di scadenza del p.d.z del 1984.
Successivamente, l’Amministrazione risulta aver provveduto a rinnovare la richiesta di completamento della cessione quanto meno in due occasioni (note n. 7396 del 1995 e n. 1052 del 1996, versate in atti sub 12 e 14 alla produzione comunale del 5 luglio 2000).
5. Può passarsi, pertanto, alla domanda demolitoria subordinata, con la quale il Consorzio denunzia l’illegittimità della determina n. 50/2000, con la quale il Comune di Roma ha disposto l’immissione in possesso sulle aree su cui insiste l’impianto sportivo, e degli ulteriori atti di cui in epigrafe.
5.1. Essa va respinta per le stesse motivazioni sin qui riferite, cui può essere aggiunto che:
a) non merita accoglimento la prima doglianza (eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, ingiustizia manifesta, sviamento di potere e difetto di istruttoria), con la quale il ricorrente denunzia che non tutte le aree erano inserite in atto d’obbligo, che risulta formulata sul presupposto, rivelatosi erroneo e comunque non comprovato, per quanto riferito al punto 2, che le stesse fossero di proprietà o comunque nella giuridica disponibilità del Consorzio;
b) per gli stessi motivi, nonché per le argomentazioni esposte al punto 3, non merita accoglimento la seconda doglianza (violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della l. 167/62, dell’art. 1 della l. 247/74, dell’art. 51 della l. 467/78, dell’art. 17 della l. 1150/42, eccesso di potere per errore dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifeste, difetto di istruttoria) con la quale il ricorrente si duole della decadenza delle previsioni urbanistiche connesse al p.d.z. e delle relative obbligazioni assunte;
c) per le argomentazioni di cui al punto 4, non è fondata la terza censura (violazione e falsa applicazione degli artt. 2932, 2934, 2935 e 2946 c.c., eccesso di potere per errore nei presupposti) con la quale il ricorrente denunzia la prescrizione del diritto del Comune sulle aree di cui trattasi;
d) non è fondata la quarta censura (eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, illogicità manifesta, difetto di pubblico interesse, difetto di istruttoria) con la quale il ricorrente lamenta di non essersi giammai obbligato alla cessione degli impianti realizzati sulle aree, che il provvedimento qualifica erroneamente come pubblici.
Come già precedentemente rilevato, infatti, ed al di là delle questioni puramente terminologiche, che non inficiano i termini della questione, si tratta di impianti la cui realizzazione e esercizio non risulta essere supportata da atti abilitativi: e il provvedimento impugnato precisa che l’anticipata immissione nel possesso delle aree e delle opere realizzate, a fronte dell’inerzia del Consorzio nel procedere alla integrale cessione delle aree, è volto ad evitare l’ulteriore pregiudizio derivante dalla mancata disponibilità delle stesse, e viene disposta “nelle more della risoluzione dei problemi connessi con la cessione unilaterale delle aree di proprietà del Consorzio… destinate a servizi pubblici” fermo restando, indi, ogni profilo, anche indennitario, relativo alle opere sovrastanti. Né il chiaro interesse pubblico che permea la determina può essere posto in dubbio, come fa il ricorrente, per la circostanza che l’impianto sportivo sia stato sottratto al Consorzio a motivo di poterne consentire l’uso al servizio della collettività (che il Consorzio già riteneva di realizzare) e poi affidato ad un soggetto privato: le due situazioni, una di mero fatto, l’altra rinveniente causa e fondamento in una procedura pubblica non consentono alcuna comparazione;
e) non è infine fondato l’ultimo motivo di ricorso (eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria) con il quale il ricorrente lamenta la illegittimità della delibera n. 540/00 che, facendo seguito all’avviso pubblico di cui alla delibera 3339/97, nella parte in cui mette a bando anche l’impianto sportivo da esso Consorzio realizzato (area n. 9), ha recato la connessa graduatoria anche per quest’ultimo, da utilizzare dopo l’acquisizione dell’area al patrimonio comunale. La previsione dell’affidamento in concessione non può, infatti, che ritenersi subordinata agli stessi limiti e condizioni valevoli per l’immissione in possesso dell’Amministrazione comunale, e, quindi, sempre fermo restando ogni eventuale profilo indennitario relativo alle opere eseguite.
6. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
Sussistono nondimeno giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.