TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-03-11, n. 202404919

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-03-11, n. 202404919
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202404919
Data del deposito : 11 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/03/2024

N. 04919/2024 REG.PROV.COLL.

N. 10048/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10048 del 2014, proposto da
C C e B C, rappresentate e difese dall'avvocato P D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dell'Orso, 74;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Unità Tecnica Amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

A) del decreto n. 140 del 2 aprile 2014, notificato alle ricorrenti in data 22 maggio 2014, con il quale si dispone “ - di annullare per le suindicate ragioni il pregresso Decreto di restituzione delle aree n. di rep. 533 del 27 e contestualmente di disporre, con le modalità che seguono, la restituzione ai sensi dell'art. 46 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, del possesso delle aree occupate (di cui all'Allegato A) in ottemperanza all'Ordinanza Commissariale n. 276 del 20 luglio 2005 e successive integrazioni ”; - di avviare le procedure per la corresponsione delle indennità di occupazione spettanti i legittimi proprietari, che saranno determinate con successivo provvedimento ”;

B) della comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri inviata a mezzo telegramma alle ricorrenti il 18 luglio 2014 ed avente ad oggetto la convocazione per restituzione delle aree prevista per il 23 luglio 2014, e poi rinviata al 28 luglio 2014;

C) ove e per quanto occorra, del decreto di restituzione aree del 27 giugno 2013 non noto;

D) di ogni altro atto connesso, collegato e/o conseguente comunque lesivo degli interessi e dei diritti delle ricorrenti e da esse non conosciuto;

nonché per la declaratoria

del diritto delle ricorrenti al risarcimento del danno da occupazione illegittima nonché per la realizzata irreversibile trasformazione del bene, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, con conseguente condanna dell'Amministrazione al relativo pagamento in favore delle ricorrenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Unità Tecnica Amministrativa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il provvedimento 16 giugno 2006, n. 14486 il Commissario di Governo per la Gestione dell’Emergenza Rifiuti in Campania ha autorizzato l’occupazione d’urgenza di un terreno di proprietà delle sigg. Como, al fine di realizzare gli interventi di integrazione e miglioramento delle infrastrutture di collegamento con l’impianto CDR di Giugliano.

2. Tale provvedimento è stato impugnato da parte delle ricorrenti con ricorso iscritto al r.g. n. 8480/2006 (ricorso del quale, è bene precisarlo fin da ora, le ricorrenti non hanno fatto menzione nell’atto introduttivo del presente giudizio, né nei successivi atti di causa).

3. Con successivo giudizio iscritto innanzi alla Corte d’Appello di Napoli al r.g. n. 2930/2010 le ricorrenti hanno agito per ottenere la condanna dell’amministrazione al pagamento dell’indennità da occupazione legittima (determinata dal giudice adito con sentenza Corte d’Appello di Napoli, I- bis , 8 luglio 2014, n. 3135).

4. Inoltre – tenuto conto che alla disposta occupazione non aveva fatto seguito, nei termini prescritti, il provvedimento di espropriazione – con motivi aggiunti depositati in data 19 maggio 2012 nel giudizio iscritto innanzi r.g. n. 8480/2006, le sigg. Como hanno chiesto a questo Tribunale di condannare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, medio tempore subentrata all’organo commissariale, alla restituzione delle aree ovvero al risarcimento per equivalente del danno subito per effetto dell’illegittima occupazione delle aree.

5. Con decreto Presidente del Consiglio dei Ministri, Unita Tecnica Amministrativa, 2 aprile 2014, n. 140, notificato in data 22 maggio 2014, l’amministrazione – dopo aver dato atto delle ragioni che giustificavano la restituzione del bene in luogo della sua acquisizione da parte della p.a. – ha provveduto a disporre « la restituzione delle aree occupate » alle sigg. Como e ha avviato « le procedure per la corresponsione delle indennità di occupazioni spettanti ai legittimi proprietari, che saranno determinate, con successivo provvedimento ».

6. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, iscritto innanzi a questo Tribunale al r.g. n. 10048/2014, le ricorrenti hanno impugnato il predetto decreto n. 140/2014 e ne hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare, anche ex art. 56 c.p.a., sulla base di quattro motivi in diritto.

6.1. Con il primo motivo di ricorso hanno lamentato « l’abnormità del decreto » e ne hanno sostenuto l’illegittimità per « eccesso di potere: illogicità manifesta – perplessità della motivazione – irreversibile trasformazione – difetto di istruttoria – impossibilità di restituzione delle aree – eccesso di potere per sviamento – violazione dell’art. 97. Cost. », evidenziando, in sintesi, che:

- l’amministrazione non avrebbe potuto provvedere alla restituzione dell’area senza prima ripristinare lo status quo ante , ovvero senza allontanare i nomadi che lo occupavano;

- la vandalizzazione/occupazione dei terreni integrava un’ipotesi di “irreversibile trasformazione” del bene;

- le dimissioni del tecnico incaricato della procedura espropriativa non potevano giustificare la retrocessione dell’area.

6.2. Con il secondo motivo hanno contestato l’atto gravato per « violazione e falsa applicazione dell’art. 46, d.p.r. n. 327/2001 – eccesso di potere – erroneità dei presupposti – carenza di legittimazione – travisamento dei fatti », osservando – in sostanza – che l’art. 46 d.p.r. n. 327/2001 riservava esclusivamente al cittadino la facoltà di reclamare la retrocessione del bene ma non consentiva all’amministrazione provvedere sua sponte alla restituzione dello stesso.

6.3. Con il terzo motivo hanno rilevato l’illegittimità del provvedimento impugnato per « violazione e falsa applicazione degli artt. 46 e ss. d.p.r. n. 327/2001 – eccesso di potere – erroneità dei presupposti – travisamento dei fatti – impossibilità di disporre un nuovo trasferimento », notando che nel caso di specie la p.a. non avrebbe potuto provvedere alla retrocessione del bene « mancando nel caso di specie il presupposto fondamentale [ovvero] il trasferimento della proprietà dal privato espropriato all’ente, tale da giustificare … il “nuovo” trasferimento dall’ente al privato, con effetto ex nunc ».

6.4. Con il quarto motivo hanno contestato la decisione della p.a. per « violazione e falsa applicazione degli artt. 46 e 48, d.p.r. n. 327/2001 – illegittima applicazione dell’istituto della indennità di occupazione – illogicità – eccesso di potere – difetto di istruttoria », insistendo nell’affermare che la p.a. non avrebbe potuto disporre la restituzione in assenza del preventivo perfezionamento dell’espropriazione.

6.5. Prospettata l’illegittimità del provvedimento gravato per le superiori ragioni, le ricorrenti hanno poi avanzato domanda per ottenere il risarcimento dei danni « a vario titolo provocati e relativi sia al valore per anno di occupazione per ogni singola superficie, sia all’occupazione illegittima … tenendo conto del valore di mercato … del bene … rivalutato alla data dell’irreversibile trasformazione », ovvero « un ristoro determinato in base al valore di mercato del bene e che oltre al danno da illegittima occupazione, consenta di coprire quel gap costituito dalla differenza di valore tra il bene appreso, libero e vuoto da persone e cose, e quello oggetto di restituzione, integralmente vandalizzato e oggetto di sversamenti abusivi ».

7. Con decreto Tar Lazio, I, 24 luglio 2014, n. 3525, questo Tribunale ha rigettato la richiesta di tutela cautelare monocratica avanzata dal ricorrente.

8. Con memoria del 30 agosto 2014, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha spiegato le proprie difese, eccependo, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva delle ricorrenti e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.

9. Alla camera di consiglio del 3 settembre 2014, parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla domanda cautelare (circostanza di cui questo Tribunale ha preso atto con ordinanza Tar Lazio, I, 4 settembre 2014, n. 4028).

10. Nelle more della definizione del presente giudizio, con sentenza Tar Lazio, I, 4 febbraio 2015, n. 2123 questo Tribunale ha accolto la domanda di risarcimento del danno da occupazione illegittima avanzata dalle sigg. Como nel giudizio iscritto al r.g. n. 8480/2006, condannando, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a. l’amministrazione resistente a formulare una proposta risarcitoria a parte ricorrente secondo i criteri determinati in sentenza.

11. Tale ultima pronuncia è stata appellata dall’amministrazione con ricorso iscritto innanzi al Consiglio di Stato al r.g. n. 1981/2015, nel quale è stato lamentato – in sintesi – che nell’individuare i criteri per la formulazione della proposta risarcitoria la sentenza Tar Lazio, I, 4 febbraio 2015, n. 2123 non aveva considerato:

- che le ricorrenti erano proprietarie di un’area di superficie inferiore a quella indicata nel ricorso;

- che la p.a. aveva provveduto a restituire le aree con decreto n. 140/2014.

12. Con memoria depositata nel presente giudizio il 3 gennaio 2022, le ricorrenti – omettendo ancora una volta ogni riferimento al giudizio r.g. n. 8486/2006, alla sentenza Tar Lazio, I, n. 2123/2015 che lo aveva definito, e all’appello pendente innanzi al Consiglio di Stato – hanno insistito in tutte le loro domande.

13. Con ordinanza Tar Lazio, I- quater , 22 marzo 2022, n. 3265 questo Tribunale – dopo aver preso atto di quanto evidenziato dalle parti nei propri scritti difensivi, e aver sottolineato che il giudizio aveva a oggetto anche la domanda di risarcimento del danno determinato dalla contestata occupazione sine titulo di una parte del fondo di cui sono proprietarie le ricorrenti – ha:

- disposto « l’integrazione del contraddittorio attraverso la notifica del presente ricorso al Consorzio ASI di Napoli, nel termine di giorni trenta dalla comunicazione della presente ordinanza »;

- incaricato l’Agenzia delle Entrate, Ufficio provinciale di Roma – Territorio, dello svolgimento di una verificazione, da svolgersi in contraddittorio con le parti secondo le modalità indicate nella stessa ordinanza, al fine di accertare « 1) quali siano le particelle di proprietà delle odierne ricorrenti oggetto della procedura di occupazione d’urgenza per cui è causa, all’esito delle vicende traslative documentate in atti dalla Presidenza del Consiglio, occorse tra le ricorrenti e il Consorzio ASI nel corso degli anni novanta; [e] 2) il valore delle particelle, come sopra esattamente individuate, al momento in cui l'occupazione è presumibilmente divenuta illegittima (18 luglio 2011), considerando che l’avvenuta immissione in possesso da parte dell’amministrazione è avvenuta con decreto del 17 luglio 2006 ».

14. Il 28 aprile 2022, parte ricorrente ha dato prova di aver provveduto a integrare il contraddittorio, secondo quanto richiesto da questo Tribunale.

15. Medio tempore , con sentenza Consiglio di Stato, IV, 11 ottobre 2022, n. 8691, il giudice d’appello – dopo aver disposto anch’esso una verificazione – ha parzialmente accolto l’appello dell’amministrazione, evidenziando che:

- al fine della formulazione della proposta risarcitoria, doveva considerarsi che « il totale della superficie occupata, rimasta di proprietà delle signore Como è pari a 7.835 mq. e non già 15.733 mq, come invece erroneamente assunto dal primo giudice in sede di accoglimento della domanda risarcitoria »;

- ai fini dell’individuazione del dies ad quem per il computo del danno da risarcire andava considerato che « le aree sono state restituite alle signore Como in data 15 dicembre 2014 ».

16. Di tale sentenza le ricorrenti omettevano di fare menzione nella memoria versata in atti in data 28 novembre 2022.

17. In data 9 marzo 2023, il verificatore incaricato nell’ambito del presente giudizio – dopo aver chiesto e ottenuto alcune proroghe – ha depositato la propria relazione.

18. In data 12 maggio 2023, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato una memoria con la quale ha innanzitutto informato il Collegio:

- di quanto disposto dalle sentenze Tar Lazio, I, 4 febbraio 2015, n. 2123 e Consiglio di Stato, IV, 11 ottobre 2022, n. 8691 in ordine al risarcimento del danno spettante a parte ricorrente per il danno da illegittima occupazione;

- di aver avviato il procedimento per l’esecuzione delle predette sentenze.

Ciò chiarito, ha quindi insistito per il rigetto delle domande delle ricorrenti, notando che: a) la domanda di annullamento del provvedimento n. 140/2014 era priva di fondamento;
b) il Collegio non poteva pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni da illegittima occupazione spiegata nel ricorso in quanto su detta domanda era già intervenuta una sentenza passata in giudicato.

19. Il 24 luglio 2023, il verificatore ha depositato richiesta di liquidazione in favore dell’Agenzia delle Entrate di un compenso a titolo di « rimborso costi » nella misura di € 5.685,00.

20. Con memoria del 7 dicembre 2023, le ricorrenti hanno insistito nelle domande già formulate, limitandosi a contestare le conclusioni del verificatore e omettendo di prendere posizione su quanto notato ed eccepito dall’amministrazione nella propria memoria.

21. All’udienza del 19 dicembre 2023 – vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione depositata da parte ricorrente in data 13 dicembre 2023 – il ricorso è stato trattenuto in decisione.

22. Nessuna delle domande formulate nel ricorso può trovare accoglimento.

23. Sono in primo luogo prive di fondamento le doglianze avanzate dalle sigg. Como a sostegno della domanda di annullamento del decreto n. 140/2014.

A tal proposito, il Collegio ritiene sufficiente evidenziare:

a) che così come correttamente notato nella memoria difensiva depositata dalla p.a. in data 12 maggio 2023 la p.a. aveva « non solo la facoltà ma l’obbligo giuridico di far venir meno la occupazione sine titulo, in quanto fatto illecito produttivo di danno ingiusto »;

b) che – in coerenza con quanto sopra – la giurisprudenza ha evidenziato che « tenuto conto della perdurante responsabilità per l'occupazione del bene, generatrice di danno patrimoniale e fonte peraltro di responsabilità contabile, l'amministrazione ha l'obbligo primario di procedere alla restituzione del bene, salva la sua acquisizione per via consensuale o con l'esercizio del potere discrezionale di cui all'art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001 » (Consiglio di Stato, IV, 22 gennaio 2014, n. 306);

c) che la pacifica sussistenza di un potere/dovere dell’amministrazione di restituire il fondo alle ricorrenti è evidente se si considera che le medesime, nel ricorso iscritto al r.g. n. 8480/2006, con motivi aggiunti del 19 maggio 2012 hanno chiesto anche « la restituzione del bene » (cfr. sentenza Tar Lazio, I, 4 febbraio 2015, n. 2123);

d) che le censure relative alla non applicabilità al caso di specie dell’istituto di cui all’art. 46, d.p.r. n. 327/2001 sono prive di pregio, avuto riguardo all’incontestata sussistenza del potere/dovere della pubblica amministrazione di restituire il fondo e considerato che l’erronea indicazione della base giuridica nella motivazione di un atto non può condurre al suo annullamento se l’amministrazione aveva comunque il dovere di adottarlo (cfr. Consiglio di Stato, V, 21 febbraio 2020, n. 1318);

e) che l’amministrazione ha dato puntuale evidenza delle ragioni che giustificavano la restituzione del bene in luogo della sua acquisizione da parte dell’amministrazione;

f) che parte ricorrente non ha dato prova alcuna di una irreversibile trasformazione delle aree (ovvero di una « definitiva e imprescindibile inutilizzabilità delle stesse) » che ostava alla loro restituzione;

g) che – così come puntualmente evidenziato dall’amministrazione nella memoria del 12 maggio 2023 (pag. 8) – le ricorrenti non hanno fornito adeguata prova circa l’effettiva presenza di un insediamento di nomadi sull’area effettivamente di sua proprietà alla data di adozione del provvedimento di restituzione (che, così come acclarato dalla sentenza Consiglio di Stato, IV, 11 ottobre 2022, n. 8691, era pari a soli 5.253 mq) e che in ogni caso tale presenza non sarebbe stata ostativa alla restituzione del terreno (in disparte gli eventuali profili risarcitori, su cui tuttavia – come si dirà infra sub 24 – a questo Collegio non è consentito pronunciarsi).

Per tutte le suesposte ragioni, nessuno dei quattro motivi di ricorso spiegati avverso l’atto impugnato può essere accolto.

24. La domanda risarcitoria avanzata da parte ricorrente è inammissibile.

24.1. A tal proposito, va innanzitutto ricordato:

- che il principio del ne bis in idem , ricavabile dagli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in ragione del quale è vietato al giudice di pronunciarsi due volte sulla stessa controversia, è applicabile anche al processo amministrativo – in virtù del rinvio esterno contenuto nell’art. 39 comma 1, c.p.a. – perché espressivo di esigenze comuni a qualsiasi ordinamento processuale, consistenti nel prevenire l'inutile ripetizione di attività processuali e possibili contrasti di giudicati (cfr. ex multis Consiglio di Stato, IV, 14 marzo 2022, n. 1763 e V, 23 marzo 2015, n. 1558, nonché Tar Lazio, I- quater , 26 agosto 2022, n. 11287);

- che – affinché operi la predetta preclusione – è necessario che l’azione riproposta sia caratterizzata da identità delle parti, del petitum e della causa petendi (cfr. ex multis CGARS, 9 agosto 2023, n. 522, nonché Consiglio Stato, V, 8 agosto 2019, n. 5627, e III, 29 novembre 2018, n. 6808).

- che, fermo quanto sopra, la giurisprudenza ha avuto altresì modo di sottolineare che « indipendentemente dalla formazione del giudicato formale, al giudice è inibito di pronunziare una seconda volta su questioni già definite con sentenza, posto che nell'eventualità in cui davanti al medesimo ufficio giudiziario la stessa causa venga proposta due volte, si verifica una vicenda processuale anomala, in vista della quale l'ordinamento processuale appronta lo specifico rimedio disciplinato dall'art. 273 c.p.c. (che obbliga il giudice, davanti al quale siano pendenti più procedimenti relativi alla stessa causa, a ordinarne la riunione), applicabile al giudizio amministrativo in virtù del rinvio operato dall'art. 39, comma 1, c.p.a alle disposizioni del c.p.c. compatibili con la disciplina processuale amministrativa ed espressive di principi generali » (cfr. Consiglio di Stato, III, 19 settembre 2022, n. 8077).

24.2. Ciò chiarito in termini generali, nel caso di specie va evidenziato:

a) che le sigg. Como hanno avanzato per la prima volta domanda di risarcimento del danno patito a causa dell’illegittima occupazione delle aree oggetto del presente ricorso attraverso i motivi aggiunti proposti nel 2012 nell’ambito del ricorso iscritto al r.g. n. 8480/2006;

b) che la sentenza Tar Lazio, I, 4 febbraio 2015, n. 2123 – parzialmente riformata con sentenza Consiglio di Stato, IV, 11 ottobre 2022, n. 8691 (con esclusivo riferimento alla (ri)determinazione dell’area occupata di proprietà delle ricorrento e alla corretta individuazione del dies ad quem del computo di risarcimento del danno) – ha già accertato il diritto delle ricorrenti al risarcimento del danno patito a causa dell’occupazione illegittima, specificando i criteri per la determinazione dello stesso ex art. 34, comma 4, c.p.a.;

c) che la domanda risarcitoria proposta, nel 2014, nell’ambito del presente giudizio (per i danni « a vario titolo provocati e relativi sia al valore per anno di occupazione per ogni singola superficie, sia all’occupazione illegittima … tenendo conto del valore di mercato … del bene … rivalutato alla data dell’irreversibile trasformazione », ovvero finalizzata a ottenere « un ristoro determinato in base al valore di mercato del bene e che oltre al danno da illegittima occupazione, consenta di coprire quel gap costituito dalla differenza di valore tra il bene appreso, libero e vuoto da persone e cose, e quello oggetto di restituzione, integralmente vandalizzato e oggetto di sversamenti abusivi ») appare essere identica per parti, petitum e causa petendi (avendo a oggetto la domanda di condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al risarcimento dei danni patiti dalle ricorrenti a causa dell’illegittima occupazione dei terreni di loro proprietà) a quella avanzata già avanzata nel ricorso r.g. n. 8480/2006 (nell’ambito del quale le odierni ricorrenti avrebbero dovuto far valere e provare ogni pretesa in ordine ai danni patiti in ragione dell’occupazione illegittima) e su cui sono intervenute la sentenza Tar Lazio, I, 4 febbraio 2015, n. 2123 e la sentenza Consiglio di Stato, IV, 11 ottobre 2022, n. 8691 (passate in giudicato), e quindi deve essere dichiarata inammissibile per violazione del richiamato principio del ne bis in idem ;

d) che ogni pretesa relativa alla determinazione dell’importo del risarcimento dovuto dalla p.a. per l’occupazione illegittima secondo quanto disposto della sentenza Tar Lazio, I, n. 2123/2015 (e tenuto conto di quanto accertato dalla sentenza Consiglio di Stato, IV, n. 8691/2022) potrà essere fatta valere esclusivamente attraverso l’apposito rimedio previsto dall’art. 34, comma 4, c.p.a.

25. Per tutto quanto sopra:

- la domanda di annullamento dell’atto impugnato deve essere respinta;

- la domanda di risarcimento del danno avanzata da parte ricorrente deve essere dichiarata inammissibile.

26. Le spese processuali – liquidate nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto anche della condotta processuale tenuta dalle parti – seguono la soccombenza e sono poste pertanto a carico delle ricorrenti.

Queste ultime dovranno altresì farsi carico delle spese di verificazione, liquidate nella misura indicata dal verificatore nella nota versata in atti il 24 luglio 2023, che questo Collegio giudica congrua (tenuto conto della tipologia di attività espletata, del tempo verosimilmente impiegato, della complessità dei quesiti e dell’assenza di alcuna contestazione delle parti sull’importo richiesto dal verificatore).

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