TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-07-05, n. 202402459

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-07-05, n. 202402459
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202402459
Data del deposito : 5 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/07/2024

N. 02459/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01453/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1453 del 2022, proposto da A C, rappresentato e difeso dagli avvocati G A A e G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Forza D'Agrò, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

l’Assessorato Regionale alle Attività Produttive, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

- del provvedimento del Comune di Forza D’Agrò n. 3965 in data 30 maggio 2022 con cui è stata revocata la concessione all’esercizio dell’impianto di distribuzione carburanti di cui al decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999 e la relativa autorizzazione all’utilizzo di suolo pubblico;
- della comunicazione di avvio del procedimento n. 1586 del 4 marzo 2022;

- per quanto occorra, della deliberazione di Giunta n. 33 in data 22 marzo 2005, con cui è stata approvata la voltura del contratto di comodato n. 495/91 a nome di M A, nella parte in cui prevede che la concessione all’esercizio dell’impianto abbia durata sino al 31 marzo 2008;

- della nota n. 87060 in data 24 novembre;
e) la nota dell’Assessorato Regionale delle Attività Produttive n. 92891 in data 6 luglio 2022, con cui è stato comunicato il non accoglimento dell’istanza di subingresso nella titolarità dell'autorizzazione relativa al citato impianto di distribuzione, nonché l’avvio del procedimento di revoca del menzionato decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Forza D'Agrò e dell’Assessorato Regionale alle Attività Produttive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2024 il dott. E C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

FATTO e DIRITO

Con il ricorso in epigrafe, l’odierno ricorrente ha impugnato: - il provvedimento del Comune di Forza D’Agrò n. 3965 in data 30 maggio 2022 con cui è stata revocata la concessione all’esercizio dell’impianto di distribuzione carburanti di cui al decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999 e la relativa autorizzazione all’utilizzo di suolo pubblico;
- la comunicazione di avvio del procedimento n. 1586 del 4 marzo 2022;
- per quanto occorra, la deliberazione di Giunta n. 33 in data 22 marzo 2005, con cui è stata approvata la voltura del contratto di comodato n. 495/91 a nome di M A, nella parte in cui prevede che la concessione all’esercizio dell’impianto abbia durata sino al 31 marzo 2008;
- la nota n. 87060 in data 24 novembre;
- la nota dell’Assessorato Regionale delle Attività Produttive n. 92891 in data 6 luglio 2022, con cui è stato comunicato il non accoglimento dell’istanza di subingresso nella titolarità dell'autorizzazione relativa al citato impianto di distribuzione, nonché l’avvio del procedimento di revoca del menzionato decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue.

L’area su cui esiste l’impianto, autorizzato con decreto assessoriale n. 1627 del 3 dicembre 1999, era stata concessa dal Comune con contratto di comodato avente durata sino al 31 marzo 2008 e con delibera di Giunta n, 33 in data 22 marzo 2005 l’impianto è stato trasferito ad impresa poi dichiarata fallita dal Tribunale di Catania con sentenza n. 154/2018 del 5 ottobre 2018.

Il ricorrente ha acquistato l’impianto, ormai inattivo, con atto in data 26 gennaio 2021.

Veniva rappresentato per quanto di interesse, che non è mai stata comunicata, ai sensi dell’art. 15 del decreto assessoriale n. 1947/8 in data 29 giugno 2016, la sospensione temporanea dell’attività, ma il ricorrente ha inoltrato all’Assessorato Regionale la comunicazione, ex art. 72 del citato decreto assessoriale, di subingresso nell’autorizzazione e ha chiesto adottarsi il relativo provvedimento di presa d’atto.

La riapertura dell’impianto è stata caldeggiata dallo stesso Comune, come risulta dalla nota del Sindaco in data 10 febbraio 2021, inviata all’Assessorato Regionale, e dalla successiva nota del Comune in data 24 novembre 2021, con cui il ricorrente è stato diffidato a provvedere al necessario adeguamento tecnico e alla riapertura dell’impianto (nota riscontrata dall’interessato con propria nota in data 2 dicembre 2021).

Secondo la prospettazione del ricorrente, risulta, quindi, per fatti concludenti l’intenzione del Comune di confermare la concessione di suolo pubblico e l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto.

Con nota in data 16 marzo 2022, tuttavia, l’Amministrazione ha avviato il procedimento di revoca della concessione del suolo pubblico (o, più, esattamente, ha rappresentato che la concessione era scaduta nell’anno 2008) e, senza riscontrare le deduzioni dell’interessato, ha adottato l’impugnato provvedimento di revoca.

Il Comune ha osservato, in particolare, che: - il contratto di comodato aveva scadenza in data 1 aprile 2008;
- in violazione dell’art. 3 dell’allegato al decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999, l’impianto è rimasto ed era tuttora inattivo - da tempo si protraeva l’abusiva occupazione di suolo pubblico;
- le opere risultavano vetuste e in stato di totale abbandono con potenziale pericolo per la pubblica e priva incolumità;
- l’impianto era ubicato in una delle vie principali del centro storico e la sua presenza cagionava un gravissimo pregiudizio al decoro pubblico;
- con nota n. 87060 del 24 novembre 2021 il Comune aveva rappresentato all’odierno ricorrente le riscontrate inadempienze e violazioni di legge e la nota era rimasta priva di fattivo riscontro;
- l’Amministrazione doveva rientrare nella piena disponibilità del bene immobile;
- il ricorrente aveva prodotto nota del 2 dicembre 2021, ma le osservazioni rese non superavano le criticità evidenziate.

L’Assessorato Regionale, da parte sua, ha comunicato il non accoglimento della comunicazione di subingresso, osservando che la disponibilità del suolo rappresentava un requisito oggettivo essenziale dell'autorizzazione, e ha avviato il procedimento di revoca del decreto assessoriale n. 1627 del 3 dicembre 1999.

A seguito di acceso, l’interessato ha appreso che non era stato disposto alcun sopralluogo prodromico alla revoca e, in relazione all’area di cui si tratta, non era stata presentata altra richiesta di concessione.

Avverso il provvedimento di revoca, unitamente agli atti connessi e presupposti, veniva proposto ricorso per i seguenti motivi di gravame.

Per il ricorrente, il Comune ha fondato la propria decisione sulle seguenti circostanze (già indicate in punto di fatto): - inattività dell’impianto a far data dalla dichiarazione di fallimento;
- intervenuta scadenza della concessione di suolo pubblico;
- vetustà dell’impianto.

In primo luogo, veniva rilevata la contraddizione rispetto alle citate note in data 10 febbraio 2021 e 24 novembre 2021 e la violazione del principio di buona fede, avendo l’Amministrazione ingenerato un affidamento nell’odierno interessato.

Per il ricorrente, non vi sarebbe stata, in realtà, sospensione dell’attività - ed essa, comunque, non sarebbe imputabile al ricorrente - trovando applicazione l’art. 15, sesto comma, del decreto assessoriale n. 1947/2016.

Quanto all’abusiva occupazione di suolo pubblico, dall’anno 2008 il Comune, per fatti concludenti, ha inteso prorogare o rinnovare la concessione, proprio al fine di consentire la riapertura dell’impianto;
in ordine alla vetustà dell’impianto, le condizioni in cui esso si trovava dipendono dal precedente gestore, mentre il ricorrente non è stato posto in condizione di avviare le opere di ammodernamento e messa a norma per l’impossibilità di reperire le componenti impiantistiche a causa dell’emergenza epidemiologica.

Per il Cavallaro, il provvedimento risulterebbe illegittimo anche per difetto di istruttoria, non avendo il Comune considerato le oggettive difficoltà per l’avvio dei lavori, prontamente comunicate dal ricorrente, e anche perché l’accertamento della vetustà dell’impianto ha avuto luogo in epoca successiva all’adozione del provvedimento di revoca (cioè in data 6 luglio 2022).

Secondo la prospettazione del ricorrente, sussisterebbe anche il vizio di sviamento e cattivo uso del potere, nonché la violazione del principio di proporzionalità, posto che, a seguito della decisione assunta, i cittadini resteranno privi di un distributore di carburante nel territorio comunale, tenuto conto, peraltro, che sul medesimo spazio non concorrono ulteriori istanze di occupazione di suolo pubblico.

Si costituiva in giudizio (con atto di mera forma depositato in data 5 ottobre 2022) l’Assessorato Regionale che (con memoria depositata in data 27 maggio 2024) rilevava quanto segue: - con nota n. 943 in data 10 febbraio 2021 il Comune ha comunicato la chiusura dell’impianto da oltre due anni e, atteso che, ai sensi dell'art. 15, quarto comma, del decreto assessoriale n. 1947/2016, come modificato dall'art. 5 del decreto assessoriale n 2284 del 10 dicembre 2018, l'accertamento della sospensione dell'esercizio dell'attività senza preventiva comunicazione determina la revoca del titolo, l’Amministrazione, con nota n. 10571 in data 5 marzo 2021, ha comunicato l'avvio del procedimento di revoca della concessione.

Secondo la difesa erariale, sarebbe, quindi, pervenuta istanza di subingresso dell’odierno interessato, nonché la nota n. 9954 in data 1 marzo 2022, con cui il ricorrente ha giustificato la temporanea chiusura dell'impianto.

L’Assessorato Regionale ha chiesto un’integrazione documentale con nota n. 24042 in data 12 maggio 2022;
il Comune di Forza D'Agrò, con provvedimento n. 3933 del 27 maggio 2022, ha revocato l'autorizzazione all'utilizzo del suolo pubblico su cui insiste l'impianto.

Secondo l’Amministrazione regionale, la disponibilità del suolo costituisce uno dei requisiti oggettivi essenziali ai fini del subingresso nella titolarità dell'autorizzazione, sicché, con nota n. 32891 del 6 luglio 2022, è stato comunicato al ricorrente il non accoglimento della comunicazione di subingresso e il contestuale avvio del procedimento di revoca del decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999.

Con nota n. 33923 del 12 luglio 2022, il ricorrente ha chiesto la sospensione del procedimento.

Per l’Assessorato, l’autorizzazione di cui al decreto assessoriale n. 1627 in data 3 dicembre 1999 presuppone la permanenza dei requisiti soggettivi e oggettivi contemplati dalla normativa vigente e l’Amministrazione regionale non poteva che prendere atto della mancata disponibilità del suolo;
ad ogni buon conto, le doglianze del ricorrente sono rivolte esclusivamente nei confronti dell’operato del Comune.

Con memoria depositata in data 27 maggio 2024, il Comune di Forza D’Agrò dopo aver ricostruito in dettaglio lo svolgimento della vicenda esponeva, in sintesi, le seguenti difese: - l’art. 17 del regolamento OSAP dispone, tra l'altro, che la concessione o autorizzazione si estingue per scadenza del termine di durata, ove non venga rinnovata, e per dichiarazione di fallimento del titolare o dei suoi aventi causa;
- il Comune, pertanto, era tenuto ad adottare un provvedimento di natura dichiarativa e, comunque, vincolato, con conseguente rilievo assorbente della questione relativa all’abusiva occupazione dell’area;
- non vi è contrasto, inoltre, con la nota del Sindaco in data 10 febbraio 2021, con cui è stata, invece, segnalata la prolungata chiusura dell’impianto, come anche dimostrato dal fatto che tale atto è stato espressamente richiamato dall’Assessorato Regionale nella nota n. 10571 del 5 marzo 2021;
- in alcun modo il Comune ha violato il principio di buona fede o ingenerato nell’interessato un affidamento;
- occorre anche tener conto del disposto di cui all’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990, avuto riguardo alla natura vincolata dell’atto in contestazione;
- deve aggiungersi che il fallimento del concessionario costituisce evento impeditivo in senso assoluto alla prosecuzione di qualsiasi rapporto concessorio di beni pubblici (artt. 7 e 18, primo comma, lettera c, del D.P.R. n. 1269/1971);
- come affermato dalla giurisprudenza, il rilascio o subentro nella concessione originaria presuppone l’esercizio di una potestà amministrativa discrezionale anzitutto nell’ an , che richiede, invero, un atto di assenso formale a conclusione di un procedimento in cui ha luogo la valutazione della conformità dell'attività del privato con il pubblico interesse in relazione all'utilizzazione della cosa oggetto della richiesta, sicché il riferimento di parte ricorrente a fatti concludenti appare del tutto improprio;
- non vi è prova che la condizione di fatiscenza dell’impianto non sia imputabile al ricorrente e, comunque, devono considerarsi le previsioni di cui all’art. 16, primo e ottavo comma, del regolamento OSAP in materia di modifica e revoca del titolo;
- il richiamo di parte ricorrente all’interesse della cittadinanza non è conducente, tenuto conto della natura vincolata dell’atto.

Con memoria depositata in data 27 maggio 2024, il ricorrente ha ribadito le proprie difese, precisando, in particolare, quanto segue: - il destinatario della revoca (sanzionatoria) doveva essere, semmai, l’autore delle violazioni riscontrate dall’Amministrazione, nonché titolare del provvedimento favorevole;
- il ricorrente era comunque impossibilitato ad intervenire sull’impianto, sia perché non era concessionario, sia perché era fatto divieto (anche) al concessionario di apportare modifiche di qualsiasi natura alla consistenza, alle caratteristiche e alla struttura dell’impianto senza la preventiva ed esplicita autorizzazione dell’Assessorato Regionale.

Con memoria depositata in data 6 giugno 2024, il Comune ha ribadito le proprie difese, precisando, in particolare, quanto segue: - con memoria in data 27 maggio 2024 il ricorrente ha introdotto una nuova censura -comunque infondata - affermando che il destinatario del provvedimento di revoca avrebbe dovuto essere l’originario titolare della concessione;
- ad ogni buon conto, il ricorrente, a far data dal 26 gennaio 2021, è divenuto proprietario dell’impianto, nello stato di fatto e di diritto in cui esso si trovava, ed è, quindi, divenuto anche responsabile dell’occupazione abusiva di suolo pubblico;
- appare irrilevante la documentazione prodotta dall’interessato in data 16 maggio 2024, in quanto relativa ad un periodo successivo all’adozione del provvedimento impugnato;
- prescindendo dalla natura vincolata del provvedimento opposto, le valutazioni di merito in ordine alle decisioni da assumere nell’interesse dei cittadini sono di esclusiva competenza dell’Amministrazione;
- il ricorrente ha effettuato un incauto acquisto e ora pretende di addossare al Comune le relative conseguenze.

Con memoria depositata in data 6 giugno 2024, il ricorrente ha ribadito le proprie difese anche alla luce delle ulteriori deduzioni avversarie, osservando, in particolare, quanto segue: - l’effetto automatico di decadenza derivante dalla dichiarazione di fallimento non si desume in modo automatico dal tenore del regolamento comunale;
- non può condividersi la tesi secondo cui la decadenza ex art. 17 del regolamento costituirebbe un’attività vincolata per l’Amministrazione;
-l’interpretazione di controparte renderebbe illegittimo, in parte qua, il regolamento comunale per contrasto con le norme di rango primario che disciplinano le procedure concorsuali, posto che per effetto della dichiarazione di fallimento tutte le attività del fallito sono acquisite alla massa, ivi comprese le situazioni di interesse legittimo nei confronti dell’Amministrazione, ovvero le situazioni di diritto acquisite per effetto di provvedimenti amministrativi;
- sotto altro profilo, non si comprende il rifiuto dell’Ente al subentro, posto che l’interessato si è offerto di saldare quanto dovuto dal dante causa;
- la memoria della difesa erariale è stata, inoltre, depositata alle ore 17:11 dell’ultimo giorno e, pertanto, risulta tardiva.

All’udienza pubblica del 27 giugno 2024, sentite le parti, la causa veniva trattenuta in decisione.

Con riferimento all’eccezione di tardività del deposito della memoria della difesa erariale, la Sezione ha sempre affermato che - come ritenuto da una parte della giurisprudenza di secondo grado - il deposito dopo le ore 12:00 dell’ultimo giorno determina semplicemente il diritto delle controparti di considerare il deposito effettuato il giorno successivo, con conseguente dilazione (di un giorno) del termine per controdedurre (in ipotesi anche oralmente in udienza pubblica) (sul punto vedi Consiglio di Stato sez. VI, 18/05/2020, n.3149, secondo cui “Il deposito con il processo amministrativo telematico è possibile fino alle ore 24:00, ma, se effettuato oltre le ore 12:00 dell'ultimo giorno utile rispetto ai termini previsti dalla legge (ossia dall'art. 73, comma 1, c.p.a. o dall'art. 84 comma 5, d.l. n. 18/2020), si considera, ai fini della garanzia dei termini a difesa e della fissazione delle udienze camerali e pubbliche, effettuato il giorno successivo” ).

Nel merito il ricorso è infondato e, per l’effetto deve essere rigettato.

Secondo il Regolamento Comunale O.S.A.P. (in particolare l’art. 17 comma 2, lettera a) e lettera d), la concessione si estingue automaticamente per scadenza del termine di durata e in caso di fallimento del concessionario.

Nella fattispecie, ricorrono entrambe le ipotesi di decadenza assurgendo, pertanto, il provvedimento di revoca ad atto avente natura vincolata e non residuando (proprio in forza di tale disposizione regolamentare) alcuno spazio di discrezionalità da parte dell'Amministrazione comunale.

La concessione di suolo pubblico (nella specie denominata “contratto di comodato” ) su cui insiste(va) l’impianto era, infatti, decaduta sia per l’intervenuta dichiarazione di fallimento (ex art. 17 c. 2^ lett. d) Reg. O.S.A.P.), sia perché era intervenuta la scadenza in data 31 marzo 2008.

In ogni caso – come è noto - le concessioni (incluse quelle di suolo pubblico) sono provvedimenti amministrativi i quali, quindi, non possono essere adottati tramite (presunti) comportamenti concludenti.

In altri termini, sia la scadenza naturale del contratto di comodato dell’area di suolo pubblico (risalente al 2008) che la dichiarazione di fallimento del dante causa del Cavallaro costituiscono, ai sensi della più volte citata norma regolamentare art. 17 O.S.A.P., eventi che comportano la decadenza o comunque fatti impediti in senso assoluto alla prosecuzione di un qualunque rapporto concessorio di beni pubblici.

Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso è infondato e, per l’effetto, deve essere rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo e si liquidano come da dispositivo;
spese compensate nei confronti dell’Assessorato per la posizione marginale rivestita nella vicenda de qua .

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