TAR Bologna, sez. I, sentenza 2016-03-31, n. 201600355

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2016-03-31, n. 201600355
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201600355
Data del deposito : 31 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00096/2015 REG.RIC.

N. 00355/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00096/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 96 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. D T, A F S A, con domicilio eletto presso Massimiliano Iovino in Bologna, piazza Galileo, 4;

contro

U.T.G. - Prefettura di Reggio Emilia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Bologna, Via Guido Reni n.4;

Camera di Commercio di Reggio Emilia, rappresentata e difesa dagli avv.ti C P, A M C, con domicilio eletto presso l’Unione regionale delle Camere di Commercio dell’E.R in Bologna, Viale Aldo Moro n.62;

per l'annullamento

dell'informativa interdittiva antimafia emessa in data 27.10.2014 dalla Prefettura di Reggio Emilia;

della nota della Camera di Commercio di Reggio Emilia n. -OMISSIS-del 20.11.2014 e della successiva comunicazione n. prot. -OMISSIS- del 22.12.2014;

di ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale a quelli impugnati.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Reggio Emilia e di Camera di Commercio di Reggio Emilia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2016 il dott. A P e uditi per le parti i difensori Vittorio Paolucci, C P e Laura Paolucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

-OMISSIS- ha impugnato il provvedimento interdittivo antimafia emesso a suo carico dal Prefetto di Reggio Emilia il 27.10.14 e le consequenziali comunicazioni 20.11.14 della Camera di Commercio di Reggio Emilia recanti avvio del procedimento di cancellazione dal registro delle imprese esercenti il commercio all’ingrosso, deducendo rispettivamente che l’interdittiva antimafia non gli è stata comunicata ex art. 92 D.Lgs. 159/11, e che essa non comporta anche il divieto all’esercizio del commercio con soggetti privati.

Con motivi aggiunti estesi alla relazione 21.7.14 dello U.T.G. di Bergamo, la ricorrente ha lamentato che l’interdittiva si basa soltanto su elementi asintomatici (cioè mere frequentazioni e un rapporto di affinità con presunti esponenti di sodalizio mafioso, del tutto estranei alla società, i cui soci sono invece esenti da qualsiasi segnalazione o precedente) e su dichiarazioni non probanti perché non assunte in dibattimento.

Con ulteriori motivi aggiunti, estesi alle note camerali 20 e 27.4.2015 di cancellazione dal registro, la ricorrente ha rilevato che di tali soggetti il giudice penale ha ritenuto marginale il ruolo svolto nel sodalizio criminale (cfr. revoca della custodia cautelare del sig. -OMISSIS-16.3.15 del Tribunale di Bologna), ovvero non provata la appartenenza allo stesso (del sig. -OMISSIS-, provvedimento 21.2.15 del Tribunale della Libertà di Bologna), e che la cancellazione dal registro delle imprese sarebbe priva di base normativa specifica, costituendo illegittima estensione analogica di norme eccezionali, nonché carente di istruttoria e motivazione.

Resistono la Prefettura e la Camera di Commercio di Reggio Emilia, cui replica la ricorrente con successive memorie.

E’ infondato il primo motivo del ricorso introduttivo.

L’invocato art. 92/2 bis del Codice antimafia, recante l’obbligo di comunicare l’interdittiva entro 5 giorni è stato introdotto con D.Lgs. 13 ottobre 2014, n. 153, pubblicato in G.U. il 27 ottobre 2014, e quindi entrato in vigore il 26 novembre 2014 e perciò non applicabile “ratione temporis” al provvedimento prefettizio del precedente 27 ottobre, a prescindere dalla pretesa (del ricorrente) funzione integrativa rispetto all’art. 7 della legge 241/90.

Viceversa, la violazione di quest’ultimo è stata lamentata per la prima volta con semplice memoria del 24/12/15 (cfr. pag. 3 ultimo cpv.), e pertanto tale censura è inammissibile per difetto di notifica e tardività.

Con riferimento ai motivi aggiunti, entrambi mirano a configurare l’interdittiva come un provvedimento pretestuoso, basato soltanto su flebili congetture attinenti saltuarie e occasionali frequentazioni e un mero rapporto di affinità con soggetti estranei all’impresa e la cui appartenenza al sodalizio mafioso sarebbe poi stata smentita dai sopravvenuti provvedimenti del Tribunale ordinario e del Tribunale della Libertà.

Anzitutto, va premesso che nessuno di essi fa stato quanto all’accertamento del fatto, trattandosi soltanto di provvedimenti in materia di regime preventivo di custodia, e non di statuizioni idonee a formare giudicato sul punto della appartenenza o meno al contesto malavitoso.

In secondo luogo, essi non smentiscono affatto tale appartenenza ma in un caso la ritengono non sufficientemente provata ai fini restrittivi della libertà personale nell’ambito del procedimento penale (il che non esclude, ovviamente, la sufficienza degli indizi acquisiti ai ben diversi fini della tutela preventiva della libertà negoziale della P.A.), e nell’altro caso la confermano sia pure qualificandola marginale e fungibile.

Quanto al rapporto di affinità del socio -OMISSIS- con il sig. -OMISSIS-, esso non è certamente assunto dalla Prefettura come unico o principale elemento indiziario, ma viene riguardato non in modo atomistico bensì in relazione al quadro indiziario complessivo in cui ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri.

Trattasi, in particolare, di frequentazioni non meramente occasionali ma tali da determinare un elemento sintomatico di stretta e qualificata contiguità come la coincidenza tra la sede legale della società e l’abitazione di un soggetto pregiudicato per reato associativo di stampo mafioso (cfr. pag. 7 della interdittiva), nonché di dichiarazioni rese da diversi dipendenti della società su specifici episodi di ingerenza da parte di -OMISSIS-;
dichiarazioni che, a prescindere dalle modalità di acquisizione ai fini probatori penali, non sono affatto state contestate quanto al fatto storico della loro assunzione e dei loro contenuti, i quali hanno per oggetto non già elementi sintomatici di un pericolo di ingerenza, ma proprio quella ingerenza la cui prevenzione nei rapporti, anche intermediati, con la P.A., costituisce proprio la “ratio” della interdittiva.

“L’esistenza di situazioni di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 4 D.Lgs. 490/1994, per la sua natura preventiva, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di elementi in base ai quali non sia logico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento dell’impresa con organizzazioni mafiose o di un condizionamento dell’impresa stessa da parte di queste. L’inibitoria antimafia costituisce, infatti, la massima anticipazione di tutela preventiva come risposta dello Stato verso il crimine organizzato, in quanto la legge ha assunto come obiettivo principale l’assoluta salvaguardia dei principi di trasparenza e libertà di agire contrattuale della pubblica amministrazione rispetto a soggetti che possono, in un modo o nell’altro, risultare serventi rispetto a realtà imprenditoriali contigue ad associazioni criminali. Corollario di tale politica legislativa è l’ampia potestà discrezionale attribuita all’organo istruttore in ordine alla ricerca ed alla valutazione degli elementi da cui poter inferire eventuali connivenze e collegamenti di tipo mafioso. Per giustificare l’adozione di un’interdittiva antimafia non è necessario, quindi, pervenire al massimo grado di certezza dei presupposti di una decisione che può essere assunta in sede giurisdizionale e nemmeno la misura minore di certezza posta a base di una misura di prevenzione, essendo invece all’uopo sufficiente la dimostrazione del pericolo del pregiudizio, attraverso la presenza di fatti sintomatici ed indizianti che sostengono l’ipotizzabilità della sussistenza di un collegamento tra impresa e criminalità organizzata”(così Cons. Stato, sez. VI. 26 gennaio 2006, 222 e anche sez. VI 901/09);
“l’insieme degli elementi raccolti non vanno guardati in modo atomistico, ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione ad uno specifico quadro indiziario nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri” (così T.AR Campania-Napoli, 5 giugno 2012 n. 2628, e anche T.A.R. Campania-Napoli, 13 giugno 2005 n. 7811;
T.A.R. Lazio-Roma, 1 luglio 2008 n. 6384;
T.A.R. Campania-Napoli, 10 febbraio 2010 n. 837).

Risulta evidente che gli elementi raccolti, nella fattispecie delineano nell’insieme una vicinanza oggettiva con soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali mafiose o ad esse contigui, consentendo di addivenire ad un giudizio di permeabilità, non essendo necessaria in questo contesto la prova dell’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, essendo invece sufficiente, secondo un giudizio prognostico e discrezionale, la mera possibilità di interferenze della criminalità rilevate da fatti sintomatici o indiziari (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. III, 19 gennaio 2012, n. 254).

Per tali motivi l’operato dell’Amministrazione prefettizia è da ritenersi immune dalle censure di violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione e istruttoria, travisamento, difetto di presupposti, illogicità e sviamento dedotte con i due atti notificati per motivi aggiunti.

Le residue censure, dedotte sia in ricorso che nei motivi aggiunti, riguardano il provvedimento camerale, di cui si contestano le basi normative, istruttorie e motivazionali. Al riguardo, “melius re perpensa” rispetto alla sommaria delibazione resa ai fini cautelari, il Collegio ritiene che una lettura sistematica delle disposizioni in materia conduca a diverse conclusioni.

L’art. 67 del D.Lgs. 6.9.2011, n. 152 (“Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”) stabilisce che i destinatari di misure di prevenzione di cui al libro I, titolo I, capo II non possono ottenere una serie di provvedimenti concessivi o abilitativi, tra i quali le iscrizioni nei registri della Camera di commercio per l’esercizio del commercio all’ingrosso (comma 1 lett. d) dell’art. 67). Il secondo comma precisa che tali misure di prevenzione comportano anche “decadenza di diritto” dalle iscrizioni già ottenute, che devono essere cancellate.

Le disposizioni del libro II (“Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”) attribuiscono, per rinvio all’art. 67, gli stessi effetti preclusivi e decadenziali alla informativa antimafia positiva, istituendo un perfetto parallelismo con le viste misure di prevenzione.

Infatti:

- le amministrazioni competenti, prima di rilasciare i provvedimenti favorevoli di cui all’art. 67, devono acquisire, a norma dell’art. 83 comma 1, oltre alla “comunicazione” della sussistenza o meno di misure di prevenzione di cui all’art. 67, anche l’“informazione” circa la sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte dell’impresa (cfr. art. 84, commi 1, 2 e 3);

- quando dalle verifiche intese al rilascio di tale documentazione emerge “la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il Prefetto (n.d.r. art. 89 bis c. 1) adotta COMUNQUE un’informazione INTERDITTIVA e ne dà comunicazione ai soggetti richiedenti ….. senza emettere la comunicazione relativa alle misure di prevenzione”;

- ciò, evidentemente, perché in tal caso l’informativa antimafia è già di per sé “interdittiva”, cioè produce gli stessi effetti (divieti e decadenze), ovvero <<tiene luogo della comunicazione antimafia>>
(art. 89 bis comma 2);

- completa il sistema la sua trasmissione (art. 91, comma 7 bis) alle altre amministrazioni (diverse da quella richiedente ma provviste di competenza ex art. 67) per l’adozione dei provvedimenti di decadenza e/o cancellazione su concessioni, abilitazioni e iscrizioni antecedenti (e segnatamente alle Camere di commercio di cui alla lett. c dell’art. 91, comma 7 bis).

In sintesi, se l’informazione è positiva ha comunque effetto interdittivo e, senza emettere la comunicazione relativa alle misure di prevenzione, della quale tiene luogo (art. 89 bis), è trasmessa dal Prefetto, oltre che alle amministrazioni richiedenti, alle altre (segnatamente alle Camere di commercio sub lett. c dell’art. 91, comma 7 bis) competenti ad adottare gli ulteriori provvedimenti di divieto o di decadenza rispetto a concessioni, abilitazioni e iscrizioni antecedenti.

Una attenta lettura sistematica delle disposizioni in commento dimostra, quindi, che l’interdittiva antimafia ha comportato decadenza di diritto dalla iscrizione nel registro della Camera di commercio, la quale era del tutto vincolata a provvedere per la cancellazione.

Non vi erano ulteriori presupposti da accertare in via istruttoria, né ulteriori motivazioni da svolgere oltre al richiamo dell’interdittiva antimafia, mentre le ulteriori indicazioni normative rese negli atti camerali e contestate dalla ricorrente, ancorché eventualmente ultronee, sono irrilevanti per quanto sopra.

Conclusivamente, il ricorso è respinto.

Spese secondo soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi