TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-07-05, n. 201700640
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Pubblicato il 05/07/2017
N. 00640/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00819/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 819 del 2000, proposto da:
R G, e, quali eredi, C A e R R, tutti rappresentati e difesi dall’avv. P V G, con domicilio eletto presso il suo studio, in Venezia, S. Croce, 466/g;
contro
Comune di Cavallino Treporti, rappresentato e difeso dagli avv.ti G G e M M, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura civica del Comune di Venezia, in Venezia, S. Marco, 4091;
Quanto al ricorso principale:
per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 24395/10678/01 del 14.12.1999, con il quale il dirigente del Settore Urbanistica ed Edilizia privata del Comune di Cavallino Treporti ha respinto la domanda di concessione edilizia in sanatoria;
- di ogni atto annesso, connesso o presupposto;
Quanto al ricorso per motivi aggiunti:
per l'annullamento
- del provvedimento prot. 24395 del 29.01.2003 con il quale il Comune di Cavallino Treporti ha respinto la domanda di concessione edilizia in sanatoria;
- del provvedimento prot. 24395 del 29.01.2003 con il quale il Comune di Cavallino Treporti ha negato l’autorizzazione ai sensi della L.R. Veneto n. 63/1994;
- di ogni atto annesso, connesso o presupposto;
Visti il ricorso, il ricorso per motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cavallino Treporti;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 la dott.ssa A T e uditi per la parte ricorrente il difensore come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il signor G R impugna, chiedendone l’annullamento, l’atto di diniego, in epigrafe compiutamente individuato, emanato dal Comune di Cavallino Treporti sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria, ex L. n. 47/1985, dallo stesso presentata per una serie di manufatti realizzati in Via Carso.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente impugna, sempre chiedendone l’annullamento, i due atti, parimenti in epigrafe compiutamente individuati, con i quali il Comune di Cavallino Treporti ha, rispettivamente, rinnovato il diniego di concessione edilizia in sanatoria ex L. n. 47/195, e ha negato l’autorizzazione ex L.R. Veneto n. 63/1994.
Si è costituito in giudizio il Comune di Cavallino Treporti con atto di mera forma.
Nelle more del giudizio il ricorrente è deceduto, sicché si sono costitute le eredi, signore A C e R R, insistendo per l’accoglimento delle domande già formulate dal proprio dante causa e ribadendone le tesi difensive in una successiva memoria.
Con ordinanza n. 369/2016 questo Tribunale ordinava al Comune di depositare « una documentata relazione sulla vicenda controversa, compresi gli sviluppi più recenti sopravvenuti, con allegati tutti gli atti del procedimento ».
Adempiuto l’incombente istruttorio, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 25 maggio 2017 e in quella sede trattenuta in decisione.
DIRITTO
Viene all’esame di questo Tribunale il contenzioso originato dal diniego del Comune di Cavallino Treporti alla domanda di condono edilizio a suo tempo presentata dal signor G R.
Il diniego è motivato con l’incompatibilità – per materiali utilizzati e per caratteri tipologici - dell’intervento edilizio abusivo con il contesto tutelato nel quale si inserisce.
Preliminarmente, va dichiarata, ai sensi del combinato disposto degli articoli 35, comma 1, lettera c), e 85, comma 9, Cod. proc. amm., l’improcedibilità del ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse, avendo il diniego impugnato con i motivi aggiunti sostituito quello originariamente gravato, come del resto riconosciuto anche da parte ricorrente nella memoria difensiva depositata in data 20 aprile 2017.
Può ora passarsi all’esame delle censure dedotte con il ricorso per motivi aggiunti.
Con il primo motivo di impugnazione, rubricato “Violazione degli artt. 32 e 35 L. 28.2.85 n. 47. Eccesso di potere travisamento dei fatti e carenza dei presupposti”, in prima battuta, viene contestato che l’area sulla quale insistono i manufatti abusivi sia vincolata e, in subordine, che il vincolo sia antecedente alla realizzazione dei manufatti medesimi, traendone la conclusione che sulla domanda di condono si sia formato il silenzio-assenso, essendo intervenuto il diniego ben oltre i ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di sanatoria.
Ulteriormente, parte ricorrente ritiene che a diciotto anni di distanza dalla presentazione della domanda, l’Amministrazione non possa denegare il rilascio del titolo in sanatoria, adducendo valutazioni di tipo ambientale, senza considerare che nel tempo lo stesso contesto ambientale muta e che il decorso di un così lungo lasso di tempo fa presumere cha l’Amministrazione non abbia interesse alla repressione dell’abuso edilizio.
La doglianza è infondata.
Invero, non è in contestazione (ma anzi è ammesso dagli stessi deducenti) che le opere di cui si discute ricadano nel perimetro della laguna di Venezia. E su tutto il territorio della laguna veneziana insiste il vincolo paesaggistico ex lege n. 1497/39, giusta il D.M. 1°.08.1985 che, ancorché annullato con sentenza T.A.R. Veneto n. 74/86, è stato recuperato dalla decisione C.d.S. n. 168/93, che ha chiarito come il potere di sottoposizione a tutela delle c.d. bellezze di insieme spetti in via autonoma e concorrente anche allo Stato, oltre che alle Regioni a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 616/77 (cfr., T.A.R. Veneto, Sez. II^, sentenza n. 732/2013).
Orbene, da un lato, il meccanismo del silenzio-assenso sul condono per il decorso del termine di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda non opera laddove le opere da condonare ricadano in un ambito sottoposta a vincolo, tanto di inedificabilità (ex articolo 33 L. n. 47/1985), quanto paesaggistico-ambientale, come per l’appunto nel caso di specie (cfr., T.A.R. Veneto, Sez. II^, sentenza n. 278/2014).
Dall’altro lato, non è rilevante che l’apposizione del vincolo sia antecedente piuttosto che successiva alla realizzazione dell’abuso, dovendosi avere riguardo alla disciplina del territorio, ivi compresa quella vincolistica, vigente al momento in cui la domanda di sanatoria è esaminata (cfr., C.d.S, Sez. IV^, sentenza n. 2395/2013).
Così come è irrilevante che il parere contrario dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo sia intervenuto a notevole distanza di tempo dalla domanda di sanatoria, integrando il decorso del termine per l’emanazione del richiesto parere un’ipotesi di silenzio-rigetto (cfr., T.A.R. Veneto, Sez. II^, sentenza n. 1208/2013).
E’, di contro, fondato il secondo motivo di impugnazione, epigrafato “Eccesso di potere per genericità e perplessità. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione”, con cui si stigmatizza l’inadeguatezza della motivazione del diniego di sanatoria e di autorizzazione a far comprendere le ragioni per le quali la domanda non fosse suscettibile di positivo riscontro, onde (eventualmente) adeguare l’intervento alle esigenze di tutela ambientale.
Vero è, infatti, che l’Amministrazione ha così testualmente motivato la propria determinazione negativa « parere contrario ai manufatti ad uso garage, cantina, deposito attrezzi, magazzino di mq. 19,20 in quanto contrasta con i caratteri tipologici e ambientali del sito tutelato e per l’uso di materiali incongrui ».
Tale motivazione non appare, all’evidenza, idonea a sorreggere in modo puntuale il diniego della domanda di sanatoria.
Infatti, l'Amministrazione è certamente tenuta a motivare in modo esaustivo circa la concreta incompatibilità del progetto sottoposto all'esame con i valori paesaggistici tutelati, indicando le specifiche ragioni per le quali le opere edilizie considerate non si ritengono adeguate alle caratteristiche ambientali protette (cfr., T.A.R. Veneto, Sez. II^, sentenza n. 206/2014).
E, a tale fine, non è certo sufficiente il generico riferimento alla tipologia della costruzione e ai materiali utilizzati nella edificazione, dovendosi di contro esplicitare le ragioni di fatto poste alla base dell'atto di diniego, anche per rendere edotto il titolare dell'interesse legittimo di carattere pretensivo sulle circostanze rilevanti nel caso di specie.
In definitiva, nel caso in esame il diniego espresso in ordine alla domanda di sanatoria contiene una valutazione apodittica che non appare soddisfare i requisiti minimali della motivazione, non essendo di certo sufficiente la mera affermazione secondo cui i manufatti in questione mal si inserirebbero nel contesto ambientale per i materiali utilizzati e la tipologia costruttiva, atteso che nulla viene specificato nel concreto per dimostrare il contrasto con l'interesse ambientale tutelato.
Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso deve, pertanto, essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.