TAR Firenze, sez. I, sentenza 2020-03-19, n. 202000344

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2020-03-19, n. 202000344
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202000344
Data del deposito : 19 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/03/2020

N. 00344/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00750/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 750 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Mobit società consortile a responsabilità limitata, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, A B, R F, M L, P L S, M S, G P e B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A B in Firenze, via Palestro 3, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Toscana, rappresentata e difesa dagli avvocati L B e L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in piazza Unità, 1;

nei confronti

Autolinee Toscane S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Lombardo, Giannalberto Mazzei e Giuseppe Morbidelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Morbidelli in Firenze, via La Marmora, 14;
Ratp - Régie Autonome Des Transports Parisiens, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Macchi Di Cellere e Arcangelo Pecchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento, per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del decreto dirigenziale della Regione Toscana n. 6585 datato 19 aprile 2019 e pubblicato in data 3 maggio 2019 con il quale è stata aggiudicata in via definitiva ad Autolinee Toscane spa con sede in Borgo San Lorenzo la gara (CIG 376562540D) per l'affidamento in concessione di servizi di trasporto pubblico locale nell'Ambito territoriale ottimale coincidente con il territorio della Regione Toscana;

- della comunicazione prot. 16624 del 3 maggio 2019 con la quale la Regione Toscana ha trasmesso alla scrivente, a mezzo pec, il decreto dirigenziale n. 6585 ora citato;

- dei verbali della commissione giudicatrice, del presidente di gara, del responsabile del procedimento e di ogni altro verbale inerente alle operazioni di gara, nessuno escluso ed eccettuato, e segnatamente i verbali nn. di raccolta 4825 del 2.3.2017;
4827 del 2.3.2017;
4828 del 6.3.2017;
4836 del 13.3.2017;

- dei chiarimenti e delle comunicazioni trasmesse dalla Regione Toscana all'esito del Decreto Dirigenziale n. 13939 del 14/12/2016;

- di ogni altro atto connesso, presupposto, antecedente e consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto, ed in particolare della delibera di Giunta Regionale n. 612 del 10 luglio 2012

nonché infine per l'accertamento

del diritto della ricorrente al conseguimento dell'aggiudicazione e del contratto della gara de qua ovvero, in subordine, del diritto della ricorrente al risarcimento del danno per equivalente.

per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da AUTOLINEE TOSCANE SPA il 5\7\2019:

avverso gli atti e provvedimenti amministrativi oggetto di ricorso principale, ovvero in parte qua i verbali della commissione di gara (racc. 4825 del 2.3.2017, racc. 4827 del 2.3.2017, racc. 4828 del 6.3.2017, racc. 4836 del 13.3.2017), nonché in quanto occorra la lettera di invito, l'allegato 5 'Linee guida per la redazione del PEF', limitatamente alla parte in cui l'offerta presentata dalla ricorrente Mobit è stata ammessa e non esclusa

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da MOBIT SOCIETÀ CONSORTILE A RESPONSABILITÀ LIMITATA il 10\10\2019 :

per l'annullamento (anche in via derivata nei sensi di cui al presente atto)

- della Deliberazione della Giunta della Regione Toscana n. 941 del 22 luglio 2019 con la quale viene fissato un contributo aggiuntivo per il piano di rinnovo parco bus;

- di ogni altro atto connesso, presupposto, antecedente e consequenziale, ancorché allo stato non conosciuto, e segnatamente della relazione istruttoria richiamata nella stessa Deliberazione (doc. 56) e della nota della Regione Toscana prot. 27239 del 30 luglio 2019 (doc. 61).

nonché per l'annullamento e/o la nullità dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo (da intendersi qui richiamati).


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Toscana e di Autolinee Toscane S.p.A. e di Ratp - Régie Autonome Des Transports Parisiens;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2020 il consigliere R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con sentenza n. 1548/2016, questo Tribunale annullava l'aggiudicazione disposta dalla Regione nei confronti della società Autolinee Toscane della concessione, ai sensi del Regolamento comunitario n. 1370/2007, del servizio del trasporto pubblico locale su gomma nel territorio regionale. L’annullamento era disposto in accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale sul rilevo che ambedue i concorrenti (Mobit ed AT) avrebbero dovuto essere esclusi dalla gara per ragioni speculari attinenti alla valutazione dei piani economico-finanziari (PEF) presentati a corredo delle rispettive offerte. In particolare, secondo il Tribunale, il piano presentato da AT non raggiungeva la soglia minima dell’indice “DSCR” previsto dalle Linee guida quale parametro da rispettare per assicurare un equilibrato rapporto fra flussi di cassa e servizio del debito.

In esecuzione della predetta sentenza la Regione Toscana, con provvedimento dirigenziale del 14.12.2016, richiedeva alle due Società di presentare nuovi PEF, emendati dai vizi censurati, mantenendo, però, inalterate le rispettive offerte tecniche ed economiche.

Tale modus procedendi veniva nuovamente censurato con un secondo ricorso di Mobit respinto, questa volta, da Tribunale con sentenza n. 1159/2017.

Entrambe le sentenze venivano appellate innanzi al Consiglio di Stato.

Nelle more dell’appello la procedura proseguiva: le due imprese concorrenti presentavano i nuovi PEF che venivano esaminati e valutati positivamente dalla Commissione ed, in data 13.3.2017, la Regione aggiudicava (in via provvisoria) nuovamente la gara ad AT.

Essendo stata sollevata dal Consiglio di Stato una questione interpretativa del regolamento1370/2007 innanzi alla Corte di Giustizia UE, la Stazione appaltante riteneva prudenzialmente di posticipare la aggiudicazione definitiva ed il subentro di AT stipulando in data 29.12.2017 un contratto ponte con i gestori attuali finalizzato all’affidamento diretto in via emergenziale.

A seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia (avvenuto con sentenza in data 21.3.2019) la Regione disponeva l’aggiudicazione in via definitiva mediante il decreto dirigenziale n. 658 del 19.4.2019 impugnato da Mobit col presente giudizio.

Poiché alla data di notifica del ricorso introduttivo le questioni oggetto degli appelli proposti dalle parti non erano state ancora definite dal Consiglio di Stato, Mobit oltre a dedurre vizi propri del suddetto decreto ha altresì riproposto altresì tutti i motivi già formulati nei ricorsi di primo grado decisi con le sentenze dell’Ecc.mo TAR n. 1548/2016 e n. 1159/2017.

AT si è costituita in giudizio proponendo ricorso incidentale.

Con atto di motivi aggiunti notificato in data 30.9.2019 Mobit ha impugnato la delibera della Giunta Regionale n. 941 del 22.9.2019 con la quale è stato fissato un contributo per il piano di rinnovo del parco bus.

In data 11 dicembre 2019 il Consiglio di Stato, Sez. V, ha pubblicato la decisione n. 8411/2019 con la quale sono stati definiti tutti gli appelli principali e incidentali proposti dalle parti per la riforma delle sentenze di questo Tribunale Amministrativo n. 1548/2016 e n. 1159/2017 (sopra richiamate) relative alla procedura di gara di cui si discute.

Il Consiglio di Stato ha integralmente confermato le suddette sentenze pronunciandosi su tutte le originarie censure che Mobit ha poi riproposto nel presente giudizio (motivi contenuti nella prima parte del ricorso e rubricati ai numeri III, V e da VII a XII).

Tali motivi sono divenuti pertanto improcedibili in quanto afferenti questioni coperte da giudicato.

Gli stessi sono in ogni caso infondati per le condivisibili motivazioni espresse nella richiamata sentenza del giudice di appello alla quale per economia di giudizio si rinvia.

Le uniche censure che verranno di seguito esaminate sono, quindi, quelle che non formavano oggetto dei ricorsi originari. Discorso a parte merita la riproposizione della questione di incostituzionalità della legge regionale laddove prevede l’affidamento con unico lotto che sarà partitamente presa in considerazione.

Con il primo motivo di ricorso Mobit si duole del fatto che AT sarebbe stata ammessa alla gara nonostante il fatto che il PEF dalla stessa presentato sarebbe stato asseverato da un ente (Baker Till) non iscritto all’albo delle società di revisione di cui all’art. 1 della l. 23.11.1939, n. 1966, in violazione della lex specialis e dell’art. 153 comma 9 del D.Lgs 163/2006 operante ratione temporis .

La cesura è infondata.

La questione relativa alla sussistenza della facoltà di asseverazione di documenti contabili in capo alle società che come la Baker Till sono registrate nell’elenco dei revisori tenuto dal Ministero Economia e Finanze e non in quello di cui alla L. 1966/1939 (tenuto dal Ministero dello sviluppo economico) è stata affrontata e chiarita con dovizia di argomentazioni (condivise dal Collegio) dal Consiglio di Stato il quale ha stabilito che il riferimento alla legge del 1939 contento nell’art. 153 comma 9 del D.lgs 163/2006 deve essere inteso in modo ampio alla attività di revisione contabile in sé e non è, invece, diretto a riservare il potere di asseverazione dei piani economico finanziari presentati nell’ambito di procedimenti di gara alle sole società iscritte nell’albo dalla stessa contemplato che attualmente non esaurisce l’ambito delle società abilitate alla revisione contabile (Sez. V, 2351/2019).

Anche alla lex specialis di gara, che riproduce il contenuto della normativa primaria, deve essere data la stessa interpretazione con la precisazione che, in ogni caso, la previsione di modalità di asseverazione più restrittive di quelle di legge avrebbe violato il principio di tassatività della cause di esclusione.

Con la seconda censura Mobit, dopo aver ricordato che l’offerta di AT fu a suo tempo dichiarata invalida poiché presentava un indice DSCR (indicativo del “rapporto, tra il free cash flow ed il servizio del debito comprensivo di quota capitale e quota interessi”) medio inferiore all’unità in violazione di quanto previsto, a pena di esclusione, dalla lex specialis , afferma che nel nuovo PEF il rispetto del predetto parametro sarebbe stato ottenuto attraverso un artificio contabile. Segnatamente, l’acquisto di nuovi automezzi nel precedente PEF sarebbe stato coperto mediante il ricorso a due distinti finanziamenti bancari (che andavano a pesare sul DSCR) mente nel nuovo PEF sarebbe stato assicurato mediante una operazione di leasing senza tuttavia computare i relativi canoni nel calcolo del richiamato indice il quale, in tal modo “alleggerito”, sarebbe risalito sopra la soglia della unità.

Mobit censura in primo luogo l’utilizzo da parte di AT di una forma contrattuale non consentita dalla lex specialis : a suo dire, infatti, la legge di gara, prevedendo il riscatto degli automezzi, avrebbe consentito solo il cd. “ leasing finanziario” e non, invece, quello “operativo” a cui AT avrebbe fatto ricorso.

Tutta la censura si basa su una pretesa applicazione della distinzione fra leasing finanziario e leasing operativo alla fattispecie in esame che il Collegio non condivide.

La lex specialis , infatti, prevedeva che il rinnovo del parco mezzi potesse avvenire attraverso il ricorso al leasing tout court senza alcuna astratta delimitazione o classificazione e si è preoccupata solo di prevedere talune clausole che l’eventuale contratto di leasing avrebbe dovuto contenere fra le quali la possibilità di riscatto e la delimitazione degli oneri finanziari a carico del nuovo gestore.

Ogni contratto di leasing che presentasse le caratteristiche previste era quindi ammesso a prescindere dalla sua astratta ascrivibilità al leasing finanziario o a quello operativo che il bando non ha preso in considerazione in quanto non rilevante ai fini della gara e del servizio.

Anche la considerazione per cui i mezzi acquisiti mediante leasing operativo non sarebbero stati immatricolabili a mente dell’art. 93 del Codice della Strada (vigente all’epoca) è priva di fondamento atteso che la norma richiamata non si addentra nella distinzione fra le due tipologie di leasing limitandosi a stabilire che la carta di circolazione può essere rilasciata al locatore con facoltà di acquisito (facoltà nella specie prevista).

Sempre nell’ambito della seconda censura si afferma che il PEF presentato da AT non sarebbe conforme alle prescrizioni della lex specialis per le stesse ragioni rilevate da questo Tribunale nella sentenza 1548/2016, atteso che i canoni da corrispondere al locatore dei mezzi da esso acquisiti avrebbero dovuto, al pari dei finanziamenti bancari, essere computati nell’ambito dell’indice DSCR che sarebbe stato, quindi, solo apparentemente alleggerito del corrispondente onere finanziario.

Anche tale motivo risulta privo di fondamento.

Ai sensi delle linee guida relative alla redazione del PEF il denominatore del rapporto da cui si ricava l’indice DSCR è dato dal “servizio del debito comprensivo di quota capitale e quota interessi”.

La censura presuppone, quindi, che i canoni di leasing debbano essere contabilizzati come servizio del debito avendo (almeno nel caso di specie) tale contratto lo stesso scopo finanziario di un prestito di danaro.

E’ proprio tale premessa che il Collegio non condivide.

Innanzitutto per il fatto che le richiamate linee guida (non fatte oggetto di censura) prevedono che i canoni di leasing debbano essere contabilizzati come i costi operativi al pari dei costi del personale del servizio etc. e non come operazioni di investimento.

Diversamente da quanto afferma Mobit tale circostanza è dirimente atteso che la classificazione dei canoni di leasing fra le spese correnti esclude che gli stessi possano considerarsi contestualmente come servizio del debito: nella logica della norma contabile si tratta, infatti, di spese dirette ad assicurare l’ordinario espletamento della attività e non all’acquisto di beni in conto capitale.

In aggiunta a ciò va detto che le prescrizioni delle linee guida sono del tutto coerenti con le prassi contabili vigenti nel nostro Paese oltre che alle previsioni del codice civile in materia di bilancio delle Società di capitali.

E’ noto che nella teoria contabile è discusso se il metodo astrattamente più corretto per la contabilizzazione delle operazioni di leasing e in particolare di leasing finanziario sia quello finanziario o patrimoniale.

Seguendo il primo approccio (che costituisce il sostrato concettuale delle tesi sostenute da Mobit) il bene concesso esce da subito dalla contabilità del locatore per entrare in quella del locatario con corrispondente iscrizione da parte di questi del canone come rata di acquisto più interesse.

Le prassi contabili OIC recepiscono, tuttavia, l’opposto principio “patrimoniale” in base al quale il leasing è trattato come una normale locazione (ai sensi della OIC n. 12 i “canoni per la locazione finanziaria di immobili, macchinari, autoveicoli, ecc.” sono iscritti tra i costi operativi alla voce B8 dell’art. 2425 cod.civ).

Lo stessa cosa fa sostanzialmente anche il codice civile laddove all’art. 2427 dispone che gli (eventuali) effetti finanziari delle operazioni di leasing debbano essere illustrati nella nota integrativa sul presupposto che la redazione del conto economico e dello stato patrimoniale debba, invece, avvenire secondo il metodo patrimoniale.

Sicché, la classificazione dei canoni di leasing previsti nel PEF di AT come costi operativi anziché come servizio del debito contratto per l’acquisto dei mezzi non può essere ricondotto ad un artificio contabile o ad una operazione elusiva costituendo, al contrario, un naturale adeguamento del piano al mutato strumento sottostante utilizzato per i rinnovo del parco autovetture.

Con un terzo profilo della seconda censura si sostiene che la menzionata modifica non avrebbe potuto essere presa in considerazione incidendo sul contenuto dell’offerta tecnica.

Il punto è stato, tuttavia, ampiamente discusso nelle precedenti fasi della vicenda contenziosa nelle quali anche in sede di appello si è riconosciuto che il PEF rappresenta un elemento illustrativo autonomo rispetto alla manifestazione di volontà (economica e tecnica) propria dell’offerta.

Nemmeno la sostituzione dei finanziamenti bancari con il leasing ai fini dell’acquisito degli automezzi può considerarsi inammissibile modifica della offerta tecnica essendo entrambi gli strumenti consentiti dalla lex specialis in quanto idonei ad assicurare allo stesso modo gli standard di servizio richiesti.

Mobit afferma ancora che AT avrebbe presentato il PEF in formato digitale dopo la scadenza del termine previsto dal bando.

La deduzione trova smentita nel verbale di seduta della gara del 2 marzo 2017 che dà atto del tempestivo deposito del PEF. Tale documento non può essere messo in discussione dalla nota dirigenziale del 15/05/2019, su cui la ricorrente fonda la propria tesi, essendo tale nota frutto di un evidente errore materiale e in ogni caso non idonea a superare quanto attestato in un atto pubblico fidefacente.

Ancora Mobit imputa alla Commissione una serie di errori procedurali nella conservazione dei plichi pervenuti che avrebbero inficiato la segretezza della offerta. In particolare, la Commissione non avrebbe ha provveduto alla verifica del contenuto del DVD presentato da AT, non lo avrebbe inserito in una busta chiusa e sigillata, nulla avrebbe verbalizzato in ordine alle modalità di conservazione e ne avrebbe verificato il contenuto solo nella successiva seduta riservata del 2/03/2017.

In sostanza Mobit avanza il dubbio che il DVD contenente il PEF presentato da AT possa essere stato sostituito o manomesso in assenza di adeguate garanzie volte a preservarne l’integrità.

Tuttavia, come stabilito dalla Adunanza plenaria nella sentenza n. 8 del 2014, la mancata indicazione delle modalità di conservazione delle offerte da parte della Commissione non vizia la procedura in assenza di concomitanti elementi indizianti che possano far presumere la sua alterazione in corso di procedura. Elementi di cui nella specie non è dato rilevare la sussistenza.

Mobit sostiene ancora che il PEF di AT non avrebbe rispettato le regole redazionali stabilite dalla lex specialis non contenendo all’interno del foglio denominato “Riepilogo rate leasing ”, le formule “in chiaro” richieste a pena di esclusione.

A ciò la Regione ha efficacemente replicato he se pur è vero che nel PEF di AT (come in quello di Mobit), ci sono ( alcune ) celle che non contengono formule in chiaro, ciò è avvenuto solo per i cd. “valori di input ” e cioè per quei valori primari che, non essendo il risultato della elaborazione mediante formule di altri valori espressi in diverse tabelle, non necessitavano di alcuna formula per essere pienamente compresi.

Anche il calcolo degli interessi sul leasing (su cui si appunta specificamente la censura di Mobit) costituisce valore di input che doveva essere valutato senza l’ausilio di altre formule.

La ricorrente afferma ancora che anche nel nuovo PEF mancherebbe l’indicazione degli oneri per investimenti e contesta, quindi, le valutazioni della Commissione che ha ritenuto che tale mancanza non incidesse in alcun modo sul valore degli indici del PEF.

La censura riproduce nei confronti del nuovo PEF un analogo motivo dedotto anche in relazione al PEF originario sul quale il Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 8411/2019, si è pronunciato negativamente con motivazione condivisa dal Collegio secondo la quale si tratta di doglianze irrilevante, atteso che, ove anche ritenute fondata, non comporterebbero l’esclusione dalla gara di Autolinee Toscane, quanto piuttosto, un minore apprezzamento del suo PEF.

Con il IV motivo di ricorso Mobit contesta la legittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva del 19.4.2019 per essere stato assunto a notevole distanza di tempo dalla presentazione delle offerte economiche e in un quadro normativo ed economico modificato quanto alla previsione del lotto unico di dimensione regionale.

Il motivo è inammissibile per acquiescenza.

In data 29.12.2017 è stato sottoscritto fra la Regione Toscana, AT e dalla stessa Mobit un contratto ponte nel quale era espressamente previsto che la Regione avrebbe disposto l’aggiudicazione definitiva dopo la definizione della questione interpretativa dinanzi alla Corte di giustizia, cosa che poi è avvenuta.

Con il quinto motivo Mobit censura il provvedimento impugnato in subordine per illegittimità derivata per presunta incostituzionalità dell'art. 84 della LRT n. 65/2010 laddove prevede l’affidamento con unico lotto senza suddividere il servizio in più lotti a favore delle imprese di minori dimensioni.

Il motivo è già stato ritenuto infondato dal Consiglio di Stato nella precedente fase della vicenda contenziosa. E’ stato ancora riproposto nel presente giudizio e tenuto fermo anche dopo la sentenza di appello sulla scorta della tesi secondo cui l’eccezione di incostituzionalità della norma da applicare potrebbe sempre essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio non potendosi formare sulla stessa un giudicato.

Il Collegio non condivide l’assunto.

L’incostituzionalità della norma applicabile non può costituire in sé oggetto del motivo proponibile nel ricorso giurisdizionale ma solo il presupposto giuridico in base al quale si deduce in concreto un profilo di illegittimità dell’atto impugnato.

Sicché, una volta rigettato il motivo con statuizione definitiva sullo stesso scende il giudicato che impedisce che la medesima questione di legittimità del provvedimento possa formare oggetto di un nuovo giudizio.

Nel caso di specie sulla legittimità della strutturazione della gara per lotto unico si è pronunciato il giudice d’appello con sentenza definitiva. La relativa doglianza non può quindi essere nuovamente riproposta. E, conseguentemente, la prospettata questione di incostituzionalità risulta priva di rilevanza.

Con il sesto motivo Mobit censura il provvedimento impugnato in subordine perché la Commissione che ha esaminato i nuovi PEF avrebbe avuto una composizione diversa da quella originaria in violazione dell'art. 84 c. 12 del decreto legislativo n. 163/2006.

Il motivo non ha pregio.

In base all’art. 57 della L.R. n. 38/2007 le funzioni di Presidente della Commissione sono svolte dal dirigente competente per materia che nella specie era quello responsabile del Settore “Trasporto pubblico locale”. Sicché, andato in quiescenza nelle more della vicenda il dirigente che in ragione della sua funzione aveva svolto l’incarico di Presidente vi è stato un avvicendamento con il funzionario che ne ha preso il posto. Ciò non ha comportato violazione dell’art. 84 comma 12 del D.Lgs 163 del 2006 atteso che la carica di Presidente è stabilita in ragione dell’ufficio ricoperto e non per designazione personale.

Con atto di motivi aggiunti Mobit contesta che la Regione avrebbe riconosciuto – a One Scarl, titolare del contratto ponte (in gran parte coincidente con i medesimi soggetti consorziati in Mobit) -, un contributo aggiuntivo per l’acquisto di nuovi bus, che avrebbe alterato il valore del parco autobus afferente al lotto unico regionale, riducendolo da € 115.332.186,00 ad € 105.705.723,00.

Il motivo è inammissibile in quanto non sussistono ragioni di connessione con gli atti di gara impugnati con il ricorso principale.

La connessione non sussiste sotto il profilo oggettivo in quanto la delibera impugnata con i motivi aggiunti è espressione di un potere amministrativo del tutto indipendente dalla procedura di gara;
i suo annullamento, pertanto, in alcun modo potrebbe refluire sul provvedimento di aggiudicazione gravato con il ricorso introduttivo.

Non sussiste connessione neanche sotto il profilo dell’interesse fatto valere che non è quello alla aggiudicazione (posto a sostegno del ricorso principale) ma quello alla parità di trattamento degli operatori economici nell’ambito di mercato concorrenziale che sarebbe stato asseritamente violato accordando al soggetto aggiudicatario un trattamento diverso e più favorevole rispetto a quello previsto al momento della indizione della gara.

Per tali ragioni il ricorso principale e quello per motivi aggiunti devono essere respinti.

Il ricorso incidentale proposto dalla parte controinteressata deve conseguentemente essere dichiarato improcedibile

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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