TAR Palermo, sez. I, sentenza 2022-11-11, n. 202203161

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2022-11-11, n. 202203161
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202203161
Data del deposito : 11 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/11/2022

N. 03161/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00218/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 218 del 2018, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Cirino Gallo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso il suo studio in Palermo, via P.pe di Villafranca, n. 46;



contro

- il Ministero della Giustizia, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Provveditorato Regionale della Sicilia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio fisico in Palermo, via Valerio Villareale, n.6;



per l'annullamento

- del Decreto n. 90/17 del 29.11.2017, con il quale il Provveditore Regionale ha inflitto la sanzione disciplinare della censura di cui all'art. 79 del d.p.r. n. 3/1957.

- del provvedimento di convocazione, prot. n. 87945 del 27.11.2017, emesso dal Provveditore Regionale della Sicilia, nella parte in cui si dispone la convocazione presso il Provveditorato;

- dei provvedimenti antecedenti, presupposti o connessi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio, con i relativi allegati, del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Anna Pignataro;

Udito, nella udienza pubblica del giorno 5 luglio 2022, il difensore di parte ricorrente presente così come specificato nel verbale;



FATTO

Con atto notificato il 12 gennaio 2018 e depositato il 7 febbraio 2018, la ricorrente in epigrafe, in qualità di Direttore aggiunto presso la Casa Circondariale di -OMISSIS-, ha impugnato il Decreto n. 90/17 del 29 novembre 2017 con il quale il Provveditore Regionale della Sicilia, presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della giustizia, le ha inflitto la sanzione disciplinare della censura di cui all’art. 79 del D.P.R. del 10 gennaio 1957, n. 3, “ Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato ”.

Come risulta dagli atti di causa, la ricorrente, infatti, è stata soggetta a un procedimento penale presso il Tribunale di Catania per i contestati reati di furto, furto aggravato e peculato (artt. 56, 624 e 625, 134, c.p.) che si è concluso, per il reato di peculato, con l'archiviazione da parte del GIP con atto del 30 novembre 2010 (comunicata all’Amministrazione penitenziaria il 10 febbraio 2011) e innanzi alla Corte di Appello di Catania con la conferma dell’assoluzione dai reati di furto e furto aggravato con sentenza del 6 marzo 2017, divenuta irrevocabile il 22 aprile 2017, trasmessa, con nota prot. 40016 – P/V del 18 maggio 2017, alla Direzione Generale del Personale e delle Risorse competente per i procedimenti disciplinari a carico dei dirigenti penitenziari.

La contestazione degli addebiti per i medesimi fatti oggetto del giudizio penale ai fini dell’avvio del procedimento disciplinare è avvenuta il 14 settembre 2017.

Parte ricorrente deduce l’illegittimità degli atti impugnati, al fine del loro annullamento, per i motivi di:

1. V iolazione e falsa applicazione degli art. 55 bis, 55 ter del decreto legislativo 165/2001. Decadenza dell’Amministrazione dall’azione disciplinare per violazione dei termini perentori previsti dalla legge per l‘esercizio del potere. Difetto assoluto di motivazione. Erroneità del provvedimento ”.

Premessa la tesi dell’applicabilità, alla vicenda disciplinare sfociata nel provvedimento impugnato, del decreto legislativo D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (“ Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ”) si sostiene che il termine di 20 giorni ivi previsto dall’art. 55 bis (“ Forme e termini del procedimento disciplinare ”) per la contestazione dell’addebito, sarebbe decorso dalla data del 10 febbraio 2011 di prima acquisizione della notizia di infrazione, quando la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania ha informato l’Amministrazione che il GIP - con atto del 30 novembre 2010 - aveva disposto l’archiviazione del procedimento riguardo al reato di peculato che sarebbe l’unico comportamento posto a base del procedimento sanzionatorio.

Il potere disciplinare dell’Amministrazione sarebbe stato perciò esercitato oltre i termini perentori di legge, quando era già esaurito, non potendo operare alcuna sospensione per effetto dell’archiviazione del procedimento penale.

In ogni caso, anche a voler individuare il dies a quo nella successiva comunicazione della sentenza irrevocabile di assoluzione per gli altri capi di imputazione, sarebbe stato superato sia il termine di 20 o 40 giorni per la contestazione dell’addebito decorrente “dalla data di ricezione della notizia del comportamento”, sia quello di 60 o 120 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare decorrente “dalla data di prima acquisizione della notizia dell'infrazione”;

2) Violazione e falsa applicazione degli art. 55 bis, 55 ter del decreto legislativo 165/2001. Violazione del procedimento per mancata convocazione del dipendente. Eccesso di potere e persecutorietà” poiché l’Amministrazione penitenziaria ha omesso di procedere alla convocazione personale per l’instaurazione del contraddittorio: invero con la contestazione di addebiti, notificata in data 14 settembre 2017, è stata disposta genericamente la convocazione “ per esigenze di servizio ” con invito alla produzione di giustificazioni;

3) “ Violazione e falsa applicazione degli art. 55, 55 bis, 55 ter del decreto legislativo 165/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 79 del d.p.r. 1957 n° 3 Eccesso di potere e genericità della contestazione di addebiti Carenza ed illogicità della motivazione per infondatezza degli addebiti contestati. Illogicità e contraddittorietà e sproporzione della sanzione rispetto al comportamento della ricorrente ”.

Nel provvedimento sanzionatorio non sarebbe stato esattamente determinato il comportamento contestato rispetto alla vicenda penale; in ogni caso, per il reato di peculato è intervenuta l’assoluzione poiché il fatto non sussiste.

L’amministrazione resistente, con memoria del 19 maggio 2022, ha preliminarmente eccepito la competenza della sede staccata di Catania poiché, ai sensi dell’art. 13, comma 2, c.p.a., per le controversie riguardanti i pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territorialmente è situata la sede di servizio al momento della proposizione della domanda giudiziale; nel merito, ha controdedotto che:

- la ricorrente è un dirigente penitenziario, come tale soggetta al regime di lavoro pubblicistico disciplinato dal T.U. n. 3 del 1957, e non all’applicazione del d.lgs. n.165/2001 per il lavoro pubblico privatizzato;

- il decorso del termine per l’esercizio dell’azione disciplinare è condizionato dalla definitività della sentenza penale e dalla conoscenza qualificata della stessa e perciò in pendenza di procedimento penale, non poteva essere e non è stata esercitata l’azione disciplinare;

- l’asserita illegittimità per insussistenza della qualificazione giuridica dei fatti contestati è infondata poichè l’oggetto della contestazione è il fatto nei suoi elementi materiali e non le specifiche norme legali o clausole contrattuali violate.

Con memoria del 3 giugno 2022, la ricorrente ha controdedotto l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza poiché, potendo il provvedimento emesso dal Provveditorato Regionale esplicare i propri effetti su tutto il territorio regionale, il criterio per individuare la competenza territoriale inderogabile è quello fissato dal comma 1 dell’art. 13, c.p.a., ovvero il luogo in cui si trova la sede dell’autorità che

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