TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2019-04-24, n. 201905226

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2019-04-24, n. 201905226
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201905226
Data del deposito : 24 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2019

N. 05226/2019 REG.PROV.COLL.

N. 14696/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14696 del 2014, proposto dalla Società Cooperativa Credito Aretuseo, M Carmelo, Società Sics S.p.A, Società Sicesi Siciliana Costruzioni Edili Stradali Idrauliche S.r.l., Faraci Fabio, Cavallaro Riccardo, Firrincieli Daniele, Società Mg Costruzioni S.r.l., Bastante S, Indomenico S, B G, M C, S P, Gervasi Ina, B C, Ciccazzo S, Ciccazzo Rosario, Società Ciccazzo Carmelo S.r.l., Fiume Carmelo, Di Caro Rosario, Società Flora Sas, Reitano Sebastiano, Insolia Eugenia, Gervasi Alessio, Bastante Marco, La Terra Sebastiano, Zappulla Paolo, Dispensa Michele, Lombardo Michele, Mudanò S, Gervasi Giuseppe, Società Ireco S.r.l., Cultrera Giovanni, Societò Euro Edil Sas, Guardo Angelo, Fiume S, Fiorito Pasqualino, Idà Rocco, M Giulia, Failla Irene, Campanella S, Bauso Prospero, Trigilia Cinzia, La Bianca Sebastiano, Guardo Jlenia, Italia Franca, Rosano Lucia, Bastante S, Meli Luigi, Pasam, Liuzzo Patrizia, Bongiovanni Maurizio, Mazzone Mauro, Reale Sebastiano, Tarantello Giuseppina, Occhipinti Paolo, Carpenzano Carmela, Garro Jolanda, Società Cinecittà 3 S.r.l., Pisasale Ethel, Lilla Giovanna, Pulvirenti Domenico, Maltese Alessandro, Società Costruzioni San Giovanni S.r.l., Magliocco Sebastiano, Fioretto Mariano, Miceli Giancarlo, Società Eda Consulting S.r.l., Petrolito Paolo, Romano Giuseppe, Romano Antonino, Marullo Francesco, Società Xiridia S.r.l., Cirinnà Vincenzo, Di Bella Antonio, Cosentino Vito, La Bianca Antonella, Milazzo Sebastiano, Soc Sei S.r.l., Veneziano Giampaolo, Boscarino Francesco, Società Lithos Restauri S.r.l., Società Mastrarua S.r.l., Tropea Giuseppe, Soc Kairos Ac Arl, Giansiracusa Anna, Soc Imsir S.r.l., Barbagallo Ivana, Barbagallo Vito, Barbagallo Lucia, Sapia Palmina, Barbagallo Alfio, Aloschi Giuseppina, Caruso Paola, Aloschi Concetto, La Bianca Concetto, Muscia Anna Maria, Breschi Marco, Aloschi Giovanni, Mazzarella Concetto, Soc Marconi Italia S.p.A, Faraci Fabio, Soc Edicom S.r.l., Soc Serma S.r.l., Maglignaggi Sebastiano, Gallo Antonio, Rigoli Maria, Guardo Giovanni, Giansiracusa Luca, rappresentati e difesi dall'avvocato Vincenzo Tuccitto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Valeria Campisi in Roma, Piazza Adriana, n. 15;

contro

la Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Napoletano, Adriana Pavesi, Giuseppe Tiscione, con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’ente in Roma, via Nazionale, n. 91;
la Regione Sicilia - Assessorato Regionale dell'Economia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Credito Aretuseo in liquidazione coatta amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto n.223 emesso in data 15.5.2013 dall'Assessore regionale all'Economia della Regione Sicilia con il quale, su proposta della Banca d’Italia ed ai sensi e per gli effetti dell'art.80 D. Lgs. 385/1993, è stata disposta la revoca al Credito Aretuseo, dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria con sottoposizione della società alla procedura di liquidazione coatta amministrativa;

del provvedimento del 07.05.2013 prot.0435467/13;

del decreto n.50 emesso in data 13.2.2013 dall'Assessore regionale all'Economia della Regione Sicilia, avente ad oggetto lo sciolto gli organi di amministrazione e controllo del Credito Aretuseo Banca di Credito Cooperativo con sede in Siracusa e la sottoposizione dell'istituto ad amministrazione straordinaria;

del provvedimento adottato in data 15.02.2013 con il quale la Banca d'Italia ha nominato Organi della procedura i Sigg. dott. P R S quale Commissario Straordinario, Avv. D S V, Dott. M L e Avv. S Nicolosi, quali componenti il Comitato di Sorveglianza;

del provvedimento del 18.12.2012 prot.1077744/12 di Banca d'Italia ;

della nota n.prot.0126085/13 del 5.2.2013 a firma del Governatore della Banca d'Italia , che si impugna anche se ignota, con la quale l'Autorità di vigilanza ha proposto l'adozione , da parte dell'Assessorato regionale all'Economia, del provvedimento di scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo del Credito Aretuseo — Banca di Credito Cooperativo società cooperativa con sede in Siracusa per gravi irregolarità nell'amministrazione e per gravi perdite patrimoniali;

del bilancio di esercizio redatto dal Dr. S per il periodo 1.1.2012 - 17.05.2014 , pubblicato alla CCIAA di Siracusa il 17.7.2014;

del provvedimento della Banca d'Italia, che si impugna anche se ignoto, con il quale è stato approvato il bilancio redatto dal Dr. S e chiuso al 17.05.2014;

di tutti i provvedimenti presupposti, connessi ovvero e consequenziali;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Banca d'Italia e della Regione Siciliana Assessorato Regionale dell'Economia;

Vista l’ordinanza collegiale n. 10308 del 2018;

Visto l’atto di riassunzione del giudizio depositato dalla parte ricorrente in data 28 dicembre 2018;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2019 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.


FATTO

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, i soggetti in epigrafe indicati – nelle rispettive qualità di presidente, rappresentante legale, componenti del consiglio di amministrazione e soci della Credito Aretuseo società cooperativa – hanno agito per l’annullamento del decreto n. 223 del 2013 con il quale l’Assessore all’Economia della Regionale Siciliana, su proposta della Banca d'Italia, ha disposto la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria, con sottoposizione alla procedura di liquidazione coatta amministrativa ai sensi dell’art. 80 del d. lgs. n. 385 del 1993 (di seguito Tub), nonché degli altri atti presupposti e di tutti gli ulteriori provvedimenti consequenziali.

Premessa una esposizione delle vicende che hanno interessato il Credito Aretuseo, dalla genesi sino all’adozione degli atti impugnati, nonché puntualizzazioni in ordine alla tempestività dell’impugnativa, parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, contestando, in particolare: la violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale, dovendosi ritenere sussistente, alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata dalle disposizioni materia, un obbligo di convocazione del legale rappresentante della società prima dell’adozione del provvedimento gravato, nonché configurandosi, nell’ipotesi in cui si ritenesse non operante detto obbligo, l’illegittimità costituzionale dell’art. 80 del Tub, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. nella parte in cui non prevede che il legale rappresentante della società da sottoporre a liquidazione coatta amministrativa non possa esercitare preventivamente il diritto di difesa;
la carenza di motivazione del provvedimento con il quale è stata disposta la revoca dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività bancaria e la sottoposizione alla procedura di liquidazione coatta amministrativa del Credito Aretuseo, non desumibile neanche per relationem;
la violazione dell’art. 80 del Tub, nonché il vizio di eccesso di potere per erroneità dei presupposti e sviamento di potere, in considerazione dell’assenza di irregolarità nella gestione di eccezionale gravità, incentrandosi i giustificativi alla base del provvedimento impugnato sulla non completa discontinuità con la precedente gestione, inidonei ad evidenziare la sussistenza di gravi violazioni normative ed irregolarità nella gestione, emergendo, per contro, la preordinazione dell’Autorità di vigilanza ad avallare una scelta aggregativa sostenuta dalla Federazione delle banche di credito cooperativo siciliana che ha consentito ad una delle consorelle (la Banca di Credito Cooperativo di Pachino) di acquisire gratuitamente l’avviamento del Credito Aretuseo. In tale quadro, parte ricorrente ha anche contestato la sussistenza di gravi perdite patrimoniali tali da precludere la prosecuzione dell’attività, emergendo una capacità residua del Credito Aretuseo a produrre adeguati redditi, nonché tenuto conto delle iniziative assunte per la assicurare la patrimonializzazione della società, tra le quali, segnatamente, la deliberazione del 2012 con la quale i soci hanno disposto l’aumento di capitale sociale da sottoscrivere entro il 31 dicembre 2012 , la cui attuazione è stata pregiudicata dall’adozione del provvedimento di sottoposizione ad amministrazione straordinaria e dall’operato del commissario straordinario, oggetto anche di un procedimento penale avviato dalla competente Procura della Repubblica. Su tali basi, parte ricorrente ha formulato istanze istruttorie di nomina, tra l’altro, di un CTU, nonché di eventuale trasmissione degli atti alle competenti Procure per l’accertamento di eventuali ipotesi di reato.

La Banca d’Italia si è costituita in giudizio per resistere al gravame, sollevando eccezioni preliminari di irricevibilità per tardività del ricorso e concludendo, con articolate argomentazioni, per la reiezione nel merito, in quanto infondato.

Si è costituita in giudizio anche la Regione Sicilia - Assessorato Regionale dell'Economia, la quale pure ha concluso per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 10308 del 2018 questa Sezione ha dato atto dell’interruzione del giudizio, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79, co. 2, c.p.a. e dell’art. 300 c.p.c., in conseguenza della comunicazione, da parte del difensore dei ricorrenti, con atto depositato in data 4 ottobre 2018, del decesso di uno dei propri assistiti, Sig. S Campanella, avvenuto, come da relativo certificato prodotto, in data 1 agosto 2015;
l’evento è stato ulteriormente ribadito all’udienza pubblica del 9 ottobre 2018.

Successivamente alla riassunzione del giudizio con atto depositato dalla parte ricorrente in data 28 dicembre 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica 27 marzo 2019.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene preliminarmente di evidenziare che, come puntualmente illustrato dalla difesa della Banca d’Italia, le vicende che hanno interessato il Credito Aretuseo e che hanno costituito la base dapprima della determinazione con la quale ne è stata disposta la gestione provvisoria ai sensi dell’art. 76 del Tub (atto prot. n. 1077744 del 18 dicembre 2012), con assunzione da parte del commissario nominato (Dott. P R S), dei relativi poteri di amministrazione e, successivamente, dell’adozione del decreto n.50/2013 con il quale l’Assessore all’Economia della Regionale Siciliana, su proposta della Banca d'Italia, ha disposto la sottoposizione della banca in amministrazione straordinaria, hanno già costituito oggetto di esame da parte di questa Sezione.

2. Con sentenza n. 7131 del 2018, infatti, è stato rigettato il ricorso proposto dai soci della Credito Aretuseo avverso i sopra indicati atti, previo apprezzamento negativo, tra l’altro, dell’eccezione di improcedibilità sollevata dalle parti resistenti, stante la valutata sussistenza di un perdurante interesse a quella impugnativa nella considerazione che le determinazioni di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria e di avvio della procedura di messa in liquidazione ex art. 80 del d. lgs. n. 385 del 1993, oggetto del presente giudizio, hanno assunto primariamente a fondamento le attività svolte nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria. Con la sopra indicata pronuncia, peraltro, non sono stati valutati sussistenti i presupposti neanche per disporre una sospensione ex art. 79 c.p.a., in forza del principio di autonomia tra processo amministrativo e penale.

3. L’eccezione di irricevibilità per tardività sollevata dalla difesa della Banca d’Italia merita accoglimento.

3.1. Emerge per tabulas e non è, comunque, in contestazione che il decreto impugnato (decreto n. 233 del 15 maggio 2013) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 22 agosto 2013, serie generale, n. 196, pag. 119.

3.2. Il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato notificato il 30 ottobre 2014 e, dunque, ampiamente oltre il termine di decadenza prescritto ex art. 41, comma 2 c.p.a..

3.3. Nella fattispecie, infatti, viene in rilievo un atto per il quale la legge non prevede la notificazione agli interessati bensì la pubblicazione. In tal senso, risulta inequivoca la formulazione dell’art. 80 del Tub, ai sensi del quale il decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa della banca “è pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”, prevedendosi, altresì, una “comunicazione” da parte dei commissari liquidatori, peraltro limitata ai soli interessati che ne abbiano fatto richiesta. Né si ritengono sussistenti i profili di illegittimità costituzionale prospettati dalla difesa di parte ricorrente, in specie tenuto conto delle immanenti esigenze di celerità poste a garanzia degli interessi dei depositanti e della stabilità del sistema creditizio, risultando, proprio alla luce della estrema sensibilità e rilevanza degli interessi pubblici implicati, non pertinente il riferimento di parte ricorrente alla disciplina recata dalla legge fallimentare (r.d. n. 217 del 1942).

3.4. Da quanto sopra esposto consegue l’irricevibilità per tardività del ricorso, dovendosi anche evidenziare che, come correttamente rilevato dalla Banca d’Italia, il provvedimento impugnato è stato adottato in corso di amministrazione straordinaria e, dunque, quando l’Ing. Carmelo M non era più rappresentante legale del Credito Aretuseo.

4. Esclusivamente per completezza di analisi ed ai fini delle valutazioni in ordine alla quantificazione delle spese di lite, in Collegio ritiene anche di rilevare l’infondatezza delle censure dedotte.

4.1. Come chiarito dall’univoca giurisprudenza (cfr. Cons. St. n. 2798 del 2018;
T.A.R. Lazio, Roma, I, n. 363 del 2005;
id.: n. 3528 del 2004), in relazione al procedimento in esame non operano le previsioni di cui all’art. 7 della l. n. 241 del 1990, in ragione delle peculiarità degli interessi implicati – che consentono di escludere la configurabilità dei dedotti profili di incostituzionalità, alla stregua delle considerazioni già svolte ai precedenti capi della presente pronuncia, cui si rinvia – nonché della circostanza che detta disposizione delle legge generale sul procedimento amministrativo non è presidiata da norme di rafforzamento che precludano al legislatore ordinario di disciplinare diversamente particolari sequenze procedimentali, tanto più ove si consideri che il provvedimento con il quale viene disposta la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa non riveste carattere sanzionatorio.

5. Né emergono i censurati profili di carenza della motivazione. Come già questa Sezione ha avuto modo di ribadire nella sopra richiamata sentenza n. 7131 del 2018 (con la quale è stato rigettato il ricorso proposto avverso le precedenti determinazioni adottate nei confronti del Credito Aretuseo), gli atti posti in essere dalle Autorità di vigilanza, “costituiscono esplicazione di potere amministrativo caratterizzato da discrezionalità tecnica”(Consiglio di Stato n. 2328 del 2015, che, rispetto alla attività di vigilanza della Banca di Italia, richiama la funzione di tutela delle attività di raccolta del risparmio e di erogazione del credito, dell’affidabilità complessiva del sistema bancario e, in particolare, di ogni singolo istituto, “in concreta esplicazione di attività volta alla tutela dei valori di promozione e tutela del risparmio, nonché di esercizio dell’attività creditizia, contemplati e garantiti dall’art. 47 della Costituzione”). Stante la natura del potere amministrativo esercitato dalle Autorità di vigilanza, gli atti adottati sono sindacabili innanzi al giudice amministrativo in sede di legittimità, oltre che per vizi di incompetenza e di violazione di legge, solo per illogicità manifesta, quale figura sintomatica di eccesso di potere, non potendo il giudice amministrativo sostituire proprie valutazioni a quelle dell’organo di controllo.

5.1. Con questa imprescindibile premessa, si evidenzia che dalla documentazione versata in atti emergono nitidamente i presupposti alla base delle determinazioni impugnate, risultando il decreto gravato motivato “per relationem” attraverso il rinvio alla proposta formulata dalla Banca d’Italia, la quale, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non ha evidenziato solo la mancata discontinuità rispetto alla gestione precedente, ma ha rilevato elementi idonei a fondare una valutazione di eccezionale gravità delle irregolarità nella gestione sostanziatesi nelle reiterate violazioni delle previsioni poste a presidio della sana e prudente gestione della banca (mancata assunzione di prudenti criteri di contenimento del rischio, non correttamente segnalato all’Organo di vigilanza;
inconsistenza dell’attività di controllo, in specie quanto al comparto del credito;
estrema debolezza della struttura organizzativa, con particolare riferimento al presidio del rischio “riciclaggio”). A tale presupposto, autonomo e in quanto tale di per sé idoneo a sostenere le determinazioni impugnate, si associa, inoltre, la sussistenza di perdite patrimoniali di eccezionale gravità. A prescindere, infatti, dalla sentenza con la quale il Tribunale di Siracusa ha dichiarato lo stato di insolvenza nel 2015, confermata dalla competente Corte di Appello (sentenza n. 1860/2015, pure prodotta in atti dalla difesa della Banca d’Italia), che ha rigettato il reclamo proposto dall’Ing. M, il Collegio ritiene di ribadire le considerazioni già articolare nella sentenza di questa Sezione n. 7131 del 2018, nella quale, sul punto, è stato affermato quanto segue: « La gestione provvisoria disposta nel dicembre 2012 ha confermato, a seguito degli approfondimenti eseguiti dal commissario, la consistenza della gravità della situazione evidenziata, resa palese dalle perdite deteriorate che nel marzo 2013 hanno raggiunto i 18,7 milioni, nonché dalle gravi ed altrettanto eclatanti anomalie nella gestione e nello svolgimento delle funzioni di indirizzo, supervisione e direzione. (…) Con precipuo riferimento alle gravi perdite patrimoniali (…) il Collegio rileva che l’evidenza delle circostanze emergenti dalla documentazione prodotta in giudizio non è scalfita dalla perizia prodotta dalla difesa dei ricorrenti, dalla quale non risultano incongruenze nell’operato dell’Autorità di vigilanza ma un diverso apprezzamento basato, peraltro, su criteri non ispirati ai canoni prudenziali imposti dalla disciplina di riferimento, oltre che non aderente, sul piano della ragionevolezza, alla obiettività dei dati posti a presupposto dell’analisi. La sussistenza e consistenza delle perdite e dei gravi deficit patrimoniali risulta inequivocabilmente da tutta la documentazione in atti e del resto è implicitamente riconosciuta dagli stessi ricorrenti lì dove asseriscono di propositi di ricapitalizzazione che non sono tuttavia sfociati in tempestive ed idonee iniziative;
il tentativo di aumento del capitale, infatti, non ha avuto buon esito, per mancanza di sufficienti adesioni, avendo sottoscritto tale aumento solo quattro soci per un controvalore di 6 mila euro rispetto a un fabbisogno stimato dalla banca stessa di circa 2,5 milioni di euro». A fronte di previsioni di perdita sugli impieghi per 17, 2 milioni di euro al 31.3.2013, di un risultato economico negativo di 9,4 milioni di euro e di un deficit patrimoniale di 5,4 milioni di euro, le determinazioni adottate non solo vanno esenti dalle censure dedotte, in quanto fondate su valutazioni non incongrue, né irragionevoli o arbitrarie, ma risultano ampiamente giustificate.

6. In conclusione, per le ragioni esposte al capo 3 della presente pronuncia (sub. 1, 2, 3 e 4), il ricorso va dichiarato irricevibile per tardività.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

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