TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2013-05-06, n. 201304439

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2013-05-06, n. 201304439
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201304439
Data del deposito : 6 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03661/2010 REG.RIC.

N. 04439/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03661/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3661 del 2010, proposto da:
L G, rappresentato e difeso dall'avv. Vania Sabetta, con domicilio eletto presso Vania Sabetta in Rieti, via delle Mimose, 2;

contro

U.T.G. - Prefettura di Rieti, Questura di Rieti, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento prefettizio n.1895 del 21.01.2010 notificato al ricorrente in data 1° febbraio 2010;

del parere della Questura di Rieti cat. H/2009/P.A.S. del 25.11.2009;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Rieti e di Questura di Rieti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il dott. Linda Sandulli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con atto ritualmente e tempestivamente notificato il signor G impugna, chiedendone l’annullamento, i provvedimenti indicati in premessa deducendo i sotto indicati motivi di illegittimità:

1) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione e comunque motivazione incongrua, illogicità, violazione dell’articolo 39 del TULPS e del regolamento di esecuzione.

Con memoria del 25 maggio 2010, l’Amministrazione intimata ha controdedotto, stringatamente, alle argomentazioni di parte ricorrente e chiesto il rigetto del gravame.

Con Ordinanza n. 2376 del 2010 questa Sezione ha accolto la richiesta di tutela cautelare avanzata dal ricorrente disponendo il riesame, da parte del Prefetto di Rieti, dell’atto impugnato.

In occasione della discussione nel merito della causa le parti non hanno prodotto ulteriori memorie né hanno reso noto al Collegio se il disposto riesame è intervenuto sicché la causa è stata introitata allo stato degli atti esistenti nel fascicolo, che ne consentono tuttavia la definizione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Secondo quanto ripetutamente affermato dalla Sezione (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, 12.3.2013, n. 2583;
10.1.2013, n. 184), nell'ordinamento vigente, non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione ed al porto di armi, costituendo anzi tali situazioni delle eccezioni (ad apposito divieto previsto dall'art. 699 c.p. e dall'art. 4, comma 1, L. n. 110 del 1975) circondate di particolari cautele.

Dispone l'art. 39 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, che il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne;
dispongono invece gli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, che la licenza di porto d'armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi. Tale disciplina è diretta al presidio dell'ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall'utilizzo del mezzo di offesa.

Ne consegue che i provvedimenti concessivi dell'autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di esso sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell'arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.

I provvedimenti di ricusazione, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un'erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto, fermo restando in capo all'amministrazione l'onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l'ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime.

La valutazione di affidabilità espressa in ordine all'interessato costituisce, infatti, l'esito di un giudizio sintetico-valutativo che deve investire nel complesso la condotta di vita del soggetto, con riguardo all'osservanza sia delle comuni regole di convivenza sociale che di quelle tradotte in precetti giuridici a salvaguardia dei valori fondamentali dell'ordinamento.

Pertanto, secondo la prevalente giurisprudenza, in presenza di condanne l’Amministrazione deve esaminare caso per caso le situazioni personali dei soggetti interessati al rilascio o al rinnovo della licenza, effettuando una concreta prognosi sull’affidabilità del soggetto che tenga conto di una serie di circostanze, quali l'epoca a cui risale la condotta contestata, i reiterati rinnovi del titolo di polizia nel frattempo intervenuti, la condotta tenuta successivamente al fatto di reato e i fatti eventualmente sintomatici di attualità della pericolosità sociale (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio sez. I Ter 30/11/2012 n. 10005;
C.d.S., Sez. III, 25 settembre 2012, n. 5095;
C.d.S., Sez. III, 3 agosto 2011, n. 4630;
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 20 novembre 2012, n. 2808;
TAR Campania, Napoli, Sez. V, 21 marzo 2012, n. 1402;
TAR Campania, Napoli, Sez. V, 1 marzo 2012, n. 1069;
TAR Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 7) indicando in motivazione le circostanze di fatto indicative - sulla base di considerazioni probabilistiche – della pericolosità del soggetto o, comunque, della sua inaffidabilità sul corretto uso delle armi (cfr. C.d.S., Sez. VI, 22 ottobre 2009, n. 6477;
TAR Campania, Napoli, Sez. V, 7 dicembre 2012, n. 5039;
TAR Campania, Napoli, Sez. V, 6 novembre 2012, n. 4424).

Nel caso in esame il provvedimento impugnato risulta affetto dai vizi di carenza di istruttoria e di motivazione, atteso che l’Amministrazione intimata ricollega il diniego di revoca del precedente decreto prefettizio di divieto di detenzione delle armi ad un parere della competente Questura dell’anno precedente che, a sua volta, faceva riferimento alle ragioni per le quali era stato adottato il decreto del 19 gennaio 2007.

In buona sostanza, dall’esame dell’atto impugnato e di quelli sottostanti, emerge la carenza di una indagine istruttoria tesa ad appurare eventuali ulteriori eventi o condotte successive a quelle per le quali è stato adottato il provvedimento del 19 gennaio 2007.

Eppure nel corso del 2008, vi è stata remissione di querela in precedenza presentata nei confronti del ricorrente e il giudice dibattimentale ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti del ricorrente medesimo essendo il reato prescritto per remissione della querela.

Lo stesso giudice, peraltro, oltre a qualificare il comportamento del Sig. G definendolo tale da non aver determinato nella persona querelante la situazione di timore richiesta dalla norma penale per la configurazione stessa del reato, ha affermato che il predetto avrebbe tenuto comportamenti dispettosi, più che minacciosi, secondo quanto si ricaverebbe dalla circostanza che il ricorrente e l’allora querelante, ad oltre un anno dall’episodio, “continuano a convivere nella stessa casa”

Ne consegue che l’Amministrazione resistente nel determinarsi avrebbe dovuto tener conto di tutto quanto avvenuto dopo l’evento del 17 novembre 2006 e non riferirsi in modo automatico agli atti adottati in conseguenza di esso senza considerare quanto di seguito intervenuto.

La peculiarità della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite.

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