TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-06-15, n. 202300429

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-06-15, n. 202300429
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 202300429
Data del deposito : 15 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/06/2023

N. 00429/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00231/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 231 del 2013, proposto da ACS Dobfar s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avv. P V, L P e L M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Latina, via Zeppieri s.n.c.;

contro

Provincia di Frosinone, in persona del legale rappresentante p.t. , non costituita in giudizio;

nei confronti

Regione Lazio, Comune di Anagni,

ARPA

Lazio, ASL di Frosinone e Consorzio di sviluppo industriale di Frosinone, in persona dei legali rappresentanti p.t. , non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

della determinazione dirigenziale n. 320 del 31 dicembre 2012, notificata il 18 gennaio 2013, con la quale è stata rilasciata alla società ricorrente l’autorizzazione integrata ambientale per lo stabilimento situato nel Comune di Anagni, contrada Fontana del ceraso, in cui si fabbricano prodotti farmaceutici di base attraverso impianti che utilizzano procedimenti chimici, nella parte in cui prescrive taluni valori limite relativi di emissione più restrittivi di quelli previsti dall’all. 1, parte V, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, ed in cui obbliga l’impresa alla ulteriore riduzione per il parametro “solventi organici aromatici”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio straordinaria di smaltimento del giorno 19 maggio 2023 il dott. Valerio Torano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – ASD Dobfar s.p.a. è un’impresa operante nel settore chimico-farmaceutico che gestisce, tra l’altro, lo stabilimento di Anagni, ove si fabbricano prodotti farmaceutici di base mediante procedimenti chimici, per il quale con nota prot. n. 50570 del 26 febbraio 2007 ha richiesto alla Provincia di Frosinone il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, di cui agli artt. 29- ter e ss., d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152.

L’Amministrazione, in esito ad una complessa istruttoria svolta in contraddittorio con la società, con determinazione dirigenziale n. 320 del 31 dicembre 2012, notificata il 18 gennaio 2013, ha rilasciato l’autorizzazione integrata ambientale richiesta, nella quale, tuttavia, oltre a non essere inclusi i fanghi, sono contenute prescrizioni relative alle emissioni in atmosfera ed allo scarico di acque meteoriche più restrittive di quelle previste dalle vigenti disposizioni di legge e dalla preesistente autorizzazione. In particolare, il riferimento è ai valori limite per le emissioni E183 e E196;
inoltre, per le emissioni E178 ed E188 sono indicate portate inferiori a quelle effettivamente misurate e le prescrizioni non tengono conto delle fisiologiche oscillazioni dovute all’andamento della produzione. In merito agli scarichi di acque meteoriche, invece, per i solventi organici aromatici viene ingiunto un limite inferiore a venti volte la soglia prevista dalla legge.

Avuto riguardo a quanto sopra, con il ricorso all’esame, notificato il 16 marzo 2013 e depositato il successivo giorno 26, ASD Dobfar s.p.a. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, denunciando:

I) violazione degli artt. 41 Cost. e 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, del piano regionale di risanamento qualità dell’aria di cui alla delibera consiliare n. 66 del 10 dicembre 2009 ed alla delibera giuntale n. 164 del 5 marzo 2010, oltre ad eccesso di potere sotto vari profili, in quanto le prescrizioni che prevedono valori di emissione in atmosfera ed in corpo idrico superficiale molto più restrittivi di quelli previsti dalla legge sono prive di qualunque motivazione a supporto del sacrificio così imposto all’impresa e volta ad illustrare i relativi benefici per l’ambiente, né danno conto di una specifica istruttoria svolta sul punto;

II) violazione dell’art. 193 del TFUE, delle direttive 2010/75/UE, 2001/80/CE, 2008/1/CE, dell’art. 29- bis e dell’all. XI, parte II, d.lgs. n. 152 del 2006, oltre che delle Best Available Technology (BAT) riportate nei BAT References documents (BRefs), nonché eccesso di potere sotto vari profili, perché la BAT for the Manufacture of Organic Fine Chemicals (OFC) non prevede i valori di emissione che la Provincia di Frosinone ha concretamente prescritto.

Con ordinanza collegiale istruttoria 6 dicembre 2022 n. 926 è stata chiesta all’Amministrazione provinciale una relazione sulla vicenda, con particolare riferimento alle censure articolate nei suoi confronti e corredata da ogni atto o documento ritenuto utile;
a tale ordine la Provincia di Frosinone non ha fornito riscontro.

Alla camera di consiglio straordinaria di smaltimento del 19 maggio 2023 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. – Il ricorso è fondato.

Si premette che, in linea con la giurisprudenza costantemente seguita dalla sezione, l’assenza di ogni difesa da parte della Provincia di Frosinone sulle circostanze poste a fondamento del ricorso, unitamente all’inottemperanza agli incombenti istruttori disposti a suo carico, comporta l’applicazione del principio di non contestazione, ovvero la possibilità di desumere argomenti di prova sfavorevoli ex art. 64, comma 4, cod. proc. amm.;
conseguentemente, deve ragionevolmente dedursi che, rispetto agli elementi contenuti nell’atto introduttivo del giudizio, l’Amministrazione non avesse alcun argomento utile da opporre (TAR Lazio, Latina, sez. I, 14 gennaio 2023 nn. 23, 24 e 25;
sez. I, 12 febbraio 2021 n. 60;
sez. I, 15 gennaio 2021 n. 3;
sez. I, 11 novembre 2019 n. 661;
sez. I, 10 aprile 2019 n. 277;
sez. I, 12 marzo 2019 n. 181;
25 febbraio 2019 n. 133;
25 febbraio 2019 n. 131;
25 febbraio 2019 n. 130;
16 marzo 2018 n. 122). Del resto, con specifico riguardo alla posizione della parte pubblica, è stato reiteratamente sottolineato come la mancata esecuzione, da parte dell’Amministrazione, degli incombenti istruttori disposti dal giudice possa essere considerata quale comportamento processuale significativo, in presenza del quale va dato credito alle deduzioni ed allegazioni in punto di fatto della parte ricorrente, qualora plausibili, non contraddette da altre evidenze processuali e sorrette dalla documentazione disponibile alla parte privata ( ex multis : TAR Lazio, Latina, sez. I, 12 dicembre 2022 nn. 944, 945 e 946;
sez. I, 4 luglio 2022 n. 637;
29 ottobre 2021 n. 594;
sez. I, 18 dicembre 2020 n. 445;
sez. I, 30 gennaio 2020 n. 49, sez. I, 11 novembre 2019 n. 658).

Nel merito, il primo motivo di ricorso appare fondato.

L’art. 29- sexies , comma 3, d.lgs. n. 152 cit., nel testo vigente al 31 dicembre 2012, prevede che i “valori limite di emissione fissati nelle autorizzazioni integrate non possono comunque essere meno rigorosi di quelli fissati dalla normativa vigente nel territorio in cui è ubicato l’impianto ”;
il successivo art. 29- septies , comma 1, dispone che se, “a seguito di una valutazione dell’autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l’autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale”.

Come è noto, l’autorizzazione integrata ambientale è caratterizzata dall’esame, ad un elevato livello di definizione, di tutti i profili ambientali di un progetto ed abbraccia, rispettivamente, le emissioni nell’aria, convogliate e no, gli scarichi nell’acqua e nel mare, le emissioni sonore, le vibrazioni, gli odori, l’impatto sul suolo e sul sottosuolo e, in definitiva, l’impatto complessivo del progetto stesso in base agli aspetti gestionali;
pertanto, l’esame svolto in tale sede richiede l’esercizio di un’amplissima discrezionalità tecnica e comporta la valutazione concreta delle modalità e di funzionamento dell’impianto ed altresì, di norma, l’adozione di tutta una serie di prescrizioni e raccomandazioni dirette a minimizzare l’impatto ambientale (Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2023 n. 4830;
sez. II, 8 giugno 2017 n. 1339). Pertanto, a fronte della natura tecnico discrezionale degli apprezzamenti in parola, il giudice può solo verificare la logicità, la congruità, la ragionevolezza e l’adeguatezza del provvedimento e della sua motivazione, la regolarità del procedimento e la completezza dell’istruttoria, l’esistenza e l’esattezza dei presupposti di fatto posti a fondamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2014 n. 6313;
sez. III, 2 aprile 2013 n. 1856;
TAR Campania, Napoli, sez. V, 13 dicembre 2022 n. 7779). In tale ordine di idee, peraltro, una condivisibile giurisprudenza ha affermato proprio la necessità di una specifica motivazione in ordine alla scelta dei limiti più rigorosi di quelli indicati dalla legge (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 1° dicembre 2010 n. 7456).

Ebbene, dalla lettura del provvedimento impugnato e del relativo allegato tecnico, che ne costituisce parte integrante, non è dato comprendere quali siano le ragioni per le quali la Provincia di Frosinone, nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, ha ritenuto di prescrivere limiti più rigorosi per le specifiche emissioni segnalate da parte ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio. Ciò, unitamente alla mancanza di difese da parte dell’Amministrazione, oltre che di riscontro all’ordine istruttorio impartito dal collegio, comporta l’illegittimità dell’atto gravato per difetto di motivazione.

Il collegio è esentato dalla disamina secondo motivo di ricorso, in virtù della natura assorbente dell’acclarato vizio di violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990.

3. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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