TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2016-12-21, n. 201612730
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Pubblicato il 21/12/2016
N. 12730/2016 REG.PROV.COLL.
N. 05893/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5893 del 2014, proposto da:
Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati I O, S M, con domicilio eletto presso S M in Roma, via Crescenzio, 63;
Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali dell'Umbria, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali delle Marche, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Basilicata, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali dell'Abruzzo, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Calabria, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Campania, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali dell'Emilia Romagna, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Lazio, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Lombardia, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Puglia, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Sardegna, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Sicilia, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Toscana, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Trentino Alto Adige, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Veneto, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Liguria, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Piemonte e della Valle D'Aosta, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Campobasso, Federazione Regionale degli Ordini dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali del Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati S M, I O, con domicilio eletto presso S M in Roma, via Crescenzio, 63;
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero della Giustizia non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del decreto del 22/1/2014 avente ad oggetto l'adozione del piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai sensi dell'art. 6 del d. lgs. n. 150/12, recante "attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2016 la dott.ssa M L M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, il Collegio nazionale degli agrotecnici e degli Agrotecnici laureati nonché gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, hanno impugnato il DM del 22 gennaio 2014, pubblicato in nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2014, recante " Adozione del piano di Azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150 recante: “Attuazione della direttiva 20091128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi”, nella parte in cui prevede anche per gli agrotecnici iscritti all’Albo la necessità di acquisire un apposito certificato per l'acquisto, la vendita, l'utilizzo e la consulenza in relazione a pesticidi.
Espongono i ricorrenti che:
- il Piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari si colloca nell'ambito della disciplina attuativa delle previsioni comunitarie in materia di utilizzo sostenibile dei pesticidi, di cui alla Direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009;
- tale direttiva, che rientra nel sesto programma comunitario d'azione per l'ambiente, ha appunto ad oggetto l'istituzione di "un quadro per realizzare un uso sostenibile dei pesticidi riducendone i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull'ambiente e promovendo l'uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi, quali le alternative non chimiche ai pesticidi";
- in Italia - in virtù della delega contenuta nella legge 15 dicembre 2011, n. 17 recante "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità Europee - Legge Comunitaria 2010" — la su richiamata direttiva è stata, appunto, recepita dal D. Lgs. n. 150/2012;
- il d.lgs. 15072012 ha previsto tre figure:
- l'utilizzatore professionale: definito persona che utilizza i prodotti fitosanitari nel corso di un'attività professionale, compresi gli operatori e i tecnici, gli imprenditori e i lavoratori autonomi, sia nel settore agricolo sia in altri settori (articolo 3 lett. c);
- il distributore: definito persona fisica o giuridica in possesso del certificato di abilitazione alla vendita, che immette sul mercato un prodotto fitosanitario, compresi i rivenditori all'ingrosso e al dettaglio (articolo 3 lettera f);
- il consulente: definito persona in possesso del certificato di abilitazione alle prestazioni di consulenza in materia di uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e sui metodi di difesa alternativi (art. 3 lettera g);
- in particolare, la nuova figura di professionista d'opera intellettuale quale, appunto quella del "consulente in materia di uso sostenibile dei prodotti fitosanitari", sarebbe irragionevolmente parificata, sul piano disciplinare, alle diverse figure dell'utilizzatore e del distributore;e per l'altro verso verrebbe ingiustificatamente a sovrapporsi ai professionisti già abilitati per legge a svolgere l'attività di consulenza di che trattasi.
- il nuovo consulente infatti risulterebbe abilitato, non a seguito di un esame di Stato, ma sulla base di certificazioni rilasciate dalle singole Regioni previa mera partecipazione a corsi di aggiornamento, con evidente violazione del dettato di cui all'art. 33, comma V, della Costituzione;
- viceversa, i professionisti già abilitati sul piano nazionale a svolgere l'attività di consulenza di che trattasi, per effetto della normativa in questione, si troveranno costretti a dover acquisire un ulteriore e pressoché inutile certificato di abilitazione in base a modalità potenzialmente diverse da regione a regione, e risulteranno con ciò ingiustificatamente parificati ai consulenti non abilitati sul piano nazionale, in violazione del precetto dell'art. 3 della Costituzione, il quale risulta, per altro aspetto, poi, violato quanto alla riferita assimilazione della figura del consulente con quelle del distributore e dell'utilizzatore;
- considerato che in Italia, a seguito del D.P.R. 1255/1968, poi modificato con il più recente D.P.R. n. 290/2001, già esisteva un sistema di formazione di base e di aggiornamento, per utilizzatori e distributori di prodotti fitosanitari, la novità più rilevante del D. Lgs n. 150/2012, sarebbe quindi costituita dalla istituzione e regolamentazione della nuova figura del "consulente in materia di uso sostenibile dei prodotti fitosanitari", in asserita violazione dell'art. 33 Cost. il quale richiede per l'esercizio delle professioni d'opera intellettuali regolamentate, concernenti, come nella specie, la salvaguardia di interessi costituzionali primari, il superamento di un esame di abilitazione a livello nazionale.
- infatti, l'art. 2, comma 1, della legge 7 gennaio 1976 n. 3 (così come modificata dalla legge 10 febbraio 1992, n. 152 e dal D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328) è chiaro nel ricomprendere esplicitamente tra le competenze dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali, la difesa fitoiatrica, che anzi costituisce il cuore della loro professione;
- inoltre, sebbene la tutela della salute e dell'ambiente (di cui agli artt. 9 e 32 Cost.) sia dichiaratamente il fine primario della normativa nazionale e comunitaria in materia di uso sostenibile dei pesticidi, tale tutela risulterebbe difficilmente realizzabile stante i rilevanti potenziali deficit in termini cognitivi, deontologici, e di aggiornamento professionale, dei soggetti abilitati a prestare consulenza in relazione all'intero ciclo di utilizzazione dei pesticidi.
Tanto premesso, il Collegio ricorrente in primo luogo eccepisce in via pregiudiziale l’illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 14 agosto 2012, n.150 per violazione degli artt. 33 Cost., comma 5, e 3, comma 2, perché il citato D. Lgs. 150/2012 introduce, regolamentandola, una nuova figura professionale d'opera intellettuale (art. 2230 c.c.), ovvero quella del "consulente per l'uso dei prodotti fitosanitari", e la assoggetta ad un complesso sistema di abilitazione su base regionale. In tal modo viene, però, violato l'art. 33 Cost. a mente del quale "è prescritto un esame di Stato per l'ammissione a vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale".
Delegare l'intero meccanismo di abilitazione a livello regionale comporterebbe la lesione dell'unitarietà ed uniformità del dovuto controllo, indispensabile in relazione ad attività professionali che attengono alla salvaguardia di interessi fondamentali, quali nel caso di specie la salute e l'ambiente, i quali debbono necessariamente essere oggetto di tutela uniforme su tutto il territorio nazionale, mentre alle regioni spetterebbe la disciplina dei soli aspetti che presentino uno specifico collegamento con la realtà regionale ( ex multis n. 91 del 20.5.2013), e che non vanno al di là della materia della "formazione professionale".
Il ricorrente, inoltre, prospetta ulteriori profili di illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo 14 agosto 2012, n. 150 per violazione degli artt. 3, 9, 32, 117 I comma Cost. in riferimento alla direttiva 2009/128/CE, della c.d. "direttiva qualifiche" 2005/36/CE, nonché della c.d. "direttiva servizi" 2006/123/CE.
La scelta del legislatore di consentire il rilascio dell'abilitazione all'esercizio dell'attività di consulente "a persone in possesso di diplomi o lauree in discipline agrarie, forestali, a condizione che abbiano un'adeguata conoscenza in materia di difesa integrata e sulle materie elencate nell'allegato I, comprovata dalla frequenza ad appositi corsi con valutazione finale" (art. 8, comma 3) si rivelerebbe inidonea a garantire un'adeguata salvaguardia della salute umana e dell'ambiente, a fronte dei gravi rischi che un utilizzo improprio dei pesticidi può comportare, e delle ingenti responsabilità a ciò connesse.
Sarebbe pertanto irragionevole – secondo la prospettazione del ricorrente - consentire ad un soggetto in possesso di semplice diploma di istruzione secondaria o al massimo di una laurea di primo livello, ad esito di un breve e basilare corso di formazione gestito a livello regionale, di fare consulenza professionale in relazione a materie che necessitano oltre, come si è già detto di un ingente bagaglio di conoscenza ed esperienze, altresì di un continuo aggiornamento professionale.
L'aggiornamento, inoltre, non viene richiesto come presupposto atto a condizionare la validità dell'abilitazione, bensì come semplice condizione per il suo rinnovo.
In questo quadro, vi sarebbe l'evidente lesione non solo della direttiva 2009/128/CE — che, come norma interposta innesca un vulnus all'art 117 comma 1— ma la violazione, altresì, degli artt. 9 e 32 della Costituzione, i quali sanciscono la tutela di beni, quali salute ed ambiente, assolutamente "primari" tra tutti i diritti fondamentali (Corte Cost. Sentenza n. 365 del 1993) e che, pertanto, "non possono essere sacrificati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati", ma esclusivamente controbilanciati a questi ultimi nell'ottica della ricerca di un punto di equilibrio dinamico "secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale" (Corte Cost. sentenza n. 85 del 2013).
La scelta di non tenere in alcuna considerazione il ruolo dei professionisti già abilitati per legge a svolgere in materia l'attività di consulenza, risulterebbe del tutto irragionevole — e per tal profilo lesiva dell'art. 3 Cost. — nonché elusiva della cd. "direttiva qualifiche" 2005/36/CE — con ulteriore profilo di violazione, quindi, dell'art 117 cit. — atteso che per tale Direttiva "l'esercizio della professione negli Stati membri può essere oggetto, a norma del trattato di specifici limiti legali sulla base della legislazione nazionale e sulle disposizioni di legge stabilite autonomamente, nell'ambito di tale contesto, dai rispettivi organismi professionali rappresentativi, salvaguardando e sviluppando la loro professionalità e la qualità del servizio e la riservatezza dei rapporti con i clienti".
Ulteriore profilo di violazione dell'art. 3 Costituzione è quello concernente la sostanziale parificazione delle attività di consulenza e di vendita. Mentre, infatti, i requisiti per l'ottenimento di tali distinte abilitazioni variano esclusivamente in relazione alla gamma di diplomi o lauree spendibili, il previsto corso di formazione ha ad oggetto le medesime materie, nonché ha potenzialmente la medesima durata.
Considerato, però, che il venditore opera esclusivamente in base a logiche di mercato, mentre al contrario il consulente deve salvaguardare principalmente gli interessi pubblici sottesi alla sua attività (dal che la necessità di una preparazione superiore, nonché di una specchiata terzietà), ne consegue un'ingiustificata assimilazione di fattispecie differenti, evidentemente ancora una volta in spregio agli interessi connessi alla tutela della salute e dell'ambiente che la normativa di che trattasi dichiara invero di voler tutelare.
Il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 22 gennaio 2014 avente ad oggetto l'adozione del "Piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari", inoltre, presenterebbe i seguenti ulteriori autonomi profili di illegittimità.
1. Violazione della legge n. 3\76 e ss. mm. e li.;eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà, disparità di trattamento, e ingiustizia manifesta.
Il "Piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari" si porrebbe addirittura in violazione della normativa che è chiamato ad attuare, accentuando i lamentati profili di incostituzionalità ed inadeguatezza nel perseguimento dell'interesse pubblico.
Nessuna distinzione è prevista, infatti, nel Piano né in relazione alle modalità di rilascio dei certificati per le diverse categorie di operatori (punto A.1.6)2, né per quanto riguarda le modalità di rinnovo degli stessi, che per distributori e consulenti vengono unitariamente disciplinate (punto A.1.9).
Stessa sorte spetta, inoltre, all'individuazione della durata minima dei corsi di base e di aggiornamento e alle relative modalità di svolgimento (punto A.1.11). In particolare per i corsi di base, che risultano propedeutici al rilascio delle abilitazioni, è prevista una durata minima di 20 ore per gli utilizzatori professionali, e di 25 ore sia per i distributori che per i consulenti, mentre per i corsi di aggiornamento la durata minima è di 12 ore in relazione a tutte e tre le categorie di operatori.
Tra l'altro, non viene neppure previsto che tali corsi debbano obbligatoriamente essere frequentati durante il periodo quinquennale di durata dell'abilitazione, in quanto l'aggiornamento è richiesto non come presupposto per la validità della stessa, ma esclusivamente come condizione a cui è subordinato il suo rinnovo (si veda punto A.1.9).
Vi sarebbero inoltre lacune in termini di imparzialità e terzietà del consulente, in quanto il Piano si limita a prevedere che "l'attività di consulente è incompatibile con la condizione dei soggetti che hanno rapporti di dipendenza o di collaborazione diretta a titolo oneroso con soggetti titolari di autorizzazione di prodotti fitosanitari secondo la definizione di cui all'art. 3, paragrafo 24 del regolamento (CE) n. 1107/2009", e che "il soggetto in possesso del certificato di abilitazione alla vendita non può svolgere l'attività di consulenza". Esso però non prende in considerazione le ipotesi in cui le due attività siano esercitate da soggetti diversi, legati tuttavia da rapporti di interesse tra consulente e venditori.
Il decreto, inoltre, sarebbe anche illogico laddove esso prevede che l’esistenza delle richieste conoscenze da parte del consulente possa essere accertata sulla base di un semplice test o colloquio orale a seguito della frequentazione di un corso di 25 ore e del precedente conseguimento addirittura del solo diploma di scuola superiore.
Di contro, sarebbe illogico che professionisti del settore, quali sono anche i Dottori Agronomi e Dottori Forestali — che già hanno per legge piena competenza in materia di fitoiatria e che operano sul mercato a seguito del superamento di un esame di Stato e dell'iscrizione ad un ordine professionale che ne garantisce la formazione continua, la terzietà, ed il rispetto delle rigidissime regole deontologiche e la copertura assicurativa — debbano conseguire egualmente l'abilitazione regionale per poter continuare a fare consulenza.
Infine, il DM impugnato prevedrebbe un sistema sanzionatorio illegale e discriminatorio, posto che non viene specificato quali siano le autorità regionali e provinciali competenti a comminare le sanzioni, non vengono definiti i termini minimi e massimi di durata delle sospensioni, e né tanto meno vengono precisate le modalità con cui le informazioni debbano essere comunicate dal consulente in modo da consentire l'espletamento di un adeguato controllo, i cui meccanismi non sono tra l'altro neanche lontanamente ventilati.
Vi sarebbe il rischio che il medesimo comportamento possa andare incontro, a seconda della regione in cui viene posto in essere, a conseguenze estremamente differenti, con inevitabili disparità di trattamento sia in relazione all'accertamento dell'eventuale responsabilità del consulente, sia in relazione al profilo speculare del suo diritto di difesa.
L’Amministrazione resistente si è costituita ed ha in primo luogo sostenuto la manifesta infondatezza delle eccezioni di incostituzionalità, sostenendo che la nuova figura del consulente non può configurarsi come nuova professione, nel senso voluto dall’art. 33, comma 5, Cost., ma come un mero profilo professionale, cosicché non sarebbe necessario il superamento di uno specifico esame di Stato.
La competenza per la gestione dei corsi di formazione professionale e il conferimento delle relative abilitazioni è stata affidata dal legislatore statale alle regioni, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, ex art. 118, Cost., nonché sulla base di programmi e principi comuni contenuti nell’allegato I della stessa legge statale.
Peraltro, la partecipazione ai suddetti corsi è riservata a soggetti che sono in possesso di un diploma o di una laurea acquisiti previo il superamento di un esame di Stato, circostanza che soddisferebbe comunque il requisito invocato dai ricorrenti.
Manifestamente infondata sarebbe anche l’eccezione di incostituzionalità in relazione agli artt. 9 e 32 Cost., in quanto l’adeguatezza delle misure prescritte per garantire la formazione e aggiornamento dei consulenti sarebbero rimesse alla discrezionalità del legislatore e sindacabili solo nel limite della manifesta illogicità.
Quanto alle dedotte censure di incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza, la difesa erariale ha sottolineato che la direttiva 2009/128/CE prevede un generale obbligo degli Stati membri di subordinare l’esercizio dell’attività di “consulente” per l’uso di pesticidi alla adozione di un apposito sistema di formazione e di aggiornamento ed all’acquisizione di una apposita certificazione, e non contiene eccezioni e deroghe per gli iscritti a specifici ordini professionali.
Anche per gli iscritti agli ordini professionali sussiste l’esigenza di eseguire periodiche verifiche del livello di preparazione;inoltre, il DM impugnato tiene conto dei diversi livelli di qualificazione e di esperienza conseguiti, prevedendo opportune deroghe alla frequenza dei corsi di abilitazione e di aggiornamento;infine, lo stesso dm ha riconosciuto agli ordini e colleghi professionali la facoltà di organizzare attività propedeutiche per i propri iscritti.
Infine, non sussisterebbe la dedotta disparità di trattamento con le figure del venditore di prodotti fitosanitari e di consulente sull’uso di pesticidi, posto che diversi sono i requisiti di accesso e differenti sono i percorsi formativi.
Infine, tutte le ulteriori censure rivolte direttamente al DM sarebbero infondate.
L’istanza cautelare, presentata dal ricorrente, è stata respinta in primo grado (con ordinanza 4245/2015) e accolta in grado di appello (con ordinanza 5730/2015), unicamente ai fini di una sollecita definizione del merito, tenuto conto delle rilevanza delle questioni prospettate.
Tutte le parti hanno depositato memorie per l’odierna udienza, e la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
1. Occorre in primo luogo premettere che la Direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009” istituisce “un quadro per realizzare un uso sostenibile dei pesticidi riducendone i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente e promovendo l’uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternative, quali alternative non chimiche ai pesticidi”.
I suoi obiettivi precipui sono rappresentati dalla tutela della salute umana e dalla tutela dell’ambiente in generale, nonché degli ambienti acquatici e delle fonti di approvvigionamento idrico.
Al fine di consentire il concreto perseguimento di tali obiettivi la direttiva individua una serie di azioni, quali:
- la promozione dell’uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternative non chimiche ai pesticidi, in modo da consentirne un “uso sostenibile” da un punto di vista sia economico che ambientale e sociale;
- la “formazione certificata” dei soggetti coinvolti nella “filiera” dell’utilizzo degli prodotti fitosanitari;
- l’adozione di programmi di informazione e sensibilizzazione della popolazione.
In particolare, al 5° considerato la direttiva 2009/128/CE stabilisce che: “per agevolare l’attuazione della presente direttiva gli Stati membri dovrebbero ricorrere a piani d’azione nazionali per
definire gli obiettivi quantitativi, gli obiettivi, le misure, i tempi e gli indicatori per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull’ambiente e per incoraggiare lo sviluppo e l’introduzione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi al fine di ridurre la dipendenza dall’utilizzo di pesticidi. Gli Stati membri dovrebbero controllare l’impiego di prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive che destano particolare preoccupazione e stabilire i tempi e gli obiettivi per la riduzione del loro uso, in particolare quando si tratta di un metodo adeguato per realizzare obiettivi di riduzione del rischio”.
L’articolo 3 della direttiva 2009/128/CE, individua tre figure professionali:
1 «utilizzatore professionale»: la persona che utilizza i pesticidi nel corso di un’attività professionale, compresi gli operatori, i tecnici, gli imprenditori e i lavoratori autonomi, sia nel settore agricolo sia in altri settori;
2 «distributore»: la persona fisica o giuridica che rende disponibile sul mercato un pesticida, compresi i rivenditori all’ingrosso e al dettaglio, i venditori e i fornitori;
3 «consulente»: la persona che ha acquisito un’adeguata conoscenza e fornisce consulenza sulla difesa fitosanitaria e sull’impiego sicuro dei pesticidi, nell’ambito professionale o di un
servizio commerciale, compresi, se pertinenti, i servizi di consulenza privati o pubblici, gli agenti commerciali, i produttori e i rivenditori di prodotti alimentari.
L’ 8° considerato della direttiva dispone poi che: “E’ essenziale che gli Stati membri istituiscano sistemi di formazione di base e di aggiornamento per i distributori, i consulenti e gli utilizzatori
professionali dei pesticidi e sistemi di certificazione che attestino tali corsi di formazione, in modo che chi utilizza o utilizzerà i pesticidi sia pienamente consapevole dei rischi potenziali per la salute umana e per l’ambiente e delle misure più appropriate per ridurre tali rischi il più possibile. Le attività di formazione per gli utilizzatori professionali possono essere coordinate con quelle organizzate nell’ambito del regolamento (CE) n. 1698/2005”.
2. La predetta direttiva 2009/128/CE è stata recepita in Italia con il d.lgs. n. 150/2012, in virtù della delega contenuta nella legge 15 dicembre 2011, n. 17. Esso definisce le misure per un uso sostenibile dei pesticidi al fine di:
a. ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità;
b. promuovere l’applicazione della difesa integrata e di approcci alternativi o metodi non chimici.
In particolare, l’art. 8 del d.lgs. ha previsto che chiunque intenda svolgere un'attività di vendita di prodotti fitosanitari o di consulenza sull'impiego di prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti deve essere in possesso di uno specifico certificato di abilitazione rilasciato dalle Regioni o dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti.
Il precedente sistema di formazione, di base e di aggiornamento, per gli utilizzatori ed i distributori di prodotti fitosanitari, in Italia, era già previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1255 del 1968, poi modificato con il decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e
successive modificazioni ed integrazioni. Tale normativa prevedeva che l’acquisto dei prodotti fitosanitari classificati ed etichettati come molto tossici, tossici e nocivi fosse consentito solamente ai soggetti in possesso dell’autorizzazione all’acquisto e all’uso degli stessi.
Il rilascio ed il rinnovo, ogni cinque anni, dell’autorizzazione suddetta erano subordinati sin da allora alla frequenza a specifici corsi, prima di base e poi di aggiornamento, ed al superamento dell’esame finale attestante il possesso di competenze specifiche relative al pericoli e ai rischi connessi alla detenzione, conservazione, manipolazione ed uso dei prodotti fitosanitari e dei loro coadiuvanti, alle misure precauzionali da adottare ed ai principi preposti ad un corretto impiego da un punto di vista sanitario, agricolo ed ambientale.
Nella precedente disciplina, tuttavia, era prevista l’esenzione da tale esame in relazione alla abilitazione alla vendita per “i laureati in scienze agrarie e scienze forestali, i periti agrari, i laureati in chimica, medicina e chirurgia, medicina veterinaria, scienze biologiche, farmacia, i diplomati in farmacia ed i periti chimici.” (art. 23, comma 5 del DPR Mentre per l’abilitazione all’acquisto, l’esenzione dalla valutazione delle competenze era prevista per i laureati in scienze agrarie, i periti agrari e gli agrotecnici. (art. 26, comma 6, del DPR n. 290 del 2001).
Il recepimento della direttiva n. 2009/128/CE ha richiesto un adeguamento della normativa vigente per quanto riguarda la figura del consulente, che in precedenza non era prevista dalla normativa nazionale.
A tal fine, l’art. 8 (Certificato di abilitazione alla vendita e certificato di abilitazione all'attività di
Consulente) del d.lgs. 150/2012 prevede:
“1. A decorrere dal 26 novembre 2015, chiunque intenda svolgere un'attività di vendita di prodotti
fitosanitari o di consulenza sull'impiego di prodotti fitosanitari e dei coadiuvanti deve essere in
possesso di uno specifico certificato di abilitazione rilasciato, ai sensi dell'articolo 7, dalle Regioni e
dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti.
2. Il certificato di abilitazione alla vendita viene rilasciato dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti, alle persone in possesso di diplomi o lauree in discipline agrarie, forestali, biologiche, ambientali, chimiche, mediche e veterinarie, a condizione che abbiano frequentato appositi corsi di formazione ed ottenuto una valutazione positiva sulle materie elencate nell'allegato I.
3. Il certificato di abilitazione all'attività di consulente viene rilasciato dalle Regioni e dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti, alle persone in possesso
di diplomi o lauree in discipline agrarie, forestali, a condizione che abbiano un'adeguata conoscenza
in materia di difesa integrata e sulle materie elencate nell'allegato I, comprovata dalla frequenza ad
appositi corsi con valutazione finale.
4. I certificati di cui ai commi 2 e 3 sono validi cinque anni ed alla scadenza sono rinnovati, a
richiesta del titolare, previa verifica della partecipazione a specifici corsi di aggiornamento.
5. Sono fatte salve, fino alla loro scadenza, con possibilità di rinnovo secondo le prescrizioni del
Piano, le abilitazioni alla vendita rilasciate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23
aprile 2001, n. 290, e successive modificazioni.”
Inoltre, per quanto riguarda l’autorizzazione all’acquisto e all’utilizzo, l’art. 9 prevede:
“1. A decorrere dal 26 novembre 2015, l'utilizzatore professionale che acquista per l'impiego diretto, per sè o per conto terzi, prodotti fitosanitari e coadiuvanti deve essere in possesso di specifico certificato di abilitazione all'acquisto e all'utilizzo rilasciato, ai sensi dell'articolo 7, dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti.
2. I prodotti fitosanitari e i coadiuvanti possono essere utilizzati soltanto da coloro che sono muniti
di apposito certificato di abilitazione all'acquisto e all'utilizzo rilasciato dalle Regioni e dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti, ai soggetti che siano in
possesso dei seguenti requisiti:
a) siano maggiorenni;
b) abbiano frequentato appositi corsi di formazione ed ottenuto una valutazione positiva nelle
materie elencate nell'allegato I, in accordo con quanto stabilito nel Piano.
3. Il certificato è valido per cinque anni ed alla scadenza viene rinnovato, a richiesta del titolare,
previa verifica della partecipazione a specifici corsi o iniziative di aggiornamento.
4. Sono fatte salve, fino alla loro scadenza, le abilitazioni all'acquisto rilasciate ai sensi del decreto
del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e successive modificazioni.”
3. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha quindi emanato il d.m. del 22 gennaio 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 febbraio 2014, n. 35, con cui ha adottato il Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.
Il Piano ha definito esattamente gli obiettivi, le misure, le modalità e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità in linea con il D.lgs. 150/20 12 e con la direttiva 2009/128/CE. Per quanto riguarda la parte relativa all’introduzione di un sistema di formazione e di certificazione afferente la nuova figura professionale del consulente di prodotti fitosanitari, il DM ha previsto le seguenti norme:
Il paragrafo A.1.3 “Certificati di abilitazione alla consulenza” prevede che a decorrere dal 26 novembre 2015 il certificato di abilitazione alla consulenza di cui all’art. 8, comma 3, del decreto legislativo n. 150/2012, costituisce un requisito obbligatorio per svolgere attività di consulente nell’ambito della difesa fitosanitaria a basso apporto di prodotti fitosanitari, indirizzata anche alle produzioni integrata e biologica, all’impiego sostenibile e sicuro dei prodotti fitosanitari e ai metodi di difesa alternativi.
Ai corsi di formazione per consulente possono accedere i soggetti in possesso dei requisiti previsti dall’art. 8, comma 3, del decreto legislativo n. 150/2012. Per ottenere il rilascio del certificato di abilitazione all’acquisto, all’utilizzo e vendita ed alla consulenza, tutti i soggetti in possesso dei requisiti di accesso (salvo quanto previsto ai paragrafi A.