TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-04-27, n. 202301395

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-04-27, n. 202301395
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202301395
Data del deposito : 27 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/04/2023

N. 01395/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00347/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 347 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Mediaspot Group S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato S A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Messina, rappresentato e difeso dall'avvocato N B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Messina, Via Camiciotti 102;

per l'annullamento

a) del provvedimento del Comune di Messina n. 370189/2018 in data 17 dicembre 2018, con cui è stata rigettata la richiesta di autorizzazione per la collocazione di un impianto pubblicitario variabile su suolo pubblico presentata in data 9 aprile 2018;
b) della nota n. 318106 in data 23 novembre 2018 della Polizia Municipale e del Dipartimento Viabilità;
c) ove occorra, della nota n. 173418 in data 10 luglio 2018, nonché della nota n. 314327 in data 20 novembre 2018 e, ove occorra, dell’art. 13 del regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni;

nonché per la condanna

dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno.


Visti tutti gli atti della causa e le difese delle parti, come in atti o da verbale;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2023 il dott. Daniele Burzichelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La ricorrente, chiedendo anche il risarcimento del danno, ha impugnato: a) il provvedimento del Comune di Messina n. 370189/2018 in data 17 dicembre 2018, con cui è stata rigettata la richiesta di autorizzazione per la collocazione di un impianto pubblicitario variabile su suolo pubblico presentata in data 9 aprile 2018;
b) la nota n. 318106 in data 23 novembre 2018 della Polizia Municipale e del Dipartimento Viabilità;
c) ove occorra, la nota n. 173418 in data 10 luglio 2018, nonché la nota n. 314327 in data 20 novembre 2018 e, ove occorra, l’art. 13 del regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) in data 6 aprile 2018 la ricorrente ha presentato richiesta per collocare un impianto pubblicitario variabile bifacciale su suolo pubblico in località Fondo Fucile;
b) con provvedimento n. 370189 in data 17 dicembre 2018 il Comune ha opposto il proprio diniego, che è stato espresso sulla base delle note n. 173418 del 10 luglio 2018, n. 314327 del 20 novembre 2018 e n. 318106 del 23 novembre 2018.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) il rigetto del Comune si fonda sul rilievo che l’impianto non rispetterebbe la distanza minima di 50 metri dall’accesso di un impianto di distribuzione carburanti, da considerarsi come intersezione stradale;
b) l’Amministrazione ha, quindi, ritenuto che la richiesta contrastasse con l’art. 51, quarto comma, del D.P.R. n. 495/1992 e che la strada in questione dovesse qualificarsi come strada urbana di scorrimento;
c) il concetto di intersezione risulta, però, dall’art. 3 del decreto legislativo n. 285/1992 e si riferisce ad un’area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse;
d) nel caso in esame l’area non è interessata da due o più correnti di traffico e non può ritenersi che sussista un’intersezione, venendo in rilievo una via di accesso posta su una carreggiata ad unico senso di marcia e da considerarsi quale unica strada, con una sola corrente di traffico;
e) il luogo oggetto della richiesta, ovviamente, neppure può considerarsi svincolo autostradale;
f) deve anche denunciarsi il vizio di difetto di motivazione, posto che la richiesta riguardava due distinti impianti a messaggio variabile, ciascuno visibile da due diverse corsie in senso opposto di marcia, con la conseguenza che quantomeno per la faccia dell’impianto rivolta verso il senso contrario di marcia non può invocarsi alcuna distanza ai sensi dell’art. 51 del D.P.R. n. 495/1992;
g) il difetto di motivazione appare, altresì, evidente poiché il provvedimento non richiama la norma che prescrive l’osservanza della distanza minima di 50 metri;
h) occorre considerare che con nota n. 292264 in data 6 novembre 2018 la Polizia Municipale aveva reso parere favorevole all’accoglimento della richiesta;
i) va aggiunto che non sussiste alcun contrasto con l’art. 23 del codice della strada, il cui primo comma contempla il divieto di collocare insegne, cartelli, manifesti, etc., che possano ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero possono renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità e l’efficacia, ovvero possano arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione, con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione, mentre gli impianti di cui trattasi sono di ridotte dimensioni e inidonei a recare alcun concreto disturbo visivo o altro tipo di distrazione;
l) l’Amministrazione avrebbe dovuto effettuare valutazioni e riferimenti concreti circa l’impatto derivante dall’installazione, con riferimento alla situazione dei luoghi e alle caratteristiche degli impianti;
m) non è stato effettivamente inviato il prescritto preavviso di rigetto, dovendo tenersi conto che la partecipazione procedimentale dell’interessata sarebbe risultata decisiva;
n) nella specie non può, inoltre, trovare applicazione l’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990.

Il Comune di Messina ha svolto, in sintesi, le seguenti difese in rito e nel merito: a) il gravame è improcedibile in quanto è intervenuta la sottoscrizione digitale del ricorso notificato in formato PADES;
b) il ricorso è anche improcedibile perché, con nota n. 97189 in data 22 marzo 2019, il Comune ha nuovamente respinto l’istanza della ricorrente, tenendo conto delle censure sollevate con il presente ricorso e specificando, in particolare, che l’impianto pubblicitario determinerebbe un pericolo per la sicurezza stradale in quanto causa di potenziale distrazione per i conducenti;
c) l’Amministrazione ha anche chiarito che per errore materiale era stata omessa la motivazione del parere negativo quanto all’impianto pubblicitario visibile in direzione di marcia monte-mare, il quale contravviene alle disposizioni di cui all’art. 51, quarto comma, lettera a, del D.P.R. n. 495/1992, trovandosi a una distanza inferiore a metri 50 dall’intersezione fra il Viale Gazzi e la Via Vinci;
d) è infondata la censura con cui è stata dedotta la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 e, comunque, tale violazione sarebbe sanata a seguito dell’adozione del nuovo provvedimento, che non avrebbe potuto avere contenuto diverso, anche tenuto conto di quanto previsto dall’art. 6, comma 13, del regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni;
e) il ricorso è, comunque, infondato nel merito tenuto conto delle previsioni di cui all’art. 23 del decreto legislativo n. 295/1992, di ci all’art. 51 del D.P.R. n. 495/1992 e di cui all’art. 6, comma 13, del menzionato regolamento.

Mediante motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 97189 del 22 marzo 2019, la nota n. 89916 del Comune di Messina in data 18 marzo 2019, nonché, ove occorra, l’art. 6, comma 13, del già sopra indicato regolamento.

Le censure di cui ai motivi aggiunti possono sintetizzarsi come segue: a) l’Amministrazione ritiene che, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo n. 285/1982, l’accesso all’impianto di carburante rientrerebbe nella definizione di strada, posto che il successivo art. 3, primo comma, punto 26, definisce come “intersezione a raso o a livello” un’area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra;
b) l’area in questione è invece una cosiddetta pertinenza di servizio, disciplinata dall’art. 24 del decreto legislativo n. 285/1992;
c) inoltre, l’art. 3 del codice della strada, affinché possa parlarsi di intersezione, richiede lo smistamento di più correnti di traffico dall’una all’altra di esse, mentre nella specie non vi sono correnti di traffico, ma una sola corrente;
d) il provvedimento non appare adeguatamente motivato anche in relazione a quanto stabilito con riferimento alla facciata con visibilità in direzione di marcia monte-mare, tenuto conto, tra l'altro, del riferimento ad una planimetria allegata che non è stata, in realtà, prodotta e dovendo considerarsi al riguardo che la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio;
e) appare infondata l’eccezione relativa alla sottoscrizione del ricorso notificato in formato PADES;
f) il nuovo provvedimento non determina l’improcedibilità del gravame, posto che il Comune ha semplicemente integrato gli atti originariamente impugnati;
g) è stato violato l’art. 10-bis della legge n. 241/1990 e nella specie non può trovare applicazione l’art. 21-octies, secondo comma, di tale legge, non avendo il Comune provato in alcun modo che il provvedimento finale non avrebbe potuto avere diverso contenuto;
h) devono essere, altresì, richiamati i motivi di gravame già esposti in seno al ricorso introduttivo.

Con memoria in data 21 settembre 2019 il Comune ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie difese.

In vista dell’udienza di merito il Comune ha depositato memorie in data 6 febbraio e 16 febbraio 2023, mentre il ricorrente ha depositato memoria in data 6 febbraio 2023.

Con tali atti le parti hanno ribadito e ulteriormente precisato le loro difese.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio osserva quanto segue.

Il ricorso introduttivo è improcedibile, avendo l’Amministrazione adottato il successivo provvedimento n. 97189 del 22 marzo 2019, impugnato mediante motivi aggiunti.

Con riferimento ai motivi aggiunti e alle censure che in seno ad essi sono state effettivamente spiegate, la Sezione osserva, invece, quanto segue.

L’art. 1, primo comma, punto 26), del decreto legislativo n. 285/1982 definisce la “intersezione a raso (o a livello)” come la “area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse”.

La nozione rileva, ovviamente, anche in termini di sicurezza della circolazione, posto che nelle “intersezioni a raso” lo smistamento della circolazione del traffico da una strada all’altra costituisce circostanza idonea a determinare una situazione di pericolo.

Nel caso in cui sia presente un impianto di distribuzione di carburanti lungo una strada, il traffico proveniente dai veicoli che hanno sostato in stazione si immette sulla strada e una parte del traffico presente lungo la strada si immette nella stazione.

Vi è, quindi, un reciproco smistamento di traffico che interessa, da un lato, la strada e, dall’altro, gli accessi da e alla stazione di servizio (che in parte qua devono considerarsi come strade ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo n. 285/1992).

La situazione che è stata rappresentata, d'altronde, in nulla risulta dissimile, sotto un profilo sostanziale, da quella che si avrebbe qualora gli accessi da e alla stazione di servizio fossero costituiti da strade ordinarie.

Sotto tale profilo, avuto particolare riguardo ai profili concernenti la sicurezza della circolazione e alla ratio della relativa disciplina, l’interpretazione resa dall’Amministrazione è condivisa da questo Collegio.

L’osservazione di parte ricorrente, secondo cui l’area interessata dall’impianto sarebbe una cosiddetta pertinenza di servizio, disciplinata dall’art. 24 del decreto legislativo n. 285/1992, appare, invece, non conferente, in quanto: a) non vi è dubbio che l’area interessata dall’impianto costituisca una pertinenza di servizio ai sensi del menzionato art. 24;
b) tuttavia, nel caso in esame vengono specificamente in rilievo gli accessi da e all’area di servizio, non la restante superficie dell’impianto;
c) è in relazione a tali accessi - e soltanto con riferimento ad essi - che trova, invece, applicazione la disciplina relativa alla cosiddetta “intersezione a raso”.

Il provvedimento che è stato impugnato mediante motivi aggiunti risulta, poi, congruamente motivato, come anche dimostrato dalle censure in punto di merito che sono state sollevate dalla parte ricorrente.

Ciò vale anche per quanto attiene alla facciata con visibilità monte-mare, avendo il Comune precisato la ragione che impediva il rilascio del titolo ed essendo onere della parte interessata fornire prova dell’eventuale erroneità dell’affermazione resa dall’Amministrazione.

Non è, poi, intervenuta alcuna integrazione della motivazione in sede di giudizio, avendo l’Amministrazione adottato un nuovo e diverso provvedimento nella sede procedimentale.

Tale atto non ha integrato, ma ha sostituito il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.

Anche a prescindere dal sostanziale contraddittorio che ha avuto luogo a seguito del complessivo svolgersi della vicenda, deve, comunque, osservarsi che nella specie veniva in rilievo, per le ragioni che sono state esposte, un provvedimento di natura vincolata, sicché, per quanto attiene alla censura relativa alle garanzie procedimentali, trova comunque applicazione l’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241/1990.

Le considerazioni che precedono valgono anche a confutare le doglianze contenute nel ricorso introduttivo, che sono state richiamate - nei limiti, ovviamente, della loro persistente attualità - in seno ai motivi aggiunti.

Ogni altra questione resta assorbita.

In conclusione, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile e il ricorso per motivi aggiunti va rigettato, ma, tenuto conto della particolare articolazione della vicenda, le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate.

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