TAR Ancona, sez. I, sentenza 2016-04-15, n. 201600239

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2016-04-15, n. 201600239
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201600239
Data del deposito : 15 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00495/2015 REG.RIC.

N. 00239/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00495/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 495 del 2015, proposto da:
G M, rappresentata e difesa dall'avv. R C, con domicilio eletto presso Avv. Antonio Micucci in Ancona, piazza Roma, 13;

contro

Comune di Ripatransone, rappresentato e difeso dall'avv. M N, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, Via della Loggia, 24;

nei confronti di

F C;

per l'annullamento

dell'ordinanza prot. n. 3679 del 29/05/2015 del Sindaco del Comune di Ripatransone, con la quale veniva disposto lo smaltimento, in regime di sicurezza, dei rifiuti speciali derivanti dall'attività produttiva della ditta Eurolac Due Srl.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ripatransone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2016 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Con il provvedimento oggetto di ricorso veniva ordinato lo smaltimento in regime di sicurezza, entro 30 giorni, dei rifiuti speciali derivanti dall'attività produttiva della ditta Eurolac Due Srl, depositati presso lo stabilimento in Via Sant’Angelo n. 1, ritenuti pericolosi per la salute pubblica e consistenti in:

- n. 5 sacconi di tessuto plastico di circa 1.500 Kg ciascuno contenenti polvere di scarto di rivestimenti di verniciatura;

- oltre 25 barattoli, quasi tutti senza coperchio, contenenti fanghi di verniciatura e solventi;

- n. 2 pallet ricoperti da un film di plastica contenenti barattoli metallici di vernici e solventi pressati;

- confezioni varie di liquidi infiammabili (vernici e solventi);

- n. 8 sacchi quasi pieni di polvere di scarto di rivestimenti di verniciatura.

L’Amministrazione Comunale si è costituita in giudizio per dedurre eccezioni preliminari in rito e per contestare anche nel merito le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto.



2. Il ricorso è infondato, per cui il Collegio ritiene di soprassedere dall’esame delle eccezioni preliminari.



3. Con il primo ed articolato motivo viene dedotta violazione dell’art. 192 comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006, degli artt. 259 e 260 Cpp, nonché eccesso di potere sotto svariati profili. In particolare viene dedotto che non si tratta di materiale abbandonato, ma depositato presso i locali aziendali sottoposti a sequestro preventivo penale dal giorno 8.7.2014, sottratti alla disponibilità della ricorrente e affidati al custode giudizialmente nominato (dott.ssa Cognini) al quale dovrebbe semmai imputarsi la responsabilità del deposito incontrollato.

La censura è infondata.

Nel ricorso si legge (pag. 6) che il materiale in questione sarebbe stato sfruttato e smaltito nell’ambito degli ordinari processi e meccanismi produttivi, ma tale attività è stata impedita a causa del sequestro.

Non viene tuttavia contestato che la situazione dei luoghi, inclusi il materiale e i relativi sistemi di stoccaggio, si sia modificata dopo il sequestro, per cui il Collegio non intravede di quale responsabilità debba rispondere il custode.

Trattandosi di attività produttiva ferma e di cui non è dato sapere quando sarà ripresa, pare evidente che il materiale non potrà essere velocemente sfruttato nel processo produttivo (ammesso che, oltre ai barattoli ancora integri di vernici e solventi, l’altro materiale sia ancora sfruttabile). Di conseguenza va smaltito essendo sostanze pericolose come si vedrà nell’esame del motivo successivo.

Il GUP, con proprio provvedimento del 23.3.2015, ha ritenuto che lo smaltimento in questione non riguardi i fatti di reato, per cui negava l’autorizzazione al custode di procedere in tal senso come aveva invece richiesto.

Non emergono quindi ragioni per escludere che tale incombenza spetti alla società proprietaria (e a chi la rappresenta) la quale, come sopra ricordato, ammette che avrebbe comunque dovuto procedere allo smaltimento.

L’impossibilità (giuridica) di accedere ai locali sotto sequestro, qualora venisse negata la relativa autorizzazione, potrà quindi rilevare solo in sede di esecuzione dell’ordine ricevuto, ma non incide sulla sua legittimità.

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