TAR Catania, sez. III, sentenza 2020-07-17, n. 202001781

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2020-07-17, n. 202001781
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202001781
Data del deposito : 17 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2020

N. 01781/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00217/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 217 del 2020, proposto da
P V, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Mascali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

D L, non costituito in giudizio;

per l'accesso al provvedimento contenente il permesso di costruire n. 11/2018 del 12.4.2018, relativo ai lavori di ristrutturazione dell’immobile sito in Mascali, Via Risorgimento 49, nonché a tutti gli atti del relativo procedimento,

e per l’annullamento del silenzio/rigetto formatosi sull’istanza di accesso civico ex art. 5 comma 2 e ss. D. Lgs. 33/2013 come modificato dal D. Lgs. 97/2016, presentata in data 28.11.2019 e protocollata al num. 30757.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mascali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2020 la dott.ssa Giuseppa Leggio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso il sig. Vasta chiede al Tribunale di condannare il Comune intimato ad ostendere gli atti relativi al procedimento concluso con il titolo edilizio n. 11/2018, rilasciato alla ditta controinteressata in data 12 aprile 2018 e relativo a lavori di ristrutturazione dell’immobile sito in Mascali, Via Risorgimento 49.

Il ricorrente ha infatti presentato richiesta di accesso in data 28 novembre 2019, ma il Comune non ha provveduto su tale istanza.

Il ricorrente ha specificato di volere esercitare un “accesso civico generalizzato” ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 comma 2 e ss. D. Lgs. 33/2013, come modificato dal D. Lgs. 97/2016, con finalità di controllo sociale dell’attività della P.A. in ambito edilizio-urbanistico, ma di essere legittimato all’acceso anche in quanto conduttore dell’immobile adiacente e confinante con l’immobile di cui trattasi.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato, che ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per scadenza del termine decadenziale di cui all’art. 25, commi 4 e 5, l. 241/1990 e art. 116, c.p.a., comma 1, avendo il ricorrente presentato plurime istanze di accesso di contenuto sostanzialmente analogo già dal 07.08.2018, e non avendo impugnato il silenzio rigetto formatosi fin dalla prima istanza.

Il ricorrente poi non sarebbe legittimato alla richiesta in quanto non è proprietario dell’immobile, ma solo conduttore dello stesso e peraltro residente in altro Comune.

In punto di interesse, infine, il Comune ha eccepito che l’istanza del ricorrente sarebbe dettata da motivazioni di carattere personale, come sarebbe reso palese da quanto dallo stesso dichiarato nelle precedenti istanze di accesso e in particolare nella nota prot. n. 13955 del 03.08.2018, in atti.

Il Comune ha infine chiesto la rimessione in termini per errore scusabile ai fini della costituzione in giudizio, avendo fatto affidamento sulla sospensione dei termini processuali disposta dall’art. 84 del d.l. n. 18 del 2020, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID – 19.

Con memoria in data 8 giugno 2020 il ricorrente ha a sua volta eccepito la tardività della costituzione in giudizio del Comune, rilevando come in materia di accesso civico l’istanza può essere ripresentata fino a quando perdura l’inadempimento, anche in assenza di fatti nuovi.

Le parti hanno presentato note d’udienza.

Alla camera di consiglio odierna il ricorso è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare il Collegio, pur ritenendo la tardività della costituzione in giudizio del Comune di Mascali, avvenuta il 16 aprile 2020 a fronte della notifica del ricorso in data 28 gennaio 2020, tuttavia rileva che i documenti prodotti il 16 aprile sono ammissibili, in quanto per gli affari fissati il 24 giugno, come quello in oggetto, il termine libero di venti giorni (termine dimezzato ex art. 87, co. 3, cod. proc. amm.) per il deposito dei documenti iniziava a decorrere il 3 giugno.

Quanto alle eccezioni sollevate dal Comune nella memoria di costituzione, si tratta di profili che emergono dai documenti prodotti dall’amministrazione, e poiché gli stessi ineriscono alla tardività del ricorso e alla carenza di condizioni dell’azione, si tratta a ben vedere di questioni rilevabili d’ufficio dal giudice;
inoltre su tali eccezioni di rito, che sono state reiterate nelle note di udienza depositate dal Comune in data odierna, si è comunque svolto il contraddittorio processuale, atteso che il ricorrente ha puntualmente controdedotto nella memoria dell’8 giugno 2020 e nelle note di udienza del 22 giugno.

Alla luce delle superiori argomentazioni, e tenuto conto delle misure stabilite dal legislatore in stretta correlazione con la situazione emergenziale, che impongono la più sollecita conclusione del giudizio in conformità ai principi generali, ritiene pertanto il Collegio di potere sollevare d’ufficio le predette questioni, sulle quali si sono già svolte le difese delle parti.

Tanto premesso il ricorso è irricevibile.

Risulta dalla documentazione in atti che dopo una prima richiesta di accesso ai documenti relativi alla pratica edilizia riguardante l’immobile di proprietà della controinteressata in data 07.08.2018, avanzata ai sensi della L. n. 241/1990 e rimasta senza riscontro, il ricorrente in data 10 settembre 2018, prot. n. 16110 avanzò la prima istanza di accesso civico generalizzato ai sensi del D.lgs n. 97 del 2016, avente ad oggetto la medesima pratica edilizia che forma oggetto anche della richiesta di accesso per cui è causa.

A questa prima richiesta di accesso civico generalizzato altre hanno fatto seguito fino a quella del 28.11.2019, tutte non esitate dal Comune e tutte aventi sempre il medesimo oggetto;
anche nella memoria depositata in data 8 giugno 2020, il ricorrente ha ribadito che la sua istanza di accesso va qualificata come “accesso civico generalizzato ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 2 e ss. del d.lgs. n. 33/2013”.

Così ricostruita la vicenda in punto di fatto, il ricorso risulta tardivamente proposto, atteso che la prima richiesta di accesso civico generalizzato ai documenti di cui ora è chiesta l’ostensione risale al 10 settembre 2018, su tale richiesta l’amministrazione non si è pronunciata, e il ricorrente non ha impugnato il silenzio del Comune.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale fatto proprio da Consiglio di Stato, sez. VI, 29 aprile 2019 n. 2737, trova applicazione anche in caso di accesso civico generalizzato la “ consolidata interpretazione della disciplina sull’accesso documentale, plasticamente applicabile al nuovo istituto dell’accesso civico generalizzato ”, in forza della quale “ la tutela da parte dell’aspirante accedente nei confronti del silenzio rifiuto, del provvedimento espresso di diniego, totale o parziale e del provvedimento con cui si dispone il differimento, formatisi o resi dall’amministrazione su una istanza ostensiva, deve essere esercitata entro e non oltre il termine decadenziale di trenta giorni (ai sensi dell’art. 116, comma 1, c.p.a.), decorrente dallo spirare del termine procedimentale di trenta giorni (previsto dall’art. 25, quarto comma, l. 241/1990 per l’accesso documentale e, per l’accesso civico, dall’art. 5, comma 6, d.lgs. 33/2013), sicché la proposizione della domanda giudiziale oltre il termine decadenziale di impugnazione del diniego di accesso civico generalizzato (tenendo conto della impostazione interpretativa riferita all’accesso documentale, cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 18 aprile 2006 n. 6 e 20 aprile 2006 n. 7, perfettamente applicabile anche alla simmetrica disciplina processuale riferita dal legislatore all’accesso civico generalizzato nella comune applicazione dell’art. 116 c.p.a.):

1) rende irricevibile il ricorso tardivamente proposto dinanzi al giudice amministrativo (ovvero nelle sedi giustiziali indicate nell’art. 5, commi 8 e 9, d.lgs. 33/2013);

2) rende inammissibile la (ri)proposizione di una domanda di accesso (civico generalizzato) dello stesso tenore di quella fatta oggetto del silenzio diniego, del provvedimento espresso di diniego parziale o totale ovvero del provvedimento di differimento non tempestivamente impugnati.

Deriva da quanto sopra, con riferimento al presente contenzioso, che questo Decidente deve dichiarare irricevibile, in quanto tardivamente proposta, la domanda giudiziale avanzata dal ricorrente, che avrebbe dovuto essere proposta entro il termine decadenziale di cui all’art. 25, co 4 prima citato, decorsi 30 giorni dal silenzio sull’istanza di accesso del 10.09.2018.

Tuttavia, il ricorso è tardivo anche seguendo il diverso orientamento richiamato dal ricorrente nelle sue difese, in base al quale in materia di accesso civico, a fronte del silenzio dell'Amministrazione non si realizza una fattispecie di silenzio significativo di segno negativo giacché l'art. 5,

D.Lgs. n. 33 del 2013 impone l'obbligo all'Amministrazione di pronunciarsi con provvedimento espresso e motivato, di tal che il silenzio dell’amministrazione va qualificato come inerzia o inadempimento.

In tal caso, infatti, la conseguenza dell’inadempimento non è, come sostenuto dal ricorrente, che “l’istanza può essere ripresentata sino a quando perdura l’inadempimento, anche in assenza di nuovi fatti”, bensì che l’interessato ha l’onere di contestare l’inerzia dell’amministrazione attivando lo specifico rito avverso il silenzio di cui all’art. 117 cod. proc. amm. ( cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1121, che ha affermato che tra accesso documentale ed accesso “civico”, sia semplice che generalizzato “ Diverse sono anche le conseguenze del mancato accesso, da un punto di vista processuale. Nel caso di accesso tradizionale si forma il silenzio rigetto, una volta decorsi infruttuosamente 30 giorni dalla richiesta del privato interessato. Nel caso dell’accesso civico, invece, sia nel caso di diniego parziale o totale che di mancata risposta allo scadere del termine per provvedere, non si forma alcun silenzio rigetto, ma l’istante può attivare una speciale tutela amministrativa interna innanzi al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, formulando istanza di riesame alla quale dovrà essere dato riscontro entro i termini di legge. Sarà quindi onere, per l’interessato, contestare l’inerzia dell’amministrazione attivando lo specifico rito di cui all’art. 117 Cod. proc. amm. ovvero, in ipotesi di diniego espresso (anche sopravvenuto), il rito sull’accesso ex art. 116 Cod. proc. amm. ”.).

Facendo applicazione al caso di specie dei principi sopra esposti, il presente ricorso è parimenti tardivo ed irricevibile, in quanto proposto ben al di là del termine annuale seguente alla scadenza del termine di definizione del procedimento amministrativo avviato a domanda, come fissato dall’art. 31, co. 2, del c.p.a.

Il ricorso è pertanto irricevibile.

Il ricorso è anche inammissibile, in quanto correlato ad un interesse privato del ricorrente, quale emerge dal contenuto della nota prot. n. 13955 del 03.08.2018, dove il ricorrente fa riferimento a rapporti di vicinato e ad una querela presentata ai Carabinieri di Mascali il 24.07.2018 per fatti accaduti tra di lui e la controinteressata.

Come chiarito dalla recentissima sentenza Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1121, presupposto imprescindibile di ammissibilità dell’istanza di accesso civico generalizzato, è la sua strumentalità alla tutela di un interesse generale, per cui la relativa istanza andrà in ogni caso disattesa ove tale interesse generale della collettività non emerga in modo evidente, oltre che, a maggior ragione, nel caso in cui la stessa sia stata proposta per finalità di carattere privato ed individuale.

Lo strumento in esame può pertanto essere utilizzato solo per evidenti ed esclusive ragioni di tutela di interessi propri della collettività generale dei cittadini, non anche a favore di interessi riferibili, nel caso concreto, a singoli individui od enti associativi particolari: al riguardo, il giudice amministrativo è tenuto a verificare in concreto l’effettività di ciò, a nulla rilevando – tantomeno in termini presuntivi – la circostanza che tali soggetti eventualmente auto-dichiarino di agire quali enti esponenziali di (più o meno precisati) interessi generali.

Deve pertanto concludersi che, sebbene il legislatore non chieda all’interessato di formalmente motivare la richiesta di accesso generalizzato, la stessa vada disattesa, ove non risulti in modo chiaro ed inequivoco l’esclusiva rispondenza di detta richiesta al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica, essendo del tutto estraneo al perimetro normativo della fattispecie la strumentalità (anche solo concorrente) ad un bisogno conoscitivo privato ”, dovendosi in tal caso il soggetto interessato avvalersi –laddove ne sussistano i presupposti – della specifica tutela accordata dalle disposizioni di cui al Capo V della l. 7 agosto 1990, n. 241.

Tale conclusione risponde in primo luogo alla necessità di impedire sovrapposizioni tra le diverse (e tuttora vigenti) discipline legislative in materia di accesso, ma è altresì coerente con la specifica finalità dell’istituto dell’accesso civico generalizzato, consistente esclusivamente nel “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, comma 2 d.lgs. n. 33 del 2013), laddove quest’ultimo inciso non rileva in termini puramente generali ed astratti (ossia quale dibattito su qualsiasi oggetto), ma è riferito ai due obiettivi sostanziali che lo precedono nel testo della norma (il che spiega anche la devoluzione proprio all’Autorità nazionale anticorruzione e non ad altri del compito di definire delle linee-guida recanti indicazioni operative in materia di esclusioni e limiti all'accesso).

Conclusivamente, dunque, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile e, in ogni caso, inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza per metà, mentre per l’altra metà vengono compensate in ragione della tardiva costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale.

Nulla deve disporsi sulla liquidazione del compenso in favore del difensore del ricorrente - ammesso al patrocinio a spese dello Stato - in quanto alla generica richiesta contenuta nelle note di udienza del 22 giugno non ha fatto seguito la produzione di alcuna parcella da parte del difensore predetto.

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