TAR Campobasso, sez. I, sentenza 2009-05-26, n. 200900289
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N. 00289/2009 REG.SEN.
N. 00101/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 101 del 1999, proposto da:
V C, rappresentato e difeso dagli avv. S D P, R P, con domicilio eletto presso S D P Avv. in Campobasso, via Cardarelli N.15;
contro
Azienda Usl N.3 Centro Molise, rappresentato e difeso dall'avv. S C, con domicilio eletto presso S C in Campobasso, via Umberto I, N. 43;
per l'accertamento
del diritto della parte ricorrente alla corresponsione dell’indennità di incentivazione relativa agli anni 1990-1991-1992, maggiorata di rivalutazione monetaria e di interessi legali dalla data del dovuto fino al soddisfo, previa adozione di un provvedimento urgente ai sensi del disposto dell’art. 21 della legge 6.12.1971, n. 1034, così come interpretato dalla Corte Costituzionale con decisione n. 190 del 28.6.1985, nonché degli artt. 423 e 70 c.p.c.;
nonché per la condanna della A.U.S.L. n. 3 Centro Molise di Campobasso alla corresponsione in favore della parte ricorrente della indennità di incentivazione per gli anni 1990-1991-1992, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Usl N.3 Centro Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 06/05/2009 il dott. Orazio Ciliberti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La parte ricorrente, dipendente della Azienda U.S.L. n. 3 di Campobasso, avendo svolto attività in regime di plus orario nel periodo dal 1990 al 1992, ha chiesto alla Amministrazione intimata il pagamento delle somme ad essa spettanti.
Riferisce che la A.U.S.L. dopo aver riconosciuto gli importi dovuti, indicati in elenchi consegnati ai rappresentanti sindacali, si limitava a corrispondere un acconto sul maggior importo dovuto.
Nonostante il successivo invio di una diffida, la A.U.S.L. non dava corso al pagamento.
Parte ricorrente ha quindi adito l’intestato Tribunale per chiedere il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità in contestazione maggiorata degli accessori di legge, come previsto dagli artt. 57 del D.P.R. n. 384 del 1990 e 66 del D.P.R. n. 270 del 1987 e, in subordine, ai sensi dell’art. 2041 c.c..
Si è costituita in giudizio anche la Azienda U.S.L. n. 3 deducendo l’infondatezza delle pretese economiche di parte ricorrente sul presupposto che l’amministrazione avrebbe interamente pagato le prestazioni di plus orario rese dalla medesima. La resistente ritiene in particolare che, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 28.11.1990, n. 384, a ciascun operatore spetti il 10 per cento del trattamento economico mensile lordo non per ogni singola ora settimanale resa in più, bensì per ogni 4,333 ore di lavoro in plus orario. Allega inoltre che l’istituto in questione non potrebbe essere applicato in modo generalizzato e che il personale dipendente avrebbe diritto al pagamento delle prestazioni solo allorquando siano state autorizzate dall’Amministrazione ed il loro espletamento sia stato controllato e verificato dalla struttura pubblica.
Con successiva ordinanza collegiale è stata disposta una verificazione istruttoria a mezzo del Direttore provinciale del Lavoro di Campobasso da espletarsi al fine di accertare il numero di ore in plus orario effettivamente rese sulla base della documentazione in possesso della A.U.S.L.
Alla pubblica udienza del 6 maggio 2009 la causa è stata infine trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il regime di plus orario previsto in favore del personale delle UU.SS.LL. va compreso nell’ambito delle prestazioni effettuate nello svolgimento del rapporto di impiego, ai sensi del d.P.R. n. 348/1983 e si configura come prolungamento dell’orario di lavoro compensato su base tariffaria e non stipendiale (cfr.: Cons. Stato V 23.4.1998 n. 466;Cass. Civile SS.UU. 25.10.1996 n. 9336). Analizzando nell’insieme la disciplina di settore, è agevole rilevare che essa preveda un articolato congegno di programmazione, attuazione e valutazione della produttività dei servizi sanitari pubblici, da attuarsi attraverso l’istituto delle incentivazioni alla produttività, previsto dagli artt. 59 e seguenti del d.P.R. 25.6.1983 n. 348, in sostituzione del previgente istituto delle compartecipazioni. Il meccanismo di programmazione passa attraverso la negoziazione decentrata di cui all’art. 6 del d.P.R. 28.11.1990 n. 384. Sennonché, l’art. 57 del citato d.P.R. n. 384/1990 stabilisce che il meccanismo di incentivazione <<deve essere realizzato su base budgetaria con un fondo di dotazione e riscontri di tipo funzionale e contabile>>e che l’attivazione dell’istituto è subordinata al conseguimento degli obiettivi prefissati nei servizi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. L’art. 58 successivo precisa che <<l’aumento delle prestazioni erogate all’interno della struttura deve essere correlato ad un decremento pari o maggiore del valore delle prestazioni erogate in regime di specialistica convenzionata esterna>>. L’art. 67 del d.P.R. 20.5.1987 n. 270 configura, in via generale, le forme di finanziamento dei fondi di incentivazione e attuazione dell’istituto, mentre gli artt. 101 e seguenti dello stesso decreto prevedono due forme di incentivazione, quella generale e quella per obiettivi, demandando ad accordi decentrati a livello regionale e locale la disciplina di dettaglio. In Molise, l’Accordo Quadro Regionale di cui alla delibera di G.R. n. 5692/1991, sotto il titolo “tipologia e finalità dell’istituto delle incentivazioni della produttività” ha previsto che l’istituto <<deve realizzare un incremento della qualità e della economicità dei servizi ed è rivolto al raggiungimento degli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale, regionale e locale...>>. La disciplina di settore, pur improntata a una visione consensualistica dell’istituto, contiene precisi richiami ai limiti finanziari e contabili, ed è la stessa disciplina contrattuale, in particolare l’Accordo Regionale citato, che lascia intravedere la possibilità di un adattamento tra esigenze finanziarie e contabili dell’Amministrazione ed obblighi contrattuali, laddove afferma che <<il meccanismo di incentivazione, a regime, deve essere realizzato su base budgettaria con un fondo di dotazione e deve avere riscontri di tipo funzionale e contabile>>e che <<…l’istituto della produttività deve essere portato a regime…>>. Può accadere, come in effetti è accaduto nella fattispecie in esame, che la U.S.L. non abbia mantenuto la disponibilità finanziaria sufficiente per coprire la spesa del fondo di incentivazione della produttività concordato con le OO.SS. In tale evenienza, la menzionata disciplina consente, in qualche modo, forme di adattamento, come la determinazione non a regime del fondo, ovvero le compensazioni interne del debito orario individuale del dipendente. Infatti, l’Accordo Regionale riconosce che <<… il plus-orario ed il normale orario di lavoro, sommati tra loro, costituiscono debito orario complessivo individuale. Il debito orario complessivo individuale, così definito, deve essere verificato attraverso sistemi obiettivi di controllo. La misura del plus-orario individuale reso può trovare compensazione all’interno del semestre. Le differenze in difetto o in eccesso di plus-orario individuale reso nel semestre rispetto a quello dovuto debbono essere compensate nel semestre successivo>>.
Il Collegio osserva che, a mente di un consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di prestazioni in plus-orario da parte di dipendenti di U.S.L., la prevista copertura finanziaria costituisce limite insuperabile per le remunerazioni delle prestazioni medesime (cfr.: Cons. Stato V 17.9.1996 n. 1139;idem V 12.7.1996 n. 862;T.A.R. Latina 17.2.1999 n. 164;T.A.R. L’Aquila 31.1.1998 n. 292;T.A.R. Lombardia I Milano 10.10.1988 n. 976). C’è anche un’altra considerazione da fare: gli accordi di comparto stabiliscono, nell’ambito della programmazione, il limite massimo di ore di plus orario che i dipendenti possono effettuare, ma è l’Amministrazione che deve autorizzare le prestazioni di ciascun dipendente (cfr.: Cons. Stato V 31.12.1998 n. 1979;T.A.R. Catanzaro 4.5.1998 n. 328).
La giurisprudenza è pressoché unanime nel ritenere che le prestazioni di lavoro in plus-orario, ai fini della retribuibilità, debbano essere rese sulla base di provvedimenti autorizzativi validi ed efficaci (cfr.: Cons. Stato V 10.3.1999 n. 232;idem V 23.4.1998 n. 466;idem IV 17.12.1998 n. 1813). Le prestazioni in plus-orario, anche quando effettuate in eccedenza, sempreché regolarmente autorizzate dall’Amministrazione, devono essere retribuite. E’ dubbio che possano esserlo quelle non autorizzate, sulla base del mero presupposto che il credito di lavoro si maturi con l’effettivo espletamento della prestazione e che, quindi, tutte le ore settimanali di plus orario, una volta effettuate, costituirebbero debito d’orario (cfr.: T.A.R. Latina 17.2.1999 n. 164).
In generale, la determinazione del fondo di incentivazione è un atto di programmazione con il quale si stabilisce un tetto oltre il quale le attività di plus-orario non possono andare: ciò nondimeno, ad avviso del Collegio, nulla impone che le prestazioni effettivamente rese dai dipendenti raggiungano esattamente quel tetto, e, quel che più conta, nessuna norma consente di pagare prestazioni non autorizzate, non verificate o che, in certa misura, non risultano neppure rese.
Tanto premesso in via generale sull’istituto del plus orario, la parte ricorrente riferisce di aver reso un certo numero di ore in regime di plus orario nel periodo preso in considerazione. La A.U.S.L. intimata ha tra l’altro eccepito che le predette ore sarebbero state compensate oltre il dovuto ed ha contestato l’efficacia probatoria del tabulato ex adeverso richiamato per dimostrare la prestazione lavorativa resa, in quanto non recepito in un deliberato formale sottoscritto dal titolare dell’organo competente ad impegnare l’amministrazione verso l’esterno. L’istruttoria a tal fine disposta non ha potuto dirimere il contrasto insorto circa l’effettiva prestazione di ore in regime di plus orario atteso che la A.U.S.L. ha rappresentato al verificatore l’impossibilità di reperire sia i cedolini paga sia i cartellini marcatempo riferiti agli anni 1990, 1991 e 1992, atteso il lungo arco di tempo trascorso;una tale impossibilità oggettiva è stata ribadita dal difensore dell’ente anche all’odierna pubblica udienza.
A fronte delle puntuali contestazioni mosse dalla ASL era tuttavia onere del creditore dare la prova dei fatti costitutivi della pretesa con riferimento al numero di ore prestate in regime di plus orario ma ancor più in ordine ai criteri di calcolo della maggiorazione dovuta per tale causale;a tal fine non possono reputarsi sufficienti semplici tabulati ad uso interno privi di valore ricognitivo del debito in quanto non esternati nelle forme di rito da parte degli organi competenti;inoltre l’eventuale pagamento in acconto di somme per tale causale nulla prova circa la spettanza di ulteriori somme per la medesima causale né in punto di an né, soprattutto, di quantum.
Poiché una tale prova non è stata fornita, la domanda di pagamento dev’essere respinta e ciò tanto più se si considera che la maggior parte dei numerosi ricorsi proposti per il pagamento delle medesime prestazioni accessorie sono stati respinti proprio alla luce della verificazione condotta che ha evidenziato la fondatezza delle deduzioni difensive della ASL in ordine alla intervenuta liquidazione di importi superiori al compenso dovuto, calcolato sul plus-orario effettivamente reso nel periodo di che trattasi.
Del pari la pretesa non può trovare fondamento nell’art. 2041 c.c. attesa la sua natura di azione residuale non invocabile ove l’azione ex contractu venga respinta nel merito (seppur per carenza di prova), come nel caso di specie.
L’accertata infondatezza nel merito del ricorso esime il collegio dall’esame delle preliminari questioni sollevate dalla A.U.S.L. in punto di ammissibilità del gravame.
Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra tutte le parti.