TAR Ancona, sez. I, sentenza 2014-07-23, n. 201400712

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2014-07-23, n. 201400712
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201400712
Data del deposito : 23 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00326/2003 REG.RIC.

N. 00712/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00326/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 326 del 2003, proposto da:
R L e R L, rappresentati e difesi dall'avv. A M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lucia Gi in Ancona, corso Mazzini, 160;

contro

Comune di Pennabilli, rappresentato e difeso dall'avv. G R, con domicilio eletto presso il suo studio in Ancona, corso Garibaldi, 136;

per l'annullamento

- dell'ordinanza di demolizione datata 3.2.2003 prot. 836 a firma del funzionario dell’area tecnica del Comune di Pennabilli, notificata il 5.2.2003;

- di ogni altro atto, antecedente, conseguente, preordinato e comunque connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pennabilli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2014 la dott.ssa S D M e uditi per le parti i difensori A M e G R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I. I ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza indicata in epigrafe con cui il Comune di Pennabilli, anche sulla scorta del diniego di nulla osta ai fini paesaggistici opposto dalla Provincia di Pesaro e Urbino (provvedimento n. 3520 del 15 ottobre 2002 impugnato innanzi a questo Tribunale con ricorso R.G. n. 25/2003), ha intimato la demolizione delle opere edilizie abusive (consistenti in un fabbricato ad uso ricovero attrezzi di dimensioni 6,30 x 2,98 x 3,50) realizzate su area di loro proprietà nel territorio comunale.

Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce la violazione degli artt. 35 e 44 della legge n. 47/1985 e l’eccesso di potere per difetto del presupposto;
asserisce, in sostanza, che l’ordinanza di demolizione impugnata sarebbe illegittima perché adottata senza attendere la conclusione del procedimento iniziato con la domanda di condono - in relazione al quale era stato richiesto il nulla osta paesaggistico alla Provincia - che invece avrebbe dovuto essere riscontrata prima dell’eventuale emanazione dell’ordinanza di demolizione.

Con le ulteriori censure i ricorrenti lamentano l’illegittimità derivata del provvedimento gravato per i medesimi vizi che affliggerebbero l’impugnato provvedimento provinciale di diniego.

In particolare, sostiene parte ricorrente che il manufatto era già esistente prima del 1967, ossia prima dell’entrata in vigore della legge n. 765/1967, quando la concessione edilizia non era necessaria per edifici ricadenti fuori dal centro abitato (art. 31 della legge n. 1150/1942), quindi l’opera non sarebbe neppure soggetta a condono;
l’Amministrazione, pertanto, avrebbe omesso un’adeguata istruttoria sul punto.

Con l’ultimo motivo viene censurata l’illegittimità della sanzione demolitoria trattandosi di opera tipicamente pertinenziale, soggetta a regime autorizzatorio e non concessorio, rispetto alla quale il presunto abuso non sarebbe sanzionabile con l’ordine di demolizione.

Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Pennabilli intimato.

Alla pubblica udienza del 17 aprile 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

II. Il ricorso è fondato e va accolto in ragione della fondatezza del primo motivo, che assume carattere assorbente.

E’ principio pacifico, infatti, che l'ordine di demolizione adottato in pendenza di istanza di condono è illegittimo, dovendo l'Amministrazione astenersi, sino alla definizione del procedimento attivato per il rilascio della concessione in sanatoria, da ogni iniziativa repressiva che vanificherebbe a priori il rilascio del titolo abilitativo suddetto.

Il Comune, pertanto, ha l'obbligo di pronunciarsi sulla condonabilità o meno dell'abuso edilizio, non potendo l'ingiunzione a demolire costituire implicito rigetto della domanda di condono.

Ed invero, in caso di diniego di sanatoria, l'Amministrazione sarà tenuta ad emettere il conseguente doveroso nuovo provvedimento sanzionatorio, mentre, in caso di accoglimento, la costruzione diventerà lecita urbanisticamente ( ex multis , TAR Lazio Roma, sez. I, 7 aprile 2014, n. 3778).

Nel caso in esame, la domanda di condono risulta presentata al Comune di Pennabilli (contrariamente a quanto asserisce la difesa dell’Amministrazione comunale, che sostiene la non doverosità della conclusione del procedimento di condono per l’assenza di una istanza degli interessati in tal senso e quindi della pendenza del relativo procedimento) in data 30 marzo 1995 e assunta al protocollo n. 2147, successivamente integrata dall’istanza datata 26 marzo 1999, prot. 2136, rispetto alle quali il Comune medesimo ha richiesto ai proprietari documentazione integrativa con nota prot. n. 8090 del 20 novembre 2001, tra cui la produzione della domanda di autorizzazione paesistica in bollo, effettivamente inoltrata dagli interessati alla Provincia di Pesaro e Urbino in data 20 febbraio 2002 (a fronte della quale la Provincia ha manifestato il proprio diniego di nulla osta).

Il suddetto procedimento di condono, quindi, rimane ancora pendente e vi è l’obbligo dell’Amministrazione comunale di pronunciarsi su quest’ultimo, non potendo il diniego di nulla osta paesaggistico, contenente altresì l’invito ad irrogare la sanzione demolitoria, sostituire le autonome valutazioni che l’Autorità comunale è tenuta ad effettuare al fine di vagliare la condonabilità del manufatto dal punto di vista della compatibilità edilizia ed urbanistica del medesimo - anche rispetto alla necessità di un provvedimento concessorio in relazione all’epoca in cui l’opera è stata realizzata, alla natura dell’opera stessa e al luogo di ubicazione -, né l’ingiunzione a demolire rappresentare un implicito rigetto della domanda di condono.

Per le motivazioni che seguono, il ricorso va accolto.

III. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

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