TAR Catania, sez. II, sentenza 2022-07-28, n. 202202093
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Pubblicato il 28/07/2022
N. 02093/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00805/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 805 del 2009, proposto dalla G.B. Pubblicità s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato S M, domiciliato ex art. 25 c.p.a.;
contro
il Comune di Messina, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocato A P, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. S E sito in Catania, alla Via Vittorio Emanuele Orlando n. 56;
per l'annullamento
- della nota prot. n. 518 del 19.01.2009 con la quale il Comune di Messina ha richiesto alla Ricorrente il pagamento del canone di occupazione di spazi e aree pubbliche per l’importo complessivo di 135.432,01 euro;
- del regolamento comunale per il rilascio delle concessioni e per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, approvato con deliberazione consiliare n. 39/c del 2.08.02;
-di ogni altro atto e/o provvedimento antecedente o successivo comunque presupposto connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 30 maggio 2022 il dott. F E e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, operativa nel settore pubblicitario e che negli anni ha collocato impianti per l’affissione di manifesti nel territorio del Comune di Messina, ha adito l’intestata Sezione per ottenere l’annullamento degli atti di cui in epigrafe, allegando a tal fine quanto segue.
Con avviso di accertamento n. 6478 del 13.07.2005, l’ente locale resistente le aveva intimato il pagamento di euro 34.363,88 euro (comprensivi di accessori) a titolo di contributo occupazione spazi e aree pubbliche (COSAP) per l’anno 2005, sulla base del relativo regolamento comunale.
Ritenendo il citato provvedimento illegittimo, lo impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina, allora provvista di giurisdizione in forza dell’art. 3-bis della legge n. 248/2005, poi dichiarato incostituzionale.
Nelle more del giudizio, tuttavia, il Comune di Messina decideva di revocare spontaneamente tutti gli avvisi di accertamento COSAP emessi dal proprio Dipartimento Patrimonio (determina n. 31 del 2.02.2006).
Da allora nessuna somma a titolo di COSAP le era stata più richiesta, fino a quando, con la nota n. 518 del 19.01.2009 oggetto della presente impugnazione, l’amministrazione resistente pretendeva nuovamente il pagamento del COSAP per gli anni 2004-2009 con la motivazione che “ risulta agli atti di quest’ufficio che l’impresa GB Pubblicità occupa spazi e aree pubbliche elencati nell’allegato 1 a partire dal 1.01.2004 fino alla data odierna ”.
La ricorrente ha quindi impugnato la suddetta determina, unitamente al relativo regolamento, rilevando che la nota risultava priva di sottoscrizione e non conteneva alcuno dei citati allegati, né l’indicazione dell’elenco degli impianti pubblicitari e delle vie in cui sarebbero ubicati.
Ai motivi di censura, ha premesso le seguenti osservazioni inerenti la giurisdizione in tema di canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche: dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 3-bis della legge 248/2005, che aveva attribuito le controversie sulla debenza del COSAP alle Commissioni Tributarie, la giurisdizione doveva individuarsi sulla base dell’art. 5 comma II legge n. 1034/1971, ora sostituito dall’art. 7 legge 205 del 2000, secondo cui l’autorità ordinaria conosce delle controversie concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi. Tuttavia, secondo l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza, la giurisdizione ordinaria concerneva solo le controversie di carattere patrimoniale e non anche quelle involgenti l’esercizio del potere amministrativo finalizzato alla cura dell’interesse pubblico. Spettavano così alla cognizione del giudice amministrativo le valutazioni dell’ente concernenti la determinazione di un canone minimo o di aumenti calcolati in rapporto alle caratteristiche oggettive e alle categorie reddituali dei beni, nonché sulle effettive utilizzazioni consentite, in quanto esempi di interventi discrezionali sul rapporto concessorio a tutela dell’interesse pubblico.
Ciò premesso, per la ricorrente, la determina impugnata costituiva applicazione delle illegittime previsioni regolamentari, espressive del potere discrezionale che l’Amministrazione resistente avrebbe esercitato, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo adito.
Deduceva, quindi, in punto di diritto, i seguenti motivi di gravame:
1) “ violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 19 del D.lgs. n. 546/92 – artt. 7-56 e 10, comma 1, L. 212/2000- eccesso di potere” , atteso che la determina violava le prescrizioni dello statuto del contribuente ove impone all’amministrazione finanziaria di indicare tassativamente l’autorità, i termini e le modalità a cui è possibile ricorrere. Inoltre era stato omesso anche il riferimento alla normativa violata. Mancanze che avevano determinato la nullità dell’atto impugnato. Senza tacere che l’amministrazione resistente aveva altresì violato altresì gli articoli 5, 6 e 10 della legge 212 del 2000 nella misura in cui non aveva adottato le misure idonee a consentire la completa conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria, necessaria a rendere agevole ai contribuenti l’adempimento delle obbligazioni tributarie;
2) illegittimità del regolamento comunale per il rilascio delle concessioni e per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche approvato con deliberazione consiliare n. 17/C del 31.03.2001, e successivamente modificato con delibera consiliare n. 39/c del 2.08.02.
Il regolamento era innanzitutto illegittimo quanto all’applicabilità del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche in relazione agli impianti pubblicitari, considerato che era illegittima la scelta del Comune di Messina di imporre un canone per l’occupazione del suolo pubblico anche per gli impianti pubblicitari in aggiunta all’imposta sulla pubblicità. Inoltre, era altresì illegittimo quanto ai criteri e alle modalità di calcolo del canone individuati dall’Amministrazione resistente nel regolamento COSAP, perché arbitrari e irragionevoli. Infatti, relativamente alla “entità dell’occupazione”, l’art. 4 del Regolamento