TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-02-09, n. 202302184
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Testo completo
Pubblicato il 09/02/2023
N. 02184/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00971/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 971 del 2018, proposto da Unicredit S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G B, A T, L T, C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio materiale presso lo studio dell’avvocato G B in Roma, via delle Quattro Fontane 161;
contro
Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Associazione Movimento Consumatori, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
(i) del provvedimento dell'AGCM n. 26832 del 31.10.2017, notificato in data 17.11.2017 e pubblicato sul Boll. n. 44/2017, adottato a chiusura del procedimento PS/10790, nella parte in cui ha accertato che UniCredit avrebbe posto in essere una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 24 e 25 del Decreto Legislativo 6 settembre 2005 n. 206, consistente nell'aver esercitato un indebito condizionamento per indurre la clientela consumatori all'autorizzazione all'addebito degli interessi debitori in conto corrente, irrogando per l'effetto a UniCredit una sanzione pecuniaria di € 5.000.000 e diffidandola dal porre in essere in futuro comportamenti analoghi; di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2022 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.L’istituto ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale l’Autorità intimata, a conclusione del procedimento istruttorio PS/10790, ha accertato l’attuazione della contestata pratica commerciale scorretta, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo.
Il ricorrente ha contestato la legittimità dell’atto, lamentando i seguenti motivi di diritto:
1 - Travisamento e/o erronea valutazione dei fatti. Errore di fatto. Omessa istruttoria;
2 - Illogicità e contraddittorietà del Provvedimento. Mancata/erronea/contraddittoria considerazione del contesto. Mancata applicazione dell’art. 4 della legge 689/81;
3 - Mancata/erronea/contradditoria considerazione del concreto assetto di interessi in gioco e della concreta portata degli effetti;
4 - Violazione dell’art. 24, 25 e 18, lett l) del Codice del Consumo. Errata sussunzione delle condotte nella fattispecie della pratica commerciale aggressiva. Errata valutazione della sussistenza dell’indebito condizionamento. Omessa valutazione degli elementi di cui all’art. 25 del Codice del Consumo;
5 - Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del Codice del Consumo e dell’art. 11 della L. 681/1981. Errore dei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità manifesta. Difetto di motivazione. Errata e sproporzionata quantificazione della sanzione. Disparità di trattamento e violazione del principio di proporzionalità.
L’istante ha concluso per l’annullamento del provvedimento gravato, anche eventualmente rideterminando la sanzione impugnata.
Si è costituita l’amministrazione intimata, concludendo per il rigetto del ricorso.
La causa è stata trattenuta in decisione direttamente nel merito all’udienza pubblica del 7 dicembre 2022.
2. Il ricorso è infondato.
Giova ricordate l’iter storico della vicenda de qua.
In data 11 aprile 2017, è stato comunicato dall’Antitrust l’avvio del procedimento istruttorio de quo, con il quale sono state ipotizzate la scorrettezza e l’aggressività di due condotte consistenti nell’avere:
(a) in violazione dell’articolo 20 del Codice del Consumo, effettuato contra legem il conteggio di interessi anatocistici, nel periodo intercorrente dal 1° gennaio 2014, data di entrata in vigore della legge di stabilità 2014, sino all’ultima riforma operata dall’articolo 17-bis del D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, in legge 8 aprile 2016, n. 49;
(b) in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo, esercitato un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori, i quali sarebbero stati indotti a ritenere l’addebito in conto corrente degli interessi debitori il modus operandi ordinario nel rapporto con la Banca, trascurando di valutare che in tal caso tali interessi, divenuti esigibili, sarebbero diventati parte capitale con conseguente conteggio di interessi sugli interessi debitori.
Compiuta la debita istruttoria, anche mediante acquisizioni di informazioni e documentazione da parte di Unicredit e mediante accertamenti ispettivi presso la sede della Direzione Generale, Unicredit ha presentato, in data 26 maggio 2017, una proposta di impegni, rigettata dall’Autorità con delibera del 21 giugno seguente.
In data 28 agosto 2017, gli Uffici hanno comunicato a Unicredit la chiusura della fase istruttoria.
In data 18 settembre 2017 Unicredit ha prodotto una memoria conclusiva.
In data 19 settembre 2017, l’Autorità ha richiesto il prescritto parere, ai sensi dell’articolo 27, comma 1 bis e 6 del Codice del Consumo, all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e alla Banca d’Italia (resi, rispettivamente, in data 12 ottobre 2017 e in data 19 ottobre 2017.
E’ seguito quindi l’accertamento definitivo confluito nel provvedimento impugnato, con cui l’Autorità ha:
- da una parte, stabilito che la pratica sub a) non costituisse una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’art. 20 del Codice del Consumo;
- dall’altra parte, ritenuto che la pratica commerciale sub b) integrasse gli estremi della realizzazione di una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del consumo.
Tale pratica è consistita, secondo l’Antitrust, nell’aver (successivamente alla nuova modifica operata all'art. 120, comma 2, del T.U.B. dall’art. 17-bis del D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, in legge 8 aprile 2016, n. 49, che consente l’addebito in conto corrente degli interessi debitori, previa autorizzazione) indotto la clientela a sottoscrivere l’autorizzazione preventiva attraverso:
1) l’invio ai consumatori, a partire da ottobre 2016, di moduli personalizzati e precompilati con la manifestazione del consenso (in allegato alle comunicazioni effettuate ai sensi dell'art. 118 del T.U.B. circa la modifica delle clausole contrattuali relative al calcolo degli interessi nei rapporti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente), da rispedire sottoscritti per l’autorizzazione preventiva all’addebito in conto degli interessi debitori, a far data da quando essi sarebbero divenuti esigibili (1° marzo 2017 per la prima applicazione), con conseguente conteggio di tali interessi come parte capitale, e il successivo sollecito all’invio dell’autorizzazione a coloro che non avessero provveduto;
2) la predisposizione di pop-up, visibili a partire da gennaio 2017, nelle homepage delle aree clienti dei consumatori operanti in internet banking, contenenti un mero richiamo alle nuove disposizioni in tema di conteggio degli interessi debitori, che indirizzavano attraverso il click del link “clicca qui” verso la procedura di autorizzazione on line all’addebito in conto corrente degli interessi debitori nei rapporti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente, sempre a far data da quando essi sarebbero divenuti esigibili, senza prevedere espressamente la possibilità di negare l’autorizzazione.
L’Autorità ha quindi vietato l’ulteriore continuazione della pratica, irrogando a Unicredit una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 5.000.000 (cinque milioni) e disponendo che, entro il termine di 90 giorni dalla notifica del provvedimento, l’Istituto avrebbe dovuto comunicare le iniziative assunte in ottemperanza alla diffida ricevuta.
3. Tanto ricordato in fatto, le doglianze esposte in ricorso possono essere così sintetizzate.
In primo luogo, l’Autorità avrebbe erroneamente considerato i fatti e i documenti acquisiti, in quanto:
a) dal tenore letterale delle comunicazioni inviate ai consumatori, sarebbe stata chiara la facoltà di libera scelta del cliente consumatore, sulla base di una sua valutazione di opportunità;
b) i pop-up sarebbero divenuti eliminabili, a partire dal giugno 2017, a seguito delle modifiche apportate dal professionista, mediante click sul tasto “X” di chiusura del banner, in alternativa a “ricordamelo in seguito”;
c) la previsione della possibilità di negare l’autorizzazione in via espressa non avrebbe prodotto alcuna conseguenza sostanziale rilevante, dato che ai clienti che non davano espressamente l’autorizzazione non si applicava l’addebito degli interessi debitori in c/c, e che la scelta sarebbe stata revocabile in ogni momento;
d) l’Autorità non avrebbe tenuto conto dell’ultima comunicazione che doveva essere inviata ai consumatori il 30 settembre 2017, che avrebbe reso ulteriore informativa ai consumatori circa i meccanismi introdotti con la riforma 2016.
In secondo luogo, l’Autorità non avrebbe tenuto conto della circostanza che l’autorizzazione all’addebito degli interessi debitori su c/c è una facoltà prevista dal legislatore e che la