TAR Palermo, sez. III, sentenza 2023-06-21, n. 202302070

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2023-06-21, n. 202302070
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202302070
Data del deposito : 21 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/06/2023

N. 02070/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01107/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1107 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-rappresentato e difeso dall'avvocato G L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, 6;

per l'annullamento

A) quanto riguarda al ricorso introduttivo:

- del decreto notificato il 23 giugno 2022, con cui il direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia ha rigettato l'istanza del ricorrente di transito nei ruoli civili dell'Amministrazione giudiziaria;

- per quanto possa occorrere, della nota-OMISSIS- di protocollo del 21 giugno 2022, con cui il direttore del settore amministrativo sanitario del personale di Polizia Penitenziaria ha trasmesso il suindicato decreto;

- qualora già formato, del provvedimento di dispensa dal servizio del ricorrente, citato nella suindicata nota-OMISSIS- di protocollo del 21 giugno 2022.

B) quanto al ricorso per motivi aggiunti presentati da-OMISSIS- il 26/9/2022:

- altresì, del decreto -OMISSIS- di protocollo del 12 luglio 2022, notificato al ricorrente il 14 settembre 2022, con cui il direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione Penitenziaria del Ministero della giustizia ha disposto la dispensa del ricorrente dal servizio, a decorrere dal 24 giugno 2022;

- di tutti gli atti comunque presupposti, connessi e/o conseguenti a detto provvedimento;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2023 il dott. B S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente, ex assistente capo coordinatore della Polizia Penitenziaria, in data 20.10.2020, veniva dichiarato dalla Commissione Medica Ospedaliera di Messina “ permanentemente non idoneo al servizio di istituto nella PP ma non in modo assoluto […]. È SI reimpiegabile in altri ruoli dell’Amministrazione Penitenziaria o di altre Amministrazioni dello Stato a mente dell’art. 75 del D.lgs. 443 del 30.10.1992. In entrambi i casi controindicato l’impiego in compiti che lo espongono a stress psico fisici intensi e protratti ”.

Di conseguenza, a fronte di tale giudizio di inidoneità parziale al servizio, in data 12.04.22, il Sig. -OMISSIS- chiedeva il transito nei ruoli civili dell’Amministrazione giudiziaria, nel profilo professionale di “assistente giudiziario” del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria. Con decreto motivato del 07.06.22, notificato in data 23.06.2022, il direttore generale del personale e della formazione del dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della Giustizia rigettava l’istanza di transito del ricorrente, sulla base dell’esistenza di alcuni precedenti penali, precedentemente puniti anche con sanzioni disciplinari, che non avrebbero reso il ricorrente moralmente idoneo al transito in quello specifico ruolo del personale civile. Il dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, quindi, in data 12.07.2022, ha disposto la cessazione dal servizio per dispensa dell’assistente capo coordinatore -OMISSIS-.

Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto con cui era stata rigettata la sua istanza di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione giudiziaria, deducendone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione dell'art. 75 del D. Lgs. n. 443/1992;
difetto di istruttoria e contraddittorietà;
difetto di motivazione.

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto è fondato su ragioni disciplinari del tutto estranee al potere esercitato nonché sulla riconsiderazione di precedenti penali che in precedenza la stessa Amministrazione non aveva ritenuto preclusive della prosecuzione del rapporto di impiego e non tiene conto, sotto il profilo istruttorio, degli svariati incarichi svolti dal ricorrente per la Polizia Penitenziaria, alcuni anche di grande responsabilità, riportando negli anni elevate valutazioni di rendimento.

Con ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ha impugnato infine, onde farne valere l’illegittimità derivata, il decreto -OMISSIS- di protocollo del 12 luglio 2022, notificatogli il 14 settembre 2022, con cui il direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione Penitenziaria del Ministero della giustizia ha disposto la dispensa del ricorrente dal servizio, a decorrere dal 24 giugno 2022.

Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, di cui ha dedotto l’infondatezza, a cagione dei margini di discrezionalità riservati dalla legge all’Amministrazione nell’autorizzare il transito nei ruoli civili del dipendente non più idoneo all’impiego nei servizi di polizia penitenziaria.

Alla pubblica udienza del 20 giugno 2023, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato e vada accolto per l’assorbente motivo di violazione dell'art. 75 del D. Lgs. n. 443/1992.

L’articolo 75 del D.lgs. 30/10/1992, n. 443, Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, nel disciplinare l’utilizzazione del personale invalido dispone, per quanto di interesse, al comma 3, che il personale del Corpo di polizia penitenziaria, che abbia riportato un'invalidità non dipendente da causa di servizio, la quale non comporti l'inidoneità assoluta ai compiti d'istituto, può essere, a domanda, trasferito nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria, o di altre amministrazioni dello Stato, ovvero, per esigenze di servizio, d'ufficio nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria, sempreché l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego.

Alla luce della norma richiamata deve essere ritenuto illegittimo il decreto impugnato del 7 giugno 22.

Il Ministero resistente ha motivato il rigetto della domanda di transito nei ruoli civili con considerazioni indipendenti dalla idoneità psicofisica dell’interessato a svolgere le mansioni di impiegato civile. Il ricorrente è stato infatti ritenuto inidoneo al transito nei ruoli civili a causa di alcuni precedenti penali e delle sanzioni disciplinari conservative che per gli stessi sono state a lui già applicate (deplorazione e sospensione dal servizio per un mese e poi per tre mesi, rispettivamente irrogate nel 2010, nel 2014 e nel 2016).

In tal modo l’Amministrazione resistente è incorsa nel lamentato vizio di violazione di legge, avendo utilizzato il potere di reimpiego al di fuori dei casi normativamente previsti e per una finalità diversa da quella per la quale esso è stato attribuito, determinando, di conseguenza, la dispensa dal servizio per ragioni disciplinari anziché per considerazioni strettamente legate all’idoneità psico-fisica del dipendente.

Ed invero, se fosse consentito negare il reimpiego per ragioni disciplinari, verrebbe sostanzialmente ammessa la destituzione dal servizio senza il rispetto delle garanzie proprie del procedimento disciplinare. D’altronde, i precedenti penali, così come le sanzioni disciplinari riportate dall’interessato per le medesime condotte di reato (minaccia e maltrattamenti in famiglia), non possono essere presi in considerazione al fine di valutare la possibilità di reimpiego, non trattandosi di una nuova assunzione, per la quale occorre rivalutare i requisiti soggettivi, bensì di un mero transito ad altre mansioni.

In tal senso si è già espressa la giurisprudenza amministrativa, ritenendo che una istanza avanzata ai sensi dell'art. 75 del D. Lgs. n. 443/1992 non pone un problema di assunzione, ma di semplice reimpiego del dipendente anche in altre Amministrazioni, senza soluzione di continuità rispetto al servizio già espletato (cfr. Corte Cost., sent. n. 409 del 29 ottobre 1999;
T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 22/02/2008, n. 1588).

A questo proposito si è affermato che il transito nei ruoli civili del personale militare dichiarato permanentemente inabile al servizio, ai sensi dell'art. 14, comma 5, della L. 28 luglio 1999, nr. 266, configura una fattispecie peculiare di trasferimento interno alla medesima Amministrazione, formando oggetto di un vero e proprio diritto soggettivo dell'interessato, la cui attuazione è subordinata all'accertamento tecnico-discrezionale della Commissione Medico Ospedaliera sull'idoneità fisica e psichica al servizio e che non può essere negato per altre e diverse ragioni.

Inoltre, a ciò non osta, in linea di principio, la facoltà dell'Amministrazione, ai sensi dell'art. 76 del D.lgs. n. 443 del 1992, di sottoporre il richiedente il trasferimento ad una visita medica, ovvero ad una prova teorico-pratica al fine di valutare l'opportunità del reimpiego nella qualifica richiesta. Invero, il dipendente inabile al servizio vanta un vero e proprio diritto soggettivo al reinserimento, di guisa che la finalità della prova teorica, cui eventualmente potrà essere sottoposto, dovrà essere unicamente quella di valutare l'opportunità del suo reinserimento nella qualifica prescelta, tenendo conto del suo grado di istruzione e dei compiti che sarà chiamato a svolgere. Infatti, il predetto transito non è assimilabile a una nuova assunzione, postulando al contrario la continuità del rapporto di impiego e ponendosi come ordinaria (ancorché rimessa a una opzione dell'interessato) prosecuzione dello stesso (Cons. Stato, Sez. II, 20/05/2019, n. 3203).

Il principio enunciato per il personale militare è stato ritenuto applicabile, per analogia, al personale di polizia penitenziaria (T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 29-01-2021, n. 1241). Inoltre, la stessa giurisprudenza costituzionale, nell’interpretare l’art. 75 del D. Lgs. n. 443/1992, ha posto in rilievo che il trasferimento ad altro ruolo della Amministrazione penitenziaria o di altra amministrazione dello Stato, seppur attivato da una specifica richiesta dell'interessato, risulta sostanzialmente fondato su una situazione tipica (lo stato di inidoneità all'assolvimento dei compiti di istituto per motivi di salute) la quale è ovviamente indipendente dalla volontà dell'interessato, per cui “ certamente esula dal provvedimento una valutazione negativa del comportamento dell'impiegato (e comunque qualsiasi profilo sanzionatorio) ” (così Corte cost. n. 294/2009, § 2.1 del considerato in diritto).

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale, la discrezionalità riconosciuta dalla norma all’Amministrazione nel valutare i presupposti per accogliere o meno la domanda di transito nei ruoli civili della stessa o di altra amministrazione formulata dal personale del corpo di polizia penitenziaria non è di tipo amministrativo, ma tecnico, essendo diretta alla semplice verifica dell’idoneità psico-fisica e attitudinale dell’addetto rispetto alle mansioni da assumere in conseguenza del passaggio nei ruoli civili. Esulano, invece, dal margine di apprezzamento tecnico-discrezionale dell’autorità amministrativa ulteriori considerazioni legate al possesso dei requisiti morali e comportamentali, che l’Amministrazione non deve tornare a valutare ex novo in quanto non si tratta di una nuova assunzione bensì della prosecuzione del rapporto di impiego preesistente e che rilevano piuttosto ai fini dell’esercizio di altro potere (quello disciplinare), mentre non sono ammesse in questo contesto valutazioni generali di opportunità e convenienza da parte dell’Amministrazione stante la mancanza in argomento di una discrezionalità propriamente amministrativa e la pienezza della tutela della posizione giuridica soggettiva del richiedente il transito, che la giurisprudenza pacificamente qualifica alla stregua di un diritto soggettivo.

Di conseguenza il ricorso introduttivo deve essere accolto, con l’annullamento del provvedimento impugnato.

Dall’annullamento del provvedimento di rigetto del transito nei ruoli civili consegue l’obbligo dell’Amministrazione resistente di riesaminare l’istanza del dipendente. Di conseguenza, il provvedimento di dispensa dal servizio, impugnato con i motivi aggiunti, risulta viziato per illegittimità derivata, in quanto adottato sul presupposto della impossibilità di reimpiego del dipendente nei ruoli civili.

In conclusione, i ricorsi proposti dall’interessato devono essere accolti e, per l’effetto, devono essere annullati i provvedimenti impugnati.

Le spese del giudizio, ai sensi degli artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.c., seguono la soccombenza e si liquidano, ai sensi del d.m. n. 55/2014, nella misura quantificata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia, avendo riguardo ai minimi tariffari in ragione della concreta attività difensiva svolta limitata alla fase studio, alla fase introduttiva e a quella decisionale;
non si procede alla liquidazione della fase istruttoria/trattazione, in quanto nessuna attività difensiva rilevante è stata concretamente spesa.

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