TAR Roma, sez. I, sentenza 2011-05-23, n. 201104548

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2011-05-23, n. 201104548
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201104548
Data del deposito : 23 maggio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03041/1996 REG.RIC.

N. 04548/2011 REG.PROV.COLL.

N. 03041/1996 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3041 del 1996, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R M e Società Aspromontana Cooperativa Agricola Benestare coop a r. l., rappresentati e difesi dagli avv.ti M C, C S e P V, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;

contro

Ministero del tesoro, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
Banca d'Italia, rappresentata e difesa dagli avv.ti P D V, S L e O C, con domicilio eletto presso l’Avvocatura della Banca d'Italia in Roma, via Nazionale, n. 91;

nei confronti di

Banca di Credito Cooperativo di Cittanova s.c. a r. l. , non costituita in giudizio;
Commissario liquidatore della Banca di Credito Cooperativo di Benestare s.c. a r. l., non costituito in giudizio;

per l'annullamento:

- della proposta 7 dicembre 1995 della Banca d’Italia al Ministero del tesoro avente ad oggetto la B.C.C. di Benestare;

- del d.m. Tesoro 11 dicembre 1995 portante decadenza dall’autorizzazione bancaria e messa in liquidazione coatta amministrativa della B.C.C. di Benestare;

- del decreto 11 dicembre 1995 del Governatore della Banca d’Italia portante nomina del Commissario liquidatore e dei componenti del Comitato di sorveglianza;

- della deliberazione 12 dicembre 1995 del Commissario liquidatore della B.C.C. di Benestare per la cessione delle attività e passività alla Banca di Credito Cooperativo di Civitanova;

- dell’autorizzazione della Banca d’Italia 13 dicembre 1995 alla cessione ( RICORSO );

- della nota della Banca d’Italia dell’11 dicembre 1995 indirizzata al direttore della filiale di Reggio Calabria della stessa Banca;

- della richiesta di autorizzazione alla cessione delle attività e passività avanzata dalla B.C.C. di Cittanova il 12 dicembre 1995;

- della richiesta di autorizzazione alla cessione delle attività e passività avanzata dal Commissario liquidatore il 12 dicembre 1995;

- dell’atto di cessione del 13 dicembre 1995;

- della nota della Banca d’Italia al direttore della filiale di Reggio Calabria della stessa Banca del 19 febbraio 1996;

- del bilancio finale di liquidazione della B.C.C. di Benestare;

- dell’autorizzazione della Banca d’Italia alla cessione delle residue attività e passività della B.C.C. di Benestare del 2 maggio 2000;

- di ogni altro atto connesso, ivi comprese le note del Commissario liquidatore del 22 febbraio 2000 e del 22 novembre 1999, e le note della filiale di Reggio Calabria della Banca d’Italia del 29 febbraio 2000 e del 26 novembre 1999 ( MOTIVI AGGIUNTI ).


Visto il ricorso;

Visto l’atto di proposizione di motivi aggiunti;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero del tesoro;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Banca d'Italia;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 23 febbraio 2011 il cons. A B e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 8 febbraio 1996, depositato il successivo 6 marzo, R M e la Società Aspromontana Cooperativa Agricola Benestare a r. l., entrambi soci della Banca di Credito Cooperativo di Benestare, hanno domandato l’annullamento di tutti gli atti, meglio indicati in epigrafe, della sequela procedimentale che ha il suo fulcro nel d.m. Tesoro 11 dicembre 1995, che, sulla base della proposta 7 dicembre 1995 formulata da Banca d’Italia, ha disposto la decadenza dall’autorizzazione bancaria e messa in liquidazione coatta amministrativa della Banca di Credito Cooperativo di Benestare, con successiva nomina degli organi liquidatori e di sorveglianza, nonché cessione delle relative attività e passività alla Banca di Credito Cooperativo di Cittanova.

Avverso gli atti impugnati parte ricorrente ha indirizzato articolati profili di censura.

Con le dedotte doglianze si lamenta in primo luogo la carenza della comunicazione di avvio del procedimento alla B.C.C. di Benestare, con violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, facendo presente l’insussistenza di motivi di urgenza che avrebbero legittimato di prescindere dall’onere dell’avviso, anche atteso che la verifica ispettiva che ha condotto agli atti impugnati aveva avuto luogo nell’ottobre 1995.

Si lamenta poi l’eccesso di potere in relazione all’inadeguatezza, al fine di una ponderata delibazione dell’interesse pubblico sotteso, dell’intervallo temporale intercorrente tra la proposta ed il provvedimento ministeriale che ha disposto la decadenza dall’autorizzazione bancaria.

Alla stregua dell’ampia discrezionalità del potere che l’art. 80, comma 1, del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, norma di cui è stata fatta applicazione, assegna al Ministero del tesoro, e della gravità del pregiudizio arrecato pel caso di suo esercizio, si lamenta la carenza di motivazione del provvedimento ministeriale che ha disposto la decadenza, pur non essendo lo stesso noto, alla data di proposizione del ricorso, nel suo contenuto integrale. Si lamenta, altresì, la carenza delle motivazioni in forza delle quali l’Organo di vigilanza e l’Autorità ministeriale hanno prescelto la soluzione della liquidazione coatta - che si ritiene aver indebitamente avvantaggiato la Banca di Cittanova, che ha poi rilevato le attività della B.C.C. di Benestare a condizioni particolarmente vantaggiose - anziché quella dell’amministrazione straordinaria, che avrebbe salvaguardato la posizione dell’ente assoggettato all’intervento.

Si rilevano vizi logici argomentativi, con conseguente violazione di legge, eccesso di potere, insufficienza di motivazione e di istruttoria, nella proposta formulata della Banca d’Italia, laddove ha ritenuto gravi ed insanabili irregolarità amministrative che, essendo addebitabili ad un solo soggetto, e tenuto conto delle ridotte dimensioni della B.C.C. di Benestare, secondo parte ricorrente potevano essere fronteggiate con il più lieve rimedio dell’amministrazione straordinaria.

Sempre in relazione alla sopra detta proposta, si lamenta che siano state accantonate, per tener conto di interessi di terzi estranei al procedimento, altre ipotesi di soluzione della crisi, quali l’incorporazione o l’amministrazione straordinaria, che secondo parte ricorrente avrebbero completamente soddisfatto le esigenze di rimediare alla rilevata scarsa efficienza degli organi societari. Ad avviso della parte ricorrente, anche l’apprezzamento delle perdite patrimoniali di cui alla proposta sarebbe caratterizzato da omissioni e carenze, non essendo stata condotta alcuna indagine su ben il 43% delle sofferenze, con conseguente difetto di motivazione ed errata e insufficiente rappresentazione della realtà effettuale. Inoltre, dette sofferenze sarebbero state considerate idonee ad incidere negativamente sull’ipotesi di sopravvivenza della Banca automaticamente, ovvero senza tener conto delle possibilità di rientro in tempi brevi, con conseguente violazione di legge e sviamento di potere. Si segnala, in particolare, che la proposta in parola non avrebbe tenuto conto che le ridette sofferenze, correlate nella maggior quota a cinque soggetti (tra cui la A.C.A.B., per anticipazioni accordate su contributi del Ministero dell’agricoltura, nel prosieguo effettivamente erogati, e la Nataly Mobili, oggetto di una misura di sequestro penale, poi revocata), apparivano sostanzialmente garantite e in via di rientro.

Con riferimento alla cessione delle attività e passività della B.C.C. di Benestare alla Banca di Credito Cooperativo di Cittanova, parte ricorrente espone alcune singolarità fattuali della vicenda, denotanti a suo avviso la presenza di eccesso di potere, consistenti: nella circostanza che la Banca di Credito Cooperativo di Cittanova, a conoscenza degli aspetti ad essa favorevoli dell’intervento per cui è causa, si era poco prima immotivamente sottratta ad una ipotesi di fusione;
nel rilievo che la stessa era un istituto di credito concorrente della B.C.C. di Benestare, che agognava all’ampliamento del proprio mercato;
nel fatto che, laddove non emerge in alcun modo che la B.C.C. di Benestare fosse nell’impossibilità di operare allo sportello, il giorno dopo l’insediamento il Commissario liquidatore, senza aprire alcuna trattativa o selezione in ordine ad altre concrete possibilità, ha ceduto le attività e le passività alla Banca di Credito Cooperativo di Cittanova;
nel fatto che, negli stessi brevissimi termini, l’Organo di sorveglianza ha autorizzato la cessione;
nella impossibilità di rilevare, nelle appena descritte vicende, la necessaria alterità tra gli organi straordinari e quelli di vigilanza.

Sempre in riferimento alla soluzione cessoria, parte ricorrente rileva che la stessa, anche perché ha comportato il trasferimento dello sportello e la cessione dell’avviamento, è in tutto equiparabile alla cessione d’azienda, ricadendo, in astratto, sotto l’egida dell’art. 47 della l. 29 dicembre 1990, n. 428, divenuto poi art. 2112 c.c., quinto comma (disposizione che non potrebbe considerarsi assorbita dal successivo d. lgs. 385/93, alla luce della fonte superiore delle stesse costituita dalla direttiva CEE 14 febbraio 1977, n. 77/187), che comporterebbe l’obbligo della transizione del personale, che non è invece avvenuta, determinando l’invalidità del provvedimento di cessione e della corrispondente autorizzazione. In relazione a tale censura, parte ricorrente specifica che l’interesse alla sua proposizione è costituito dai riflessi economici del mancato passaggio del personale sui soci della Banca di Benestare.

Si sono costituiti in resistenza il Ministero del tesoro e la Banca d’Italia, instando per il rigetto del ricorso.

Banca d’Italia ha affidato a memoria le proprie tesi difensive.

Con motivi aggiunti notificati il 24 giugno 2006 e depositati il successivo 28 giugno, parte ricorrente ha rappresentato che successivamente alla proposizione del ricorso, il Commissario liquidatore ha avanzato richiesta al Tribunale di Locri per la dichiarazione dello stato di insolvenza della B.C.C. di Benestare ed ha stipulato con la B.C.C. di Cittanova un atto integrativo della precedente cessione delle attività e passività, autorizzato dalla Banca d’Italia il 2 maggio 2000, con il quale sono stati ceduti, senza alcun corrispettivo, i residui crediti e i rapporti di lavoro. Espone ancora parte ricorrente che nel frattempo la gran parte dei crediti insoluti veniva recuperata, con un pressochè integrale rientro di capitali.

Ciò posto, parte ricorrente, tenuto conto degli atti versati al fascicolo di causa dalla Banca d’Italia in data 17 maggio 2006, ed, in particolare, del provvedimento di autorizzazione alla cessione delle residue attività e passività, ha ampliato la domanda demolitoria agli atti meglio indicati in epigrafe ed ha formulato ulteriori motivi di doglianza.

In particolare, con i primi tre motivi aggiunti si torna a lamentare: la carenza di comunicazione dell’avvio del procedimento anche in relazione alla cessione delle attività e passività (violazione dell’art. 7 della l. 241790);
la carenza di un effettivo vaglio da parte del Ministero del tesoro della proposta formulata da Banca d’Italia (eccesso potere per omessa valutazione delle risultanze istruttorie);
la carenza, nel provvedimento del Ministero del tesoro, della motivazione rinforzata ed autonoma connessa all’esercizio del potere ampiamente discrezionale di cui all’art. 80 del d. lgs. 385/93, nonché la insussistenza della irrimediabilità del dissesto, attestata anche dal successivo rientro dei crediti e dal mancato vaglio di altre ipotesi solutive (violazione degli artt. 3, l. 241/90 e 70 e 80 del d.lgs. 385/93).

Con il quarto motivo aggiunto (eccesso di potere per incoerenza dell’azione amministrativa, difetto di motivazione, incoerenza con le risultanze istruttorie, travisamento di fatti, difetto di istruttoria), oltre a ribadire le censure già formulate in ordine alla inesistenza dei presupposti della procedura di liquidazione posta in essere, in luogo di quella, ritenuta più propria, dell’amministrazione sstraordinaria, parte ricorrente rappresenta non solo che le carenze che hanno determinato la proposta di Banca d’Italia, rilevate in seguito ad un accesso ispettivo del 1995, erano le stesse già emerse in precedenti accessi avvenuti negli anni 1992-93, ma anche che le stesse a tale data avevano cominciato a manifestare segni di progressivo riassorbimento.

Con il quinto motivo aggiunto (violazione degli artt. 7, 84 e 90 del d. lgs. 385/93, incompetenza, eccesso di potere per difetto di istruttoria, incoerenza, illogicità, travisamento dei fatti) parte ricorrente lamenta che la B.C.C. di Cittanova (che precedentemente aveva valutato l’ipotesi di una fusione con la B.C.C. di Benestare) sia stata informata dell’avvio della procedura dalla Banca d’Italia, ignota alla B.C.C. di Benestare, ed abbia ricevuto l’allettante proposta dell’assorbimento gratuito dell’attività della sua antagonista ancor prima che fosse proposta la liquidazione coatta della B.C.C. di Benestare, tant’è che aveva deliberato già in data 5 dicembre 1995, prima della proposta di liquidazione del 7 dicembre, l’acquisizione delle attività e passività alle esatte condizioni poi previste dalla liquidazione, da cui si assume la violazione del segreto istruttorio cui è tenuta Banca d’Italia in relazione ad informazioni che, come quelle in parola, sono particolarmente riservate, tant’è che non possono essere rivelate neanche agli interessati (art. 85, d. lgs. 385/93), segreto non coperto dalla deroga prevista per l’ipotesi di crisi bancarie, che attiene soltanto ai rapporti con autorità amministrative e giudiziarie. Tale diffusione di notizie, prosegue parte ricorrente, integra un’aperta e gravissima violazione dei canoni di riservatezza imposti a Banca d’Italia, ed, oltre a non essere giustificata dall’interesse pubblico, ha poi definitivamente compromesso la possibilità di B.C.C. di Benestare di risollevarsi autonomamente dalla crisi, anche per il tramite della fusione di cui sopra. Parte ricorrente illustra poi le condizioni particolarmente vantaggiose con cui la cessione è stata offerta a B.C.C. di Cittanova (rilevamento sostanziale dei soli rapporti attivi;
garanzie di supporto finanziario a tasso quasi nullo) lamentando che rispetto a B.C.C. di Benestare non solo non è stata neanche considerata la possibilità di un intervento di sostegno, ma sono state artamente create le condizioni per porre nel nulla il suo potere contrattuale di raggiungere un autonomo accordo con B.C.C. di Cittanova.

Con il sesto motivo aggiunto (violazione dell’art. 84 tub, eccesso di potere per omessa valutazione degli interessi coinvolti), parte ricorrente, ulteriormente rappresentati alcuni aspetti ritenuti singolari della fattispecie, già evidenziati nel ricorso, lamenta la violazione dell’art. 84 tub, con particolare riferimento alla posizione del Commissario liquidatore, per mancata valutazione degli interessi dei soci, mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, mancato apprezzamento di soluzioni alternative, appiattimento sulla soluzione proposta da Banca d’Italia, che aveva già comunicato alla propria filiale di Reggio Calabria gli elementi salienti della procedura di liquidazione prima della loro deliberazione, e ciò nei tempi estremamente ristretti già lamentati in ricorso. Per l’ipotesi, poi, che tale ristrettezza temporale debba ascriversi ad una decisione precedentemente maturata in seno a Banca d’Italia, parte ricorrente rappresenta che essa non ha il potere di dare ordini agli amministratori, bensì solo quello di impartire direttive.

Con il settimo motivo aggiunto (violazione degli artt. 85 e 90 tub) parte ricorrente lamenta che, contrariamente alle invocate previsioni di legge, il Commissario liquidatore ha disposto la cessione delle attività e delle passività senza aver acquisito la situazione dei conti di B.C.C. di Benestare, da cui desume la carenza di valutazioni in ordine alla opportunità della cessione stessa, che ritiene nulla per indeterminatezza dell’accordo e dell’oggetto, e comunque annullabile, per non aver l’organo liquidatorio perseguito l’interesse alla cui cura erano preposto.

Con l’ultima censura aggiunta (violazione dell’art. 2112 c.c.) parte ricorrente torna a lamentare la contrarietà a legge del mancato trasferimento del personale dell’azienda ceduta, vizio genetico che ritiene non sanato dall’atto con il quale nel 2000 tale trasferimento è stato poi effettuato, con conseguente invalidità anche di quest’ultimo, perché privo di causa, dovendosi a tale data ritenere i lavoratori già trasferiti per effetto della cessione.

La parte ricorrente e la resistente Banca d’Italia hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

Il ricorso è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011.

DIRITTO

1. Si controverte nel presente giudizio in ordine alla legittimità della sequela di atti che trovano il proprio fulcro nel provvedimento datato 11 dicembre 1995 del Ministero del Tesoro, che, su proposta del 7 dicembre 1995 della Banca d’Italia, ha disposto la decadenza dall’autorizzazione bancaria e la messa in liquidazione coatta amministrativa della Banca di Credito Cooperativo di Benestare, con successiva nomina degli organi liquidatori e di sorveglianza e cessione delle relative attività e passività alla Banca di Credito Cooperativo di Civitanova.

2. In via preliminare, rilevato, per un verso, che molte delle censure formulate nei motivi aggiunti risultano ripetitive di quelle introdotte con il ricorso, e, per altro verso, che tutte le dedotte doglianze risultano riconducibili a precise tematiche argomentative, attinenti ai vari segmenti procedimentali della vicenda contenziosa, il Collegio passa ad analizzare le doglianze stesse, già partitamene illustrate in fatto, in forza della loro connessione ai segmenti stessi.

Sempre in via preliminare, mette dar conto che la rilevata infondatezza nel merito delle dedotte censure consente di prescindere dall’esame delle eccezioni pregiudiziali spiegate da Banca d’Italia.

3. LA PROPOSTA DELLA BANCA D’ITALIA.

3.1. Il Titolo III, Capo I, del d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia affida alla Banca d'Italia la vigilanza informativa, regolamentare ed ispettiva sulle banche.

L’art. 80 dello stesso t.u prevede al comma 1 che “ Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, può disporre con decreto la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e la liquidazione coatta amministrativa delle banche, anche quando ne sia in corso l'amministrazione straordinaria ovvero la liquidazione secondo le norme ordinarie, qualora le irregolarità nell'amministrazione o le violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie o le perdite previste dall'art. 70 siano di eccezionale gravità ”.

3.2. Nella fattispecie, sia le affermazioni della parte ricorrente sia gli atti di causa acclarano che la B.C.C. di Benestare era da tempo oggetto di attenzione e d interventi da parte di Banca d’Italia, in relazione all’esito negativo di accertamenti ispettivi condotti nel 1992-93, che “ avevano evidenziato una ridotta entità del patrimonio, una scadente qualità degli impieghi e carenze nel sistema dei controlli interni ”.

Così sintetizza, al riguardo, la relazione Banca d’Italia 7 dicembre 1995.

La stessa relazione dà conto della successiva emersione di ulteriori e preoccupanti segnali di anomalia, consistenti nell’incremento degli assegni insoluti e al protesto, all’incauta assunzione di impegni nei confronti dell’ICCREA per finanziamenti da questo concesso a clienti della banca rivelatisi poi insolventi, alla trasmissione tramite telefax dagli uffici della banca ad un soggetto estero di una lettera di credito di rilevantissimo importo a favore di una società cooperativa, debitrice in sofferenza della banca, poi disconosciuta in quanto falsa dagli organi aziendali.

Tali segnali avevano condotto ad un nuovo accertamento ispettivo presso la banca, avvenuto dal 2 ottobre 1995 al 27 ottobre 1995.

L’ispezione si concludeva con la proposta della revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria nei confronti della B.C.C. di Benestare e della sottoposizione della stessa alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Ciò in quanto la relazione evidenziava uno stato di dissesto determinato da perdite patrimoniali di eccezionale gravità, da un ingente squilibrio reddituale di natura strutturale e da una situazione di totale illiquidità, riconducibile ad un contesto gestionale caratterizzato da violazioni di norme ed irregolarità amministrative di eccezionale gravità, con particolare riferimento al comparto creditizio, caratterizzato da una abnorme crescita del rischio, per l’effetto dell’indiscriminato sostegno fornito a favore di un ristretto numero di clienti insolventi, tra cui la cennata cooperativa, soprattutto dal capo dell’esecutivo, per importi sproporzionati rispetto alle dimensioni e ai mezzi della banca, avvenuta in maniera incontrollata e mediante ricorso a modalità di contabilizzazione volte a occultarne la reale portata.

In particolare, il rapporto ispettivo segnalava una consistenza effettiva degli impieghi superiori per circa un terzo a quella segnalata dalla banca ed eccedente la raccolta diretta. L’esame del 57% degli impieghi evidenziava la qualità scadente del comparto del credito e la sua forte immobilizzazione per l’esistenza di sofferenze pari al 56% degli impieghi per cassa, di molto eccedente quelle segnalate. Gli impieghi si presentavano inoltre fortemente concentrati (cinque posizioni assorbenti il 34% del totale erogato), e gestiti con prassi irregolare, mediante l’artificioso frazionamento dei fidi, rispetto a posizioni tutte in sofferenza, e ingentissime previsioni di perdita.

La relazione acclarava che tale grave deterioramento degli impieghi determinava la irreversibile compromissione di tutti i fondamentali profili tecnici, stante l’ammontare delle perdite su crediti in sofferenza, pari a £ 12.787 milioni, che, unitamente ad altre insussistenze, pari a £ 667 milioni, assorbiva interamente i fondi rischi, pari a 885 milioni, e i mezzi propri della banca, pari a £ 3.527 milioni, determinando un deficit patrimoniale di £.

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