TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-05-31, n. 202400409

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2024-05-31, n. 202400409
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 202400409
Data del deposito : 31 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2024

N. 00409/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01017/2023 REG.RIC.

N. 00030/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

1.
sul ricorso numero di registro generale 1017 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;
- Questura di Perugia, non costituita in giudizio;



2.
sul ricorso numero di registro generale 30 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Formica, Elisa Martinelli e Andrea Gaggiotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Perugia, Questura di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

1.

quanto al ricorso n. 1017 del 2023:

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del decreto della Prefettura di Perugia – Ufficio Territoriale del Governo prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, Area I – Ordine e Sicurezza Pubblica e Tutela della Legalità Territoriale, notificato il -OMISSIS-, con il quale “è fatto divieto [al ricorrente] di detenere le armi e le munizioni in suo possesso, che dovranno essere ritirate dal Comando Stazione Carabinieri di -OMISSIS-, unitamente alla licenza di porto di fucile di cui il predetto è titolare, all'atto della notifica del presente decreto. Si ingiunge al predetto di cedere le stesse a persona non convivente entro e non oltre il termine di 150 giorni dalla data di notifica del presente decreto, ammonendolo che, scaduto tale termine, se inadempiente, le armi e le munizioni si intenderanno confiscate e saranno versate, a cura della Stazione Carabinieri di -OMISSIS- e in assenza di ulteriori comunicazioni da parte di questa Prefettura, alla competente Direzione Artiglieria, ai sensi e per gli effetti dell'art. 6 della Legge 22.5.1975, n. 152”, con ogni riconnessa sanzione e/o conseguenza pregiudizievole ;

- nonché di ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto e/o consequenziale, anche allo stato non conosciuto ove lesivo degli interessi del ricorrente, ivi inclusa la nota della Stazione Carabinieri di -OMISSIS- n. -OMISSIS-–1 del -OMISSIS-;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 16/2/2024:

- del decreto prot. n.-OMISSIS-, emesso in data -OMISSIS-, notificato il -OMISSIS-, con il quale il Questore di Perugia ha revocato al ricorrente il porto d'armi ad uso venatorio n. -OMISSIS-

per quanto riguarda gli ulteriori motivi aggiunti presentati il 19/4/2024:

del decreto della Prefettura di Perugia n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, notificato il -OMISSIS-, con il quale è stato definito il procedimento amministrativo avviato in esecuzione dell'Ordinanza del TAR Umbria n. -OMISSIS- e confermato il precedente provvedimento n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, con il quale è stato fatto divieto al ricorrente di detenere armi e munizioni.


2.

quanto al ricorso n. 30 del 2024:

- del decreto nr. -OMISSIS- del -OMISSIS- della Prefettura di Perugia – Ufficio Territoriale del Governo, notificato in pari data, con il quale è stato “fatto divieto al [ricorrente] di detenere le armi e le munizioni in suo possesso”;

- del decreto prot. nr. -OMISSIS- emesso in data -OMISSIS- dal Questore della Provincia di Perugia e notificato il -OMISSIS-, con il quale è stata revocata la licenza di porto d'armi uso venatorio n. -OMISSIS-, rilasciata al [ricorrente] il -OMISSIS- dal Commissariato di P.S. di -OMISSIS-;

di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale o comunque collegato.


Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Perugia e Questura di Perugia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2024 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. All’origine delle cause in esame vi è la conflittualità esistente tra gli odierni ricorrenti, padre e figlio, residenti in appartamenti ubicati in piani diversi dello stesso stabile.

1.1. In particolare, in data -OMISSIS-, si è verificata tra i due un’accesa lite (con minacce da parte del figlio) all’interno della stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-;
venti giorni prima, a dire del padre, il figlio lo aveva aggredito fisicamente, causandogli un ematoma all’addome.

1.2. Secondo quanto riferito nel rapporto redatto dai Carabinieri in quell’occasione (e non confutato, sotto il profilo fattuale, dagli interessati, salvo quanto appresso specificato), il figlio rimprovera al padre di intrattenere una relazione sentimentale, di aver trascurato ed offeso la madre, da cui è separato, malgrado sia affetta da una grave malattia che richiede assistenza quotidiana, e di aver sperperato il patrimonio di famiglia;
mentre il padre, lamenta che il figlio non perda occasione per insultarlo ed abbia un carattere aggressivo.

1.3. Ciò ha indotto l’UTG di Perugia a disporre, nei loro confronti, mediante distinti provvedimenti in data -OMISSIS-, il divieto di detenzione di armi e munizioni, in applicazione dell’art. 39, del TULPS;
e, conseguentemente, il Questore di Perugia a revocare, mediante distinti provvedimenti in data -OMISSIS-, le licenze di porto d’armi ad uso venatorio da essi possedute.

1.4. Nei provvedimenti di divieto si sottolinea che le armi di entrambi sono custodite all’interno di un caveau, ubicato nel sottoscala dell’edificio;
e si afferma, in sintesi, che “ La richiamata situazione di conflittualità famigliare, tenuto conto della sua attualità e gravità, risulta del tutto incompatibile con una sicura detenzione delle armi da parte di tutti i soggetti coinvolti ” (nel provvedimento riguardante il figlio, viene sottolineata anche “ un’insufficiente capacità di controllo dei propri impulsi ed emozioni ”).

2. Il primo dei ricorsi in esame (NRG -OMISSIS-) è stato proposto dal padre nei confronti del provvedimento di divieto.

2.1. Il ricorrente ha lamentato, in sostanza: la mancanza dei presupposti richiesti dall’art. 39, in combinato disposto con l’art. 11, del TULPS, in ragione dell’omessa considerazione della sua situazione personale complessiva (ha la licenza di caccia da cinquant’anni e non ha mai dato adito a rilievi negativi);
il travisamento dei fatti (essendo l’accaduto, ed in particolare l’atteggiamento violento, interamente addebitabili al figlio, abitando i due in diverse unità immobiliari ed essendo le armi custodite in un caveau di cui il ricorrente ha la esclusiva disponibilità);
l’ingiustificata omissione della partecipazione procedimentale.

In conclusione, i provvedimenti risulterebbero sproporzionati, impedendo al ricorrente di svolgere la propria attività lavorativa (è -OMISSIS- di un’azienda agrituristico-venatoria).

2.2. Questo Tribunale ha esaminato il ricorso in sede cautelare, accogliendo con ordinanza n. -OMISSIS- la domanda di sospensiva, ai soli fini del riesame.

2.3. Con motivi aggiunti, il ricorrente ha poi impugnato il provvedimento di revoca, riproponendo, oltre a censure di invalidità derivata, quelle dedotte con il ricorso introduttivo.

2.4. L’UTG di Perugia ha eseguito il riesame, adottando in data -OMISSIS- un provvedimento che conferma il divieto di detenzione, sulla base di una motivazione più argomentata, che prende in considerazione (oltre all’esistenza di alcune denunce pregresse nei confronti del ricorrente, laddove nel primo divieto risultava indicata solo la pendenza di un procedimento penale per -OMISSIS-):

- la situazione di conflittualità famigliare, e sottolinea, in particolare, come “ la circostanza di risiedere nel medesimo immobile favorisce di per sé la possibilità di frequenti incontri tra i predetti, che potrebbero costituire occasione di ulteriori, gravi alterchi; […] pur non risultando imputabili al [ricorrente per motivi aggiunti] i comportamenti aggressivi verificatisi in ambito familiare, la detenzione di armi da parte del predetto appare comunque inopportuna. Non può, infatti, escludersi, sulla base di un giudizio prognostico, il pericolo di abuso delle stesse, sia da parte del medesimo […] a seguito di reazioni inconsulte che potrebbero derivare da ulteriori accesi alterchi con il figlio […] , sia da parte di quest'ultimo, il quale potrebbe impossessarsi delle armi del genitore custodite nel caveau (ad uso promiscuo) di famiglia” ;

- l’incidenza del divieto sull’attività lavorativa, sottolineando che non preclude il mantenimento dell’incarico di -OMISSIS- dell’azienda agrituristica venatoria, potendo la vigilanza durante le battute di caccia essere delegata a guardiacaccia, di cui l’azienda dispone.

2.5. Il ricorrente lo ha impugnato mediante ulteriori motivi aggiunti, sostenendo il carattere meramente confermativo del provvedimento, e comunque riproponendo, con argomentazioni più articolate, le censure sostanzialmente già dedotte.

In particolare, ha stigmatizzato che non sia stata adeguatamente considerata la motivazione del remand , in cui era stata sottolineata la possibilità “che la doverosa cautela nel rilascio (mantenimento) dei titoli autorizzativi relativi alle armi venga assicurata mediante strumenti diversi dal divieto di detenzione nei confronti del ricorrente”, ed ha ribadito le caratteristiche di sicurezza ed accesso controllato del caveau dove sono custodite le armi.

3. Il secondo ricorso (NRG n. -OMISSIS-) è stato proposto dal figlio avverso entrambi i provvedimenti che lo riguardano, il quale ha lamentato, in sostanza, l’ingiustificata omissione della partecipazione procedimentale, la mancanza dei presupposti richiesti dagli artt. 11, 39 e 43 del TULPS, il travisamento dei fatti.

3.1. Il giudizio di inaffidabilità non sarebbe supportato da un’adeguata istruttoria e motivazione, anche considerato che si è trattato di uno semplice “sfogo tra padre e figlio”, senza alcun episodio di violenza (l’episodio dell’aggressione riferito dal padre sarebbe “del tutto indimostrato e privo di qualsiasi riscontro oggettivo”) e senza che sia stata presa in esame la complessiva personalità e condotta di vita del ricorrente.

3.2. Il divieto difetta comunque di proporzionalità;
l’accaduto avrebbe ben potuto ed anzi dovuto indurre l’Amministrazione a disporre, in via cautelativa, la sospensione temporanea della licenza, in applicazione dell’art. 10 del TULPS, in considerazione dei rilevanti profili di incertezza e indeterminatezza che connotano la vicenda, tali da non permettere un’attendibile valutazione sulla pericolosità e non affidabilità del ricorrente.

3.3. Anche il secondo ricorrente sottolinea il pregiudizio alla propria attività lavorativa di -OMISSIS- di sistemi di sicurezza, compresi quelli di puntamento delle armi.

4. In entrambi i giudizi, l’Amministrazione si è costituita ed ha controdedotto puntualmente, ribadendo che la condotta dei ricorrenti e la situazione in cui si trovano giustificava l’adozione del divieto, e chiedendo il rigetto dei ricorsi.

5. Le parti hanno depositato memorie e repliche, puntualizzando le rispettive difese.

6. I ricorsi possono essere riuniti, risultando evidente la loro connessione oggettiva e soggettiva.

7. Occorre anzitutto precisare che il provvedimento adottato in esecuzione della misura cautelare di riesame (NRG -OMISSIS-) non ha carattere meramente confermativo, come sostiene il ricorrente, bensì confermativo in senso proprio, risultando l’esito di un approfondimento degli elementi rilevanti, supportato da una più estesa motivazione.

8. Il Collegio sottolinea poi che, a seguito dei depositi documentali in corso di giudizio, non è più in discussione l’incidenza negativa concreta del divieto sullo svolgimento delle attività lavorative dei ricorrenti. Peraltro, risulta anche accertato che tale incidenza investe solo una parte delle attività potenzialmente ricomprese nei rispettivi incarichi professionali, e sarebbe in qualche modo ovviabile (anche se, è presumibile, ciò comporterebbe oneri o svantaggi).

9. Le acquisizioni processuali hanno anche consentito di accertare che le armi erano e sono custodite in un caveau situato al piano terra dell’immobile in cui entrambi i ricorrenti (ancorché in distinte unità immobiliari) risiedono, le cui chiavi sono attualmente detenute da un altro figlio, estraneo (così come un terzo figlio) alla conflittualità in questione.

10. Occorre a questo punto ricordare, sul piano dei principi, che, secondo la giurisprudenza consolidata (cfr., di recente e riassuntivamente, Cons. Stato, III, n. 358-OMISSIS- e n. 923/2023;
TAR Umbria, n. 655/2023;
vedi anche, idem , n. -OMISSIS-):

- il potere di rilasciare le licenze in materia di armi costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 c.p. e dall’art. 4, comma 1, legge 110/1975;
la regola generale è, pertanto, il divieto di detenzione delle armi, al quale l’autorizzazione di polizia può derogare in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito dell’Autorità di pubblica sicurezza prevenire;

- infatti, la Corte Costituzionale ha sottolineato, sin dalla sentenza n. 440/1993, che “ il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, una eccezione al normale divieto di portare le armi, che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle armi stesse ” e che “ dalla eccezionale permissività del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli e situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti ”;
cosicché “ deve riconoscersi in linea di principio un ampio margine di discrezionalità in capo al legislatore nella regolamentazione dei presupposti in presenza dei quali può essere concessa al privato la relativa licenza, nell’ambito di bilanciamenti che - entro il limite della non manifesta irragionevolezza - mirino a contemperare l'interesse dei soggetti che richiedono la licenza di porto d’armi per motivi giudicati leciti dall'ordinamento e il dovere costituzionale di tutelare, da parte dello Stato, la sicurezza e l’incolumità pubblica: beni, questi ultimi, che una diffusione incontrollata di armi presso i privati potrebbe porre in grave pericolo, e che pertanto il legislatore ben può decidere di tutelare anche attraverso la previsione di requisiti soggettivi di affidabilità particolarmente rigorosi per chi intenda chiedere la licenza di portare armi ” (sent. n. 109/2019);

- la giurisprudenza amministrativa, nel solco dei principi affermati dalla Corte Costituzionale, è consolidata nel ritenere che il porto d’armi non costituisce oggetto di un diritto assoluto, rappresentando un’eccezione al normale divieto di detenere armi e potendo essere riconosciuto soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività (cfr., ex multis Cons. Stato, III, n. 1972/2019 e n. 3435/2018);

- ai sensi degli artt. 11, 39 e 43 del TULPS, l’Amministrazione può legittimamente fondare il giudizio di “non affidabilità” del titolare del porto d’armi valorizzando il verificarsi di situazioni genericamente non ascrivibili alla “buona condotta” dell’interessato, non rendendosi necessario al riguardo né un giudizio di pericolosità sociale del soggetto né un comprovato abuso nell’utilizzo delle armi (Cons. Stato, III, nn. 6812/2018, 4955/2018, 2404/2017, 4518/2016, 2987/2014, 4121/2014;
VI, n. 107/2017) in quanto, ai fini della revoca della licenza, l’Autorità di pubblica sicurezza può apprezzare discrezionalmente, quali indici rivelatori della possibilità di abuso delle armi, fatti o episodi anche privi di rilievo penale, indipendentemente dalla riconducibilità degli stessi alla responsabilità dell’interessato, purché l’apprezzamento non sia irrazionale e sia motivato in modo congruo (Cons. Stato, VI, n. 107/2017;
III, nn. 3502/2018, 2974 del 2018), trattandosi di un provvedimento, privo di intento sanzionatorio o punitivo, avente natura cautelare al fine di prevenire possibili abusi nell’uso delle armi a tutela delle esigenze di incolumità di tutti i consociati (Cons. Stato, III, n. 2974/2018);

- il giudizio che riguardo a detti profili compie l’Autorità di pubblica sicurezza è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, che presuppone una analisi comparativa dell’interesse pubblico primario, degli interessi pubblici secondari, nonché degli interessi dei privati, oltre che un giudizio di completa affidabilità del soggetto istante basato su rigorosi parametri tecnici;
nello specifico settore delle armi, tale valutazione comparativa si connota in modo peculiare rispetto al giudizio che tradizionalmente l’Amministrazione compie nell’adottare provvedimenti permissivi di tipo diverso;
la peculiarità deriva dal fatto che, stante la ricordata assenza di un diritto assoluto al porto d’armi, nella valutazione comparativa degli interessi coinvolti assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell’Amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all’incolumità delle persone, rispetto a quello del privato;

- l’apprezzamento discrezionale rimesso all’Autorità di pubblica sicurezza involge soprattutto il giudizio di affidabilità del soggetto che detiene le armi o aspira ad ottenerne il porto;
a tal fine, l’Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione in ordine al pericolo di abuso delle armi, secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico;

- tale esegesi è peraltro confermata sul piano legislativo dalla formulazione dell’art. 39 del TULPS, laddove, nel prevedere che “il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”, considera sufficiente l’esistenza di elementi che fondino solo una ragionevole previsione di un uso inappropriato.

11. Con specifico riferimento a vicende analoghe a quella in esame, è stato ritenuto, condivisibilmente, che una situazione di conflittualità familiare nella sua oggettività è valido motivo per l’emanazione di provvedimenti interdittivi in tema di armi, a prescindere dalla responsabilità della sua causazione (cfr. TAR Toscana, II, n. 1305/2022). In tali situazioni, infatti, ciò che l’amministrazione è chiamata a valutare è il pericolo che la situazione di conflitto familiare in atto, nella sua oggettività ed a prescindere da chi ne sia responsabile, possa degenerare in fatti antigiuridici, le cui conseguenze potrebbero essere ulteriormente aggravate dalla disponibilità delle armi (cfr. TAR Umbria, n. 303/2023).

12. Ciò stante, la conflittualità tra i ricorrenti – che, secondo quanto emerge dagli atti, è dovuta a vicende personali, ha radici profonde e non è venuta meno – la vicinanza delle abitazioni dei ricorrenti e l’ubicazione del luogo di custodia delle armi (ancorché il caveau sia sottoposto a sistemi di videosorveglianza) fanno sì che risulti tutt’altro che illogico il giudizio di inaffidabilità nella detenzione delle stesse formulato dall’Amministrazione nei confronti di entrambi, quali che possano ritenersi le responsabilità di ciascuno di essi nell’aver determinato tale situazione.

13. In altri termini, la situazione fattuale è stata presa in esame dall’Amministrazione e ritenuta, con valutazione che risulta immune dalle censure formulate dai ricorrenti, sufficiente a giustificare il divieto di detenzione delle armi e la revoca dei titoli autorizzatori di p.s. conseguenti (che del primo costituisce una conseguenza naturale e praticamente vincolata – cfr. Cons. Stato, III, nn. 3583/2024, 1292/2013). Detta situazione, si ripete, a prescindere da ogni ulteriore considerazione in ordine alle condotte dei ricorrenti, è stata reputata suscettibile di costituire il sostrato di fatti antigiuridici ben più gravi ed una simile valutazione non risulta irragionevole, tenuto conto che lo scopo del potere attribuito in materia alla pubblica amministrazione è proprio quello di evitare che tali fatti abbiano a verificarsi. Pertanto, non può nemmeno ritenersi sproporzionata l’utilizzazione dello strumento cautelare del divieto (con correlata sottrazione della disponibilità materiale delle stesse), non essendo sufficiente a conseguire lo scopo la mera sospensione della licenza di uso delle armi.

14. In conclusione, i ricorsi sono infondati e devono pertanto essere respinti.

15. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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