TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-02-28, n. 202403957

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-02-28, n. 202403957
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202403957
Data del deposito : 28 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2024

N. 03957/2024 REG.PROV.COLL.

N. 09672/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9672 del 2017, proposto dall’-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati C M e P V, con domicilio eletto presso lo studio C M in Roma, corso Vittorio Emanuele II 284;

contro

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa sospensione cautelare, della nota della Direzione Generale per le Politiche Previdenziali e Assicurative – Divisione V, Vigilanza tecnico finanziaria sugli Enti Previdenziali Privatizzati e Privati C.d.g MA004-A002.11413, prot. uscira m_lps-36 0007169-13-06-2017 “ -OMISSIS- – Variazioni al budget 2016. Budget 2017


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 1 dicembre 2023 la dott.ssa A G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, Ente di Previdenza e Assistenza Pluricategoriale (-OMISSIS-) ha impugnato la nota, meglio specificata in epigrafe, con cui il Ministero del Lavoro nell’esercizio del potere di vigilanza di cui all’art. 3, L. 509/1994, ha espresso il proprio parere sul Bilancio preventivo 2017 e le variazioni di bilancio 2016 trasmesse da -OMISSIS-. In particolare, censura la parte relativa alle misure di contenimento della spesa pubblica, in cui il Ministero nell’evidenziare che “ l’Ente verserà al bilancio dello Stato il 15% della spesa sostenuta nel 2010 per consumi intermedi, ai sensi dell'art.1, comma 417 della legge 147/2013, come modificato dall'art. 50, comma 5,del decreto legge n, 66/2014, convertito dalla legge n. 89/2014, inserendo tra i costi l’importo di euro 223.700 ”, chiede di acquisire chiarimenti visto che “ in considerazione di quanto evidenziato nella sentenza n. 7/2017 della Corte costituzionale il Ministero dell'Economia e delle Finanze invita codesto Ente a fare conoscere se intende continuare ad assolvere alla normativa di contenimento della spesa pubblica avvalendosi della facoltà prevista dal suddetto comma 417, oppure ottemperare puntualmente ai limiti di spesa imposti dalle legislazioni vigenti, applicabili alle Casse di previdenza apportando al budget in esame le conseguenti rimodulazioni ”.

Parte ricorrente premette in fatto quanto segue.

L’Ente di Previdenza e Assistenza Pluricategoriale (“-OMISSIS-”) è l’Ente di previdenza per gli esercenti l’attività professionale di dottore agronomo e dottore forestale, di attuario, di chimico, di geologo, con la forma giuridica della fondazione di diritto privato a controllo pubblico ed è soggetto alla disciplina speciale di cui al d.lgs. 10 febbraio 1996 n. 103 ed è iscritto nell’albo di cui all’art. 4, comma 1 del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, secondo quanto previsto dal d. min. 2 maggio 1996, n. 337.

L’Ente eroga prestazioni previdenziali ed assistenziali a favore dei propri iscritti e degli altri aventi diritto, facendo esclusivamente utilizzo dei contributi versati dagli iscritti che vengono opportunamente investiti nel rispetto della vigente normativa essendo soggetto al divieto di contribuzione da parte dello Stato.

L’Ammontare della contribuzione a carico degli iscritti è determinata, in forza della vigente normativa di rango primario, da un regolamento dell’Ente.

In ragione dell’espresso divieto di interventi a carico del bilancio dello Stato per il riequilibrio del loro bilancio, previsto per tutti gli enti previdenziali privati e privatizzati, la fiscalità generale rimane assolutamente estranea ed indifferente alle sorti dell’equilibrio di -OMISSIS- ed alla sua capacità di erogare le prestazioni previdenziali ed assistenziali dovute agli iscritti.

Dunque, tutte le prestazioni erogate dall’Ente, ma anche il suo funzionamento per il perseguimento delle finalità istituzionali proprie, sono sostenute esclusivamente con i contributi versati dai professionisti iscritti ad -OMISSIS- obbligatoriamente ai sensi dell’art. 1, d.lgs. n. 103/1996.

Per converso, tali contributi si giustificano nell’ an e nel quantum solo ed in quanto consentono il perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente previdenziale, vale a dire il suo funzionamento per l’erogazione delle prestazioni dovute agli iscritti (Corte costituzionale, sentenza n. 7/2017).

Dunque, in tale sistema i contributi degli iscritti, da un lato, devono assicurare l’autosufficienza della gestione e la resa delle future prestazioni e, dall’altro, conseguentemente, non possono essere distratti per finalità diverse o anche solo non strettamente aderenti alla finalità dell’Ente, né per concorrere alla fiscalità generale, altrimenti traducendosi in forma surrettizie di prelievo fiscale.

Tuttavia, il legislatore nazionale ha stabilito che gli Enti previdenziali concorressero con le proprie sostanze, frutto esclusivamente dei contributi versati dagli iscritti, ai saldi di finanza pubblica. A tal fine che gli Enti avrebbero dovuto adottare interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi in modo da assicurare risparmi sui costi relativi ai consumi intermedi nella misura del 5% per l’anno 2012 e del 10% della spesa sostenuta nell’anno 2010 (cfr. art. 8, comma 3, d.l. n. 95/2012).

Successivamente, a far data dall’anno 2014, si è poi previsto - che pur in difetto dei detti risparmi di spesa, ed in alternativa ad essi - gli obblighi di cui alla predetta normativa potessero comunque essere assolti con un contributo volontario allo Stato pari al 15% del valore della spesa per consumi intermedi effettuata nell’anno 2010 (cfr. art. 1, comma 417, l. n. 147/2013).

All’esito di un giudizio incidentale di costituzionalità, promosso dal Consiglio di Stato in un giudizio proposto dalla Cassa dei dottori commercialisti, la Corte costituzionale con la Sentenza n. 7/2017 ha iudicato legittimo l’obbligo di efficientamento e risparmio per concorrere ai saldi di finanza pubblica, ma ha censurato la pretesa che tali risparmi, invece di restare nella disponibilità dell’Ente, siano riversati nelle casse dello Stato.

La pronuncia sulla legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, d.l. n. 95/2012, sebbene nel dispositivo faccia espressamente riferimento alla posizione della Cassa per i dottori commercialisti, che aveva promosso il giudizio a quo , avrebbe, secondo l’-OMISSIS-, portata generale, con estensione a tutte le Casse ed inoltre, anche se non ha ad oggetto la successiva disposizione - sulla modalità alternativa di liberazione dall’obbligo per gli enti previdenziali - di cui all’art. 1, comma 417, l. n. 174/2013, declinerebbe un principio sull’impossibilità di distrarre (in maniera strutturale e continuativa e salvo ipotesi una tantum adeguatamente giustificate) i proventi della contribuzione degli iscritti alle casse previdenziali dalle finalità proprie e il trasferimento alle casse dello Stato di portata generale, di carattere generale che non ammette deroghe.

In ragione di questi presupposti, l’-OMISSIS-, che asserisce di essersi originariamente attenuta alla prescrizione ricevuta, quanto alla formazione del budget 2017, inserendo tra i costi, per l’anno in questione, la somma di €. 223.700, non ha alla fine versato le dette somme al Bilancio dello Stato, nel termine assegnato del 30 giugno 2017, ritenendo tale pretesa assolutamente illegittima.

Deduce la ricorrente l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, oltre a chiedere di sollevare nuovamente questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, del d.l. n. 95/2012 e comunque di sollevare analoga questione di legittimità costituzionale per le medesime ragioni con riferimento all’art. 1, comma 417, della l. n. 147/2013.

Il Ministero del Lavoro e il Ministero dell’economia e delle finanze, costituiti in giudizio per resistere al ricorso, hanno depositato documenti e memorie, in cui, oltre a dedurre l’infondatezza del ricorso nel merito e chiedendone il rigetto, hanno altresì eccepito il difetto di giurisdizione.

Parte ricorrente ha replicato con memoria del 9 novembre 2023, in cui respinta ogni eccezione, allegazione e deduzione contraria, ha concluso per il rigetto del ricorso.

All’udienza straordinaria del 1° dicembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

Osserva il Collegio come l’-OMISSIS- rientra nella categoria degli enti previdenziali privatizzati ex art. 4 del d.lgs. n. 103/1996, ai quali si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 509/1994, ai sensi di quanto disposto dal comma 7 dell’art. 6 del D.lgs. n. 103/1996.

L’art. 3 del decreto legislativo 509/1994 attribuisce al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché agli altri Ministeri rispettivamente competenti, un’attività di vigilanza sugli Enti privati di previdenza obbligatoria, anche attraverso la presenza di rappresentanti delle predette Amministrazioni nei collegi dei sindaci.

L’attività di vigilanza si sostanzia nella approvazione dello statuto e dei regolamenti, nonché delle relative integrazioni o modificazioni;
delle delibere in materia di contributi e prestazioni, sempre che la relativa potestà sia prevista dai singoli ordinamenti vigenti.

In questo quadro, il Ministero del Lavoro, d’intesa con gli altri Ministeri competenti, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 509/1994, può formulare motivati rilievi sui bilanci preventivi e sui conti consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione, sui criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo, nonché sulle delibere contenenti criteri direttivi generali.

La norma dispone inoltre che nel formulare tali rilievi il Ministero del lavoro, d'intesa con gli altri Dicasteri vigilanti, rinvia gli atti al nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva.

Con riferimento poi alla gestione economico-finanziaria degli Enti previdenziali privati, l’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 509/1994 stabilisce che essa deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale.

L’art. 1, comma 763, della legge 296 del 2006 ha previsto che la stabilità delle gestioni è ricondotta ad un arco temporale non inferiore a trent’anni.

L’Ente di Previdenza ed Assistenza Pluricategoriale era ricompreso dall’Istat tra le pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, 2 e 3, della legge di contabilità pubblica n. 196/2009 ed era, pertanto, sottoposto ai pertinenti vincoli di riduzione della spesa nell’ambito delle procedure di convergenza verso gli obiettivi europei di contenimento della spesa pubblica.

In virtù di tale inclusione agli Enti privati di previdenza obbligatoria è stata applicata la disposizione di cui all’art. 8, comma 3, del d.l. n. 95/2012 che prevede interventi di razionalizzazione per la riduzione della spesa per consumi intermedi, in modo da assicurare risparmi corrispondenti al 5% per il 2012 ed al 10% a partire dal 2013, nonché l’obbligo di riversare annualmente i risparmi di spesa, così conseguiti sui propri consumi intermedi, al bilancio dello Stato.

Successivamente la Corte Costituzionale, con la sentenza n.7/2017, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 8, comma 3, del d.l. n. 95/2012, nella parte in cui prevede che le somme derivanti dalle riduzioni di spesa ivi previste siano versate annualmente ad un apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.

Le disposizioni sul contenimento dei costi sono state in seguito modificate dal legislatore con l’art.1, comma 417, della legge n.147/2013 e ss.mm.ii. che ha disposto: “ A decorrere dall'anno 2014, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea e del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, possono assolvere alle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa dell'apparato amministrativo effettuando un riversamento a favore dell'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno di ciascun anno, pari al 15 per cento della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010. Per detti enti, la presente disposizione sostituisce tutta la normativa vigente in materia di contenimento della spesa pubblica che prevede, ai fini del conseguimento dei risparmi di finanza pubblica, il concorso delle amministrazioni di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ferme restando, in ogni caso, le disposizioni vigenti che recano vincoli in materia di spese di personale ”.

Tale ultima disposizione è pienamente vigente poiché la Corte Costituzionale con la sentenza n. 7/2017 si è limitata a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 8, comma 3, del d.l. n. 95/2012, nella parte inerente la previsione del riversamento dei risparmi di spesa, senza estendere tale valutazione ad altre norme analoghe con la conseguenza della loro formale vigenza.

In tale contesto normativo, il Ministero del lavoro ha proceduto alla verifica, ai sensi del citato art. 3, comma 3, del D.lgs. n. 509/1994, del bilancio preventivo 2017 trasmesso dall’Ente di previdenza e assistenza pluricategoriale con nota n. 52573/2016, pervenuto in data 09/12/2016. Nella nota esplicativa al detto documento contabile, l’Ente ricorrente, avendo inserito alla voce 22 – “Imposte sul reddito” la posta contabile “ spending review - legge 135/2012 ” pari a euro 223.700, specificava che “ Per l’esercizio 2017 si conferma l’aliquota del 15% prevista dalla normativa in vigore dal 2014 (art. 1, comma 417 della legge 147/2013, modificato dall’art. 50, comma 5 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66) applicata sui consumi intermedi sostenuti nell’esercizio 2010, il costo previsto è di 223.700 euro ”.

Visto che, in data 11/4/2017, il covigilante Ministero dell’economia, con nota prot. n. 67881, faceva presente, in materia di contenimento della spesa pubblica, che, in considerazione dell’allora recente sentenza della Corte costituzionale n. 7/2017, l’Ente doveva comunicare se intendeva continuare ad assolvere alla normativa di contenimento della spesa pubblica avvalendosi della facoltà prevista dal suddetto comma 417, ovvero se ottemperare puntualmente ai limiti di spesa imposti dalle legislazioni vigenti, il Ministero del lavoro, con l’impugnata nota prot. n. 7169 del 13/6/2017, chiedeva, quindi, all’-OMISSIS- - in considerazione della natura previsionale dei documenti contabili inviati e del successivo intervento del giudice di legittimità - di specificare se gli oneri già preventivati venivano accantonati ai sensi dell’art. 1, comma 417, della legge n. 147/2013 ovvero se l’Ente intendeva ottemperare puntualmente ai limiti di spesa imposti dalla legislazione vigente. Avverso tale nota è stato proposta l’odierna impugnativa.

Osserva il Collegio – condividendo quanto affermato nelle recenti sentenza del Consiglio di Stato n. 8313 del 27/09/2022 e del Tar Lazio, sez. Quinta ter, n. 18364/2023 – che gli atti impugnati costituiscono espressione del potere di vigilanza attribuito dall’art. 3, comma 3, d.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, ai Ministeri del Lavoro e dell’Economia e delle Finanze nei confronti degli enti previdenziali privatizzati, competenti all’erogazione di trattamenti previdenziali e assistenziali a favore degli iscritti.

In particolare, tale potere di vigilanza si realizza nella forma della indicazione di “ motivati rilievi su: i bilanci preventivi e i conti consuntivi;
le note di variazione al bilancio di previsione;
i criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti così come sono indicati in ogni bilancio preventivo;
le delibere contenenti criteri direttivi generali”: tale potere si accompagna al rinvio degli atti al “nuovo esame da parte degli organi di amministrazione per riceverne una motivata decisione definitiva
”, il quale condiziona l’esecutività degli atti oggetto di esame.

Va preliminarmente chiarito che il potere in questione è autonomo – nei presupposti e nelle modalità di esercizio – da quello propriamente dissolutorio di cui all’art. 2, comma 6, d.lgs. n. 509/1994 citato, ai sensi del quale “[n] el caso in cui gli organi di amministrazione e di rappresentanza (degli enti previdenziali privatizzati, n.d.e.) si rendessero responsabili di gravi violazioni di legge afferenti la corretta gestione dell’associazione o della fondazione, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri di cui all’art. 3, comma 1, nomina un commissario straordinario con il compito di salvaguardare la corretta gestione dell’ente e, entro sei mesi dalla sua nomina, avvia e conclude la procedura per rieleggere gli amministratori dell’ente stesso, così come previsto dallo statuto ”.

Seppure tale potere presenti taluni dei connotati tipici della potestà autoritativa della P.A., tuttavia – al fine di escludere la sussistenza di una posizione di interesse legittimo e, dunque, della giurisdizione del giudice amministrativo – appare decisiva la considerazione relativa alla assenza, nella disciplina normativa, del tratto saliente ed indefettibile della potestà amministrativa, rappresentata dalla ingerenza del suo titolare nella sfera giuridica – organizzativa o gestionale – del destinatario dei relativi effetti, con effetti costitutivi, modificativi o estintivi delle situazioni giuridiche.

Il “potere” di cui all’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 509/1994, infatti, si traduce nella mera sollecitazione dell’attività di riesame dell’Ente vigilato, cui compete assumere la sua “motivata decisione definitiva”, alla luce dei rilievi formulati dai Ministeri vigilanti.

La sua efficacia è, quindi, destinata a risolversi all’interno di un mero rapporto di carattere dialettico-collaborativo, la cui manifestazione finale resta di competenza dell’Ente previdenziale, senza alterarne la libertà di confermare il contenuto dell’atto oggetto di controllo, sebbene sulla base di una adeguata motivazione della determinazione assunta.

Le valutazioni dei Ministeri sono espresse in un procedimento il cui atto finale, infatti, è emesso dall’Ente stesso;
né rileva che le risultanze dell’attività di controllo – e le decisioni finali assunte dall’Ente vigilato – possano costituire i prodromi dell’esercizio del soprarichiamato potere dissolutorio di cui all’art. 2, comma 6, d.lgs. n. 509/1994, alla luce della differenza di presupposti – essenzialmente inerenti alla riscontrata commissione di “ gravi violazioni di legge afferenti la corretta gestione dell’associazione o della fondazione ” – che ne legittimano l’esercizio.

L’evidenziata carenza, nell’attività di vigilanza disciplinata dall’art. 3, comma 3, d.lgs. n. 509/1994, dei requisiti essenziali ai fini della sua configurazione, agli effetti del riparto della giurisdizione, come espressione di un potere autoritativo in capo all’Amministrazione vigilante impone, quindi, di concludere in merito alla sussistenza di una posizione di diritto soggettivo con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.

In definitiva, in virtù di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, spettando la cognizione della controversia al giudice ordinario, innanzi al quale il processo può essere “riproposto” ai sensi dell’art. 11 c.p.a.

Le spese di lite possono essere compensate, tenuto conto della vetustà del ricorso e della risoluzione della vicenda in via pregiudiziale.

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