TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-10-14, n. 201610307

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2016-10-14, n. 201610307
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201610307
Data del deposito : 14 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/10/2016

N. 10307/2016 REG.PROV.COLL.

N. 03575/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3575 del 2016, proposto da:
Roma Multiservizi Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati prof. A P C.F. PZZNGL55P13A944X e Annunziata Abbinente C.F. BBNNNZ72S47H703G, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza San Bernardo, 101;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall' Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Associazione Nazionale delle Cooperative di Servizi Legacoop Servizi, non costituita in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione,

- del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 25802 assunto nell’adunanza del 22 dicembre 2015 e comunicato alla ricorrente il 20 gennaio 2016, emesso a conclusione del procedimento n. I/785 nella parte in cui ha deliberato che Roma Multiservizi S.p.A. ha posto in essere, unitamente alle società CNS - Consorzio Nazionale Servizi soc. coop., Manutencoop Facility Management S.p.A. e Kuadra S.p.A., un'intesa restrittiva della concorrenza contraria all'art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (Tfue) consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara Consip attraverso l'eliminazione del confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti da aggiudicarsi nel limite massimo fissato dalla lex specialis ed ha irrogato alla stessa la sanzione amministrativa pecuniaria nella misura di € 3.377.910, nonché:

- della Comunicazione delle Risultanze Istruttorie deliberata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il 14.10.2015, nella parte riguardante la ricorrente;

- della delibera adottata nell’adunanza del 01.04.2015, nella parte in cui l’Autorità ha esteso il procedimento istruttorio a Roma Multiservizi S.p.A.;

- del provvedimento di avvio dell’istruttoria n..25125 dell’08.10.2014;

e, in via subordinata:

- della delibera dell’AGCM del 22.10.2014, n. 25152 recante “Linee Guida sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/90” ed, in particolare, dell’art. 18;

nonché di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 6 luglio 2016 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In seguito all’analisi delle risultanze della gara comunitaria a procedura aperta bandita in data 11.7.2012 dalla Consip s.p.a. (Consip) per l’affidamento di servizi di pulizia e altri tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili degli istituti scolastici di ogni ordine e grado nonché dei centri di formazione della p.a., l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), rilevando alcune anomalie, in data 8.10.2014 avviava un procedimento orientato a constatare un’eventuale violazione della normativa a tutela della concorrenza.

Il procedimento, originariamente rivolto nei confronti del Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. (CNS), della Manutencoop Facility Management (MFN), della Kuadra s.p.a. (Kuadra) e della EXITone S.p.a. (Exitone), era poi esteso con decisione del 1.4.2015 anche alla Roma Multiservizi s.p.a. (RM) e vedeva la partecipazione dell’Associazione Nazionale Imprese di Pulizia-ANIP e della Associazione Nazionale delle Cooperative di servizi- Legacoop servizi, che ne avevano fatto richiesta.

Richiamando le risultanze istruttorie, la tipologia di gara e i relativi risultati, le modalità e le strategie partecipative alla gara delle parti, i rapporti tra queste ultime nonché le argomentazioni rese dalle interessate a seguito della comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), l’AGCM perveniva alla conclusione secondo la quale le parti sopra richiamate – tranne Exitone - avevano dato luogo ad un’intesa volta a condizionare l’esito della gara, eliminando il reciproco confronto concorrenziale mediante l’utilizzo distorto dello strumento consortile: ciò al fine di garantire a CNS e MFM il numero massimo di lotti maggiormente appetibili, sul presupposto che entrambe avrebbero complessivamente beneficiato dei risultati singolarmente conseguiti. Risultava altresì individuato un ruolo nell’intesa anche a carico di RM e Kuadra, secondo l’approfondita descrizione degli elementi di prova acquisiti nel corso dell’istruttoria.

In sostanza, l’Autorità illustrava nelle relative conclusioni che gli elementi di prova “esogeni” ed “endogeni” accertati avevano fatto emergere incontrovertibilmente che, in occasione della procedura di gara in questione, le quattro imprese sopra richiamate avevano posto in essere un’intesa anticoncorrenziale per il suo stesso oggetto (sub specie di pratica concordata), con la finalità di condizionare gli esiti della gara attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti, così da aggiudicarsi i più appetibili nel limite massimo fissato dalla “lex specialis”. La condivisione della scelta degli otto lotti su cui presentare l’offerta e la conseguente decisione di non partecipare ai residui cinque messi a gara aveva inoltre, secondo la ricostruzione dell’AGCM, influenzato gli esiti della procedura con riguardo a tutti i tredici lotti oggetto della procedura.

In particolare, risultava che CNS e la sua principale consorziata MFM avevano deciso di partecipare separatamente alla gara, laddove, se quest’ultima avesse partecipato in qualità di impresa indicata dal consorzio, il numero massimo di lotti che si sarebbero potute aggiudicare congiuntamente sarebbe stato pari a tre, mentre partecipando separatamente avevano potuto contare sull’aggiudicazione di sei lotti. Inoltre, le due imprese, una volta decisa la partecipazione autonoma, avrebbero dovuto concorrere come soggetti assolutamente indipendenti, del tutto prescindendo dai legami consortili mentre risultava che avevano individuato i lotti su cui avrebbero rispettivamente concentrato i propri “sforzi” tramite scambi indiretti di informazioni al fine di perseguire un comune disegno, per il quale risultava essenzialmente che CNS aveva partecipato alla gara avendo tra i propri principali obiettivi quello di tutelare i contratti storici e il portafoglio della propria consorziata di maggior peso quale era MFM, curandone gli interessi in via principale e maggiore rispetto a quelli delle consorziate per conto delle quali pure aveva presentato le sue offerte.

Per l’AGCM, quindi, risultava un utilizzo distorto dello strumento consortile da parte di CNS, il quale aveva principalmente avuto riguardo alle consorziate di maggior peso rispetto a quelle di più ridotte dimensioni. La strategia di gara di CNS era risultata del tutto irrazionale, oltre che incoerente con i principi che lo stesso consorzio aveva riferito essere alla base delle proprie scelte partecipative, presentandosi solo in alcuni lotti e non presentandosi in altri, e coincideva unicamente con l’obiettivo collusivo condiviso con MFM di aggiudicarsi complessivamente sei lotti in luogo di tre, come emergeva dalla scelta - estranea a una sana logica imprenditoriale - di non presentare offerta per i lotti comprendenti l’Emilia-Romagna e la Lombardia (lotti 2 e 8), poi aggiudicati a MFM, e di presentare offerte decisamente non competitive per i lotti relativi alla Toscana e al Veneto (lotti 3 e 9), entrambi pure aggiudicati a MFM.

Analogamente, nel presentare offerta per il lotto comprendente il Lazio e la Sardegna, CNS aveva inteso garantire a una società non consorziata quale RM, ma riconducibile a MFM in virtù di partecipazione societaria di quest’ultima, il pieno mantenimento del portafoglio storico nella città di Roma, nel rispetto di un accordo compensativo nel frattempo sottoscritto.

D’altro canto, a fronte dell’operato di CNS, risultava che MFM aveva rinunciato a presentare offerta per il lotto 4, nonostante il cospicuo portafoglio ivi detenuto da RM sua partecipata, e che si era impegnata, tramite lo strumento del subappalto, ad aiutare CNS affinché anche ad altre consorziate detentrici di appalti storici fosse garantito il mantenimento di tali appalti o perlomeno il valore del portafoglio a questi riconducibile.

Per quel che riguardava Kuadra, l’AGCM concludeva nel senso che la stessa tipologia di affidamenti al quadro collusivo era stata garantita in ragione di un credito pregresso vantato nei confronti del CNS, che aveva indotto l’interessata a partecipare al suo fianco alla gara nell’ambito di un a.t.i. (ATI 1), accettando nel contempo però di concedere subappalti a consorziate di rilievo di CNS, a cui il consorzio stesso intendeva garantire il mantenimento del portafoglio.

Secondo l’Autorità, l’intesa si era potuta pienamente realizzare e aveva trovato attuazione anche per effetto degli scambi di informazioni sensibili che si erano realizzati nel contesto dei rapporti di “governance” esistenti tra MFM e RM, laddove, in particolare, quest’ultima aveva svolto un cruciale ruolo di veicolo di informazioni tra la prima e lo stesso CNS.

Tenuto conto che vi era stato pregiudizio al commercio fra Stati membri dell’Unione europea, tale da configurare la violazione dell’art. 101 TFUE, e che l’infrazione constatata era qualificabile tra le più gravi della normativa “antitrust” - in quanto, per sua stessa natura, appariva idonea e destinata ad alterare, in caso di aggiudicazione della gara come poi avvenuto, il normale gioco della concorrenza per tutta la durata dell’affidamento – l’AGCM, in applicazione delle c.d. “Linee Guida” deliberate il 22.10.2014 e ritenute applicabili alla fattispecie, irrogava specifiche sanzioni pecuniarie pari a € 56.190.090 per CNS, 48.510.000 per MFM, 3.377.910 per RM e 5.763.882 per Kuadra.

In sintesi, i presupposti presi in considerazione dall’AGCM possono riassumersi nei profili che seguono:

1) la gara era suddivisa in tredici lotti, per un importo totale a base d’asta di circa 1,63 miliardi di euro, con valori medi per ciascun lotto intorno ai 100.000 euro e con punte intorno ai 200.000 euro per i lotti 4, 6 e 11 (Sardegna-Lazio, Campania e Puglia);
il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (offerta tecnica, max p.60, offerta economica, max p. 40) e non potevano essere aggiudicati più di tre lotti al medesimo concorrente, tranne specifiche deroghe nel caso di specie non applicate;

2) l’ATI 1, cui partecipava CNS quale mandataria, con Kuadra e Exitone mandanti, e MFM si erano aggiudicati quattro lotti ciascuno, tutti ricadenti nell’area geografica centro-settentrionale;

3) sui lotti in cui ATI 1 era vincitrice, MFM non aveva presentato offerta mentre sui lotti 3 e 9 – unici in cui vi era sovrapposizione di offerte ed era vincitrice MFM – ATI 1 aveva presentato un ribasso decisamente meno aggressivo rispetto a quello formulato sugli altri lotti;

4) RM non aveva partecipato alla gara nonostante fosse interessata quantomeno ai lotti 4 e 5 (Sardegna-Lazio, quale gestore “uscente” dei servizi di pulizia, e Lazio);

5) tra il bando di gara e la scadenza del termine per presentare le offerte risultava un accordo tra CNS e RM avente ad oggetto l’impegno di quest’ultima di non partecipare alla gara e l’obbligo di CNS di richiedere l’autorizzazione al subappalto della “quota-parte” comprendente il pregresso portafoglio di RM, una volta aggiudicatosi il lotto 4;

6) CNS e MFM, pur formalmente concorrendo in autonomia, hanno perseguito obiettivi condivisi, consistenti nella tutela del portafoglio della principale consorziata, quale era MFM, nella tutela del posizionamento di CNS sui lotti 1, 4 e 10 (Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria, Sardegna-Lazio e Umbria-Marche-Abruzzo-Molise), nella tutela del portafoglio di RM relativamente al lotto 4, nella tutela del portafoglio delle altre consorziate di maggior rilievo, anche grazie a subappalti concessi a Kuadra, nonché nella volontà di compensare un debito pregresso di CNS verso la stessa Kuadra, consentendo a quest’ultima di partecipare in ATI 1 pur possedendo CNS per intero i requisiti richiesti;

7) la condotta era identificabile quale anticompetitiva “per oggetto”, con irrilevanza di eventuali effetti restrittivi, peraltro realizzatisi con l’eliminazione del rischio del confronto concorrenziale reciproco tra i due maggiori “players” del mercato, quali CNS e MFM;

8) CNS aveva individuato con precisione i lotti che si sarebbe aggiudicata già prima dell’esito di gara, pur mantenendo aperte soluzioni alternative sino alla presentazione delle offerte;

9) la strategia partecipativa era contraddistinta da scelte irrazionali spiegabili solo con l’intento collusivo, quali: mancata sovrapposizione sui lotti appetibili per CNS e MFM, mancato rispetto della procedura di preassegnazione per cui lo stesso CNS aveva adottato un apposito regolamento, irragionevole traslazione del portafoglio di talune consorziate in regioni diverse da quelle di radicamento, mancata tutela del portafoglio di altre consorziate;

10) le tesi difensive delle parti si erano fondate su una parcellizzazione delle evidenze agli atti, non idonea a fornire una spiegazione alternativa;

11) nessuna offerta risultava presentata per i lotti riguardanti l’Italia meridionale, pur avendo alcune consorziate di CNS manifestato interesse a partecipare, e illogica appariva la scelta di CNS di non presentare offerta per il lotto 2 (Emilia-Romagna), poi aggiudicato a MFM, ove storicamente aveva la sua operatività e con la conseguenza di dover riallocare artificiosamente in altre regioni il portafoglio di consorziate ivi operanti, non risultando idonea la giustificazione per la quale le consorziate stesse avevano chiesto di operare al di fuori della Regione avendo già visto aggiudicato una specifica commessa sul territorio, in quanto anche MFM aveva acquisito quest’ultima e aveva poi concesso subappalti a consorziate non riallocatesi altrove;

12) non idonea era anche la giustificazione in ordine alla mancata partecipazione di CNS al lotto 8 (Lombardia), fondata sull’assenza di consorziate con portafoglio storico di rilevo, laddove in Lombardia esistevano due consorziate e lo stesso CNS aveva presentato offerta per il lotto 3 (Toscana) pure privo di “portafoglio consortile storico”;

13) sui due lotti in cui vi era stata sovrapposizione, CNS aveva formulato un’offerta economica non concorrenziale mentre l’offerta tecnica era pressoché simile a quella per gli altri lotti;

14) RM poteva partecipare alla gara disponendo dei requisiti ma aveva preferito rinunciare a fronte dell’impegno sul lotto 4, come desumibile da “e-mail” interne acquisite e, inoltre, aveva svolto un ruolo di raccordo tra CNS e Kuadra, da un lato, e MFM, dall’altro;

15) risultavano numerosi scambi di informazioni tra le parti, giustificati in istruttoria con tesi contraddittorie.

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, RM chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento in questione, lamentando, in sintesi, quanto segue.

“I. Violazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, errore sui presupposti e travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione con riferimento all’estensione soggettiva del procedimento a Roma Multiservizi e all’asserita sua responsabilità per aver posto in essere la pratica concordata ritenuta accertata.”

La ricorrente censurava l’estensione soggettiva del procedimento avvenuta nei suoi confronti, in quanto le considerazioni sul suo ruolo non facevano altro che emergere l’estraneità alla ipotizzata pratica. Ciò perché RM era sostanzialmente indicata quale “veicolo” di informazioni atte a influenzare le scelte dei lotti di partecipazione di CNS e MFM e quindi non poteva essere parte della concertazione.

Premesso tale travisamento di fondo che avrebbe inficiato tutte le considerazioni svolte nel provvedimento impugnato, la ricorrente ribadiva che la conclusione dell’accordo con CNS era di per sé legittima e pienamente razionale e non poteva dimostrare alcunché in termini di partecipazione di RM all’intesa.

II. Violazione dell’art.101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Violazione delle norme e dei principi in materia di prove ed, in particolare, dell’art. 192 c.p.p. e dell’art. 2729 c.c. Violazione delle norme e dei principi sanciti nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea ed, in particolare, dell’art. 6 della CEDU e degli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali, dei principi di giusto processo, imparzialità e presunzione di non colpevolezza. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, errore sui presupposti e travisamento dei fatti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione con riferimento all’accertamento dell’asserita anticoncorrenziale, sub specie di pratica concordata, nell’ambito della procedura di gara indetta da Consip”.

L’AGCM non aveva tenuto conto dei numerosi elementi emersi in corso di istruttoria che comprovavano la grave erroneità dell’ipotesi formulata all’atto dell’avvio del procedimento. In particolare, emergeva l’assenza dei plurimi e concordanti elementi indiziari richiesti per comprovare l’esistenza di quanto sanzionato.

Le condotte di RM non erano leggibili soltanto in funzione della sussistenza di un comportamento anticoncorrenziale e pertanto l’Autorità avrebbe dovuto approfondire in misura ben maggiore l’esame degli elementi in suo possesso.

In particolare, la ricorrente contestava la conclusione secondo la quale avrebbe dato luogo a scambi di informazioni strategici, assumendo il cruciale ruolo di veicolo tra CNS e MFM.

In primo luogo non risultava - come invece ritenuto dall’AGCM - che il regolamento dell’ATI 1 fosse stato inoltrato via “e-mail” da RM a MFM, limitandosi la prima a trasmettere solo un allegato contenente il testo dell’accordo con CNS. Tale accordo non aveva alcuna valenza in ordine alla certezza sulla partecipazione reciproca di MFM e CNS al lotto 4 e comunque il coinvolgimento di un solo lotto non poteva certo assumere rilievo al fine di condizionare l’intera gara.

Inoltre, l’accordo avente ad oggetto l’affidamento in subappalto da parte di CNS in favore di RM in caso di aggiudicazione del lotto in questione non era, in quanto tale, un accordo avente natura anticoncorrenziale ma si trattava di un accordo negoziale, pienamente lecito, ai sensi del vigente Codice dei Contratti, posto al fine di regolare i rapporti in caso di aggiudicazione e non avente quella natura “compensativa” affermata nel provvedimento impugnato.

In merito, la ricorrente giustificava la conclusione dell’accordo sulla base della circostanza del suo interesse per il lotto 4 in virtù dello svolgimento a quel momento del servizio di pulizia presso istituti scolastici ubicati nel Comune di Roma, in virtù di “appalti storici” e “appalti ex LSU” confluiti entrambi nella gara bandita da Consip. L’interesse commerciale era quindi quello, del tutto lecito, di non perdere tale “portafoglio”;
ciò, per l’impossibilità di partecipare alla gara in forma singola per carenza del requisito di fatturato nel settore delle pulizie, che aveva indotto a prendere in considerazione l’affidamento in subappalto, anche perché la partecipazione in r.t.i. pure non era praticabile ai sensi delle disposizioni del disciplinare di gara, che imponevano la medesima modalità di partecipazione anche per lotti diversi, per i quali RM però non aveva interesse svolgendosi in ambiti geografici in cui non era strutturata. Né la partecipazione in via disgiunta con la sua partecipata MFM poteva essere praticabile in virtù di quanto previsto dall’art. 38, comma 1, lett. m-quater), d.lgs. n. 163/06.

In sostanza, la ricorrente era interessata unicamente a mantenere la presenza sul territorio di Roma e la modalità di cui al contestato contratto di affidamento in subappalto era l’unica che le consentiva, razionalmente, di provvedere in tal senso.

Ricostruendo i passaggi temporali susseguenti alla pubblicazione del bando di gara, poi, la ricorrente evidenziava che non vi era mai stata la volontà di partecipare in forma singola e che le contrarie dichiarazioni rese dal responsabile dell’ufficio legale, peraltro a distanza di due anni, non potevano avere rilevanza in quanto tale soggetto non rivestiva alcun ruolo nella definizione delle scelte operative strategiche.

Né poteva desumersi l’intento “compensativo” richiamato nel provvedimento impugnato, in quanto l’espressione “rinuncia” inserita nella bozza iniziale dell’accordo era stata ritenuta necessaria proprio ai fini della previsione della legge di gara, secondo cui la partecipazione alla stessa avrebbe precluso la possibilità all’impresa concorrente risultata non aggiudicataria di rendersi subappaltatrice del servizio.

Fuorviante era poi l’attenzione dedicata dall’AGCM alla circostanza secondo cui, nell’ambito di tale negoziazione e dello scambio delle bozze di accordo, fosse individuabile l’intenzione di RM di proteggere il controvalore del proprio portafoglio anche ricevendo subappalti a valere su altri lotti.

Il riferimento a lotti diversi, come chiarito anche nel corso del procedimento, si riferiva alla possibilità di estendere l’affidamento anche a edifici non gestiti già da RM, nel dichiarato fine di mantenimento del fatturato, che era aspirazione del tutto ovvia nell’ambito della trattativa commerciale in esame e che aveva indotto la ricorrente a chiedere l’estensione del servizio anche ad altri edifici diversi da quelli presso i quali già svolgeva il servizio ma non in altri ambiti geografici, come confermato anche da una lettura sostanziale di comunicazioni via “e-mail” prese in considerazione in cui vi era stato un utilizzo formalmente improprio del termine “lotto”.

Altrettanto fuorviante era la conclusione secondo la quale RM avrebbe condiviso con MFM la negoziazione e la sottoscrizione dell’accordo con CNS.

Quel che risultava dalla corrispondenza richiamata, infatti, era unicamente un invio da parte dell’allora amministratore delegato di RM a un dipendente di MFM di una bozza ricevuta da CNS nonché la trasmissione da parte del responsabile vendite di MFM di un modello vuoto di schema contrattuale, con conseguente assenza di contenuti da condividere. Del tutto logica era, poi, la circostanza per la quale MFM, socio industriale di RM, supportava, sotto un profilo tecnico-organizzativo, la sua società partecipata RM.

Dalla lettura della corrispondenza acquisita al fascicolo istruttorio, in sostanza, si evinceva in maniera netta e univoca che non vi era stata condivisione alcuna di informazioni strategiche in merito alla presentazione dell’offerta in gara, i cui contenuti sono rimasti riservati.

Era stata poi osservata la durata annuale del subappalto e la necessità di comunicazione tra RM e MFM era comunque dovuta per non incorrere nella fattispecie di cui all’art. 38, comma 1, lett. m-quater), d.lgs. n. 163/06, di interpretazione giurisprudenziale ancora incerta, come accaduto nella comunicazione anche nei confronti del socio A.M.A., da parte di RM, e di altra impresa alle sue partecipate, A.M.A. e A.C.E.A.

III. In subordine: Violazione dell’art. 15 e 31 della L. 287/90. Violazione dell’art. 11 L. 689/1981 e dell’art. 3 della Costituzione. Violazione della delibera

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