SENTENZA sede di CATANIA, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 202400878, Verifica appello

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
SENTENZA sede di CATANIA, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 202400878, Verifica appello
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202400878
Data del deposito : 4 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/03/2024

N. 00878/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01889/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1889 del 2018, proposto da
A C, M C e C C, rappresentate e difese dagli avvocati G M ed A S, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A S in Catania, via Giuffrida 37;

contro

Comune di Palagonia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;
Commissione Straordinaria di Liquidazione della Città di Palagonia, non costituita in giudizio;

per l’annullamento:

a) della deliberazione della Commissione Straordinaria di Liquidazione della Città di Palagonia n. 63 del 30.8.2018 avente ad oggetto “...Annullamento in autotutela della delibera n. 22 del 31.10.2017 ad oggetto <<Riconoscimento debito fuori bilancio ex art. 194 comma 1, lettera e) del D.lgs. n. 267/2000 - ditta CANIGLIA AGATUCCIA, MARIA, CARMELA>>
e dei contratti n. 52, n. 53 e n. 54 stipulati il 05.12.2017 (ex art. 21 octies c. 1 e art. 21 nonies c. 1, L. 241/1990 e s.m.i.)...”;

b) ogni altro atto e/o provvedimento, antecedente e/o successivo, comunque presupposto, connesso e/o consequenziale (ivi comprese, ove occorra e per quanto di interesse, la nota del Capo del

IV

Dipartimento del Comune di Palagonia del 2.1.2018 prot.36, nonché le note della Commissione Straordinaria di Liquidazione del 2.1.2018, del 10.7.2018 e del 17.7.2018 inviate alle ricorrenti);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palagonia;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 febbraio 2024 il dott. Marcello Polimeno;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Prima di esporre il contenuto del ricorso va brevemente riassunto quanto verificatosi prima dell’instaurazione dell’odierno giudizio, nonché il contenuto degli atti impugnati.


1.1. Le tre ricorrenti sono comproprietarie di un complesso aziendale atto all’estrazione ed alla fornitura di acqua da destinare all’utilizzo per scopi umani, sito in territorio del Comune di Scordia alla località “Fico”.

Con apposite distinte istanze avanzate nel gennaio 2015 le stesse hanno chiesto alla Commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune intimato l’ammissione alla massa passiva del credito asseritamente vantato nei confronti del Comune di Palagonia per l’importo di € 141.680,41 ciascuna.

A fondamento di tali istanze le ricorrenti hanno dedotto l’avvenuto utilizzo da parte del Comune di Palagonia del terreno, del pozzo e degli impianti di sollevamento per parte dell’anno 2006 e per tutto il periodo dal 2007 al 2013.


1.2. La Commissione Straordinaria di Liquidazione presso il Comune intimato con delibera n. 22 del 31.10.2017 ha:

- riconosciuto la legittimità del debito fuori bilancio ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett. e) del D.lgs. n. 267/2000 per la somma complessiva di € 367.950,00, giusta attestazione prot. 15387 del 10.10.2017 a firma del Capo del Dipartimento IV;

- dato atto che “ ai sensi dell'art. 258, comma 3, del D.Lgs. n. 267/00 e della propria delibera n.09 del 22 settembre 2015, verrà proposto il pagamento del 50% dell'importo del creditori conosciuto, così venendo a corrispondere ai creditori, in parti uguali, l'importo complessivo di € 183.975,00, anziché di € 367.950,00 a tacitazione della pretesa e con rinuncia ad ogni altra e previa stipula di atto transattivo nei termini sopra indicati ”.


1.3. All’esito di distinte note del novembre 2017, con le quali sono state formalizzate le manifestazioni di intenti da parte della Commissione, in data 5.12.2017 si è poi pervenuti alla stipula di tre distinti contratti di transazione con ciascuna delle ricorrenti. Con tali contratti la Commissione si è obbligata a pagare a ciascuna delle ricorrenti la somma di € 61.325,00, corrispondente al 50% del credito rilevato, “ … a saldo e completo soddisfo di ogni suo diritto derivante dal credito … ” e con “ rinunzia, pertanto, in merito, ad ogni altra pretesa attuale e/o futura ”.


1.4. Tuttavia, con la nota prot. n. 36 del 2.1.2018 il Capo del IV dipartimento del Comune intimato ha annullato la propria precedente nota sulla quale si era fondata la delibera n. 22 del 31.10.2017 di riconoscimento del debito fuori bilancio.

Nella predetta nota prot. n. 36 è stato sottolineato che in favore delle ricorrenti sarebbe stato possibile riconoscere, ai fini di eventuali indennità di attingimento, soltanto l’onere relativo all’affitto del terreno nel quale è ubicato il pozzo, importo quantificabile in € 14.850,00 complessivi;
nulla avrebbe potuto essere riconosciuto per altri titoli alla luce della risalente escavazione del pozzo, dell’avvenuto ammortamento dell’opera e del fatto che le spese di sollevamento dell’acqua e quelle di concessione sono già a carico del Comune.


1.5. Con note del 17.7.2018 la Commissione ha comunicato alle ricorrenti l’avvio del procedimento di revoca in autotutela della delibera n. 22 del 31.10.2017 e dei contratti di transazione, dando atto che tali atti sarebbero stati adottati in violazione di legge con liquidazione di indennità non dovute, alla luce di quanto risultante dalla nota prot. n. 36 del 2.1.2018.


1.6. Presentate osservazioni da parte delle ricorrenti, la Commissione Straordinaria di Liquidazione della Città di Palagonia ha adottato la deliberazione n. 63 del 30.8.2018.

Con tale delibera è stato disposto l’annullamento in autotutela della delibera n. 22 del 31.10.2017 e dei contratti di transazione.

A fondamento di tale decisione sono state poste le seguenti ragioni:

- il richiamo alla suddetta nota prot. n. 36 del 2.1.2018;

- la non idoneità delle osservazioni presentate dalle ricorrenti a superare la violazione di legge accertata dalla Commissione;

- la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela alla luce dell’errore di diritto sulla situazione costituente antecedente logico della transazione;

- l’erroneità della quantificazione delle somme dovute alle odierne ricorrenti, tenuto conto dell’avvenuta indicazione, nelle fatture prodotte dalle ricorrenti in allegato alle istanze di ammissione alla massa passiva, dell’importo richiesto quale corrispondente “ al valore dell’acqua venduta al mc ”;

- la circostanza che tale determinazione del quantum violerebbe il comma 1 dell’art. 144 del D. Lgs. 152/2006 in tema di appartenenza al demanio dello Stato delle acque superficiali e sotterranee;

- per l’effetto, la valutazione che “ l’unico onere gravante in capo alla pubblica amministrazione nei confronti delle germane … è quello relativo all’affitto del terreno ove è ubicato il pozzo, ritenuto che le spese relative alle ricerche ed escavazione del pozzo nonché le spese relative all’ammortamento degli impianti di sollevamento sono già state totalmente ammortizzate e che le spese di sollevamento dell’acqua, le spese di concessione di attingimento nonché le spese di manutenzione e sostituzione degli impianti sono a carico del Comune di Palagonia ”;

- la derivata eccessiva quantificazione dell’importo spettante alle ricorrenti, nel senso del riconoscimento dell’importo complessivo di € 367.950,00 invece di quello effettivamente dovuto di € 14.850,00, con conseguente danno erariale;

- la prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello del privato all’esito della comparazione degli stessi.


2. Con ricorso ritualmente notificato e depositato le ricorrenti hanno quindi impugnato gli atti indicati in epigrafe e ne hanno chiesto l’annullamento.


2.1. In particolare, la proposta impugnazione è stata fondata sui seguenti motivi:

1.- Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1, 21 sexies, 21 octies e 21 nonies della legge 241/1990 – violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1591, 1965 e 1969 del Codice Civile – - eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti e difetto di istruttoria – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e seguenti della legge 241/1990 - violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, di leale collaborazione, del legittimo affidamento, del diritto di difesa di cui all’art. 24 Costituzione - violazione dei principi generali di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di cui agli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile – violazione dei principi in materia di risoluzione dei contratti di cui agli articoli 1453 e seguenti del Codice Civile ”;

- con una prima censura (contrassegnata come 1a in ricorso) le ricorrenti hanno prima di tutto sostenuto l’illegittimità della deliberazione n. 63 del 30.8.2018 nel momento in cui è volta a privare di effetti giuridici i contratti di transazione;
ad avviso delle ricorrenti l’annullamento in autotutela posto in essere con questa delibera non potrebbe caducare i contratti di transazione stipulati;

la deliberazione avrebbe violato gli artt. 21 sexies e nonies della L. 241/1990 nel momento in cui avrebbe cercato di esercitare un recesso in assenza di apposita previsione della relativa facoltà da parte della legge o del contratto;

- con una seconda censura (contrassegnata come 1b in ricorso) le ricorrenti hanno sostenuto la sussistenza di eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti e per difetto di istruttoria per aver il provvedimento impugnato disatteso le osservazioni presentate dalle ricorrenti in sede procedimentale, senza che vi sia stata una puntuale e corretta motivazione dell’amministrazione sulle relative ragioni;

- con ulteriore gruppo di censure (contrassegnate come 1c in ricorso) le ricorrenti hanno prima di tutto sostenuto la sussistenza di eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti e per difetto di istruttoria per erronea interpretazione di quanto affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 5278/2017;

inoltre, le ricorrenti hanno argomento sulla circostanza che l’errore asseritamente posto in essere in precedenza dalle amministrazioni riguarderebbe non già il presupposto delle transazioni, bensì l’oggetto stesso delle transazioni;
inoltre, la debenza della somma per la fornitura deriverebbe anche dalla citazione dell’art. 1591 c.c. nella nota che era stata posta a fondamento della delibera di riconoscimento del debito;

- infine, con ulteriore censura (contrassegnata come 1d in ricorso) parte ricorrente ha sostenuto che non sarebbero rinvenibili nel caso di specie ragioni di pubblico interesse a sostegno del provvedimento di annullamento in autotutela;
ad avviso delle ricorrenti, l’annullamento predetto ripristinerebbe nella loro interezza i crediti delle ricorrenti, facendo venire meno la decurtazione che era stata operata con i contratti di transazione;


2.- Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e seguenti della legge 241/1990 - incompetenza e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 103 del Regio Decreto dell’11.12.1933 n. 1775 - violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, di leale collaborazione, del legittimo affidamento, del diritto di difesa di cui all’art. 24 Costituzione – falsa applicazione dell’art. 144, comma 1 del decreto legislativo 03.04.2006 n. 152 - violazione dei principi generali di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di cui agli articoli 1175 e 1375 del Codice Civile – violazione dei principi in materia di risoluzione dei contratti di cui agli articoli 1453 e seguenti del Codice Civile ”.

- con una prima censura (contrassegnata come 2a in ricorso) le ricorrenti hanno affermato che gli atti impugnati violerebbero gli artt. 7 e seguenti della L. 241/1990, in quanto sarebbe stato violato il diritto al contraddittorio delle stesse;

- con un secondo gruppo di censure (contrassegnate come 2b in ricorso) le ricorrenti hanno dedotto che:

il Comune non avrebbe mai acquisito la titolarità della concessione di attingimento delle acque del “pozzo Fico”;

gli atti impugnati sarebbero viziati anche per incompetenza e per violazione dell’art. 103 del R.D. 1775/1933;

il loro credito nei confronti del Comune scaturirebbe dall’uso da parte del Comune del pozzo, degli impianti di sollevamento e delle altre componenti del complesso aziendale suddetto;

spetterebbe alla competenza del Genio Civile determinare il rimborso dovuto alle ricorrenti per le spese sostenute, l’adeguato compenso per l’opera prestata ed il premio spettante per il rinvenimento della falda e tanto dovrebbe essere operato nell’ambito dell’atto di concessione;

sarebbe congruo un canone annuo di € 55.443,00 (pari ad € 4.620,00 mensili) per l’uso da parte del Comune del complesso aziendale in applicazione di un tasso di rendimento del 6% sul valore stimato del complesso aziendale medesimo alla luce di perizia di stima commissionata dalle odierne ricorrenti e di quanto illustrato in ricorso.


2.2. Appare rilevante sin d’ora osservare (ai fini che saranno illustrati nel prosieguo) come le ricorrenti a pag. 8 del ricorso abbiano premesso all’esposizione dei motivi di ricorso suddetti un paragrafo intitolato “ Considerazione preliminare ”, nell’ambito del quale è stato indicato quanto segue:

L’odierno ricorso viene proposto cautelativamente, stante che gli atti di transazione posti in essere dall’amministrazione nell’esercizio della propria autonomia negoziale soggiacciono alla normale disciplina civilistica, con la conseguenza che eventuali provvedimenti amministrativi di autotutela volti alla loro rimozione risultano privi di efficacia, non avendo l’amministrazione medesima il potere di incidere autoritativamente sugli effetti di un negozio privatistico, il quale pertanto rimane comunque pienamente valido ed efficace … ”.


3. Si è costituito il Comune di Palagonia, ha chiesto la reiezione del ricorso proposto e si è difeso come in atti, sostenendo l’infondatezza nel merito delle pretese di parte ricorrente.


4. All’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 19 febbraio 2024, tenutasi da remoto mediante collegamento via TEAMS, la causa è stata trattenuta in decisione.


5. Tanto premesso, dando seguito alla questione rilevata d’ufficio a verbale all’udienza pubblica predetta, il ricorso proposto va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per le ragioni di seguito illustrate.


5.1. Vanno di seguito riportati alcuni passaggi della pronuncia n. 29178 del 21 dicembre 2020 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Per quanto tale pronuncia abbia affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nell’ipotesi in cui l’azione esperita dinanzi allo stesso sia stata quella di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. per ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere in ordine al riconoscimento del debito fuori bilancio ( ex art. 191, comma 1, lett. e) del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), gli snodi motivazionali di seguito riportati sono di primario rilievo ai fini della decisione della presente controversia:

2.3. Deve considerarsi come l'art. 194 (Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL) prevede che con la deliberazione consiliare di cui all'art. 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti, fra l'altro, da: "e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui dell'art. 191, commi 1, 2 e 3, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza".

Tale disposizione, la quale riproduce del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 342, art. 5, ammette, pertanto, la possibilità di un riconoscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilancio, subordinandolo ad una formale deliberazione di riconoscimento del debito da parte dell'ente nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, fermo restando che, a norma del medesimo D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191, comma 4, in difetto di riconoscimento, il rapporto obbligatorio intercorre altrimenti tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura.

2.4. Per la costante elaborazione di questa Corte, il riconoscimento di un debito fuori bilancio, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 194, comma 1, lett. e), costituisce un procedimento discrezionale che consente all'ente locale di far salvi nel proprio interesse - accertati e dimostrati l'utilità e l'arricchimento che ne derivano, per l'ente stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza - gli impegni di spesa per l'acquisizione di beni e servizi in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorchè sprovvista di copertura contabile. Si afferma, dunque, che nei casi di richiesta di prestazioni o servizi non rientranti nello schema procedimentale di spesa tipizzato dalla stessa normativa, sia rimessa all'ente pubblico la valutazione esclusiva circa l'opportunità o meno di attivare il procedimento del riconoscimento del debito fuori bilancio nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente stesso.

2.5. Il Consiglio di Stato, nell'impugnata sentenza, ha sostenuto che la pretesa azionata … diretta ad ottenere dall'amministrazione comunale … il riconoscimento del debito fuori bilancio, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 191, comma 1, lett. e), per il corrispettivo dei lavori aggiuntivi eseguiti, rientrasse nell'ambito del diritto soggettivo, in quanto avente ad oggetto una semplice modalità procedurale di adempimento dell'obbligazione pubblica comunque già esistente.

Nel ragionamento seguito dal Consiglio di Stato, traspare, in sostanza, l'adesione all'interpretazione secondo cui, in caso di mancato riconoscimento di un debito fuori bilancio, la lesione subita dal creditore è correlata non alla mancata adozione della deliberazione consiliare, quanto all'inadempimento del rapporto obbligatorio sottostante e, dunque, al mancato pagamento del corrispettivo (già) dovuto dall'amministrazione, fattispecie di tipo paritario attinente all'esecuzione contrattuale e perciò appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario.

2.6. Tale interpretazione trova conferma in una recente sentenza di queste Sezioni Unite, secondo la quale "il fondamento del debito fuori bilancio è quindi pur sempre il rapporto negoziale tra l'amministratore o il funzionario e i privati contraenti, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge (...). Il petitum sostanziale risponde quindi allo schema obbligo-pretesa, poichè non rileva alcun potere d'intervento riservato alla pubblica amministrazione per la tutela d'interessi generali (...). Il che radica la giurisdizione ordinaria" (così Cass. Sez. U., 26/11/2020, n. 26985).

Il riconoscimento del debito fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett. e), TUEL, consegue, effettivamente, all'attivazione di un procedimento discrezionale, riservando all'ente locale la valutazione dell'utilità e dell'arricchimento conseguiti con l'acquisizione, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. E' per questo vietato al giudice di sostituirsi all'amministrazione, in maniera da accertare immediatamente la lesione del diritto del privato ad ottenere il riconoscimento del debito assunto fuori bilancio.

Se, tuttavia, non esiste un diritto soggettivo del privato al riconoscimento ad opera dell'ente locale del debito assunto fuori bilancio, non di meno la pretesa che il privato fornitore rivolge verso l'amministrazione è fondata sul rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di beni e servizi, perciò rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario. La mancanza della deliberazione consiliare di riconoscimento costituisce un limite interno che preclude nel merito la proponibilità della domanda di pagamento portata dal fornitore verso l'ente, senza tuttavia incidere sui fatti costitutivi della pretesa e perciò senza coinvolgere la giurisdizione.

A fronte dell'inerzia dell'amministrazione rispetto all'emanazione vincolata (seppure discrezionale nei contenuti) del provvedimento di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, nell'ipotesi contemplata dall'art. 194, comma 1, lett. e) TUEL, la posizione del privato si configura comunque di diritto soggettivo, giacchè correlata ad una pretesa di adempimento contrattuale. La deliberazione di cui all'art. 193, comma 2, TUEL, con cui l'ente locale riconosce la legittimità del debito fuori bilancio, pur postulando la competenza dell'organo consiliare riguardo alla valutazione ed all'apprezzamento dell'opportunità di iscrivere la relativa posta, alla luce dell'utilità e dell'arricchimento per l'ente dell'avvenuta acquisizione di beni o servizi in violazione delle norme di contabilità, è pur sempre volta alla costituzione diretta del rapporto obbligatorio con l'amministrazione.

3. In definitiva, deve ritenersi insussistente la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere dell'azione, proposta ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., per ottenere l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere in ordine al riconoscimento del debito fuori bilancio, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ex art. 191, comma 1, lett. e), trattandosi di domanda comunque correlata ad una pretesa di adempimento contrattuale, rispetto al quale la posizione del privato si configura, perciò, come diritto soggettivo .


5.2. Ai fini del presente giudizio risulta particolarmente importante che le Sezioni Unite abbiano sottolineato e ribadito che:

- il fondamento del debito fuori bilancio deve essere ravvisato pur sempre nel rapporto negoziale tra l'amministratore / il funzionario e i privati contraenti ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge;

- il petitum sostanziale risponde quindi allo schema obbligo-pretesa, poiché non rileva alcun potere d'intervento riservato alla pubblica amministrazione per la tutela d'interessi generali, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice ordinario;

- la natura di diritto soggettivo della posizione del privato prima della delibera di riconoscimento del debito, in quanto correlata ad una pretesa di adempimento contrattuale;

- la finalizzazione di tale delibera alla costituzione diretta di un rapporto obbligatorio con l’amministrazione.


5.3. Con successiva pronuncia n. 7593 del 4 maggio 2023 il T.A.R. Lazio, fondandosi sulla predetta sentenza delle Sezioni Unite, ha poi affermato che:

In sintesi, il rapporto tra il soggetto privato e l’ente locale scaturente dal credito maturato dal primo – rapporto rispetto al quale viene richiesta l’adozione di una deliberazione dell’ente locale di riconoscimento del debito fuori bilancio ex art. 194, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 267 del 2000 – è un rapporto obbligatorio di natura negoziale, irrilevante essendo il fatto che l’ente locale conservi un margine di discrezionalità circa la valutazione dell’utilità e dell’arricchimento conseguenti all’acquisizione dei servizi per cui è sorto il credito (non trattandosi di discrezionalità amministrativa rivolta alla ponderazione di interessi pubblici generali).

Detto rapporto negoziale conserva la propria natura privatistica e paritetica sia nel caso in cui l’ente locale abbia omesso di adottare la delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio (come nello specifico caso sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite di Cassazione) sia nel caso in cui tale delibera sia stata adottata ma per un importo inferiore rispetto a quello asseritamente dovuto al soggetto privato (come nel caso sottoposto all’attenzione di questo Collegio, dove si controverte del mancato riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria in aggiunta alla sorte capitale) ”.

Tale pronuncia del T.A.R. Lazio è stata poi confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 11152 del 22.12.2023. Il Consiglio di Stato nel senso della conferma ha, tra l’altro, evidenziato quanto segue:

ritiene di aggiungere questo collegio, se sussiste la giurisdizione dell’AGO sulla totale mancanza di riconoscimento del credito, a fortiori tale giurisdizione dovrà sussistere allorché tale mancanza sia solo parziale ossia riferibile, come nel caso di specie, soltanto ad alcune poste creditorie come interessi e rivalutazione. Con ciò si vuole dire che il discrimen della giurisdizione tra GA e AGO, in siffatta materia, non potrebbe ragionevolmente fondarsi sul totale (AGO) o parziale (GA) omesso riconoscimento del debito ai sensi del citato art. 194 TUEL

6.7. Riassumendo sul punto, anche sulla base di quanto affermato dalla richiamata giurisprudenza si può dunque affermare che:

6.7.1. Si è in presenza di una posizione giuridica stricto sensu di diritto soggettivo allorché venga in rilievo il mancato pagamento del corrispettivo o di una sua parte, proprio come nella specie, e dunque l’inadempimento anche solo parziale del rapporto obbligatorio sottostante;

6.7.2. Si è invece in presenza di una posizione giuridica lato sensu di interesse legittimo laddove vengano in discussione le modalità con cui discrezionalmente procedere a tale doveroso adempimento;

6.7.3. Dinanzi a tale possibile intreccio di posizioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo, atteso che il legislatore non ha al riguardo individuato alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva del GA, ai sensi dell’art. 7 c.p.a., occorre allora cristallizzare la situazione prevalente, o meglio assorbente, secondo basilari principi di effettività della giurisdizione e di concentrazione delle tutele;

6.7.4. In questa stessa direzione, la richiamata giurisprudenza ha così ragionevolmente accordato natura assorbente alla posizione sostanziale, o principale, del rapporto paritetico che scaturisce dall’obbligazione di pagamento piuttosto che alla posizione procedimentale, o meramente strumentale, che riguarda le sole modalità con cui soddisfare la medesima obbligazione di pagamento: di qui la giurisdizione dell’AGO, trattandosi di questioni comunque riconducibili al rapporto paritetico sostanziale del primo tipo ”.


5.4. Orbene, alla luce delle illustrate coordinate ermeneutiche, nel caso di specie si deve ritenere che la pretesa delle ricorrenti abbia ad oggetto la questione del pagamento di somme di danaro (quelle indicate negli atti di transazione stipulati da ciascuna di queste) e che tale pretesa sia stata fondata anche sui contratti di transazione stipulati in seguito alla procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 194, comma 1, lett. e).

Ne deriva che la domanda proposta dalle ricorrenti (anche alla stregua della natura non autenticamente provvedimentale degli atti da queste impugnati) si risolve in un’azione di accertamento della perdurante validità ed efficacia dei contratti di transazione suddetti e di titolarità in capo a queste del diritto di credito ivi indicato.

Di conseguenza, la relativa domanda avrebbe dovuto essere rivolta al giudice ordinario. Di tanto sembrano essere state consapevoli le stesse ricorrenti allorquando a pag. 8 del ricorso hanno premesso ai motivi di ricorso il paragrafo intitolato “considerazione preliminare” recante il contenuto sopra esposto e relativo alla natura cautelativa del proposto ricorso.

Del resto, se nel caso di mancato riconoscimento del debito fuori bilancio la situazione vantata dal privato ha comunque natura di diritto soggettivo (e non già di interesse legittimo), a maggior ragione la natura della situazione azionata non può mutare laddove l’amministrazione abbia prima provveduto al riconoscimento del debito fuori bilancio e poi anche stipulato contratto di transazione basandosi sul riconoscimento predetto, salvo poi successivamente tornare sui propri passi con atto dall’amministrazione qualificato come di autotutela, nell’ottica di perseguire lo scopo di caducare il contratto di transazione già stipulato per il tramite dell’annullamento della precedente delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio.

Vale a dire che se il riconoscimento del debito fuori bilancio o la sua assenza non incidono in alcun modo sulla posizione del privato (che rimane di diritto soggettivo ai fini del riparto di giurisdizione) neppure sulla stessa può incidere un atto autoqualificato dall’amministrazione come di autotutela ed il quale è intervenuto addirittura dopo l’intervenuta stipula del contratto di transazione.

Proprio i summenzionati principi di effettività della giurisdizione e di concentrazione delle tutele spingono nel senso della soluzione della giurisdizione del giudice ordinario in materia, in quanto altrimenti si verrebbe a ritagliare un’ipotesi residua di giurisdizione del giudice amministrativo difficilmente giustificabile, pure tenuto conto della riserva in capo al giudice ordinario della decisione in ordine alla sorte del contratto di transazione in seguito all’atto con il quale l’amministrazione ritorna sulla delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio.


5.5. In conclusione, alla stregua della natura di diritto soggettivo della posizione azionata da ciascuna ricorrente e della circostanza che la presente controversia esula da qualsivoglia ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Pertanto, questo giudizio potrà essere riproposto dalle parti dinanzi al giudice ordinario.


6. Le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate in ragione della natura in rito della presente decisione e dell’avvenuto rilievo officioso della questione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi