TAR Pescara, sez. I, sentenza 2014-02-18, n. 201400089
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N. 00089/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00296/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 296 del 2013, proposto da:
I S, rappresentata e difesa dagli avv. F D G, M B, con domicilio eletto presso F D G in Pescara, viale Marconi 29;
contro
Comune di Catignano;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 1695 del 13 aprile 2013, con il quale il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Catignano ha respinto l'istanza della ricorrente per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2014 il dott. M B e udito l'avv. M B per la ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, legale rappresentante di una onlus che svolge servizi di riabilitazione e recupero in favore di tossicodipendenti, impugna il provvedimento n. 1695 del 13 aprile 2013 con il quale è stata respinta l’istanza di sanatoria di opere consistenti in “cambio di destinazione d’uso di una costruzione rurale da abitazione a centro terapeutico riabilitativo” ed è stata disposta conseguentemente l’ottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 18 del 12 marzo 2010.
Il provvedimento impugnato si basa sulle seguenti considerazioni:
1.- mancherebbe la doppia conformità urbanistica relativamente alle opere realizzate nel 2006;
2.- mancherebbero le verifiche dei rapporti volumetrici distinti per anno di realizzazione degli abusi;
3.- mancherebbe la verifica dei rapporti aeroilluminanti di tutti i locali interessati dall’intervento;
4.- il locale falegnameria non rispetterebbe il distacco minimo tra fabbricati;
5.- l’intervento proposto sarebbe in contrasto con l’articolo 146 comma 4 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Secondo la ricorrente, tali opere, finalizzate a creare strutture atte all’insegnamento della falegnameria e delle abilità artigiane nel campo della meccanica, consistono in un locale destinato a falegnameria;un locale tecnologico ed un ripostiglio, realizzati in appoggio al muro perimetrale di un fabbricato principale.
In primo luogo, la medesima rileva che il rinvio all’ordinanza n. 18 del 2010 è da intendersi riferito ad un provvedimento ormai primo di effetti in quanto essa è stata emessa prima della presentazione dell’istanza di sanatoria di cui si discute.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 39 delle NTA del vigente Prg, il terreno in questione, ricadente in zona F2 (servizi di interesse generale), sarebbe destinato ad attrezzature di uso pubblico nel campo socio-assistenziale, ad esclusione delle residenze per anziani.
E, a tal fine, secondo la giurisprudenza, sarebbe sufficiente la conformità al Prg vigente.
Quanto al punto 2 del provvedimento impugnato, nell’istanza sarebbe specificata la cubatura dei locali, e inoltre, con riguardo alla centrale termica ed al ripostiglio, si tratterebbe di mere pertinenze.
Quanto al punto 3, dalla progettazione depositata risulterebbero le attestazioni circa il rispetto della normativa in materia di illuminazione ed areazione dei locali.
Quanto al punto 4, esso si riferirebbe alla parete della falegnameria posta vicino ai ripostigli, la quale tuttavia non sarebbe caratterizzata dalla presenza di finestre.
Quanto al punto 5, si tratterebbe in ogni caso di abusi minori e quindi astrattamente sanabili in virtù del disposto di cui all’articolo 146 comma 4 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Con riferimento a tutti i punti la ricorrente deduce poi il difetto assoluto di motivazione.
All’udienza del 23 gennaio 2013 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è fondato.
A parte la fondatezza, assorbente, della censura relativa alla genericità della motivazione adottata dall’Amministrazione resistente, che non si è neanche costituita in giudizio a difesa delle proprie ragioni, con le ulteriori conseguenze in ordine alla mancata contestazione degli assunti di parte ricorrente, il Collegio rileva quanto segue.
Innanzitutto l’articolo 39 delle Nta del vigente Prg, versato in atti dalla ricorrente stessa, prevede effettivamente tra le destinazioni ammissibili nella zona F2 quelle riguardanti attrezzatura di uso pubblico nel campo socio assistenziale, sicchè non appare irrealizzabile la struttura in questione, che è viceversa astrattamente compatibile con tale destinazione.
Si osserva poi che, nella relazione tecnica del progettista Arch. Minetti, v’è un calcolo della volumetria utilizzata e, a fronte di ciò, nel provvedimento impugnato non v’è specifica contestazione di tali calcoli.
Con riferimento alla terza ragione di diniego, nel punto 3) della relazione asseverata dei progettisti (arch.tti. Minetti e Mezzanotte) si attesta che è stato soddisfatto il rapporto delle aperture di porte e finestre, s’intende, al fine dell’illuminazione ed areazione dei locali.
Quanto alle distanze tra la falegnameria e i due ripostigli, dalle planimetrie depositate agli atti è agevole rilevare che si tratta di parti dello stesso fabbricato, sicchè non dovrebbero essere applicate le distanze tra costruzioni, ma quelle previste tra le parti interne (ad es. chiostrine) dello stesso fabbricato.
Ed anche su tali aspetti il provvedimento impugnato è del tutto privo di motivazione.
Passando infine al presunto contrasto con l’articolo 146 comma 4 del d.lgs. n. 42 del 2004, anche in tal caso non è dato in alcun modo comprendere gli esatti termini di tale contrasto, sicchè appare assorbente e predominante il dedotto difetto di motivazione, atteso che viceversa ne risulterebbe del tutto pregiudicato il diritto di difesa in giudizio della ricorrente.
E’ infine fondata anche la censura relativa alla illegittimità del rinvio all’ordinanza di demolizione n. 18 del 2010, atteso che essa è divenuta efficace, al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, e l’Amministrazione dovrà adottarne eventualmente un’altra, con nuovi termini per adempiere, dopo aver deciso sull’istanza medesima (cfr. Tar Napoli, sentenza n. 5114 del 2013).
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.