TAR Napoli, sez. III, sentenza 2023-05-22, n. 202303105

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2023-05-22, n. 202303105
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202303105
Data del deposito : 22 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/05/2023

N. 03105/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01949/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1949 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in proprio e nella qualità di titolare della ditta individuale denominata “-OMISSIS-”, rappresentato e difeso dall’Avv. M S in sostituzione dell’Avv. M L, con domicilio digitale presso la PEC Registi Giustizia del suo difensore;

contro

COMUNE DI LETTERE, rappresentato e difeso dall’Avv. C M, con domicilio eletto in Napoli alla Via F. Crispi n. 12 presso lo studio dell’Avv. S C e con domicilio digitale presso la PEC Registi Giustizia del suo difensore;

per l'annullamento

a) dell’ordinanza sindacale del Comune di -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 1° aprile 2019 e del verbale del Comando Carabinieri NAS di Napoli n. -OMISSIS- del 26 marzo 2019, richiamato nella predetta ordinanza quale sua parte integrante, con i quali è stata disposta la chiusura dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta nel territorio comunale alla Via-OMISSIS- dall’impresa individuale denominata “-OMISSIS-”;

b) di ogni altro atto o provvedimento preordinato, connesso e conseguente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Vista l’ordinanza collegiale n. -OMISSIS- del 13 dicembre 2019, con cui è stata parzialmente accolta l’istanza di accesso endoprocessuale formulata dal ricorrente con ricorso per motivi aggiunti;

Vista la documentazione depositata dall’amministrazione resistente il 27 gennaio 2020 e il 7 febbraio 2020 in esecuzione della suddetta ordinanza collegiale;

Vista l’ordinanza collegiale n. -OMISSIS- del 12 febbraio 2020, con cui è stata respinta l’istanza cautelare, come confermata in appello con ordinanza collegiale del Consiglio di Stato n. 5334 dell’11 settembre 2020;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2023 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Premesso che:

- il ricorrente esercita, per il tramite della propria ditta individuale “-OMISSIS-”, attività di somministrazione di alimenti e bevande afferente alla ristorazione in alcuni locali, composti da tre sale più un ambiente cucina/lavaggio stoviglie, siti in -OMISSIS- alla Via-OMISSIS-: in particolare, nel corpo centrale del ristorante sono situate due sale di somministrazione, di cui una più ampia di circa 263 mq. ed una di dimensioni più ridotte di circa 47 mq., mentre la terza sala di somministrazione, di circa 193 mq., è ubicata in un manufatto esterno collegato al corpo centrale e prospiciente l’ingresso di quest’ultimo;

- il ricorrente impugna l’ordinanza sindacale del Comune di -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 1° aprile 2019 e il verbale del Comando Carabinieri NAS di Napoli n. -OMISSIS- del 26 marzo 2019, richiamato nella predetta ordinanza quale sua parte integrante, con i quali è stata disposta la chiusura dell’attività di somministrazione in applicazione del combinato disposto degli artt. 64, comma 9, del d.lgs. n. 59/2010 e 17-ter, comma 3, del TULPS (regio decreto n. 773/1931), che così testualmente recitano (per la parte di odierno interesse): art. 64, comma 9, cit.: “Il comma 1 dell’articolo 10 della legge 25 agosto 1991, n. 287, è sostituito dal seguente: <<

1. A chiunque eserciti l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza l’autorizzazione, ovvero senza la segnalazione certificata di inizio attività, ovvero quando sia stato emesso un provvedimento di inibizione o di divieto di prosecuzione dell’attività ed il titolare non vi abbia ottemperato, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500 euro a 15.000 euro e la chiusura dell’esercizio.>>” (analoga disposizione è contenuta nell’art. 57, comma 2, della legge regionale sulla distribuzione commerciale n. 1/2014, attuativa della legislazione nazionale ed applicabile ratione temporis, ndr.);
art. 17-ter, comma 3, cit.: “Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale, l’autorità di cui al comma 1 (autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, ndr.) ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell’attività condotta con difetto di autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell’attività autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e comunque per un periodo non superiore a tre mesi. (…).”;

- i gravati provvedimenti inibitori riposano essenzialmente sui seguenti quattro ordini di motivi, che sono la risultante di apposite operazioni di sopralluogo compiute dal nucleo NAS di Napoli: i) la prima più ampia sala del corpo centrale è munita di una licenza di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (n. -OMISSIS- del 16 marzo 2005) che coprirebbe solo in parte (circa 121 mq. sui circa 263 mq. complessivi) la superficie destinata alla ristorazione;
ii) tale sala non è conforme alla normativa urbanistico-edilizia, essendo stata oggetto di un’istanza di condono respinta con provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 24 aprile 2008, nonché di una procedura RESA della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli n. -OMISSIS-del 17 marzo 2008;
iii) la seconda sala del corpo centrale, pur essendo assistita dalla denuncia sanitaria in campo alimentare prot. n. -OMISSIS-del 4 dicembre 2008, è priva della SCIA commerciale per somministrazione di alimenti e bevande;
iv) analogamente, la terza sala esterna, pur essendo munita di autorizzazione sanitaria prot. n. -OMISSIS- C.C. del 23 maggio 2005, non risulta accompagnata da SCIA commerciale per somministrazione di alimenti e bevande;

Rilevato che le censure articolate in gravame possono essere così compendiate:

a) l’ordinanza comunale di chiusura dell’esercizio è viziata da incompetenza relativa, poiché è stata adottata dal Sindaco anziché dal “funzionario responsabile del SUAP”;

b) i provvedimenti inibitori sono affetti da difetto di istruttoria, non avendo il nucleo NAS tenuto conto della “DIA prot. n. -OMISSIS-/2011”, che concerne l’attività di somministrazione di alimenti e bevande svolta presso tutti i locali gestiti dal ricorrente, né della circostanza che, come è comprovato in atti, la procedura RESA n. -OMISSIS-è stata dichiarata estinta con decreto di archiviazione della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli del 14 aprile 2011, nel quale si sarebbe dato atto dell’avvenuta demolizione del fabbricato abusivo oggetto del diniego di condono prot. n. -OMISSIS- del 24 aprile 2008;

c) i provvedimenti inibitori si pongono in contrasto con la normativa nazionale e regionale in tema di distribuzione commerciale e, in particolare, con l’art. 57 della legge regionale n. 1/2014, che “prevede la immediata chiusura dell’esercizio commerciale solo se lo stesso è stato avviato in carenza assoluta di titolo abilitativo (id est in assenza di S.C.I.A. commerciale), ovvero per i casi, tutt’affatto diversi da quello di specie, di carenza dei requisiti morali o professionali in capo al titolare, od ancora per l’ipotesi di protratta sospensione dell’attività per oltre un anno”;

d) le autorità amministrative hanno agito in violazione dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, adottando provvedimenti di implicito annullamento in autotutela “della licenza di somministrazione n. -OMISSIS-/2005 e della DIA prot. n. -OMISSIS-/2011” senza rispettare il termine massimo di intervento di 18 mesi;

e) i provvedimenti inibitori non sono rispettosi del principio di proporzionalità, essendo stata disposta “la chiusura di tutte le sale vietando l’attività di somministrazione anche per le sale conformi alla disciplina urbanistica”;

Considerato che le suddette doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate:

aa) è sicuramente vero che 17-ter, comma 3, del TULPS attribuisce il potere di emettere ordinanza di chiusura non al Sindaco ma all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, la quale non può non essere intesa come l’organo dirigenziale comunale preposto al ramo, conformemente a quanto previsto dall’art. 107, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 in tema di separazione tra funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo, spettanti agli organi elettivi, e compiti gestionali, spettanti alla tecnostruttura dirigenziale (cfr. TAR Basilicata, Sez. I, 11 maggio 2012 n. 206). Tuttavia nella fattispecie, trattandosi di attività commerciale asseritamente svolta in difetto delle prescritte autorizzazioni (cioè in assenza di idonee autorizzazioni/SCIA per la somministrazione di alimenti e bevande), il potere esercitato assume carattere di vincolatività – per quanto l’ordinanza sindacale in questione avesse fatto riferimento, nel dispositivo, ad un’impropria “sospensione” sine die, nel contesto di un provvedimento che, in parte motiva, recepiva integralmente il verbale di chiusura del nucleo NAS e riteneva “di dover ordinare la cessazione dell’attività condotta con difetto di autorizzazione” – dovendo l’autorità competente necessariamente determinarsi per la chiusura dell’esercizio abusivo, in forza di quanto previsto dall’art. 17-ter, comma 3, cit. (cfr. TAR Liguria, Sez. II, 26 novembre 2008 n. 2046). Ciò comporta la piena applicabilità della sanatoria di cui all’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990, dal momento che tale disposizione, che esclude l’annullabilità degli atti vincolati per vizi formali nel caso in cui l’esito del procedimento non avrebbe potuto, come nel caso di specie, essere diverso, ricomprende anche l’ipotesi dell’incompetenza relativa, la quale deve essere qualificata come vizio dell’organizzazione ridondando, quindi, quale vizio delle norme che regolano il procedimento (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 17 marzo 2022 n. 1933;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 gennaio 2022 n. 359);

bb) il lamentato difetto di istruttoria non trova conferma nelle odierne evidenze processuali con riguardo a nessuno dei due aspetti evidenziati. Innanzitutto, come emerge dalla ricostruzione della vicenda contenziosa effettuata in premessa, i gravati provvedimenti inibitori traggono sufficiente sostegno dall’accertata carenza di idonee autorizzazioni o SCIA commerciali che abilitassero il ricorrente all’esercizio dell’attività di somministrazione in tutte e tre le sale del ristorante (solo per la prima sala risultava rilasciata la non esaustiva licenza n. -OMISSIS- del 16 marzo 2005, mentre le altre due sale risultavano sprovviste di titoli). Pertanto, atteso che l’invocata “DIA prot. n. -OMISSIS-/2011” altro non era che una mera denuncia sanitaria in campo alimentare (sostitutiva della previgente autorizzazione sanitaria comunale), correttamente il nucleo NAS ha ritenuto di non valorizzarla, non potendo questa evidentemente surrogarsi ai mancanti titoli abilitativi ai fini commerciali. In secondo luogo, la procedura RESA dichiarata estinta è quella originata dal provvedimento penale di demolizione del 3 maggio 2006, mentre quella richiamata nel verbale del nucleo NAS, pur recando lo stesso numero di ruolo (n.-OMISSIS-/06), fa riferimento ad altro provvedimento penale di demolizione del 17 marzo 2008, il che esclude in radice che il fabbricato abusivo già demolito possa essere ricondotto a quello oggetto del diniego di condono prot. n. -OMISSIS- del 24 aprile 2008, con la conseguenza che non riesce ad essere seriamente contraddetta nemmeno l’accertata non conformità urbanistico-edilizia della prima sala di ristorazione;

cc) alla luce di quanto esposto, non può affatto profilarsi il paventato contrasto con la normativa nazionale e regionale in tema di distribuzione commerciale, essendo incontrovertibile che la disposta chiusura dell’esercizio di ristorazione abbia trovato congrua giustificazione nell’appurata carenza dei titoli abilitativi commerciali;

dd) è inconferente il richiamo alla disciplina dell’annullamento in autotutela contenuta nell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, poiché, come visto, nella fattispecie le autorità amministrative hanno inteso esercitare i poteri inibitori che la legge conferisce per reprimere l’esercizio abusivo dell’attività commerciale, senza che fosse necessario provvedere al formale ritiro della licenza di somministrazione n. -OMISSIS-/2005 e della denuncia sanitaria prot. n. -OMISSIS-/2011;

ee) infine, nemmeno può predicarsi la violazione del principio di proporzionalità, avendo la disposta chiusura di esercizio interessato le tre sale adibite a ristorazione perché tutte prive dei conferenti titoli abilitativi commerciali, a prescindere dalla loro conformità alla disciplina urbanistica (risultata, peraltro, al momento carente per la prima sala di somministrazione);

Ritenuto, in conclusione, che:

- resistendo i provvedimenti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso merita di essere respinto per infondatezza;

- le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente parte ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo.

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